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La degenerazione e il crollo della Quarta Internazionale – In difesa della nostra eredità

di Internazionale Comunista Rivoluzionaria

Introduzione

Imparare a non dimenticare il passato per prevedere il futuro è il nostro primo compito, il più importante.” (Un documento misero, 27 luglio 1929, Writings of Leon Trotskij, Vol. 1, 1929, New York 1975, p. 198-212).

Tesi fondamentale della dialettica: non esiste una verità astratta, la verità è sempre concreta.” (Lenin, Un passo avanti e due indietro, maggio 1904)

Questo documento tratta della degenerazione e del crollo della Quarta Internazionale, fondata da Trotskij nel 1938, e della difesa delle idee e dei metodi genuini del trotskismo. Questo argomento può sembrare a prima vista di interesse solamente storico, ma non è affatto così.

In realtà, questi sviluppi contengono enormi insegnamenti per noi oggi. In particolare, forniscono una comprensione e una spiegazione più profonde di chi siamo e del ruolo chiave svolto dal compagno Ted Grant nella difesa di queste autentiche tradizioni.

La questione della degenerazione della Quarta Internazionale è stata affrontata in tempi e luoghi diversi, non ultimo nel Programma dell’Internazionale, scritto da Ted Grant nel 1970. In passato questo testo ha svolto un ruolo fondamentale nella formazione dei nostri quadri.

Tuttavia, data la rapida crescita dell’Internazionale negli ultimi tempi, è importante ricordare ai compagni, soprattutto alle nuove leve, la nostra storia e la nostra tradizione.

Sebbene la Quarta Internazionale sia stata distrutta, il programma e i metodi dell’Internazionale sotto la guida di Trotskij sono vivi oggi e incarnati nel lavoro della nostra Internazionale, l’ICR. Non si tratta di una semplice vanteria. Può essere dimostrato, come mostreremo, dal contributo teorico e dai documenti prodotti dalla nostra tendenza negli ultimi ottant’anni.

La necessità di difendere la nostra eredità – insieme alla nostra responsabilità storica di fare chiarezza – è evidentemente molto importante. Soprattutto alla luce delle numerose distorsioni e delle vere e proprie menzogne messe in circolazione dalle sette per coprire i propri crimini ed errori del passato.

Soprattutto, ciò significa riconoscere il ruolo indispensabile che Ted Grant ha svolto in questo periodo nella difesa delle idee e dei metodi autentici del trotskismo.

Ted ha continuato il lavoro di Trotskij nelle circostanze più difficili, ed è a questo instancabile lavoro che dobbiamo la nostra esistenza. È questo, e solo questo, che ci dà il diritto di esistere e la legittima pretesa di rappresentare le vere tradizioni del trotskismo rivoluzionario.

La nostra tendenza è nata nella lotta per difendere le idee del marxismo contro le idee perniciose dello stalinismo e del riformismo, ma anche contro le idee revisioniste dei cosiddetti leader della Quarta Internazionale. Questi comprendevano persone come Cannon, Pablo, Mandel, Frank, Healy, Maitan, Lambert e i loro sostenitori, che all’epoca e negli anni successivi commisero un errore di estremismo o di opportunismo dopo l’altro. Questi errori derivavano soprattutto da un metodo fondamentalmente sbagliato.

Per fornire una prova indiscutibile di questa affermazione, abbiamo ritenuto necessario citare documenti del passato. Ciò può comportare qualche difficoltà per il lettore, ma le esigenze di accuratezza storica devono avere la precedenza sullo stile letterario o sulla facilità di lettura.

Condizioni difficili

Quando Lev Trotskij stava morendo sotto i colpi di un sicario di Stalin, le sue ultime parole furono: “Dite ai compagni che sono convinto della vittoria della Quarta Internazionale. Andate avanti!”.

Ma negli anni successivi divenne chiaro che il materiale umano con cui Trotskij aveva a che fare non era in grado di essere all’altezza dei grandi compiti posti dalla storia.

Ciononostante, è necessario sottolineare le ragioni per cui, fin dalla sua nascita, il movimento trotskista fu afflitto da continui sconvolgimenti interni, crisi e scissioni.

Fin dall’inizio, l’Opposizione di sinistra si trovò in una posizione molto difficile, sia in Russia che a livello internazionale. Numericamente debole, le sue fila erano necessariamente piene di elementi di ogni tipo, uniti dall’opposizione a Stalin e alla burocrazia, ma non necessariamente da altro.

È difficile trovare nella storia un esempio di un movimento che abbia sofferto di un grado così estremo di persecuzione. La fazione guidata da Zinoviev e Kamenev si allontanò presto e capitolò vergognosamente a Stalin. Questa azione produsse una confusione e una demoralizzazione generalizzate nelle fila dell’opposizione.

Non pochi sostenitori dell’Opposizione di sinistra cedettero a queste pressioni insostenibili e seguirono l’esempio di Zinoviev, Kamenev e Radek, capitolando a Stalin. La maggior parte di loro, se non tutti, furono poi liquidati fisicamente.

Queste difficoltà si riprodussero nei piccoli gruppi che aderirono all’opposizione nei partiti comunisti stranieri. Sebbene molti dei seguaci di Trotskij fossero rivoluzionari coraggiosi e onesti, altri non erano francamente fatti del materiale migliore.

Erano influenzati negativamente da anni di sconfitte, in particolare dalla vittoria dello stalinismo in Russia. Il risultato fu un generale senso di depressione e disorientamento.

Ci volle uno sforzo sovrumano da parte di Trotskij per stabilire una solida base politica per la nuova organizzazione nata dal naufragio dell’Internazionale Comunista.

Molti elementi che non avevano nulla a che fare con il trotskismo gravitarono verso l’opposizione. C’erano zinovievisti, anarchici, estremisti, nonché alcuni avventurieri senza principi come Raymond Molinier in Francia, per non parlare di un numero considerevole di disadattati e di tipi strambi in cerca di una casa politica.

Naturalmente, si trattava soprattutto di elementi giovani, inesperti e politicamente ingenui, molti dei quali provenienti da ambienti studenteschi e piccolo-borghesi, che avevano portato con sé molte idee confuse ed estranee alla classe operaia.

Anche nel Socialist Workers’ Party (SWP) americano c’erano persone come James Burnham, ad esempio, che non fu mai un vero trotskista e probabilmente nemmeno un marxista, come dimostrò in seguito con il suo ripudio del materialismo dialettico.

Ma Trotskij ovviamente non poteva sempre scegliere il materiale umano con cui era costretto a lavorare. Nel 1935, Trotskij ebbe una discussione con un militante di sinistra della gioventù socialista francese, Fred Zeller, nel corso della quale Zeller mosse alcune serie critiche ai trotskisti francesi.

In risposta, Trotskij non cercò di difendere i membri della sezione francese, ma si limitò a rispondere laconicamente: “Si deve lavorare con il materiale che si ha a disposizione”. Queste parole esprimevano chiaramente il suo atteggiamento nei confronti di molti di coloro che si definivano “trotskisti”. Rappresentavano un commento devastante sui leader della futura Quarta Internazionale, sui quali Trotskij si era fatto ben poche illusioni fin dall’inizio. (Si veda “On Organizational Problems”, novembre 1935).

Lo stesso anno, Trotskij avrebbe commentato:

Sarebbe assurdo negare la presenza di tendenze settarie in mezzo a noi. Esse sono state messe a nudo da un’intera serie di discussioni e scissioni. Infatti, come avrebbe potuto un elemento di settarismo non manifestarsi in un movimento ideologico che si oppone in modo inconciliabile a tutte le organizzazioni dominanti della classe operaia e che è sottoposto a mostruose persecuzioni, assolutamente senza precedenti, in tutto il mondo?“. (“Settarismo, centrismo e la Quarta Internazionale”).

Mettere ordine nella confusione che ne derivava ed epurare gli elementi di classe estranei e indesiderati si rivelò un processo lungo e doloroso. Questo fu il motivo di molte scissioni e crisi negli anni successivi.

Per dirla con le parole del poeta tedesco Heine, Trotskij aveva “seminato denti di drago e raccolto pulci”.

Il SWP americano

Il ruolo di primo piano nei primi anni fu svolto dalla sezione americana, che poi divenne il SWP, ma gli eventi dimostrarono che soffriva di gravi limiti politici.

James Cannon, la figura di spicco del gruppo americano, era probabilmente il più capace tra i leader internazionali dei primi anni. Aveva una lunga storia di lavoro nel movimento operaio americano che risaliva ai tempi degli Industrial Workers of the World (IWW) – un fatto che Trotskij apprezzava molto. Aveva molte buone qualità come organizzatore, ma aveva anche lati estremamente negativi.

Cannon aveva iniziato come seguace di Zinoviev e non si liberò mai delle sue tendenze zinovieviste. Non veniva dalla scuola del bolscevismo, ma da quella delle manovre, degli intrighi e della sostituzione del dibattito politico pulito con i metodi organizzativi.

Trotskij apprezzò molto la lealtà di Cannon, ma non fu mai d’accordo con i suoi metodi organizzativi soffocanti. Sapeva benissimo che si trattava di una ricetta perfetta per crisi e scissioni. Trotskij fece un’interessante osservazione in In difesa del marxismo:

Le nostre sezioni hanno ereditato un po’ di veleno del Comintern, nel senso che molti compagni tendono ad abusare di mezzi come espulsioni, scissioni o minacce di espulsioni e scissioni“. (in In difesa del marxismo, Samonà e Savelli, pag. 180)

È chiaro che quando scrisse queste righe, Trotskij aveva in mente Cannon. Sosteneva la posizione politica di Cannon contro l’opposizione piccolo-borghese di Burnham e Shachtman, ma era profondamente a disagio per l’approccio avventato ed eccessivamente amministrativo che usava contro di loro.

Infatti, pur mantenendo una posizione politica intransigente, si oppose a una scissione nella sezione americana, preferendo, come sempre, l’arma della sana argomentazione politica e del chiarimento teorico, rispetto all’arma spuntata della prepotenza, delle minacce e delle espulsioni, che rendevano inevitabile una scissione.

Finché Trotskij fu in vita, riuscì a mantenere i suoi seguaci su una linea politica corretta. Ma dopo la sua morte, nel 1940, e di fronte alle mutate condizioni oggettive, essi si dimostrarono incapaci di riarmare il movimento.

La Quarta Internazionale

La fondazione della Quarta Internazionale nel settembre del 1938 fu senza dubbio una pietra miliare storica. Essa segnò un tentativo di galvanizzare i quadri, politicamente e organizzativamente, per i compiti storici che li attendevano.

Trotskij aveva previsto che l’imminente seconda guerra mondiale avrebbe dato origine a un’ondata rivoluzionaria, che avrebbe messo alla prova tutti i partiti e le tendenze. Le vecchie Internazionali – la Seconda, la Terza e il cosiddetto Bureau di Londra – erano marce ed erano diventate un ostacolo al successo della rivoluzione socialista. Trotskij riteneva che, sulla base del cataclisma mondiale in arrivo e delle sue conseguenze, queste organizzazioni sarebbero andate in frantumi.

Nel 1938, Trotskij fece la previsione ardita che nei dieci anni successivi “non sarebbe rimasta pietra su pietra” delle vecchie organizzazioni e il programma della Quarta Internazionale sarebbe diventato la guida di milioni di persone. (“On the Founding of the Fourth International”, Fourth International, vol. 1 n. 5, ottobre 1940).

Ma questa era solo una analisi provvisoria. Una prospettiva non è una sfera di cristallo che ci permette di prevedere il corso preciso degli eventi, è un’ipotesi condizionale che deve essere corretta in base agli sviluppi reali. Questo è l’ABC per chiunque conosca anche solo lontanamente il metodo del marxismo.
In relazione alla guerra in Finlandia del novembre 1939, Trotskij spiegò:

Tutti coloro che cercano predizioni precise di avvenimenti concreti debbono consultare gli astrologi. […] Parecchie volte ho fatto riferimento al carattere condizionale delle mie previsioni precisando che esse non erano che una delle molte varianti possibili.” (“Bilancio degli avvenimenti finnici” in In difesa del marxismo, pag. 290).

Queste parole sono chiarissime. Ma sono rimaste un libro chiuso per i cosiddetti leader della Quarta, che hanno proceduto sul presupposto che ciò che Trotskij scrisse nel 1938 era scritto nella pietra e non poteva essere cambiato, a prescindere dal mutare delle condizioni.

Questo è l’opposto del marxismo e in flagrante contraddizione con tutto ciò che Trotskij scrisse al riguardo. Questo non significa che le previsioni originali di Trotskij fossero del tutto false. Al contrario, nella sua analisi della situazione mondiale, dimostrò una comprensione e una capacità di previsione degli eventi molto più profonda di qualsiasi altro leader mondiale.

Alcuni dei politici borghesi più lungimiranti compresero chiaramente il rischio di implicazioni rivoluzionarie derivanti da una guerra. Coulondre, ambasciatore francese in Germania, disse a Hitler il 25 agosto 1939: “Avrei anche il timore che, a seguito della guerra, ci sarà un solo vero vincitore: Trotskij”.

Naturalmente, le parole di Coulondre stavano semplicemente impersonando la rivoluzione nella figura di Trotskij. Tuttavia, gli eventi si svolsero in modo diverso a causa dell’esito della guerra.

L’assassinio di Trotskij

L’assassinio di Trotskij diede un colpo mortale alle giovani e inesperte forze della Quarta Internazionale. Senza la guida di Trotskij, gli altri dirigenti si dimostrarono completamente incapaci.

È interessante notare che Stalin, la cui esperienza del bolscevismo gli permetteva di comprendere il pericolo rappresentato per il suo regime anche da un piccolo movimento rivoluzionario internazionale, capì il ruolo vitale di Trotskij nella Quarta Internazionale.

Quando alcuni dei suoi agenti si lamentarono del fatto che stavano spendendo una quantità eccessiva di tempo e denaro per l’assassinio di un singolo individuo, Stalin rispose che si sbagliavano: senza Trotskij la Quarta Internazionale non era nulla, perché, come disse, “non hanno buoni dirigenti”. Non si sbagliava.
Di fronte a una situazione completamente nuova, non furono in grado di fare gli aggiustamenti necessari e persero completamente l’orientamento. Questo ebbe un effetto fatale sullo sviluppo della nuova Internazionale.

La guerra si sviluppò in un modo che non poteva essere previsto da nessuno, nemmeno dal più grande genio. E l’esito della guerra, soprattutto il rafforzamento dello stalinismo, sovvertì la prospettiva di Trotskij del 1938.

Tuttavia, non fu solo la prospettiva di Trotskij a essere sovvertita, ma anche quelle degli imperialisti – Roosevelt e Churchill – per non parlare di quelle di Hitler e Stalin, che commisero gli errori più grandi di tutti. L’esito della guerra tra URSS e Germania nazista fu l’evento più decisivo che determinò l’intera situazione.

L’errore di Stalin

Stalin, il cosiddetto “grande genio militare”, in realtà aveva messo l’URSS in grave pericolo. L’Unione Sovietica era stata resa in gran parte indifesa dalle epurazioni di massa dell’Armata Rossa nel 1937-38 e poi nel 1941, poco prima dell’invasione tedesca dell’URSS.

Quando i generali tedeschi si opposero all’idea di un attacco all’Unione Sovietica, sostenendo che era un errore fatale combattere la guerra su due fronti, Hitler rispose che l’Unione Sovietica non era più un problema, poiché non aveva buoni generali.

Il famoso patto Hitler-Stalin del 1939 fu, in realtà, una mossa difensiva da parte dell’Unione Sovietica. Firmando un patto di non aggressione con Hitler, Stalin credeva di aver evitato il pericolo di un’invasione tedesca. Si sbagliava.
L’invasione dell’Unione Sovietica da parte di Hitler nell’estate del 1941 colse Stalin di sorpresa. Il prezzo pagato dal popolo dell’Unione Sovietica fu davvero spaventoso.

Gli imperialisti speravano che la guerra tra Germania e Unione Sovietica avrebbe portato al loro reciproco esaurimento, consentendo agli americani e agli inglesi di intervenire e di spartirsi il bottino.

La Seconda guerra mondiale in Europa si ridusse essenzialmente a una lotta per la vita e la morte tra la Russia stalinista e la Germania di Hitler, armata con le risorse congiunte dell’Europa occupata che aveva dietro di sé.

Inizialmente, la posizione dell’URSS sembrava senza speranza.

Trotskij aveva avvertito che il principale pericolo per l’Unione Sovietica in caso di guerra era che un esercito imperialista (ad esempio quello americano) avrebbe portato al suo seguito una grande quantità di merci a buon mercato. Ma le cose andarono diversamente. L’invasione tedesca si presentò sotto forma di genocidio di massa, campi di concentramento e camere a gas. I nazisti consideravano il popolo sovietico come una razza subumana e lo trattavano come tale.

Battaglia di Stalingrado

Di conseguenza, nonostante i crimini di Stalin e della burocrazia, le masse sovietiche si mobilitarono per difendere le conquiste della Rivoluzione d’ottobre e combatterono con il coraggio più incredibile contro Hitler per respingere gli invasori. A dispetto di ogni previsione, l’Armata Rossa fermò l’invasione nazista e poi inflisse a Hitler una sconfitta schiacciante.

Questo fatto ebbe un ruolo decisivo e trasformò nei fatti l’intera situazione. L’Unione Sovietica conquistò un prestigio colossale e questo servì a rafforzare il regime stalinista per un intero periodo storico, contrariamente alle aspettative di Trotskij.

Ciò permise ad esso di mantenere un saldo controllo sui movimenti di massa, che utilizzò per tradire l’ondata rivoluzionaria successiva alla guerra.

Questo tradimento storico fornì la premessa politica per la ripresa economica, che portò al boom del dopoguerra: un’impennata del capitalismo senza precedenti. Questo, a sua volta, diede nuova linfa al sistema capitalista.

Invece di essere rovesciato, come si aspettava Trotskij, lo stalinismo ne uscì notevolmente rafforzato, con l’Armata Rossa che schiacciò le armate di Hitler e occupò gran parte dell’Europa orientale.

Emersero così due grandi potenze su scala mondiale: da un lato l’Unione Sovietica e dall’altro gli Stati Uniti, che divennero la potenza imperialista dominante.

Gli Stati Uniti non subirono mai la terribile distruzione subita dall’Europa durante la guerra. Uscirono dalla guerra con le loro industrie intatte e con le casse statali stracolme.

Erano in grado di sostenere il capitalismo europeo e di fornire l’assistenza economica necessaria per avviare un periodo di ripresa economica, che era in totale contrasto con la situazione che aveva seguito la Prima guerra mondiale.

Tutto ciò significava che la prospettiva di Trotskij del 1938 era stata smentita dalla storia. Se Trotskij fosse stato in vita, avrebbe certamente riconsiderato la prospettiva del 1938 e riorientato il movimento in questo senso.

Tuttavia, i dirigenti della Quarta Internazionale – Cannon, Hansen, Pablo, Mandel, Maitan e Pierre Frank – e i loro sostenitori fallirono miseramente. Non erano all’altezza del compito. Incapaci di comprendere il metodo di Trotskij, ossia il metodo del marxismo, si limitarono a ripetere la prospettiva obsoleta del 1938 di guerra e rivoluzione immediate come se nulla fosse accaduto.

Si limitarono a ripetere come pappagalli senza cervello ciò che Trotskij aveva detto prima della sua morte, come se l’orologio si fosse fermato. Non capirono mai il metodo dialettico di Trotskij e il suo approccio alle prospettive.

Questo rifiuto di riconoscere ciò che avevano di fronte portò a un errore dopo l’altro e produsse una crisi enorme all’interno dell’Internazionale.

L’importanza della direzione

Il metodo marxista del materialismo storico ricerca le forze fondamentali della storia nei fattori oggettivi, in particolare nello sviluppo delle forze produttive. Tuttavia, il materialismo storico non ha mai negato l’importanza del fattore soggettivo o del ruolo dell’individuo nella storia.

Ci sono molti parallelismi tra la guerra tra nazioni e la lotta di classe. In una guerra l’importanza di buoni generali è chiaramente un fattore chiave, che può essere decisivo. L’importanza di buoni generali quando l’esercito avanza è evidente. Ma la qualità della direzione è ancora più importante quando l’esercito è costretto a ritirarsi.

Con dei buoni generali, una ritirata può essere condotta in buon ordine, con un minimo di perdite e preservando il grosso delle proprie forze dalla distruzione. Ma i cattivi generali trasformano la ritirata in una disfatta.

Questo fu proprio il caso della Quarta Internazionale: per la loro totale incapacità, i dirigenti trasformarono una ritirata, che era necessaria, in una disfatta. Con i loro metodi, finirono per distruggere il movimento creato con così grandi difficoltà da Lev Trotskij.

Il ruolo di Ted Grant

L’unica tendenza che emerse con merito da questa crisi esistenziale del trotskismo fu la Workers’ International League (poi Revolutionary Communist Party) in Gran Bretagna.

Solo loro furono in grado di valutare correttamente la nuova situazione e di trarne le conclusioni. E solo loro hanno il diritto di essere considerati i veri difensori del metodo di Trotskij e gli unici legittimi successori della sua eredità.

Lenin è stato il vero difensore del marxismo dopo la morte di Marx ed Engels. E dopo la morte di Lenin, questo ruolo è toccato a Lev Trotskij. Allo stesso modo, dopo la morte di Trotskij, il vero difensore delle sue idee e del suo metodo è stato Ted Grant.

Non è possibile in questa sede fornire un resoconto dettagliato della vita e del lavoro di Ted. Ci limitiamo a un brevissimo accenno. Per un resoconto più completo, rimandiamo il lettore alla biografia completa scritta da Alan Woods: Ted Grant, the Permanent Revolutionary.

Ted si unì al movimento trotskista a Johannesburg nel 1929. Nel 1934 emigrò dal Sudafrica alla Gran Bretagna alla ricerca di orizzonti più ampi.

Lì, si unì ai trotskisti che lavoravano nel Partito Laburista Indipendente (ILP), ma con l’esaurirsi delle opportunità nell’ILP, su consiglio di Trotskij, questi giovani compagni si orientarono al Partito Laburista, in particolare alla sua organizzazione giovanile.

Nel 1937, un altro gruppo di compagni sudafricani, tra cui Ralph Lee, arrivarono a Londra ed entrarono insieme a Ted e Jock Haston nella sezione di Paddington del Militant Group. Diventarono di gran lunga i membri più attivi dell’organizzazione.

Il metodo della direzione rifletteva la natura largamente piccolo-borghese del Militant Group, tipica della mentalità dei piccoli circoli, con i loro intrighi meschini e lo scarso legame con la classe operaia. Questo aveva portato a continue scissioni dal 1934 in poi.

Alla fine del 1937, otto compagni decisero di fondare una nuova organizzazione, la Workers’ International League (WIL, Lega internazionale dei lavoratori).

La fondazione della WIL segnò una rottura decisiva con i vecchi gruppi “trotskisti” del periodo precedente e segnò le vere origini della nostra tendenza, l’inizio dell’autentico trotskismo in Gran Bretagna.

Ted emerse rapidamente come il teorico principale del gruppo, il suo segretario politico e il direttore del suo nuovo giornale, il Socialist Appeal.

Corrispondenza con Trotskij

Entro sei settimane dalla fondazione della WIL, il 12 febbraio 1938, i compagni inviarono una lettera a Trotskij in Messico, spiegando che il gruppo aveva comprato una macchina da stampa.

Trotskij rimase piuttosto colpito. Il 15 aprile 1938, scrisse una lettera a Charles Sumner in Gran Bretagna, con cui era in contatto dal 1937, informandolo del viaggio previsto di James Cannon in Gran Bretagna per contribuire a fondare una vera e propria sezione della Quarta Internazionale.

Non molto tempo dopo, all’inizio di giugno, la WIL aveva prodotto la nuova edizione del testo di Trotskij Lezioni dalla Spagna, con un’introduzione scritta da Ted Grant e Ralph Lee. Ne inviarono con orgoglio una copia a Trotskij.

Il 29 giugno 1938, Trotskij scrisse nuovamente una lettera a Charles Summer, piena di elogi per l’iniziativa della WIL: “Ho ricevuto la vostra edizione del mio opuscolo sulla Spagna con la vostra eccellente introduzione”, scrisse.

Ancora una volta, Trotskij si congratulò con i compagni della WIL per l’acquisto della macchina da stampa: “È stata davvero una buona idea rivoluzionaria avere una propria tipografia”. Concluse la sua lettera: “I miei più calorosi saluti a voi e ai vostri amici”.

La lettera di Trotskij è estremamente significativa per la nostra storia. In primo luogo, la lettera non compare da nessuna parte negli scritti di Trotskij, pubblicati dalla Pathfinder Press, la casa editrice del SWP americano. Ciononostante, la lettera era certamente in loro possesso.

La lettera è stata ritrovata solo nel 2018 ed è entrata in nostro possesso per puro caso. È stato davvero uno straordinario colpo di fortuna per il quale saremo eternamente grati. Questa lettera nascosta, in cui Trotskij elogia la WIL, può essere considerata il nostro certificato di nascita a lungo perduto. È l’unica lettera esistente in cui Trotskij in persona fa riferimento alla WIL, e con toni così positivi.

Come vedremo, è stata deliberatamente tenuta nascosta dai leader del SWP (e da Cannon in particolare), nel tentativo di sminuire vergognosamente il ruolo della WIL per motivi di prestigio personale e di ripicca.

Il ruolo nocivo di Cannon

Nell’agosto del 1938, James Cannon si recò in Gran Bretagna, con l’intento di fondere i diversi gruppi trotskisti in un’unica organizzazione in vista della conferenza di fondazione della Quarta Internazionale.

A quel tempo, in Gran Bretagna esistevano quattro gruppi: la Revolutionary Socialist League (guidata da CLR James, Wicks e Dewar); il Militant Group (guidato da Harber e Jackson); un gruppo in Scozia, il Revolutionary Socialist Party (guidato da Maitland e Tait); e la WIL (guidata da Ralph Lee, Jock Haston e Ted Grant).

Tuttavia, questi gruppi avevano approcci molto diversi, dal lavoro aperto alla tattica entrista e sulle modalità di applicazione di quest’ultima. Questi disaccordi tattici ponevano difficoltà insormontabili per un lavoro pratico comune.

Per superare questa difficoltà, era necessario innanzitutto discutere a fondo la tattica e il programma e decidere una linea d’azione comune. Su questa base, era possibile realizzare una fusione.

Ma Cannon ignorò questo aspetto e cercò di unificare questi gruppi su una base puramente organizzativa. Per lui le differenze di orientamento erano di scarsa importanza.

Cannon convocò quindi una Conferenza di Unificazione dei diversi gruppi per spingere verso un’unificazione formale. La WIL accettò di partecipare, ma si oppose a una falsa unità senza una vera discussione. Infatti, un’unità su una base così superficiale sarebbe stata semplicemente una ricetta per future scissioni.

Ma Cannon voleva l’unità a qualunque costo. Pertanto, alla conferenza di unificazione non ci fu alcuna discussione sulle prospettive politiche o sulle differenze tattiche. A tutti i gruppi fu invece chiesto semplicemente di firmare un “accordo di pace e unità”, redatto da Cannon, e gli furono concessi venti minuti per decidere.

La WIL decise che questo approccio era senza principi e quindi rimase fuori dall’organizzazione “unificata”.
Il mese successivo, all’inizio di settembre del 1938, si svolse a Parigi la Conferenza di Fondazione della Quarta Internazionale.

James Cannon

Pur essendo fuori dall’organizzazione “unificata”, la WIL espresse il desiderio di diventare, se non una sezione a titolo pieno, una sezione simpatizzante della Quarta Internazionale. Cannon sembrò essere d’accordo con l’idea di una sezione simpatizzante e alla WIL fu chiesto di inviare un delegato alla Conferenza di Fondazione. Purtroppo, la WIL non aveva i fondi per inviare nessuno. Consegnarono invece a un delegato una dichiarazione sulla loro posizione, da presentare alla conferenza.

Cannon aveva chiaramente cambiato idea al momento della conferenza. Offeso dal rifiuto della WIL di unirsi agli altri gruppi, colse l’occasione per diffamare la WIL e bloccarne gli sforzi per diventare una sezione simpatizzante dell’Internazionale. Il messaggio della WIL al congresso non venne distribuito ai delegati. Si trattò di un gesto frutto del rancore, che rivelò il metodo di lavoro di Cannon.

La Conferenza di Fondazione accettò la nuova sezione unificata, che prese il nome di Revolutionary Socialist League (RSL), come sezione ufficiale in Gran Bretagna.

Cannon, che ormai nutriva questo risentimento nei confronti della WIL, riferì a Trotskij che l’atteggiamento della WIL “era stato condannato dalla conferenza internazionale”. Sosteneva la necessità di una “posizione ferma e risoluta” contro la WIL e di “non riconoscere in nessun modo la sua legittimità”. Ma lamentava che la RSL “non era abituata al nostro trattamento ‘brutale’ (cioè bolscevico) dei gruppi che giocano con le scissioni”. (James P. Cannon, “‘Impressions of the Founding Conference”, 12 ottobre 1938, in Joseph Hansen, James P. Cannon – The Internationalist, luglio 1980).

Quest’ultimo commento ci dice molto sui metodi di Cannon. Era proprio questo il modo in cui Cannon agiva contro gli oppositori all’interno del SWP. Questi sarebbero diventati i metodi accettati dal regime burocratico della cosiddetta Quarta Internazionale.

Non abbiamo la risposta di Trotskij alle osservazioni calunniose di Cannon. Sembra che le abbia ignorate. Non avendo altre informazioni di prima mano, preferì chiaramente aspettare e vedere come si sarebbero sviluppate le cose. Era chiaro che Trotskij, che non si formava mai un’opinione affrettata, si riservava di giudicare definitivamente la WIL, con cui, dopo tutto, si era congratulato apertamente in precedenza. Trotskij non ha mai attaccato la WIL, come sostengono alcuni settari. In realtà, l’unica cosa che esiste agli atti è l’apprezzamento di Trotskij per le iniziative della WIL.

“Da quel momento in poi”, ha spiegato Ted Grant, “Cannon avrebbe nutrito un profondo risentimento nei confronti della WIL e della sua direzione, che avrebbe avuto in futuro serie ripercussioni”. (Storia del trotskismo britannico, in Ted Grant, Il lungo filo rosso, AC editoriale, pag. 80).

Questo rancore, che si trasformò in odio velenoso, si evince da quanto Cannon stesso dichiarò in seguito:

Tutti i crimini e gli errori di questa fazione di Haston, marcia fino al midollo, sono direttamente riconducibili alla sua origine di cricca senza principi nel 1938. Quando mi trovai in Inghilterra poco più tardi in quell’anno, alla vigilia del Primo Congresso Mondiale, denunciai la fazione Lee-Haston come infetta dalla mancanza di principi fin dalla sua nascita. Non ho mai avuto la minima fiducia in loro per tutta la loro evoluzione successiva, indipendentemente dalle tesi che scrivevano o votavano in un determinato momento“. (Cannon, Speeches to the party, pp. 296-297)

Questo riassume la totalità dell’approccio di Cannon. Tra i “leader” della Quarta, James Cannon era probabilmente il migliore. Tuttavia, dopo la morte di Trotskij, si considerò il leader: l’unica persona autorizzata a rappresentare l’eredità di Trotskij.

Ma non ne era all’altezza. Cannon non era certo un teorico. E non solo: ne andava addirittura fiero. “Ho usato la mano pesante contro chiunque mi abbia mai definito un teorico”, spiegò una volta. (Cannon, Writings and Speeches, 1940-43, p.360).

Era essenzialmente un “organizzatore”, un “pratico” dalla mentalità ristretta, con una comprensione molto elementare del marxismo. Mancando di una profonda conoscenza della teoria, era incapace di fornire risposte serie a chi lo criticasse, preferendo denunciarli con il linguaggio più duro e, se necessario, ricorrere a misure amministrative per metterli a tacere. Ha sempre enfatizzato il suo ruolo di “uomo duro”:

Quando sono uscito da nove anni nel partito comunista, ero un delinquente frazionale senza pari. Altrimenti, come avrei fatto a sopravvivere? Sapevo solo che quando qualcuno iniziava una lotta, dovevo fargliela pagare. Non conoscevo altro che quel modo di essere.

Ciò è stato chiaramente dimostrato nei dibattiti con Schachtman e l’opposizione nel SWP nel 1939-40, che Trotskij criticò severamente. In seguito, Cannon ammise che Trotskij aveva ragione e lui torto:

“Penso che Trotskij abbia ragione quando dice che in quella lunga lotta tra Cannon e Abern la ragione storica fosse dalla parte di Cannon. Ma questo non significa che avessi ragione su tutto. No, avevo torto su molte cose, compresi i miei metodi e la mia impazienza e maleducazione nei confronti dei compagni, che li allontanavano da me.”

In altre parole, Cannon usciva direttamente dalla cattiva scuola dello zinovievismo che utilizzava abitualmente manovre organizzative senza scrupoli per mettere a tacere gli oppositori, denunciandoli e soffocando la loro voce, invece di rispondere pazientemente alle loro argomentazioni, come avevano sempre fatto Lenin e Trotskij.

Il fatto che la Conferenza di Fondazione della Quarta Internazionale avesse appoggiato la RSL e condannato la WIL si rivelò presto un errore.

Non si era ancora asciugato l’inchiostro sull'”Accordo di pace e unità” quando cominciarono a manifestarsi le crepe nella RSL, l’organizzazione “unificata”. Queste si approfondirono in scissioni. Il RSP si scisse prima della fine dell’anno. Le “sinistre” lo seguirono presto, fondando la propria Revolutionary Workers League (RWL). Seguì una disintegrazione generale.

La WIL scrisse una dichiarazione in cui spiegava:

Ancora una volta esiste la vecchia situazione, solo che è più caotica che in qualsiasi altro momento del passato. Il nostro movimento continua a essere composto da ‘stati maggiori’, ma senza eserciti.

Cannon lamentava questo fatto, ma non era mai disposto ad ammetterlo. Per la WIL, al contrario, le cose andarono di bene in meglio.

Come spiega un rapporto della stessa WIL:

Durante questo periodo la WIL continuò il suo lavoro, convinta che l’unica via d’uscita dall’impasse del trotskismo britannico fosse quella di voltare le spalle al vecchio spirito di setta e all’ambiente piccolo-borghese e di attirare nuovi lavoratori per rafforzare le file del movimento. Che avessimo sofferto per la denuncia del SI è indubbio. Ma avendo una politica e un atteggiamento corretti, l’armonia generale all’interno delle nostre fila ci diede una superiorità nell’orientamento e nell’organizzazione dei nostri quadri.
Iniziò una nuova fase nello sviluppo del nostro movimento.

L’Internazionale si trasferisce a New York

Allo scoppio della guerra, nel settembre 1939, si decise di trasferire la sede centrale della Quarta Internazionale a New York. Ciò significa che il SWP di fatto gestì l’organizzazione durante la guerra, con Sam Gordon, l’obbediente tirapiedi di Cannon, nominato segretario amministrativo.

Con la guerra e l’occupazione dell’Europa da parte di Hitler, le sezioni europee furono costrette alla clandestinità o cessarono di esistere. Anche quando riuscirono a operare, furono afflitte da confusione e differenze politiche. In realtà, i contatti tra New York e i resti dei gruppi trotskisti in Europa erano quasi inesistenti.

Le divergenze riguardavano in particolare la Politica Militare Proletaria di Trotskij, che suscitava un’ampia opposizione, con alcuni settori che accusavano Trotskij di “socialpatriottismo”.

Non si trattava di una differenza secondaria. La Politica Militare Proletaria fu un contributo particolarmente importante che Trotskij diede al momento dello scoppio della Seconda guerra mondiale. Si trattava di un’estensione della politica di “disfattismo rivoluzionario” adottata da Lenin durante la Prima guerra mondiale. Ma mentre la politica di Lenin era rivolta ai quadri, quella di Trotskij era rivolta alle masse. Trotskij spiegò che i rivoluzionari avrebbero dovuto adattare il loro programma alle esigenze della situazione e prendere in considerazione gli istinti difensisti della classe operaia. Pur opponendosi alla guerra imperialista, bisognava entrare in contatto con i lavoratori che volevano combattere Hitler.

La classe operaia non poteva riporre fiducia nei capitalisti. I lavoratori non erano pacifisti e avevano bisogno di un proprio programma militare rivoluzionario, la cui idea era che i lavoratori prendessero il potere e conducessero una guerra rivoluzionaria contro il fascismo.

Ma molte sezioni della Quarta Internazionale erano infettate dal settarismo, un residuo del periodo precedente.

La RSL britannica – la sezione ufficiale, non dimentichiamolo, della Quarta Internazionale – si opponeva in toto a questa politica, mentre la sezione belga cancellava ogni riferimento ad essa nella sua versione del manifesto del 1940 redatto da Trotskij. Anche i francesi avevano le loro “riserve”, così come il Segretariato europeo, guidato da Marcel Hic e, dopo il suo arresto, da Raptis (Michel Pablo). È chiaro quindi che l’opposizione a questa politica – che rifletteva tendenze settarie – raggiunse i vertici della Quarta Internazionale.

Un contributo al Segretariato Internazionale (SI) di “AM”, che era francese o belga, aveva come titolo “Sul tema della Politica Militare Proletaria: il Vecchio ha ucciso il trotskismo?”. L’articolo accusava Trotskij di “puro e semplice sciovinismo”. Continuava similarmente: “Dobbiamo porci apertamente e francamente la domanda se possiamo continuare a portare il nome di ‘trotskista’, quando il leader della Quarta Internazionale l’ha trascinata nel pantano del social-sciovinismo”.

Questo dà un’idea della confusione totale che regnava nelle file della Quarta Internazionale in quel periodo.

La fine della RSL

Alla morte di Trotskij, nell’agosto del 1940, la RSL si trovava in uno stato desolante. Nello stesso anno, la conferenza d’emergenza della Quarta Internazionale si rammaricò del “fatto che non meno di quattro gruppi che rivendicano l’adesione alla Quarta Internazionale esistono al di fuori delle fila della nostra sezione ufficiale in Gran Bretagna”. In un impeto di ottimismo, la risoluzione affermava che “la conferenza d’emergenza della Quarta Internazionale saluta l’imminente unificazione della sezione britannica”. (Documents of the Fourth International, pag. 359).

Ted Grant – 1942

Il problema era che la RSL era un gruppo settario. Rifiutava la Politica Militare Proletaria di Trotskij e il suo lavoro entrista nel Partito Laburista era diventato un vero e proprio feticcio, quando la vita interna al Partito Laburista era azzerata. L’attività della RSL si era principalmente ridotta alle discussioni tra i propri militanti, come espressione del loro isolamento. Erano in effetti “entrati in clandestinità”, anche se non se ne era accorto nessuno.

Al contrario, i compagni della WIL si erano buttati sul lavoro allo scoppio della guerra nel settembre 1939, adattandosi alla nuova situazione. Durante questo periodo, i compagni condussero il lavoro rivoluzionario più efficace di tutti i gruppi della Quarta Internazionale durante la guerra, applicando la Politica Militare Proletaria con entusiasmo e con grande abilità. Quest’ultima venne applicata efficacemente nelle fabbriche e tra le forze armate a un livello che non si vide in nessun’altra parte del mondo.

La WIL fu il gruppo trotskista di maggior successo in questo periodo nell’applicazione del metodo di Trotskij, dimostrando una salda padronanza delle idee e una grande flessibilità tattica. Questo approccio fu delineato nel documento Prepararsi al potere (in Il lungo filo rosso, pag. 243) scritto da Ted Grant, nonché nella sua Risposta alla RSL (in Il lungo filo rosso, pag. 267).

Con il protrarsi della guerra, il settarismo della RSL stava diventando sempre più imbarazzante per gli americani, soprattutto per Cannon. Non solo avevano rifiutato la Politica Militare Proletaria, ma avevano addirittura posto il rifiuto di questa politica come condizione per l’adesione! Nell’estate del 1943 gli iscritti si erano ridotti a 23. Il partito era di fatto crollato, collassato. Bisognava fare qualcosa, ma, per quanto riguardava Cannon, bisognava farlo senza ammettere in alcun modo che la WIL era stata nel giusto fin dall’inizio. Questo obiettivo venne raggiunto attraverso una serie di manovre.

Già nel giugno 1942, la direzione dell’Internazionale scrisse alla RSL, esortandola a discutere la fusione con la WIL. La RSL rifiutò la fusione, ma accettò una serie di dibattiti politici. Ma questi dibattiti servirono solo ad ampliare le differenze.

Il SI era intenzionato a risolvere il problema con mezzi organizzativi. In questo modo, iniziò a collaborare con Gerry Healy, che da tempo nutriva rancore nei confronti della direzione della WIL di Grant e Haston.

Gerry Healy

Healy aveva militato nella WIL fin dall’inizio. Aveva una certa capacità organizzativa ed una certa energia, ma era chiaramente un elemento instabile. Era incline a dimettersi dall’organizzazione con leggerezza per ricattare la direzione. Nonostante i suoi ultimatum e gli scontri con i compagni, ogni volta veniva fatto rientrare nella speranza che il suo talento organizzativo potesse essere utilizzato in qualche modo.

Poi, durante una riunione del Comitato Centrale nel febbraio 1943, Healy si dimise ancora una volta, dichiarando che si sarebbe unito all’ILP perché era impossibile “continuare a lavorare con J. Haston, M. Lee e T. Grant”. In seguito a questo abbandono in protesta, fu espulso all’unanimità dal Comitato Centrale.

Successivamente fu riammesso ancora una volta, ma visti i suoi precedenti non gli fu permesso di assumere posizioni di responsabilità. Questo non fece altro che aumentare il rancore che nutriva nei confronti della direzione. Di conseguenza si mise al lavoro per costruire una frazione all’interno della WIL per conto del SI e di Cannon, con cui era entrato in contatto nel 1943.

Con la disintegrazione della RSL, il SI fu costretto a intervenire e a ricostituire la RSL attraverso un falso matrimonio riparatore tra i superstiti. In seguito, i “negoziati” con la WIL sfociarono nell’accordo per la creazione del Revolutionary Communist Party (RCP) nel marzo 1944.

In realtà, dato lo stato della RSL, la fusione costituì un assorbimento totale nella WIL. Ciò si rifletté nella composizione dei delegati al Congresso di fondazione del RCP del 1944: mentre la WIL aveva 52 delegati, la RSL ne aveva 17, provenienti da diversi gruppi.

A pochi mesi dalla fusione, la dirigenza dell’Internazionale avviò una campagna per screditare la nuova direzione del RCP. Sul bollettino internazionale del SWP (giugno 1944) apparve un rapporto sul congresso di fondazione del RCP, che conteneva errori, distorsioni, calunnie e critiche infondate contro la direzione britannica, accusandola di “una deviazione di natura nazionalista”.

“Naturalmente”, si legge nel rapporto, “la direzione ha trasferito nel RCP tutte le caratteristiche positive e negative che aveva avuto nella WIL”.

I dirigenti del RCP reagirono prontamente per rispondere a questo “rapporto” ostile. Inviarono ai dirigenti del SWP una risposta ficcante che demoliva le loro calunnie una per una.

La lettera attaccava anche i metodi subdoli utilizzati dalla direzione del SWP, che servivano solo a seminare sfiducia all’interno dell’Internazionale.

La risposta del RCP si concludeva così:

Nel concludere questa lettera, diciamo che non abbiamo avuto alcun piacere a scriverla. È con la massima riluttanza che abbiamo sottratto tempo a compiti politici più urgenti.

Se il tono appare più aspro di quanto alcuni compagni possano ritenere necessario in tali circostanze, diciamo che lo abbiamo deliberatamente attenuato. Vogliamo minimizzare e non esagerare la situazione. La responsabilità del conflitto ricade interamente sulle spalle di Stuart [Sam Gordon] e dei suoi amici più stretti. Vogliamo una leale collaborazione internazionale con il SWP e la sua direzione, con cui abbiamo un accordo politico su tutte le questioni più importanti. Ci opponiamo, tuttavia, al fatto che la direzione americana, o una sua frazione, abbia una frazione organizzata o una cricca nella sezione britannica. Questo è il metodo internazionale di Zinoviev e non di Trotskij“. (enfasi nell’originale)

La lettera era firmata a nome dell’Ufficio politico del RCP, datata gennaio 1945.

Senza dubbio, la lettera del RCP fu considerata un affronto da Cannon, che era ora più che mai determinato a schiacciare la direzione britannica “sleale”, con qualsiasi mezzo.

Morrow e Goldman

Dato il rifiuto della dirigenza dell’Internazionale, in particolare dei dirigenti del SWP, di riconoscere la realtà, verso la fine del 1943 iniziò a formarsi un’opposizione attorno ad Albert Goldman e Felix Morrow, due membri di spicco del partito.

Morrow e Goldman si opponevano all’affermazione dei leader del SWP secondo cui la democrazia borghese dopo la guerra fosse da escludere.

All’assemblea plenaria del SWP dell’ottobre 1943, la risoluzione di maggioranza affermava: “L’Europa, oggi schiavizzata dai nazisti, domani sarà invasa da un imperialismo anglo- americano altrettanto predatore”, che imporrà “dittature militari monarchico-clericali sotto la tutela e l’egemonia del grande capitale anglo-americano”.

Proseguiva: “La scelta, dal punto di vista di Roosevelt-Churchill, è un governo di tipo franchista o lo spettro della rivoluzione socialista”. (Fourth International, Vol.4 No.11, dicembre 1943).

La successiva risoluzione adottata dalla Sesta Conferenza del SWP nel novembre 1944 spiegava che:

La democrazia borghese, che è fiorita con l’ascesa e l’espansione del capitalismo e con la moderazione dei conflitti di classe, che ha fornito una base per la collaborazione tra le classi nei paesi capitalistici avanzati, è oggi superata in Europa. Il capitalismo europeo, in agonia, è dilaniato da lotte di classe inconciliabili e sanguinose. Gli imperialisti anglo-americani hanno capito che la democrazia è oggi incompatibile con la continuazione dello sfruttamento capitalistico.” (Fourth International, vol. 5 n. 11, dicembre 1944).

In opposizione a ciò, Morrow e Goldman sostennero che la borghesia avrebbe potuto utilizzare metodi democratico-borghesi per far deragliare la rivoluzione europea. Ritenevano inoltre che, visti i successi dell’Armata Rossa, lo stalinismo si sarebbe rafforzato e non indebolito, come sostenevano i dirigenti del SWP. Ritenevano inoltre che la Quarta Internazionale dovesse lottare energicamente per rivendicazioni democratiche e transitorie.

Morrow e Goldman avevano ragione sia nel pretendere un cambiamento di prospettiva rispetto al 1938, sia nelle loro critiche ai leader del SWP. Ciononostante, era evidente che stavano cercando di procedere con cautela nel tentativo di presentare un’alternativa.

Data la debolezza delle forze del trotskismo, Morrow e Goldman sostenevano infine che i gruppi trotskisti sarebbero dovuti entrare nelle organizzazioni di massa. Tuttavia, non c’era alcun fermento o sviluppo di correnti di opposizione di massa all’interno di queste organizzazioni, e quindi nessuna base per un tale orientamento.

A prescindere dai limiti della posizione di Morrow e Goldman, essi stavano tentando comunque di riesaminare la situazione, visto il modo particolare in cui si era sviluppata la guerra. La loro posizione era certamente orientata per molti aspetti nella giusta direzione. Il problema che Morrow e Goldman dovettero affrontare era che erano una piccola minoranza all’interno del SWP, un partito dominato dal regime di Cannon. Se fosse esistito un regime sano all’interno del SWP, le loro idee avrebbero potuto essere discusse democraticamente, il che avrebbe fornito la base per giungere a una posizione più corretta.

Ciò che è certo è che la loro posizione era mille volte più corretta di quella della direzione di Cannon.

Il regime di Cannon

Ma la dirigenza di Cannon rimase ferma sulle sue posizioni e si limitò a ripetere la prospettiva di Trotskij del 1938. Nonostante le mutate condizioni, negarono la realtà e nascosero la testa sotto la sabbia. Cannon arrivò persino a negare la fine della seconda guerra mondiale nel 1945.

Il RCP britannico si schierò contro questa assurdità. Cannon non poteva tollerarlo e condannò sia l’asse Morrow/Goldman che il RCP.

In una riunione del Comitato Nazionale del SWP del 6 e 7 ottobre 1945, Cannon sferrò un attacco a tutto campo. Concluse il suo discorso, dai contenuti al vetriolo, con le seguenti parole:

Voi siete in un blocco e vi vergognate di ammetterlo apertamente, ma noi smaschereremo quel blocco e tutto il resto. E porteremo la lotta in campo internazionale. Andate avanti e organizzate il vostro blocco. Noi lavoreremo con le persone che credono nei nostri stessi principi, nello stesso programma e negli stessi metodi. E ci batteremo per vedere cosa succederà nell’Internazionale.” (Cannon, Writings and Speeches, 1945-47, pp.181-183)

Alla fine, di fronte alle continue intimidazioni e vessazioni, Goldman fu costretto ad andarsene e Morrow fu direttamente espulso dal SWP nel 1946.

Fu in questa stessa riunione in cui attaccò il RCP che Cannon ammise di essere stato un seguace di Zinoviev per nove anni, quando era nella direzione del Partito Comunista Americano. “Io, come ogni altro dirigente del partito americano di quei tempi, potevo essere definito uno zinovievista”, ammise. Quella fu una pessima scuola, e le lezioni che vi apprese gli rimasero impresse fino alla fine.

I metodi praticati all’interno del SWP erano in netto contrasto con il regime democratico che vigeva nella sezione britannica. All’interno del RCP, coloro che stavano lottando per riesaminare la situazione in Gran Bretagna erano in grande maggioranza. Appartenevano a un partito che incoraggiava lo sviluppo di tali idee, senza ostacoli burocratici e calunnie di “scetticismo”.

Analisi innovativa

L’unica sezione dell’Internazionale in grado di riesaminare correttamente la mutata situazione fu il RCP. Ted Grant spiegò che la situazione era completamente diversa da quella delineata nel 1940. La nuova situazione aveva sollevato problemi teorici imprevisti e difficili, ai quali era necessario dare una risposta. L’analisi innovativa di Ted fu riassunta nel documento Il cambiamento dei rapporti di forza in Europa e il ruolo della Quarta Internazionale (ne Il lungo filo rosso, pag. 294), approvato dal Comitato Centrale del RCP nel marzo 1945.

Questa prospettiva spiegava che la premessa politica per una relativa stabilizzazione della situazione politica era in quel momento una possibilità in Europa occidentale. L’ondata rivoluzionaria, che Trotskij aveva correttamente previsto, era stata tradita dai leader stalinisti e socialdemocratici.

Questi, in Italia e in Francia, erano entrati in governi borghesi per salvare il capitalismo. Le forze della Quarta Internazionale erano purtroppo troppo deboli per mettere in discussione tutto ciò. Questo tradimento costituì la base di quella che Ted Grant definì “controrivoluzione in forma ‘democratica’”.

Scrisse infatti:

La socialdemocrazia ha salvato il capitalismo dopo l’ultima guerra. Oggi ci sono due ‘internazionali’ traditrici al servizio del capitale: lo stalinismo e la socialdemocrazia.
[…]
L’obiettivo dell’imperialismo anglo-americano di “ristabilire l’ordine” in Europa, ovvero di imporre di nuovo il dominio del capitale, assume necessariamente la forma di manovre complicate e rischiose. In questa fase sarà difficile ingannare le masse e sarà necessario, per disorientarle, ricorrere alle panacee del ‘progresso’, delle ‘riforme’, della ‘democrazia’, contrapposte all’orrore del regime totalitario“.

Per quanto riguardava il destino dell’Unione Sovietica, Ted sosteneva che, data la stanchezza per la guerra, soprattutto in Europa, l’ammirazione e il sostegno per l’Armata Rossa, la simpatia e il caloroso supporto per l’Unione Sovietica, nel loro insieme, rendevano estremamente difficile, se non del tutto impossibile, per gli Alleati lanciare un attacco all’URSS nell’immediato dopoguerra.

Ted sviluppò queste idee in The Character of the European Revolution, pubblicato nell’ottobre 1945:

Una fase ‘democratica’ in Europa non deriverà dalla necessità oggettiva di una fase di rivoluzione democratica, ma dalla svendita delle vecchie organizzazioni operaie… Solo la debolezza del partito rivoluzionario e il ruolo controrivoluzionario dello stalinismo hanno dato respiro al capitalismo. Vedendo che è praticamente impossibile governare con i metodi della dittatura fascista o militare, la borghesia si è preparata a passare, per il momento, alla manipolazione democratico-borghese dei suoi agenti stalinisti-riformisti. Questo non costituisce una rivoluzione democratica ma, al contrario, una controrivoluzione democratica preventiva contro il proletariato.

Questo permise ai dirigenti del RCP di riconoscere e comprendere gli importanti cambiamenti che si stavano preparando. Fin dall’inizio del 1945, il RCP aveva sviluppato differenze politiche fondamentali con la direzione internazionale, che si era dimostrata incapace di comprendere il nuovo equilibrio di forze e la necessità di riarmare il movimento con una nuova prospettiva.

Aggrappati alla vecchia posizione

L’affermazione dell’impossibilità della democrazia borghese in Europa non era limitata al SWP. Nel febbraio 1944, anche una Conferenza Europea, tenutasi in Francia e alla quale parteciparono gruppi attivi in Francia, Belgio, Grecia e Spagna, approvò un documento che sosteneva la linea del SWP riguardo alle prospettive per l’Europa.

Naturalmente un errore, se corretto, non è una tragedia. Tuttavia un errore, se non viene corretto, ne provoca un altro e un altro ancora. Gli errori possono quindi diventare una tendenza.

E questo è ciò che è successo. Cannon quindi sostenne che era terminata solo la prima “fase” della guerra e che la seconda fase – una terza guerra mondiale – stava venendo attivamente preparata dagli imperialisti. Iniziò subito a insistere su un’imminente guerra imperialista contro l’Unione Sovietica.

Questa linea di guerra imminente contro l’Unione Sovietica fu poi costantemente ripetuta a gran voce per tutto il periodo successivo.

Questa posizione derivava logicamente dalla loro falsa visione per cui l’Unione Sovietica era uscita indebolita dalla guerra. In realtà, lo stalinismo ne era uscito massicciamente rafforzato, sia militarmente che dal punto di vista dell’autorità sulle grandi masse di tutto il mondo.

Come scrisse Ted Grant nel marzo 1945: “L’evento di gran lunga più importante a livello mondiale è l’emergere della Russia, per la prima volta nella storia, come la più grande potenza militare in Europa e in Asia”.

Ma i dirigenti del SWP si spinsero ancora più in là nel loro errore. Data la cosiddetta debolezza dello stalinismo, a loro avviso, arrivarono a sostenere che il capitalismo avrebbe potuto essere restaurato in Unione Sovietica senza nemmeno la necessità di un intervento militare, “semplicemente attraverso la pressione economica, politica e diplomatica combinate e le minacce dell’imperialismo americano e britannico”. (Citato nel bollettino interno del RCP, 12 agosto 1946).

Un errore ridicolo aveva chiaramente portato a farne un altro.

Prospettive economiche

Questi “dirigenti” negarono poi ogni possibilità di ripresa economica in Europa.

ER Frank (Bert Cochran) aprì la 12a Conferenza Nazionale del SWP del novembre 1946 con le parole:

Nelle condizioni attuali, la rinascita e la ricostruzione in Europa avverranno a un ritmo molto lento; i risultati saranno molto deludenti; non raggiungeranno nemmeno i livelli dell’anteguerra; sotto la tutela americana, l’economia europea è condannata alla stagnazione e alla decadenza.” (Fourth International, Vol. 8, N.1, gennaio 1947)

In realtà, la ripresa economica stava chiaramente iniziando.

Nel settembre 1947, Ernest Mandel, il “principale economista” dell’Internazionale, sostenne a favore della minoranza guidata da Healy e contro la maggioranza del RCP che “è necessario abbandonare fin d’ora qualsiasi pretesa di un boom che non è esistito e che il capitalismo britannico non sperimenterà mai più”.
Mandel dichiarò poi che:

“Se i compagni della maggioranza del RCP prendessero sul serio la loro stessa definizione, concluderebbero logicamente che ci troviamo di fronte a un ‘boom’ in TUTTA L’EUROPA CAPITALISTA, perché in tutti questi paesi la produzione si sta ‘espandendo’.” (E. Germain, From the ABC to Current Reading: Boom, Revival or Crisis? Nel bollettino interno del RCP, settembre 1947, corsivo dell’autore).

Queste argomentazioni non facevano altro che riproporre quelle degli stalinisti del Terzo Periodo, che proponevano l’assurdità della “crisi finale del capitalismo”.

Nell’aprile 1946 fu organizzata a Parigi una Preconferenza internazionale, in cui erano rappresentati 15 gruppi. Tra questi, Haston per la maggioranza del RCP e Healy e Goffe per la minoranza.

Il progetto di risoluzione del SI alla Preconferenza, sostenuto dalla minoranza di Healy in Gran Bretagna, affermava che:

La ripresa dell’attività economica nei Paesi capitalisti indeboliti dalla guerra, e in particolare nei paesi dell’Europa continentale, sarà caratterizzata da un ritmo particolarmente lento che manterrà la loro economia a livelli che rasentano la stagnazione e il crollo.

In effetti, la loro posizione era che esistesse un tetto massimo alla produzione, raggiunto nel 1938, ma questo fu presto superato con l’aumento continuo dei livelli di produzione.

Ernest Mandel

La risoluzione ripeteva tutti gli errori delle bozze precedenti e approvava la posizione del SWP americano. Sottolineava che non ci sarebbe stato un periodo di democrazia borghese, ma solo di bonapartismo, che era escluso un boom e che la Russia nel prossimo futuro avrebbe potuto sperimentare la controrivoluzione anche con mezzi diplomatici pacifici.

Solo la maggioranza del RCP si oppose a queste assurdità. Invece di trovarsi di fronte a una crisi di sovrapproduzione, il capitalismo stava in realtà vivendo l’opposto: una crisi di sottoproduzione. Pertanto una ripresa ciclica era inevitabile. Nell’emendamento alla Risoluzione della preconferenza internazionale, il RCP spiegava che:

Tutti i fattori su scala europea e mondiale indicano che l’attività economica in Europa occidentale nel prossimo periodo non sarà di ‘stagnazione e crollo’, ma di ripresa e boom“.

Tutti gli emendamenti del RCP su queste questioni, che cercavano di correggere la posizione del SI, vennero respinti a stragrande maggioranza.

Dittature militari

Inevitabilmente, queste false idee e prospettive offerte dal SI ebbero un effetto disorientante e dannoso sulle deboli sezioni europee dell’Internazionale. La sezione francese, ad esempio, ritenendo insostenibile la democrazia borghese, si rifiutò di uscire dall’illegalità per tutto il periodo successivo all’arrivo delle truppe alleate, temendo di esporsi alla repressione. Pierre Frank, che si era reinserito nell’organizzazione ed era diventato leader del Parti Communiste Internationaliste (PCI), era talmente preso da questa teoria da affermare che non solo la Francia del 1946 era sotto il governo militare bonapartista, ma lo era già dal 1934!

Frank, che divenne anche membro del Segretariato Internazionale, sostenne che l’idea di una “controrivoluzione democratica” era una “espressione priva di contenuto”.

In Democrazia o bonapartismo in Europa – Risposta a Pierre Frank (agosto 1946, ne Il lungo filo rosso, da pag. 330) Ted Grant gli rispose affermando che per Frank “sarebbe difficile spiegare cosa fosse la Repubblica di Weimar organizzata dalla socialdemocrazia in Germania”. Poi continuò a demolire completamente le argomentazioni di Frank punto per punto. “Gli avvenimenti hanno dimostrato la correttezza di questa analisi. Invece di affrontare con franchezza un errore nelle prospettive, Frank nega la realtà e tenta di trasformare l’errore in virtù”.

Ted sottolineò che “la dichiarazione del SI fatta nel 1940 era scorretta. Noi facemmo lo stesso errore. Date le circostanze, era scusabile. Ma ripetere nel 1946 un errore che era già chiaro nel 1943 è imperdonabile”. (Nostra sottolineatura).

Questo contributo di Ted Grant è stato uno dei lavori chiave che ha tracciato una linea di demarcazione tra il metodo e l’approccio del marxismo autentico e la visione eclettica piccolo- borghese del Segretariato Internazionale.

Pierre Frank

È importante capire la formazione politica di questo individuo e l’atteggiamento di Trotskij nei suoi confronti. Alla fine del 1935, Molinier e Frank ruppero con il movimento trotskista e fondarono il loro cosiddetto giornale di massa. In una lettera del 3 dicembre 1935, Trotskij scrisse:

Non c’è altro contenuto politico nell’atteggiamento di Molinier e Frank. Essi stanno capitolando di fronte all’onda social-patriottica. Tutto il resto sono solo frasi, prive di valore agli occhi di un marxista serio…

Una rottura aperta e onesta sarebbe cento volte meglio di concessioni ambigue a coloro che capitolano di fronte all’onda patriottica.” (The crisis of the French section, p. 103)

Ancora una volta, in una lettera del 4 dicembre 1935, Trotskij denunciò Pierre Frank senza mezzi termini per “abdicazione dei principi”. Scrisse:

Abbiamo combattuto con coerenza contro i Pierre Frank in Germania e in Spagna, contro gli scettici e contro gli avventurieri che volevano fare miracoli (e si sono rotti l’osso del collo nel farlo)“. (The crisis of the French Section, pp. 106-7)

Trotskij insistette per l’espulsione di Pierre Frank, avvertendo che non doveva essere riammesso nelle file dell’opposizione. Tuttavia, dopo la guerra, Frank sostenne Healy nel RCP in Gran Bretagna, per poi tornare in Francia. Aderì di nuovo al suo gruppo, il PCI. Divenne delegato al congresso del 1946 e riuscì a farsi eleggere nel SI. In questo modo, riuscì a rientrare nella Quarta Internazionale, nonostante le serie obiezioni di Trotskij.

L’accordo diplomatico di Pablo

L’atteggiamento di Cannon nei confronti del neonato SI in Europa era di tenerlo fuori dagli affari americani. Voleva che gli americani fossero liberi di gestire i propri affari senza interferenze esterne.
Come lo stesso Cannon spiegò in seguito:

I nostri rapporti con la direzione europea in quel momento erano rapporti di strettissima collaborazione e sostegno. C’era un accordo generale tra noi. Erano uomini sconosciuti nel nostro partito. Nessuno aveva mai sentito parlare di loro. Abbiamo aiutato a pubblicizzare i singoli dirigenti, li abbiamo raccomandati ai membri del nostro partito e abbiamo contribuito a costruire il loro prestigio. Lo abbiamo fatto, in primo luogo perché avevamo un accordo generale, e in secondo luogo perché ci siamo resi conto che avevano bisogno del nostro sostegno. Dovevano ancora guadagnare autorità, non solo qui ma in tutto il mondo. E il fatto che il SWP li abbia sostenuti su tutta la linea ha rafforzato enormemente la loro posizione e li ha aiutati a svolgere il loro grande lavoro.”

ggiungeva poi: “Siamo arrivati ad ammorbidire molte delle nostre differenze con loro…” (Cannon, Speeches to the party, p. 73).

Non è quindi un caso che Cannon avesse elogiato il neoeletto segretario dell’Internazionale, Michel Pablo, in perfetta linea con questo spirito. “È uno scrittore prolifico, a mio avviso”, dichiarò Cannon. “Ma non riceviamo da lui alcuna direttiva personale. Non scrive lettere personali per criticare il SWP, per elogiarlo o per dirgli cosa fare”.

Michel Pablo (Raptis) fu eletto segretario del ricostituito SI alla Preconferenza mondiale del 1946, con l’appoggio del SWP. Successivamente Pablo sarebbe diventato l’uomo di Cannon in Europa. Ciò si concretizzò in seguito a un viaggio di Pablo a New York all’inizio del 1947.

Pablo era accompagnato da Sam Gordon, agente del SWP in Europa. Non c’è dubbio che il motivo fosse la “diplomazia” e non c’è da stupirsi che Pablo avesse mantenuto un riserbo sul viaggio. Serviva a consolidare le relazioni tra il SI a Parigi e Cannon a New York. Entrambi marciavano ormai di pari passo, lungo una strada che avrebbe portato la Quarta Internazionale alla completa catastrofe.

All’inizio di febbraio del 1947, Cannon scrisse al Comitato Nazionale del SWP che “il SWP non tollererà più pagliacciate sulla disciplina e che le manovre unitarie [con il Workers Party di Shachtman] sono fermamente respinte ed escluse per il futuro…”. Descrisse poi la visita di Pablo:

Come sapete, abbiamo ricevuto la visita di Ted [Sam Gordon] e Gabe [Michel Pablo]. Insieme a loro abbiamo discusso e preparato alcune nuove mosse volte a porre fine a tutte le ambiguità e a portare tutte le questioni a una soluzione definitiva in relazione al congresso mondiale, ora definitivamente programmato per l’autunno…
Le informazioni forniteci da Gabe [Pablo] e Ted [Gordon] hanno chiarito che la tendenza marxista autenticamente ortodossa ha la certezza di una solida maggioranza al congresso su tutte le questioni controverse. L’esperienza e le discussioni precedenti hanno preparato questa vittoria dell’autentico trotskismo nel movimento mondiale.

Cannon dettò legge nei suoi soliti termini:

Coloro che accettano le decisioni del Congresso e si obbligano a metterle in pratica, possono rimanere nell’organizzazione. Coloro che rifiutano di accettare le decisioni devono essere automaticamente espulsi. Coloro che ‘accettano’ le decisioni in modo insincero e poi procedono a violarle, saranno espulsi.” (Cannon, Writings 1945-47, pp.323- 324)

Le “nuove mosse” a cui Cannon si riferiva erano chiaramente misure per scacciare qualsiasi opposizione (“pagliacciate”) e facevano parte dell’accordo internazionale rivolto contro la maggioranza del RCP. La tattica utilizzata sarebbe stata quella di dividere il RCP e riconoscere due sezioni in Regno Unito, la maggioranza guidata da Haston e Grant e la minoranza guidata da Healy. Gli stessi metodi furono usati contro Demaziere e Craipeau, i dirigenti dell’opposizione in Francia.

La direzione del RCP in Gran Bretagna aveva dimostrato di avere una posizione corretta su tutte le questioni fondamentali, il che per i “leader” della Quarta, intrisi dalle logiche di prestigio, risultava intollerabile. Il “problema” britannico doveva essere risolto con urgenza. Per questo motivo, a partire dal 1945, Cannon, Pablo, Mandel, Frank e i loro accoliti cospirarono per distruggere il RCP, la sezione di gran lunga più lungimirante di tutte quelle della Quarta Internazionale. Si trattava di un partito la cui linea politica avrebbe potuto riarmare con successo il movimento e salvare la Quarta Internazionale dalla distruzione.

Ma questo fatto era precisamente quello che i cosiddetti leader del SI non riuscivano a digerire. Cannon, in particolare, odiava essere smentito, cosa che avvenne su molte questioni. In una lettera a Healy, Cannon espresse il suo punto di vista:

L’intero sistema di Haston doveva essere fatto saltare prima che un’autentica organizzazione trotskista potesse realmente partire in Inghilterra. La cosa più triste, di cui ci si rammarica ancora oggi, è che il riconoscimento di questa semplice necessità sia stato così a lungo ritardato.” (Cannon a Healy, 5 settembre 1953, op. cit. , p.262).

A suo avviso, non solo il RCP, ma tutta l’opposizione doveva essere “fatta saltare”. Questo piano criminale per distruggere il RCP diventava ora ancora più impellente, dato che i “leader” della Quarta stavano commettendo tutti gli errori possibili e immaginabili – e anche qualcuno in più.

Entrismo

Cannon era in contatto regolare con Healy in Gran Bretagna. Secondo le parole di Healy:

I membri del SWP ci furono particolarmente di aiuto nel periodo tra il 1943 e il 1949 nella lotta contro la cricca di Haston. Il gruppo, che comprendeva la maggioranza dell’organizzazione trotskista inglese, era guidato essenzialmente da Haston, da sua moglie Mildred Haston e da Ted Grant.” (Healy, “Problems of the Fourth International”, agosto 1966, in Trotskism versus Revisionism, vol. 4, p. 298).

Gerry Healy era quindi una creatura di Cannon, che intensificò le sue manovre per creare una frazione “anti-direzione” all’interno del RCP, basata esclusivamente su differenze inventate. Alla conferenza del RCP del 1945, Healy propose l’idea di abbandonare la politica del partito indipendente e di entrare nell’ILP. Questa idea era stata messa in testa a Healy da Pierre Frank.

Tuttavia, con l’espulsione dei trotskisti dall’ILP, questa posizione non ottenne alcun sostegno e fu abbandonata senza far troppo rumore da Healy. Poco dopo gli venne in mente un’altra idea, quella di entrare nel Partito Laburista. Ma le condizioni per l’entrismo stabilite da Trotskij erano chiaramente assenti.

Queste erano:

1. una crisi pre-rivoluzionaria o rivoluzionaria;

2. un fermento in una delle organizzazioni di massa;

3. la cristallizzazione di una corrente di sinistra o centrista al suo interno; e

4. la possibilità di una rapida cristallizzazione di una tendenza rivoluzionaria.

Nessuna di queste condizioni esisteva. Ma questo non scoraggiò Healy. Sostenne semplicemente che tali condizioni stavano per svilupparsi rapidamente, poiché la Gran Bretagna stava per affrontare un’imminente recessione catastrofica. Tuttavia, le prospettive di Healy, che riecheggiavano la posizione del Segretariato Internazionale, erano completamente false.

Secondo i dirigenti del RCP, piuttosto che una recessione, esisteva “una situazione economica molto più stabile per il capitalismo britannico di quanto i capitalisti, i riformisti o anche i trotskisti si aspettassero come risultato immediato della guerra…”.

Il governo laburista, a differenza di quello del 1929-31, stava effettivamente realizzando il suo programma riformista. Questo, a sua volta, rafforzò le idee del riformismo e, di conseguenza, significava che non c’era alcuna prospettiva di un’ala sinistra di massa o di un fermento nel Partito Laburista nel prossimo futuro. Di conseguenza, la tattica da perseguire non era l’entrismo nel Partito Laburista, ma alzare la bandiera del partito rivoluzionario indipendente. Persino Van Gelderen, il capo della frazione laburista del RCP [un piccolo gruppo di compagni del RCP che svolgeva un lavoro di frazione nel Partito Laburista, tenendone d’occhio gli sviluppi], era contrario all’ingresso.

Tuttavia, i dirigenti del RCP si rendevano conto delle difficoltà da affrontare. “L’inevitabile crisi, tuttavia, non sarà immediata. Sarà ritardata per un periodo”, spiegava l’editoriale della rivista teorica. “L’orientamento e la strategia del Partito Comunista Rivoluzionario sono saldamente basati sulla prospettiva a lungo termine della crisi e del declino, ma i suoi occhi sono anche spalancati sull’immediata ripresa in questa congiuntura”. (Editorial Notes, Workers’ International News, settembre-ottobre 1946).

Per Healy qualsiasi questione, non importava quale, era utile per attaccare – e auspicabilmente minare – la direzione del RCP. Naturalmente in questa lotta la direzione dell’Internazionale (e dietro di essa Cannon) appoggiò Healy fino in fondo.

Di conseguenza, la riunione del Comitato Esecutivo Internazionale (CEI) del giugno 1946 approvò una risoluzione che sollecitava “la concentrazione della maggior parte delle forze del RCP all’interno del Partito Laburista, con l’obiettivo di costruire pazientemente un’ala sinistra organizzata”, e stabiliva che “il RCP dovrebbe valutare le possibilità pratiche di entrare in questo partito”. Ci fu un solo voto contrario, quello del delegato del RCP.

Come si può notare, l’argomentazione era cambiata dall’intervento all’interno della sinistra alla costruzione della sinistra stessa. Questo proprio a causa dell’assenza di una sinistra nel Partito Laburista. Nacque così la falsa idea che il compito dei trotskisti fosse quello di costruire la sinistra.

Come se non bastasse, Healy iniziò a ripetere le vecchie calunnie di Cannon, secondo cui i vecchi leader della WIL si erano macchiati di “deviazioni nazionali insulari” quando avevano rifiutato di aderire alla RSL nel 1938. Il compito era quindi quello di rimuovere questa direzione “anti- internazionalista” del RCP e crearne una nuova più leale e in linea con le idee dell’Internazionale.

Battendo la strada dell’entrismo, con il pieno appoggio dell’Internazionale, Healy riuscì a ottenere l’appoggio di circa il 25% dei membri del RCP. Ma le linee di frazione erano nettamente tracciate e Healy non riuscì a fare altri progressi. Nel 1946 e nel 1947 riuscì a raccogliere solo 7 delegati a favore di un entrismo totale immediato, contro i 28 della maggioranza.

Di conseguenza, nell’estate del 1947, la frazione di Healy propose di dividere il partito per consentire alla minoranza di condurre il proprio entrismo. La questione fu poi sollevata al CEI di settembre che, con il pieno appoggio del SI, approvò la proposta di Healy.

Nel giro di un mese, un congresso speciale del RCP accettò la decisione, pur contro la propria volontà. Le “nuove mosse” di Cannon erano riuscite.

Tuttavia, Healy avrebbe impiegato più di un anno – fino dicembre 1948 – per lanciare un giornale, Socialist Outlook, che propugnava blande politiche riformiste di sinistra nel tentativo di “costruire la sinistra”, una politica che sarebbe diventata nota come “entrismo profondo”.

Il secondo Congresso Mondiale

Il secondo Congresso Mondiale si svolse in Belgio nell’aprile del 1948, con la partecipazione di delegati provenienti da 19 Paesi. Ancora una volta, la direzione propose una prospettiva fondamentalmente falsa di crisi, fascismo e guerra mondiale. Secondo la risoluzione principale:

“In assenza di una situazione rivoluzionaria, l’acuirsi della crisi del capitalismo minaccia di condurre ancora una volta al fascismo e alla guerra che, questa volta, metterebbe a repentaglio l’esistenza e il futuro di tutta l’umanità”. (Situazione mondiale e compiti della Quarta Internazionale, Risoluzione adottata dal Secondo Congresso della Quarta Internazionale – Parigi, aprile 1948, )

Questa prospettiva di guerra atomica e fascismo era tipica di Cannon, Pablo, Mandel e Frank. La posizione del 1938, ma ancora più apocalittica, doveva essere mantenuta a tutti i costi.

L’esperienza della guerra mondiale e il suo esito erano un libro chiuso per queste persone.

Un’altra gran confusione che questi cosiddetti grandi “teorici” stavano facendo riguardava l’Europa orientale e i processi che si stavano svolgendo in quell’area.

Dopo le vittorie dell’Armata Rossa, gli stalinisti avevano instaurato regimi “amici”, chiamati “democrazie popolari”, in quelli che divennero noti come “Stati cuscinetto”. I loro fantocci controllavano saldamente quei governi. Mentre la Quarta Internazionale continuava a difendere l’Unione Sovietica come uno Stato operaio deformato, si poneva la domanda: qual era il carattere di classe degli Stati cuscinetto?

Già nel marzo 1945, Ted Grant aveva spiegato che in questi paesi Stalin aveva mantenuto il capitalismo, ma data l’instabilità, un’alternativa era possibile. Egli avanzò la prospettiva che, con l’evolversi della situazione, o il mantenimento del capitalismo nell’Europa orientale avrebbe portato alla restaurazione del capitalismo in Russia, “oppure la burocrazia sarà costretta, contro le sue stesse aspirazioni e a rischio di acuire l’antagonismo con i suoi attuali alleati imperialisti, a nazionalizzare le industrie nei paesi occupati permanentemente, agendo dall’alto e, se possibile, senza la partecipazione delle masse”. (da Il cambiamento dei rapporti di forza in Europa e il ruolo della Quarta Internazionale, op. cit, pag. 298)

I dirigenti del RCP avevano ridiscusso la questione della natura di classe della Russia dopo la guerra. Avevano persino preso in considerazione la teoria del collettivismo burocratico, avanzata da Shachtman, secondo la quale la burocrazia si era trasformata in una nuova classe dominante. Tuttavia, dopo un’attenta riflessione, questa teoria fu respinta. L’Unione Sovietica rimaneva ancora uno Stato operaio mostruosamente deformato.

Naturalmente, la “leadership” della Quarta non riuscì a capire cosa stesse accadendo in Europa orientale. In primo luogo etichettarono quei paesi semplicemente come Stati capitalisti. La prognosi del RCP secondo cui questi Stati potevano diventare Stati operai deformati fu ridicolizzata dal SI.

Cannon continuò per anni a distorcere le affermazioni dei compagni del RCP. In una lettera a Farrel Dobbs dell’inizio del 1953, scriveva:

All’inizio del dopoguerra la banda di Haston fu affascinata dall’espansione dello stalinismo e pensò di vedere in esso ‘l’onda del futuro’.
Hanno conferito il titolo onorifico di ‘Stati operai’ a ogni striscia di territorio occupata dall’Armata Rossa, nel momento in cui questa occupazione ha avuto luogo.

La descrizione di Cannon della posizione del RCP è, come sempre, una totale distorsione. Il RCP non ha mai sostenuto che l’ingresso dell’Armata Rossa nell’Europa orientale avesse trasformato quei paesi occupati in Stati operai.

Al contrario, il RCP sosteneva che le “democrazie popolari” continuavano a essere regimi capitalisti. Stalin inizialmente non aveva intenzione di espropriare i capitalisti. Ordinò ai partiti comunisti di entrare in governi di coalizione con i partiti borghesi. Ma in realtà non si trattava di coalizioni con la borghesia, che era fuggita insieme agli occupanti nazisti. Erano coalizioni con le “ombre della borghesia”. Il vero potere era nelle mani degli stalinisti e dell’Armata Rossa. Questa scomoda alleanza non durò a lungo.

Quando gli imperialisti americani iniziarono a introdurre gli aiuti del Piano Marshall per contribuire a ristabilire il vecchio ordine delle cose e a dare sostanza alle “ombre”, gli stalinisti furono costretti ad agire. Ciò significava appoggiarsi alle masse per portare a termine l’espropriazione del capitalismo, ma in modo burocratico e instaurando regimi sul modello di Mosca.

Ma l’Internazionale gettava acqua sul fuoco di una simile eventualità. Al contrario, Mandel chiese ironicamente a Shachtman: “Pensa davvero che la burocrazia stalinista sia riuscita a rovesciare il capitalismo in metà del nostro continente?” (Fourth International, febbraio 1947)

Il tono ironico della domanda presuppone la risposta che Mandel e gli altri dirigenti della Quarta si erano già dati: tale conclusione era assolutamente esclusa. Il progetto di tesi del SI per il secondo Congresso Mondiale dell’aprile 1948 continuava a sottolineare la natura capitalistica degli “Stati cuscinetto”:

La natura capitalistica dei rapporti di produzione dei paesi della ‘zona cuscinetto’ e le differenze fondamentali tra la loro economia e quella della Russia, anche al tempo della NEP, sono chiaramente visibili.” (“The Russian Question Today – Stalinism and the Fourth International” – novembre-dicembre 1947).

Le tesi proseguivano poi mettendo l’Internazionale in un angolo, escludendo qualsiasi cambiamento nella natura di classe di questi regimi:

Negare la natura capitalista di questi paesi equivale ad accettare, in qualsiasi forma, questa teoria revisionista stalinista, significa prendere seriamente in considerazione la possibilità storica di una distruzione del capitalismo mediante il ‘terrore dall’alto’ senza l’intervento rivoluzionario delle masse.

E ancora:

Il fatto che il capitalismo esista ancora in questi paesi accanto allo sfruttamento da parte della burocrazia stalinista deve determinare fondamentalmente la nostra strategia. La natura capitalista di questi paesi impone la necessità del più rigoroso disfattismo rivoluzionario in tempo di guerra.

La rozzezza di queste righe indica chiaramente l’aridità dell’approccio schematico e astratto che cerca di imporre nozioni preconcette alla realtà, senza alcun riferimento allo stato reale delle cose.

Ciò è in palese contraddizione con il metodo dialettico utilizzato da Trotskij quando analizzò la condotta degli stalinisti in Polonia e concluse correttamente che era effettivamente possibile per gli stalinisti introdurre nuovi rapporti di proprietà, in linea con l’economia nazionalizzata dell’Unione Sovietica, ma senza alcuna partecipazione democratica della classe operaia.

Come al solito, in questa risoluzione Mandel e Pablo cercarono di coprirsi le spalle affermando che “non è escluso che un certo rapporto di forze possa rendere necessaria una vera e propria assimilazione strutturale di uno o dell’altro paese della ‘zona cuscinetto'” – riuscendo così ad andare contemporaneamente in due direzioni diverse.

E per confondere ulteriormente le cose, aggiunsero che la tendenza, tuttavia, non era assolutamente in quella direzione, che il settore privato non era “orientato” in quel senso e che la burocrazia stalinista stava introducendo “nuovi e potenti ostacoli” a tale possibilità.

In totale contrasto con questo modello confuso, i compagni britannici offrirono un modello di chiarezza e coerenza politica. Haston presentò gli emendamenti del RCP al Congresso mondiale del 1948, che furono messi insieme per produrre il seguente testo:

… le economie di questi paesi [gli Stati cuscinetto] si stanno allineando a quella dell’Unione Sovietica (a) Il rovesciamento di base dei rapporti di proprietà capitalistici è già stato completato, o è in fase di completamento (b) Il controllo capitalistico del governo e dell’apparato dello Stato è stato distrutto, o è in fase di distruzione (c) Questo processo di assimilazione è il prodotto necessario e inevitabile del carattere di classe dell’economia russa, e la preponderanza dello Stato russo è la forza militare dominante nelle relazioni esistenti…“.(“Emendamenti del RCP alle tesi sulla Russia e l’Europa orientale”, che non furono mai pubblicati dal SWP).

Come era prevedibile, la proposta fu respinta a stragrande maggioranza.

Il Settimo Plenum del CEI dell’aprile 1949, dodici mesi dopo il colpo di Stato di Praga, rifiutò ostinatamente di affermare che il capitalismo era stato abolito nell’Europa orientale, ma considerò gli “Stati cuscinetto” come Stati borghesi “di tipo speciale”. Per dirla con le parole inimitabili di Pierre Frank, “qualcosa come ‘Stati borghesi degenerati'”.

Il loro gioco a nascondino sulla natura di classe degli Stati cuscinetto venne riassunto come “un tipo unico di società ibrida di transizione in fase di trasformazione, con caratteristiche ancora così fluide e poco precise che è estremamente difficile riassumere la sua natura fondamentale in una formula concisa”. (Risoluzione del Settimo Plenum)

Max Stein, nella sua relazione al Comitato Politico del SWP del luglio 1949 sulla risoluzione del CEI sull’Europa orientale, dopo essere stato costretto a riconoscere le nazionalizzazioni avvenute, respinse ancora il punto di vista del RCP, affermando che “non ci troviamo nella posizione descritta dal RCP britannico, che non rappresenta un fattore nuovo nella discussione, e che era già stata presentata al Congresso Mondiale e da questo respinto in modo schiacciante”.

Concludeva rivelando il fallimento teorico della maggioranza:

Piuttosto che saltare a conclusioni sul carattere sociale degli Stati dell’Europa orientale, è molto meglio attendere ulteriori sviluppi.” (SWP, Internal Bullettin, vol.xi, n.5, ottobre 1949)

Tuttavia, una svolta arrivò con la notizia sorprendente della rottura tra Tito e Stalin. Fedele al suo approccio, Mandel cercò di migliorare la sua posizione “teorica” scrivendo un lungo documento sulla natura di classe della Jugoslavia e degli “Stati cuscinetto”. Il documento fu pubblicato nell’ottobre 1949 in un bollettino interno dell’Internazionale.

Iniziò dicendo che bisognava guardare ai fatti, e poi procedette a ignorare tutti i fatti conosciuti e a ribadire la falsa posizione che gli “Stati cuscinetto” erano Stati capitalisti, ma in “transizione”. Queste infinite definizioni su definizioni sono tipiche del metodo disonesto di Mandel, che si traduce in un imbroglio continuo.

Mandel attaccava indirettamente il RCP, mettendogli le parole in bocca e senza usare una sola citazione diretta. Nel 1948, il RCP era giunto alla conclusione che questi regimi erano Stati operai deformati stalinisti, in cui il capitalismo era stato eliminato, ma solo per essere sostituito dal dominio di un’élite burocratica.

La burocrazia stalinista si era appoggiata ai lavoratori per espropriare il capitalismo, ma nel proprio modo burocratico, eliminando accuratamente qualsiasi possibilità di uno Stato operaio democratico come quello istituito dai bolscevichi in Russia nel 1917.

Nella sua fretta di negare qualsiasi credenziale progressista allo stalinismo, Mandel insistette sul fatto che lo stalinismo era sempre e invariabilmente di carattere controrivoluzionario, e quindi organicamente incapace di muoversi in tale direzione:

Ovviamente l’ipotesi della distruzione del capitalismo, non in Estonia o in Romania o addirittura in Polonia, ma in tutta l’Europa e nella maggior parte dell’Asia, trasformerebbe il nostro atteggiamento nei confronti dello stalinismo da cima a fondo…

“I compagni che aderiscono alla teoria del carattere proletario dei paesi cuscinetto sono ben lungi dal prevedere questa eventualità, ma sarebbe la logica conclusione del cammino intrapreso e ci obbligherebbe a rivedere da cima a fondo la nostra valutazione storica dello stalinismo. Dovremmo quindi esaminare le ragioni per cui il proletariato non è stato in grado di distruggere il capitalismo in territori così estesi dove invece la burocrazia è riuscita a portare a termine questo compito.

“Dovremmo anche specificare, come hanno già fatto alcuni compagni del RCP [?], che la missione storica del proletariato non sarà la distruzione del capitalismo, ma piuttosto la costruzione del socialismo, un compito che la burocrazia per sua natura non può risolvere. Dovremmo quindi ripudiare tutte le argomentazioni trotskiste contro lo stalinismo dal 1924, una linea di argomentazione basata sull’inevitabile distruzione dell’URSS da parte dell’imperialismo nel caso di un rinvio estremamente prolungato della rivoluzione mondiale“. (International Information Bulletin, gennaio 1950)

La prima parola della frase – “ovviamente” – intende anticipare il risultato finale. Se qualcosa è ovvio, non c’è bisogno di fornire alcuna giustificazione. Se definiamo lo stalinismo come controrivoluzionario nella sua stessa essenza, come può essere in grado di rovesciare i rapporti di proprietà capitalistici nell’Europa orientale?

Trotskij ha spiegato più volte che ci possono essere circostanze eccezionali in cui anche i politici riformisti possono essere costretti ad andare oltre le loro intenzioni.

Se inizialmente Stalin probabilmente non aveva intenzione di eliminare il capitalismo in Europa orientale, la sua mano fu forzata dalle azioni aggressive dell’imperialismo statunitense, che cercava di usare gli aiuti del Piano Marshall come leva per rafforzare gli elementi borghesi nei governi di coalizione in paesi come la Polonia e la Cecoslovacchia.

Stalin fu costretto ad agire per impedirlo. Non fu molto difficile. Come diceva Trotskij, per uccidere una tigre è necessario un fucile, ma per uccidere una pulce basta un’unghia.

La borghesia debole e degenerata dell’Europa orientale venne facilmente eliminata con una semplice manovra politica, condotta dall’alto, è vero, ma con il sostegno attivo dei lavoratori, mobilitati contro i partiti borghesi e a favore dell’espropriazione del capitale.

Naturalmente, questi metodi non hanno nulla in comune con il modello classico di rivoluzione proletaria sostenuto da Marx, Lenin e Trotskij, che si basa sul movimento cosciente della classe operaia dal basso.

Siamo di fronte alla caricatura bonapartista di una rivoluzione proletaria, in cui venne deliberatamente impedito ai lavoratori stessi di prendere il controllo dello Stato e di gestirlo secondo criteri democratici. Un tale sviluppo sarebbe stato una minaccia mortale per Stalin e la burocrazia di Mosca. Ma l’istituzione di Stati operai deformati, sul modello dello stalinismo russo, non rappresentava affatto una minaccia. Al contrario, servì a rafforzare Stalin e la burocrazia.

I regimi emergenti non avevano naturalmente nulla in comune con lo Stato operaio democratico istituito da Lenin e Trotskij in Russia nel 1917. Ma indubbiamente portarono all’abolizione del capitalismo e all’instaurazione di un’economia pianificata nazionalizzata. In questo senso – e solo in questo senso – rappresentavano la realizzazione di uno dei compiti fondamentali di una rivoluzione proletaria.

Nonostante le distorsioni di Mandel, ciò che era avvenuto nell’Europa orientale era completamente spiegabile con il metodo marxista, come aveva fatto Ted Grant.

Mandel non poteva affrontare i fatti, perché erano in flagrante contraddizione con i suoi pregiudizi. Per lui, riconoscere che il capitalismo era stato rovesciato nell’Europa orientale equivaleva ad ammettere la possibilità che lo stalinismo potesse svolgere un ruolo “rivoluzionario”.

Per i marxisti è elementare che il vero socialismo possa essere raggiunto solo attraverso il movimento cosciente della classe operaia. Ma le rivoluzioni che si sono svolte nell’Europa orientale non sono state autentiche rivoluzioni proletarie, bensì caricature burocratiche, portate avanti dall’alto dalla burocrazia stalinista, anche se con il sostegno di milioni di lavoratori che hanno salutato con entusiasmo l’esproprio dei padroni.

Simili metodi non avrebbero mai potuto portare a uno Stato operaio sano, e il RCP non ha mai sostenuto che potessero farlo. Ciò che emerse fu una mostruosa caricatura burocratica del “socialismo” – in altre parole, proprio uno Stato operaio deformato, come nella Russia staliniana.

Il metodo dialettico di Trotskij era un libro chiuso con sette sigilli per Mandel e gli altri “leader” della Quarta Internazionale. Partendo da una serie di concetti astratti, non erano stati in grado di comprendere i reali fenomeni e processi concreti che si stavano svolgendo sotto i loro occhi.

La verità, come Lenin ha spiegato più volte, è concreta. Bisogna partire dai fatti e non cercare di comprimere la realtà in una teoria preconcetta, come sottolineato da Trotskij:

Ma niente è più pericoloso che eliminare, seguendo la precisione logica, gli elementi che contrastino sin da ora con i nostri schemi e possano domani confutarli.” (La rivoluzione tradita, capitolo 9, Che cos’è l’Urss, AC editoriale, pag. 299).

Non si trattava di una questione secondaria, ma delle fondamenta della rivoluzione proletaria e di una questione fondamentale per la teoria marxista, ossia la natura di classe dello Stato. Si trattava di un banco di prova.

È molto istruttivo confrontare la posizione dell’Internazionale con quella adottata dal RCP nel 1948, all’epoca del secondo Congresso Mondiale di aprile.

Ted Grant

Ted Grant spiegava che in relazione all’Europa orientale “siamo giunti alla conclusione che si trattasse di una forma di bonapartismo proletario”. Gli eventi in Cecoslovacchia del febbraio 1948 avevano confermato i processi in corso. In un articolo pubblicato nell’edizione di aprile del Socialist Appeal, a proposito del “colpo di Stato di Praga”, Ted spiegava che il governo a guida stalinista, appoggiandosi alla classe operaia attraverso i “comitati d’azione”, aveva portato avanti misure di nazionalizzazione a tappeto di settori chiave dell’economia e che “la base economica per uno Stato operaio era stata raggiunta”.

Tuttavia, Ted spiegava anche che “affinché lo Stato agisca nell’interesse della classe operaia, l’espropriazione dei capitalisti da sola non è sufficiente. Il controllo democratico dell’apparato statale è un prerequisito essenziale per dirigersi verso una società comunista. Tutti i grandi marxisti lo hanno sottolineato”. Illustrò poi i quattro punti di Lenin per una democrazia operaia, sul modello della Comune di Parigi e della Rivoluzione russa del 1917.

Su questa questione, i “leader” della Quarta tacquero, rifiutandosi come al solito di riconoscere ciò che stava avvenendo sotto i loro occhi. Per loro, la Cecoslovacchia e il resto dell’Europa orientale rimanevano Stati capitalisti.

Max Shachtman, che se non altro aveva un senso dell’umorismo spiccato, osservò:

Mentre i Britannici salutavano il colpo di Stato (di Praga) come una vittoria della classe operaia, il resto della stampa ufficiale trotskista lo salutava come una vittoria della borghesia che, con imperdonabile perversione, celebrava il suo trionfo saltando – o venendo gettata – dalle finestre più alte sul marciapiede sottostante.

Solo nel luglio 1951, ben tre anni dopo, Mandel e soci avrebbero riconosciuto a malincuore che l’Europa orientale aveva cessato di essere capitalista.

Lo scontro Stalin-Tito

Un esempio ancora più sorprendente di questo metodo fu la scandalosa posizione assunta da questi “leader” sugli sviluppi in Jugoslavia, che portarono allo scontro Stalin-Tito nel giugno 1948.

Il 28 giugno 1948, una bomba esplose con la pubblicazione di un comunicato straordinario dell’”Ufficio d’informazione comunista” (Cominform) – l’organizzazione creata da Mosca per sostituire l’Internazionale Comunista, ufficialmente sciolta nel 1943.

Il comunicato, emesso su iniziativa dei russi, annunciava l’espulsione del Partito comunista jugoslavo. Questo evento scosse l’intero movimento stalinista mondiale.

La burocrazia stalinista di Mosca non tardò ad attaccare Tito come “nazionalista” controrivoluzionario, “lacchè imperialista” e “trotskista”. In realtà Tito non era né un “trotskista” né un “agente fascista”, come sostenevano gli stalinisti. Era diventato un dirigente del Partito Comunista Jugoslavo negli anni ’30, dopo che il vecchio gruppo dirigente era stato eliminato nelle purghe staliniane. Di fatto fu lui stesso responsabile per l’annientamento fisico dei “trotskisti”.

Mentre l’Armata Rossa dilagava in Europa, furono le forze partigiane contadine di Tito a sconfiggere l’occupazione nazista in Jugoslavia. Questo le aveva poste in conflitto con l’accordo che Stalin aveva siglato con Churchill alla Conferenza di Mosca del 1944, per spartirsi equamente la Jugoslavia tra loro.

Come parte dell’accordo, Stalin aveva appoggiato l’istituzione di un governo monarchico-borghese in Jugoslavia, nel tentativo di frenare Tito. Aveva persino rifiutato agli jugoslavi armi e munizioni. Ma di fronte alla rapida avanzata delle forze partigiane di Tito, la borghesia, che aveva collaborato con gli occupanti nazisti, era fuggita terrorizzata insieme all’esercito tedesco in ritirata. Avendo ottenuto una vittoria con le proprie forze, Tito rifiutò di sottomettersi alle pressioni di Stalin. Ben presto colmò il vuoto lasciato dalla partenza dei proprietari terrieri e dei capitalisti e, contando sul sostegno degli operai e dei contadini che costituivano la base del suo esercito partigiano, abbatté il capitalismo e creò un regime sul modello della Russia stalinista.

Si trattava, in effetti, di una copia esatta del processo avvenuto in precedenza in Polonia e Cecoslovacchia, ma con una differenza decisiva. La liberazione della Jugoslavia non fu portata avanti dall’Armata Rossa sovietica, ma dagli stalinisti jugoslavi alla testa di un potente esercito partigiano.

Questo diede a Tito una solida base di sostegno a livello nazionale, sulla quale poté portare avanti una politica indipendente da Mosca. Tuttavia, i ristretti interessi nazionali delle burocrazie russa e jugoslava si scontrarono presto. La situazione giunse al culmine quando, all’inizio del 1948, i governi jugoslavo e bulgaro proposero la formazione di una Federazione balcanica di “democrazie popolari”.

Stalin si oppose alla proposta, ma questa volta incontrò una certa resistenza. Gli stalinisti russi inviarono agenti della GPU nel PC jugoslavo per riportarlo sotto controllo. Ma furono epurati da Tito, che aveva una salda presa sull’apparato statale e una base di massa a cui si appoggiava. Questo fu alla base della spaccatura tra Stalin e Tito.

Questi eventi gettarono la direzione della Quarta nella confusione più totale. Nonostante le decisioni del Congresso mondiale, Pablo, alla testa del SI, considerò lo scontro come un’occasione d’oro per conquistare i titoisti al trotskismo.

Di punto in bianco abbandonarono la loro precedente idea che la Jugoslavia fosse uno Stato capitalista, sostenuta fino a due mesi prima, e si precipitarono a sostenere Tito.

Due giorni dopo la dichiarazione del Cominform che annunciava la rottura, il SI scrisse alle sezioni nazionali della Quarta, richiamando la loro attenzione sull’affare Tito come di “eccezionale importanza”.

Il giorno seguente, il SI pubblicò una notevole “Lettera aperta” indirizzata al Partito Comunista Jugoslavo. “Ora siete in grado di comprendere, alla luce dell’infame campagna di cui siete vittime, il vero significato del Processo di Mosca e dell’intera lotta stalinista contro il trotskismo”, spiegava il comunicato. (Il fatto che i dirigenti jugoslavi avessero partecipato con entusiasmo a questa campagna non era menzionato). “Vogliamo piuttosto prendere atto della promessa della vostra resistenza – la promessa di una resistenza vittoriosa da parte di un partito operaio rivoluzionario contro la più mostruosa macchina burocratica che sia mai esistita nel movimento operaio, la macchina del Cremlino”.

Il documento proseguiva esortando il partito jugoslavo a “instaurare un regime di autentica democrazia operaia nel vostro partito e nel vostro paese!” e concludeva con le parole: “Lunga vita alla rivoluzione socialista jugoslava!”.

Circa due settimane più tardi, il 13 luglio, il SI pubblicò una seconda Lettera aperta, molto più lunga, ma ancora più adulatoria, indirizzata “al Congresso, al Comitato centrale e ai membri del Partito comunista jugoslavo”.

Questa Lettera aperta esortava il partito jugoslavo a introdurre la democrazia operaia e a tornare al leninismo in patria e all’estero. “Non nascondiamo affatto che una tale politica incontrerà ostacoli molto grandi nel vostro paese e persino nelle vostre stesse fila. Sarebbe necessaria una completa rieducazione dei vostri quadri nello spirito del vero leninismo”, si legge nella lettera del SI. “Comprendiamo perfettamente l’enorme responsabilità che grava su di voi…”.

La Lettera aperta si conclude con la richiesta che una delegazione della “nostra direzione partecipi al vostro Congresso, al fine di stabilire contatti con il movimento comunista jugoslavo e di costruire legami fraterni… Comunisti jugoslavi, uniamo i nostri sforzi per una nuova Internazionale leninista! Per la vittoria mondiale del comunismo!“. (corsivo nostro)

Naturalmente, questo appello servile si scontrava con tutte le loro dichiarazioni sulla natura di classe dell’Europa orientale “capitalista”. Avevano respinto con veemenza gli emendamenti del RCP nell’aprile di quell’anno, che riconoscevano come la borghesia in Europa orientale fosse stata espropriata o fosse sul punto di essere espropriata. La “direzione” dell’Internazionale sosteneva che lo stalinismo controrivoluzionario non poteva portare a termine una rivoluzione, nonostante Trotskij avesse spiegato che in circostanze eccezionali ciò era possibile. Ora, con una svolta di 180 gradi, il SI aveva dichiarato che la Jugoslavia sotto Tito era uno Stato operaio relativamente sano, uno Stato senza le deformazioni burocratiche presenti in Russia!

All’inizio il SWP negli Stati Uniti adottò un approccio da “maledizione su entrambe le vostre famiglie”. Tuttavia, quando le Lettere aperte del SI iniziarono a circolare, il SWP non sollevò obiezioni. Anzi, le pubblicarono sulla loro stampa senza alcuna riserva o critica.

La risposta del RCP

La risposta del RCP britannico alla crisi jugoslava fu completamente diversa. In primo luogo, sostenne i principi fondamentali del trotskismo, compresa la difesa del diritto degli jugoslavi all’autodeterminazione, che il SWP si rifiutava di riconoscere.

“È chiaro che qualsiasi leninista deve sostenere il diritto di qualsiasi piccolo paese alla liberazione nazionale e alla libertà, se lo desidera”, scrissero Ted Grant e Jock Haston. E proseguirono:

Tutti i socialisti daranno un sostegno critico al movimento in Jugoslavia per la federazione con la Bulgaria e per ottenere la libertà dalla diretta dominazione di Mosca. Allo stesso tempo, i lavoratori in Jugoslavia e in questi paesi lotteranno per l’instaurazione di una vera democrazia operaia, per il controllo dell’amministrazione dello Stato e dell’industria come ai tempi di Lenin e Trotskij in Russia. Questo è impossibile sotto l’attuale regime di Tito.” (Socialist Appeal, luglio 1948)

Ancora, nel loro opuscolo Dietro lo scontro Stalin-Tito, Ted e Jock sostenevano che il conflitto “deve essere il mezzo per educare la classe operaia alle fondamentali differenze di metodo tra stalinismo e leninismo”. Su questa base, scrissero:

“Questa crepa nel fronte stalinista internazionale può segnare una tappa nella lunga lotta di Trotskij e della Quarta Internazionale per smascherare lo stalinismo […] Segnerà una tappa nell’avanzamento verso la costruzione di un’autentica Internazionale Comunista, la Quarta Internazionale, che può portare all’istituzione di un sistema mondiale di repubbliche comuniste liberamente federate”.

Ma quando i dirigenti del RCP videro le Lettere aperte del SI agli jugoslavi, rimasero inorriditi. A differenza del SWP americano, il RCP non era disposto a tollerare questa capitolazione allo stalinismo e si schierò apertamente contro di essa. A nome del Comitato centrale, Jock Haston scrisse una lettera di protesta all’Internazionale, ribadendo le proprie critiche e respingendo l’orientamento delle Lettere aperte:

“La controversia tra Jugoslavia e Cominform offre alla Quarta Internazionale grandi opportunità per svelare ai militanti stalinisti di base i metodi burocratici dello stalinismo. Tuttavia, il nostro approccio a questo evento importante deve essere di principio. Non possiamo dare credito, attraverso il silenzio su aspetti della politica e del regime del PCJ [Partito Comunista Jugoslavo], all’impressione che Tito o i leader del PCJ siano trotskisti e che grandi ostacoli non li separino dal trotskismo. La nostra esposizione delle modalità burocratiche con cui è avvenuta l’espulsione del PCJ non deve farci diventare avvocati difensori dei dirigenti del PCJ, o creare la minima illusione che essi non rimangano, nonostante la rottura con Stalin, stalinisti nel metodo e nella formazione.
[…]
Le lettere sembrano basarsi sulla prospettiva che i dirigenti del PCJ possano essere conquistati alla Quarta Internazionale. Sotto la pressione degli eventi, si possono verificare strane trasformazioni negli individui, ma è estremamente improbabile, per non dire altro, che Tito e gli altri dirigenti del PCJ possano tornare a essere bolscevico-leninisti. A questa eventualità si frappongono ostacoli enormi: le tradizioni e la formazione staliniana del passato e il fatto che essi stessi si appoggiano su un regime burocratico stalinista in Jugoslavia. Le lettere non hanno evidenziato la natura di questi ostacoli, non hanno sottolineato che, affinché i dirigenti del PCJ diventino comunisti, è necessario che non solo rompano con lo stalinismo, ma che ripudino il loro stesso passato, i loro attuali metodi stalinisti e che riconoscano apertamente di essere essi stessi responsabili della costruzione della macchina che ora viene usata per schiacciarli. Qui non si tratta di comunisti che si trovano di fronte a un ‘terribile dilemma’, con una ‘enorme responsabilità’ che grava su di loro, ai quali offriamo un modesto consiglio: si tratta di burocrati stalinisti che diventano comunisti”.

La lettera del RCP proseguiva:

Nella loro forma attuale, tuttavia, con il loro silenzio su aspetti fondamentali del regime in Jugoslavia e della politica del PCJ, le Lettere hanno un tono opportunista.

[…]

Le Lettere del SI analizzano la disputa unicamente sul piano dell’‘ingerenza’ dei dirigenti del PCUS, come se qui il problema fosse solo che quella direzione cerca di imporre la propria volontà senza tener conto delle ‘tradizioni, dell’esperienza e dei sentimenti’ dei militanti. Ma la controversia non è semplicemente la lotta di un partito comunista per l’indipendenza dai decreti di Mosca. È la lotta di un settore dell’apparato burocratico per tale indipendenza. La posizione di Tito rappresenta, è vero, da un lato la pressione delle masse contro le pretese della burocrazia russa, contro l’‘unità organica’ richiesta da Mosca, il malcontento per il livello degli specialisti russi, la pressione dei contadini contro una collettivizzazione troppo rapida. Ma dall’altro lato c’è il desiderio dei leader jugoslavi di mantenere una posizione burocratica indipendente e le proprie ulteriori aspirazioni.

[…]

Non solo per quanto riguarda la Jugoslavia, ma anche per altri paesi, la Lettera aperta dà l’impressione del tutto falsa che sia la direzione russa l’unica responsabile… [Questo] può creare l’illusione che i leader dei partiti nazionali stalinisti possano essere buoni rivoluzionari, se solo Mosca glielo permettesse… Questi dirigenti partecipano attivamente alla preparazione dei crimini. Anche per Tito, quindi, non si trattava di essere stato ‘costretto’ a eseguire i desideri di Mosca in passato.

Non possiamo fare a meno di commentare qui che la vostra lettera acritica al Partito Comunista Jugoslavo dà esattamente credito al punto di vista che Tito sia un ‘trotskista inconscio’.”

La lettera del RCP proseguiva sottolineando l’apparente voltafaccia sulla natura di classe della Jugoslavia e dei paesi “cuscinetto” adottato dal Congresso mondiale dell’aprile 1948. Era chiaro che la posizione del RCP, respinta in aprile, veniva ora confermata come corretta solo pochi mesi dopo.

“La maggioranza del Congresso mondiale ha adottato una posizione secondo cui i paesi cuscinetto, compresa la Jugoslavia, sono paesi capitalisti. Ha respinto la risoluzione del RCP secondo cui queste economie si stavano allineando a quella dell’Unione Sovietica e non potevano essere definite capitaliste. L’emendamento del Partito britannico alla sezione ‘L’URSS e lo stalinismo’ è stato respinto. Ma è evidente da queste lettere che la SI è stata costretta dagli eventi a seguire il punto di vista del partito britannico, secondo cui i rapporti di produzione e politici in Jugoslavia sono sostanzialmente identici a quelli dell’Unione Sovietica.

Se effettivamente in Jugoslavia esistesse uno Stato capitalista, allora le lettere del SI non possono che essere caratterizzate come apertamente opportuniste. Il SI, infatti, non si pone i compiti che si dovrebbero portare avanti in Jugoslavia se esistessero relazioni borghesi come forma dominante. Le lettere si basano su conclusioni che possono derivare solo dalla premessa che il rovesciamento sostanziale del capitalismo e del latifondismo ha avuto luogo“. (enfasi nell’originale)

Nella sua Risposta a David James (primavera 1949), Ted continuò su questa linea:

La sola differenza tra i regimi di Stalin e di Tito è che quest’ultimo è ancora nelle sue prime fasi. C’è una notevole somiglianza tra la prima ondata di entusiasmo in Russia, quando la burocrazia introdusse il Primo Piano Quinquennale, e l’entusiasmo in Jugoslavia oggi.

[…]

Già hanno avuto luogo i primi processi per ‘sabotaggio’, in cui Tito getta la responsabilità di ogni difetto del piano sulle spalle dei suoi oppositori. Analogamente, vediamo realizzarsi su scala minore lo schema russo dei processi basati sulle ‘confessioni’. I contorni ormai familiari dello Stato di polizia stalinista si riconoscono chiaramente. Le differenze sono superficiali, i tratti fondamentali sono gli stessi“. (T. Grant, op. cit,, pagg. 375 e 377)

Tuttavia, una critica così netta fu respinta a priori dai “leader” della Quarta Internazionale, che a quel punto non vedevano più alcun motivo per rispondere, avendo già provocato la scissione in modo criminale del RCP e riconosciuto in pratica la minoranza di Healy come la sezione ufficiale in Gran Bretagna.

L’unica altra sezione dell’Internazionale che sollevò obiezioni fu quella francese, ma la sua critica fu molto debole e timida: “Non rimproveriamo affatto al SI di aver fatto appello al PC jugoslavo e al suo CC. Questo passo è appropriato date le relazioni tra le masse e il PC”. Tuttavia, la direzione francese si dimostrò contrariata dal tono. “Ma ci opponiamo a queste lettere perché idealizzano Tito e il PC jugoslavo”. Tuttavia, si allinearono rapidamente e chiarirono che si sarebbero attenuti alla disciplina internazionale.

Nel corso del 1949 e del 1950, il SI si infatuò sempre più dell’idea che la Jugoslavia di Tito fosse uno Stato operaio “relativamente sano”. Una risoluzione del CEI di quell’anno arrivò ad annunciare che “la dinamica della rivoluzione jugoslava conferma la teoria della rivoluzione permanente su tutti i punti” e che “in Jugoslavia… lo stalinismo non esiste più oggi come un fattore effettivo nel movimento operaio…”.

Per quanto riguarda il resto dell’Europa orientale, pur sostenendo che si trattava di paesi capitalisti, svilupparono una teoria disonesta e confusa secondo cui questi Stati erano “sulla strada dell’assimilazione strutturale con l’URSS”. Ma aggiungevano che essi “costituiscono, oggi, il modello di una società ibrida e transitoria in piena trasformazione, dai contorni ancora poco chiari e imprecisi, da cui è estremamente difficile riassumere il loro carattere fondamentale in una formula concisa”. Questa formulazione estremamente vaga permetteva semplicemente di sorvolare sulla realtà, ma offriva loro una comoda via di fuga per il futuro.

Inutile dire che gli emendamenti del RCP al Secondo Congresso Mondiale non furono mai pubblicati dal SWP, mentre le sue posizioni furono attaccate e distorte.

Resta il fatto che fu il RCP a mantenere una posizione chiara, che permise a Grant e Haston di prevedere che “lungi dall’attaccare i veri crimini della burocrazia stalinista, sembra che Tito cercherà di arrivare a qualche compromesso”. Questo è esattamente ciò che accadde.

Brigate di lavoro

Nel 1950, l’Internazionale sviluppò l’idea di organizzare brigate di lavoro da inviare in Jugoslavia. La sezione francese, il Partito Comunista Internazionale (PCI), che, come abbiamo visto, aveva inizialmente espresso riserve sui toni della “Lettera aperta” del SI, era ora diventata, sotto la guida di Bleibtreu-Lambert, il più grande fan club degli stalinisti jugoslavi.

Con il sostegno entusiasta di Lambert, il PCI inviò brigate di giovani e di attivisti sindacali per aiutare a “costruire il socialismo” in Jugoslavia. Nel gennaio 1950, il rapporto sul sesto congresso del PCI affermava “che è falso parlare di una casta burocratica jugoslava della stessa natura della burocrazia russa” e “che è falso accettare l’idea che il PCJ abbia capitolato o sia sulla via della capitolazione all’imperialismo” (La Verité, n. 246, gennaio 1950, Rapporto sulla difesa della Jugoslavia).

La risoluzione del Congresso dichiarava che il PC jugoslavo rappresentava un “ritorno al leninismo su una serie di importanti questioni strategiche”. Definiva il PCJ come “un centrismo di sinistra in via di evoluzione”, con fattori “che oggettivamente spingono il PCJ sulla strada del programma rivoluzionario” (Giù le mani dalla rivoluzione jugoslava, risoluzione del VI congresso del PCI, La Verité n. 247, prima metà di febbraio, 1950).

Il PCI invitò i suoi sostenitori a sintonizzarsi sulle trasmissioni di Radio Belgrado. Sotto il titolo “La magnifica campagna elettorale del PCJ”, Gerard Bloch dichiarò:

Il PCJ e la Quarta Internazionale sono odiati per la stessa ragione: perché esprimono la più grande forza della nostra epoca, la forza della rivoluzione proletaria, la forza invincibile del popolo lavoratore di tutti i paesi.” (“La magnifique campagne électorale du PCY“, La Verité n. 251, prima metà di aprile 1950).

Il Primo Maggio del 1950, una delegazione francese visitò Belgrado. Ne faceva parte anche il dirigente del PCI, Lambert, che trasudava ammirazione per il regime di Tito:

Credo di aver visto in Jugoslavia una dittatura del proletariato, guidata da un partito che cerca appassionatamente di combattere la burocrazia e di imporre la democrazia operaia“.

Allo stesso tempo, riferiva con orgoglio gli slogan che sono stati portati nella manifestazione: “Tito, Comitato Centrale, Partito, Popoli jugoslavi” e “Tito è con noi, noi siamo con Tito”. (Pierre Lambert, “1er Mai a Belgrado”, La Verité n. 254, seconda metà di maggio 1950)

Lambert, in qualità di responsabile della commissione lavoro sindacale del PCI, fondò un bollettino sindacale chiamato L’Unité, insieme a sindacalisti che si opponevano al Partito Comunista Francese, che riceveva finanziamenti dall’ambasciata jugoslava.

Organizzarono brigate di lavoro chiamate “Brigate Jean Jaurès”. Il giornale del PCI, La Vérité, titolò il resoconto di una delegazione:

Chi ha visto la verità in Jugoslavia lo dice: SÌ, questo è uno Stato dove si sta costruendo il socialismo, questa è la dittatura del proletariato.

Confutando le accuse staliniane sulla Jugoslavia come “Stato di polizia”, l’articolo dichiarava:

A differenza di quanto accade in URSS, è la classe operaia stessa che esercita il potere in Jugoslavia […] Questo Stato è uno STATO DEI LAVORATORI, risolutamente impegnato sulla strada della DEMOCRAZIA SOCIALISTA”. (“Ceux qui ont vu la vérité en Yugoslavie la dissent: OUI c’est un état où se construit le socialisme, c’est la dictature du proletariat“, La Verité n. 258, prima metà di ottobre 1950).

Anche Healy era impegnato a sostenere Tito, organizzando una “John MacLean Youth Work Brigade” della Lega giovanile laburista per andare in Jugoslavia.

Per non essere da meno, Cannon si lanciò in elogi per il regime. Inviò un telegramma al Comitato centrale del PC jugoslavo per salutare il loro manifesto del Primo Maggio:

“I lavoratori di tutto il mondo acclameranno il vostro appello a difendere la Jugoslavia e a riportare il movimento rivoluzionario al leninismo in opposizione allo stalinismo e alla socialdemocrazia.” (“Yugoslav May Day Manifesto Hailed by SWP Leader”, The Militant, 8 maggio 1950).

Tito

Due mesi dopo, il giornale del SWP, The Militant, esaltava Tito con il titolo “Tito denuncia la burocrazia come nemica del socialismo” e il suo attacco a Stalin come “una grande pietra miliare nello sviluppo del movimento operaio e socialista internazionale”. (“Tito’s June 27 Speech”, The Militant, 10 luglio 1950)

Nell’ottavo plenum del CEI dell’aprile 1950, Mandel dichiarò arditamente che la Jugoslavia era ormai “uno Stato operaio non degenerato”.

Quando il regime di Tito capitolò apertamente all’imperialismo, nel luglio 1950, astenendosi sull’intervento militare dell’ONU contro il Nord nella guerra di Corea, il giornale del PCI nel dicembre 1950 espresse delusione e disillusione:

Tutto questo è estremamente doloroso per gli amici rivoluzionari della Jugoslavia che hanno sperato che i suoi dirigenti avrebbero davvero mantenuto le loro promesse di difendere coerentemente il marxismo-leninismo contro il revisionismo stalinista.” (“La Yougoslavie sur la voie glissante”, La Vérité n. 263, seconda metà di dicembre 1950).

Ma tutti i “leader” della Quarta, senza eccezione, capitolarono al tito-stalinismo: Cannon, Mandel, Pablo, Frank, Maitan, Healy, ecc. La loro Internazionale era diventata, secondo le parole di Ted Grant, “un’agenzia turistica che giustificava la Jugoslavia”.

Nel 1953, quando Cannon, Healy e Lambert accusarono Pablo di essere filo-stalinista, cercarono di nascondere il fatto di essere stati negli anni precedenti grandi fan dello stalinismo. La storia documentaria della Quarta Internazionale in sette volumi di Healy inizia solo nel 1952-53. Il periodo precedente viene semplicemente nascosto sotto il tappeto.

La rivoluzione cinese

Un ulteriore pasticcio fu fatto in relazione alla Cina e alla Rivoluzione cinese del 1949.

Incapace di pensare in modo indipendente, il SI rimase fedele all’idea che Mao avrebbe inevitabilmente capitolato davanti a Chiang Kai-Shek. Di conseguenza, i trotskisti cinesi si trovarono completamente spiazzati quando gli eventi si svolsero in modo diverso.

Gli eserciti contadini guidati dagli stalinisti distrussero quelli di Chiang Kai-Shek e rovesciarono il capitalismo. Ispirandosi alla Russia stalinista, costruirono un regime bonapartista proletario. Solo Ted Grant capì cosa stava accadendo e previde in anticipo ciò che sarebbe avvenuto, anche prima che lo stesso Mao se ne rendesse conto.

Il rifiuto del SI di riconoscere la realtà era giunto a livelli assolutamente ridicoli. C’è stato un incontro internazionale in cui Cannon e gli altri, compreso un compagno cinese, sostenevano che le armate di Mao non avrebbero mai attraversato il fiume Yangtze e sconfitto le forze di Chiang. Tuttavia, alla fine della riunione, l’Armata Rossa aveva effettivamente attraversato il fiume Yangtze e distrutto le forze di Chiang Kai-Shek. Shachtman scatenò le risate dei suoi sostenitori quando ironizzò sulle prospettive di Cannon per la Cina. “Sì, Mao vuole capitolare a Chiang Kai-Shek”, scherzava. “L’unico problema è che Mao non riesce a raggiungerlo!”.

Gli eserciti di Chiang Kai-Shek si dissolsero letteralmente sotto l’impatto del programma agrario rivoluzionario di Mao e della propaganda della “terra ai contadini”. Tuttavia, Mao soppresse spietatamente qualsiasi movimento indipendente del proletariato nelle città.

Ted Grant proclamò in anticipo che lo sviluppo della Rivoluzione cinese era “il più grande evento della storia umana”, dopo la Rivoluzione russa.

La previsione di Ted

Quando Mao giunse al potere nell’ottobre del 1949, la sua prospettiva era che sarebbero dovuti trascorrere 100 anni di capitalismo in Cina prima che si ponesse la possibilità del socialismo. Tuttavia, l’analisi di Ted era così avanzata da prevedere ciò che sarebbe accaduto prima ancora che Mao ci pensasse.

Gli eventi in Cina furono un rompicapo per i “leader” della Quarta. Essi avevano adottato la previsione condizionale di Trotskij prima della guerra, secondo cui se le armate maoiste avessero vinto contro Chiang Kai-Shek, i vertici dell’Armata Rossa avrebbero tradito la loro base contadina. E nelle città, data la passività dei lavoratori, i vertici dell’Armata Rossa si sarebbero fusi con la borghesia, portando al capitalismo. Ciò non accadde perché la strada dello sviluppo capitalistico in Cina era bloccata. La borghesia sotto il regime di Chiang Kai-Shek rivelò il suo completo fallimento, la sua incapacità di risolvere la questione agraria o di liberare il paese dalla dominazione imperialista.

Nel 1950, Ted spiegò i processi che avevano portato all’ascesa di Stati operai burocraticamente deformati:

Il fatto che la rivoluzione in Cina e in Jugoslavia si sia potuta sviluppare con un carattere distorto e corrotto è dovuto a determinati fattori a livello mondiale:

(a) La crisi del capitalismo mondiale.

(b) L’esistenza vicino a questi paesi di un forte Stato operaio deformato, che influenza fortemente il movimento operaio.

(c) La debolezza della corrente marxista della Quarta Internazionale.

Questi fattori hanno portato a uno sviluppo senza precedenti, che non poteva essere previsto da nessuno dei maestri del marxismo: l’estensione dello stalinismo come fenomeno sociale su mezza Europa, sul subcontinente cinese e con la possibilità di estendersi a tutta l’Asia.

Ciò pone al movimento marxista nuovi problemi teorici da risolvere. In condizioni di isolamento e di scarsità di forze, i nuovi fattori storici non possono che portare a una crisi teorica del movimento, ponendo il problema della sua stessa esistenza e sopravvivenza.“. (Grant, “Open Letter to the BSFI”, settembre-ottobre 1950)

Il problema della “sua stessa esistenza e sopravvivenza” fu certamente posto in modo molto netto. Errori su errori, e l’incapacità di imparare dai propri errori, avevano screditato completamente l’Internazionale.
Nel 1954 il SWP parlava ancora di Cina capitalista. Solo l’anno successivo, nel 1955, caratterizzarono la Cina come uno Stato operaio deformato.

Ted tira le somme nel suo documento “Stalinismo nel mondo del dopoguerra“, scritto nel giugno 1951:

Per il marxismo né il pessimismo né l’ottimismo artificiale possono giocare un ruolo nel determinare l’analisi degli eventi. La prima necessità è comprendere il significato della congiuntura di forze storiche che ha portato all’attuale situazione mondiale.

Prevedeva anche che la creazione di uno Stato operaio deformato in Cina avrebbe portato, come nel caso di Tito, a uno scontro serio con la burocrazia russa. In altre parole, anticipava la futura rottura sino-sovietica.

Tutto questo era un libro chiuso per Cannon, Mandel, Pablo, Frank e soci, che non riuscivano a capire cosa stesse succedendo. Secondo loro, c’era uno Stato operaio relativamente sano in Jugoslavia, Stati capitalisti nel resto d’Europa e uno Stato operaio deformato in Russia. Come ha spiegato Ted, “questa posizione era incoerente anche dal punto di vista della logica formale, per non parlare del marxismo”.

La distruzione del RCP

Le giravolte continue e gli errori dei “leader” della Quarta non solo portarono alla distruzione della Quarta Internazionale, ma contribuirono anche a distruggere il RCP, la sezione di maggior successo dell’Internazionale.

Sebbene il movimento si trovasse di fronte a difficoltà oggettive, dato il boom e il rafforzamento dello stalinismo, una politica e una prospettiva corrette avrebbero potuto preservare i quadri. Tuttavia, le manovre e le politiche scorrette della cricca al comando servirono a disorientare e demoralizzare i quadri.
Questa demoralizzazione colpì alcuni dei principali compagni del RCP, in particolare Jock Haston. I leader dell’Internazionale proposero di sciogliere il RCP nel Partito Laburista – una politica di entrismo profondo. Pur sapendo benissimo che le condizioni poste da Trotskij per l’entrismo erano del tutto assenti, Haston, che voleva assolutamente rimanere nelle fila dell’Internazionale, suggerì di accettare la proposta.

Ted e altri dirigenti del partito si opposero a questa proposta, ma nel tentativo di mantenere unito il gruppo dirigente, alla fine la accettarono. Ma quando cercarono di discutere con la direzione internazionale, fu detto loro bruscamente: non parlate con noi, ma con il nostro rappresentante in Gran Bretagna, Gerry Healy. Di fatto, fu loro ordinato di fondersi con il gruppo di Healy, altrimenti si sarebbero trovati fuori dall’Internazionale.

Le condizioni imposte da Healy erano alquanto scandalose: non si doveva discutere di alcuna differenza per sei mesi, dopodiché si sarebbe tenuta una conferenza. Questo avrebbe dovuto facilitare l’unificazione. In realtà, si trattava di una manovra cinica da parte di Healy.

Healy era determinato a garantirsi una maggioranza alla conferenza. Fino a quel momento, non era mai riuscito a conquistare la maggioranza nel RCP. Ora aveva i mezzi per risolvere il problema. Approfittando della situazione e utilizzando i metodi più arbitrari e burocratici, Healy procedette immediatamente all’espulsione degli elementi dell’opposizione.

Con Healy ormai in pieno controllo dell’organizzazione, nessuna opposizione fu più tollerata. Questa era la vendetta che aspettava da dieci anni.

Quando Haston si accorse di quanto stava accadendo, ormai completamente demoralizzato, si dimise disgustato. Non contento, Healy chiese che fosse formalmente espulso.

All’inizio del marzo 1950 annunciò all’Ufficio politico che Haston doveva essere espulso come “rinnegato”, sostenendo che “quell’uomo è un incorreggibile opportunista”.

Le dimissioni di Haston misero Ted in una posizione impossibile. Ma si rese conto che l’intera faccenda era una disgustosa farsa, e quindi si astenne. Healy proseguì poi espellendo Tony Cliff, in realtà a causa delle sue idee e per evitare che il suo documento fosse discusso alla conferenza. Quando Ted si rifiutò di appoggiare l’espulsione di Cliff, fu espulso a sua volta.

Sulla base di queste palesi manovre e di una epurazione sistematica, Healy ottenne la sua “maggioranza”.
Questi metodi erano completamente estranei al movimento trotskista. Erano direttamente tratti dai manuali dello zinovievismo, che è non è molto distante dallo stalinismo.

Non avevano nulla in comune con le tradizioni del bolscevismo, le tradizioni democratiche senza macchia, che erano sempre state sostenute dal PCR. Ecco come Trotskij spiegò che le dispute interne dovevano essere gestite:

Prima di tutto, è importante osservare molto rigorosamente gli statuti dell’organizzazione – riunioni regolari della base, discussioni prima dei congressi, congressi regolari e il diritto della minoranza di esprimere la propria opinione (ci dovrebbe essere un atteggiamento fraterno e nessuna minaccia di espulsione). Sapete che questo non è mai stato fatto nel vecchio partito [russo]. L’espulsione di un compagno era un evento tragico e veniva fatta solo per motivi morali e non per le critiche politiche.” (Da “Risultati dell’entrata e prossimi compiti”, 6 ottobre 1937, in “Writings of Leon Trotsky [1936-37]”, pagina 486)

Ted e Jock Haston erano fortemente in disaccordo con la teoria revisionista di Tony Cliff sul capitalismo di Stato, ma gli risposero politicamente, in modo da elevare il livello dei quadri. Non gli venne mai in mente di espellerlo per le sue opinioni scorrette.

Questi metodi zinovievisti marci erano ormai diventati la norma all’interno della cosiddetta Quarta Internazionale, i cui leader cercavano di risolvere le differenze politiche con misure amministrative, pressioni e intimidazioni.

Dopo l’espulsione dall’organizzazione di Healy, il “Club” come veniva chiamata, Ted fu formalmente espulso dalla Quarta Internazionale al suo Terzo Congresso nell’agosto 1951, su mozione presentata da Mandel.

Secondo il resoconto dell’International Information Bulletin (dicembre 1951):

“L’espulsione di Haston, membro a titolo pieno del CEI e di Grant, membro candidato, entrambi rappresentanti della vecchia maggioranza del RCP e incarnazione di quella tendenza del trotskismo britannico che rifiutava ostinatamente di integrarsi nell’Internazionale e di assimilare il nuovo corso del trotskismo.”

Continuava: “rappresenta un tipico esempio della rapida degenerazione di qualsiasi tendenza che cerca la sua salvezza in un particolarismo nazionale al di fuori dei percorsi più ampi di sviluppo dell’Internazionale...”.

Il manifesto cinismo veniva spinto fino a dire:

La sua [di Haston] espulsione dal CEI all’ottavo Plenum, dopo che aveva abbandonato l’organizzazione e commesso atti di aperto tradimento, ha posto fine a una lunga lotta politica in cui nessuno può negare l’atteggiamento paziente e flessibile della direzione internazionale, che ha fatto tutto il possibile per integrare realmente la tendenza di Haston nell’Internazionale.

Healy e Cannon, insieme a tutti gli altri, avevano finalmente ottenuto il loro scopo. Alla fine, il RCP, insieme a tutta la Quarta Internazionale di Trotskij, fu distrutto. Ciò significava che il vero trotskismo era stato sconfitto e che lo zinovievismo regnava vittorioso all’interno dell’organizzazione.

Una scissione senza principi

Ted Grant ha sottolineato più volte che l’unica autorità che una vera direzione leninista può rivendicare è un’autorità morale e politica. Se quest’ultima manca, tutto ciò che rimane è un regime burocratico corrotto in cui i dirigenti rivendicano per sé un prestigio inventato.

I dirigenti dotati della necessaria preparazione ideologica e imbevuti dei metodi del materialismo dialettico non hanno mai paura di rispondere a qualsiasi differenza o critica politica.

Ma i dirigenti che non hanno un livello sufficiente per rispondere ai loro critici con il linguaggio dei fatti, delle cifre e delle argomentazioni tenderanno sempre ad affidarsi a misure amministrative per eliminare i problemi interni indesiderati. Questi metodi sono una strada sicura verso la distruzione dell’organizzazione.

Privi della necessaria autorità politica e morale, i leader della Quarta usarono metodi zinovievisti per imporre la loro politica. Tali metodi producono inevitabilmente solo demoralizzazione politica, crisi e scissioni senza principi.

Questo, insieme a una linea politica costantemente sbagliata, è ciò che ha portato alla distruzione finale della Quarta Internazionale.

Il RCP è stato l’unico serio ostacolo sulla strada della completa degenerazione della Quarta Internazionale.

Con la distruzione del RCP, la strada era ormai aperta a Pablo, Mandel e Frank per spadroneggiare sulle sezioni dell’Internazionale. Ciò che mancava loro era l’autorità politica e morale, il che si rifletteva accuratamente nelle loro prospettive e nelle loro politiche sempre sbagliate.

Pablo

Nel 1951, al Terzo Congresso Mondiale, Pablo e il SI passarono dalla precedente posizione di uno stalinismo indebolito dalla guerra a una prospettiva di una guerra atomica immediata condotta dall’imperialismo contro l’Unione Sovietica – una Terza Guerra Mondiale che avrebbe portato alla rivoluzione.

Questa guerra era considerata parte della lotta di classe internazionale tra proletariato e borghesia, con gli Stati Uniti a capo del campo borghese e l’Unione Sovietica, con la sua leadership stalinista – per quanto riluttante – alla testa del campo del proletariato internazionale. Questa prospettiva, nella mente di queste persone, era resa più reale dalla guerra di Corea ancora in corso. Secondo Pablo:

Le due concezioni di ‘Rivoluzione’ e di ‘Guerra’, lungi dall’essere in opposizione o dall’essere differenziate come due stadi di sviluppo significativamente diversi, sono così interconnesse da essere quasi indistinguibili… Al loro posto c’è la concezione di ‘Rivoluzione-Guerra’ o ‘Guerra-Rivoluzione’ che sta emergendo, e sulla quale dovrebbero poggiare le prospettive e l’orientamento dei marxisti rivoluzionari della nostra epoca“. (“Dove stiamo andando?”, Michel Pablo, luglio 1951).

Per quanto riguarda l’esito vittorioso, questa “trasformazione richiederà probabilmente un intero periodo storico di diversi secoli e nel frattempo sarà piena di forme e regimi transitori tra capitalismo e socialismo e si discosterà necessariamente da forme e norme ‘pure'”.

In altre parole, la sua prospettiva era quella di “secoli di Stati operai deformati”, con i trotskisti come opposizione leale all’interno di questi Stati.

Date le tempistiche e il fermento nelle organizzazioni di massa provocato da questa “guerra-rivoluzione”, i trotskisti, secondo Pablo, dovevano in quel momento entrare nelle organizzazioni di massa, staliniste o socialdemocratiche, per evitare il loro isolamento. Si trattava di una politica di entrismo sui generis – un entrismo “di tipo speciale”. Sarebbe stata una politica di “entrismo profondo” a lungo termine, fino a quando la “prossima resa dei conti mondiale” non si fosse risolta con le vittorie degli Stati operai deformati.

Pablo dichiarò che lo stalinismo e il nazionalismo piccolo-borghese potevano svolgere un ruolo progressivo nella transizione dal capitalismo al socialismo. Questo è esattamente ciò che in maniera indignata i leader della Quarta avevano accusato il RCP di sostenere – anche se, in realtà, il RCP non ha mai avuto una posizione del genere.

Il IX Plenum del CEI del novembre 1950, il Terzo Congresso mondiale dell’estate 1951 e poi il Plenum del CEI del febbraio 1952, approvarono tutti l’analisi di Pablo, compresa questa nuova strategia entrista derivante dall’incombente guerra mondiale.

Ciò portò il POR – la sezione boliviana della Quarta Internazionale – a sostenere il Movimento Nazionalista Rivoluzionario (MNR), che portò il proletariato alla sconfitta nella Rivoluzione boliviana del 1952 (vedi La rivoluzione boliviana del 1952).

La Risoluzione sulla Bolivia per il 12° Plenum del CEI (dicembre 1952) affermava che il POR aveva agito in modo corretto e sosteneva apertamente “l’appoggio critico concesso al MNR”. (International Information Bulletin, gennaio 1953, p. 24).

La maggioranza della sezione francese si oppose ad alcuni aspetti della nuova linea di Pablo e Bleitbreu-Favre scrissero un documento di opposizione intitolato “Dove sta andando Pablo?”. Mentre Pablo aveva adottato una linea di adattamento alla burocrazia stalinista di Mosca, Favre era ancora aggrappato alla precedente posizione di illusione nei confronti degli stalinisti in Jugoslavia e del Partito Comunista Cinese.

Il suo argomento era:

Ciò che definisce un partito operaio come stalinista – in contrapposizione a un partito rivoluzionario o a un partito socialdemocratico (legato alla borghesia) o a qualsiasi tipo di partito centrista – non è né l’ideologia stalinista (che non esiste), né i metodi burocratici (che esistono in tutti i tipi di partiti), ma piuttosto la sua subordinazione totale e meccanica al Cremlino. Quando, per un motivo o per l’altro, questa subordinazione viene meno, quel partito cessa di essere stalinista ed esprime interessi diversi da quelli della casta burocratica dell’URSS. È quello che è successo (grazie all’azione rivoluzionaria delle masse) in Jugoslavia ben prima della rottura delle relazioni; la rottura l’ha solo ufficializzato. Questo è ciò che è già accaduto in Cina e che si rifletterà inevitabilmente in una rottura delle relazioni, qualunque sia il corso della rivoluzione cinese.

Questa era la base dell’opposizione a Pablo da parte della maggioranza del PCI. Prevedibilmente, Pablo utilizzò mezzi burocratici per affrontare questa opposizione. In primo luogo, rifiutò di mettere ai voti il documento della maggioranza francese al Congresso mondiale del 1951. Poi usò metodi intimidatori contro la maggioranza francese, per farle accettare che fosse una commissione a decidere i dettagli della tattica in Francia. Si trattò di un compromesso precario.

Nel gennaio 1952, il SI diede istruzioni alla sezione francese di portare avanti l’ingresso nel Partito Comunista Francese. Ciò significava abbandonare il lavoro sindacale congiunto che Lambert svolgeva ne L’Unité con elementi anticomunisti (ora parte della confederazione sindacale Force Ouvrière) e aderire alla CGT. La maggioranza del CC votò contro. Pablo intervenne allora e sospese burocraticamente tutti i 16 membri del CC che si erano opposti! La decisione fu annullata dal CEI un mese dopo.

Tuttavia, a metà del 1952, con l’avvicinarsi della conferenza nazionale, la minoranza pro-Pablo della sezione francese fece irruzione nella sede del PCI e si impadronì dei macchinari e delle attrezzature. Furono prontamente espulsi dalla maggioranza, con la conseguenza di dar vita a due organizzazioni con lo stesso nome e lo stesso giornale.

Alla riunione del CEI del novembre 1952 la maggioranza francese, guidata da Lambert e Bleibtreu-Favre, fu sconfitta e infine espulsa dall’Internazionale dal SI nel gennaio 1953. Questa azione e la linea politica generale furono sostenute dalla stragrande maggioranza dell’Internazionale, compresi il SWP americano e il gruppo di Healy, che erano ancora arci-pablisti.

In precedenza, Daniel Renard, membro della sezione francese, aveva scritto a Cannon per chiedere sostegno contro la linea filo-stalinista di Pablo. Nel maggio del 1952, Cannon rispose a Renard respingendo ogni ipotesi di tendenza filo-stalinista nell’Internazionale:

Non vediamo tale tendenza nella direzione internazionale della Quarta Internazionale, né alcun segno o sintomo di essa.

Giudichiamo la politica della direzione internazionale dalla linea che elabora nei documenti ufficiali; nel periodo recente dai documenti del Terzo Congresso Mondiale e del Decimo Plenum. Non vi vediamo alcun revisionismo. Consideriamo questi documenti completamente trotskisti…

È opinione unanime dei dirigenti del SWP che gli autori di questi documenti abbiano reso un grande servizio al movimento per il quale meritano apprezzamento e sostegno fraterno, non diffidenza e denigrazione.” (“Letters exchanged between Daniel Renard and James P. Cannon”, 16 febbraio e 9 maggio 1952).

Dalle dichiarazioni di cui sopra, è assolutamente chiaro che tutti loro erano “Pablisti” in questo periodo. Politicamente seguivano esattamente lo stesso spartito. È sufficiente ricordare che le risoluzioni del Terzo Congresso Mondiale del 1951 furono redatte dal SI pablista e concordate in quel congresso.

Cannon appoggiò Pablo incondizionatamente. “La risoluzione, a mio avviso, è un tentativo di riconoscere e affrontare la nuova realtà del mondo e di trarre le necessarie conclusioni per la nostra strategia e tattica. Sono d’accordo con le conclusioni che vengono tratte”, affermò. (Cannon, Speeches to the Party, p. 141)

Cannon, in particolare, vedeva queste risoluzioni come un avallo delle sue “Tesi americane”. Lo sottolineò in una lettera a Dan Roberts:

“In realtà gli eventi analizzati nei documenti del Terzo Congresso rafforzano fortemente le Tesi americane e danno loro maggiore attualità. La tendenza mondiale verso la rivoluzione è ormai irreversibile e l’America non sfuggirà alla sua spinta”. (Cannon, Speeches to the Party, p. 271)

Quando Cannon lesse l’opuscolo di Pablo, Lo scontro mondiale imminente, con la sua prospettiva di una guerra mondiale che si sarebbe sviluppata in una guerra-rivoluzione, dichiarò: “Mi trovo completamente d’accordo con l’opuscolo di Pablo”.

La scissione del 1952-53, quando avvenne, non aveva quindi nulla a che fare con le differenze politiche, poiché non c’era alcun disaccordo. Quando Pablo presentò al SI una bozza intitolata L’ascesa e la caduta dello stalinismo come base di discussione per l’imminente Quarto Congresso Mondiale, Healy acconsentì a farla circolare in tutte le sezioni a nome del SI, con solo qualche piccola critica.

Da parte sua, Healy era stato uno stretto alleato di Pablo in quegli anni. “Negli ultimi anni gli sono stato molto vicino e ho imparato ad apprezzarlo molto”, scrisse a Cannon nel maggio 1953. “Ha fatto un lavoro notevole e in questo momento ha bisogno del nostro aiuto”. (“Lettera di G. Healy a James P. Cannon, 27 maggio 1953”, Trotskyism versus Revisionism, vol. 1, pp. 112 e 114).

La scissione aveva invece a che fare con i rapporti tra Pablo e i leader del SWP, che allora si consideravano rivali. Pur appoggiando la politica di Pablo, Cannon non avrebbe mai potuto tollerare l’ingerenza di Pablo all’interno del SWP. In particolare, accusò Pablo di interferire nei loro “affari”, con la nascita di una fazione minoritaria in opposizione alla direzione del SWP, guidata da Bert Cochran, che, secondo loro, era “istigata da Parigi”.

Di conseguenza, Cannon lanciò un attacco contro “Parigi”, un organismo straniero che cercava di interferire nel partito americano e di incoraggiare i suoi dissidenti interni. Cannon si adoperò subito per rimuovere Pablo “e i suoi lacchè senza spina dorsale”. Con la sua caratteristica aggressività, scrisse: “Il compito rivoluzionario non è quello di ‘convivere’ con questa tendenza… ma di farla saltare in aria”.

E aggiungeva:

Per come immagino la prossima fase della nostra strategia, essa dovrebbe procedere dalla determinazione intransigente di annientare il pablismo politicamente e organizzativamente.

Ecco, quindi, come stavano le cose: dall’accordo totale e dal sostegno incondizionato al pablismo in tutte le sue manifestazioni, alla “determinazione intransigente” di annientarlo e cacciarlo dall’organizzazione! E questo salto mortale di 180 gradi fu compiuto in maniera disinvolta, senza battere ciglio e senza alcuna spiegazione, nel giro di pochi mesi.

Quando arrivò, la scissione fu musica per le orecchie di Healy. Ora ci sarebbe stata una nuova divisione del lavoro, in cui Healy sarebbe diventato l’uomo di Cannon in Europa, lasciato libero di occuparsi dei propri affari. A lui si unì anche il PCI francese guidato da Bleibtreu-Favre e Lambert, che tutti assieme formarono il cosiddetto “Comitato Internazionale” della Quarta Internazionale.

Nel frattempo, Healy conduceva in Gran Bretagna una politica di entrismo profondo attorno al Socialist Outlook, in collaborazione con alcuni riformisti di sinistra. Nel 1954, la direzione del partito laburista proibì il loro giornale. Senza un giornale, gli Healisti iniziarono opportunisticamente a vendere e a contribuire al Tribune, una rivista riformista diretta da Michael Foot – un episodio che vorrebbero fosse dimenticato da tutti.

Dall’estremismo all’opportunismo

Per molti anni, Mandel, Pablo e Cannon si rifiutarono ostinatamente di riconoscere la realtà della mutata situazione dopo la fine della Seconda guerra mondiale.

Poi, senza alcuna spiegazione e senza fare alcuna autocritica rispetto agli errori del passato, passarono dall’estremismo all’opportunismo. Invece della prospettiva di un crollo immediato dell’economia, cominciarono a flirtare con idee revisioniste, tra cui il keynesisimo, che presero in prestito dal decrepito arsenale del riformismo, compresa l’economia borghese.

Mandel era ipnotizzato dall’intervento statale, mentre Tony Cliff adottò l’idea dell'”economia permanente degli armamenti” per spiegare la ripresa del dopoguerra. Solo la nostra tendenza, nella persona di Ted Grant, capì cosa stava accadendo.

In una brillante analisi scritta nel 1960, “Ci sarà una recessione?”, Ted spiegò la natura della ripresa che si stava verificando:

È vero che il tasso di crescita nel periodo 1870-1914 era più rapido rispetto al periodo tra le due guerre, ma questo rifletteva il fatto che era mutata la natura relativamente progressista del capitalismo. La guerra del 1914-18 segnò una fase definita nello sviluppo del capitalismo. Questa si è riflessa nel vicolo cieco nel quale la proprietà privata dei mezzi di produzione e lo Stato nazionale hanno condotto la società.

L’ascesa economica che ha seguito la Seconda guerra mondiale, è dovuta a una serie di fattori. Non c’è nulla di “unico” in questa crescita. La possibilità di un’ascesa di questo genere della società capitalista era stata prevista da Trotskij nella sua critica delle concezioni ciecamente meccaniche degli stalinisti.” (T. Grant, op. cit. pag. 450)

Ha poi spiegato i fattori che hanno dato origine alla ripresa, tra cui l’espansione senza precedenti del commercio mondiale.

A seguito della Seconda guerra mondiale, il capitalismo, in modo contraddittorio e diseguale, ha vissuto questo tipo di periodo di ‘rinascita’. È vero che si tratta del risollevarsi temporaneo di un’economia marcia e malata, che riflette la senilità del capitalismo e non la sua giovanile elasticità, che mostra tutte le debolezze di un sistema decaduto. Ma anche all’interno del declino generale del capitalismo, periodi di questo genere sono inevitabili nella misura in cui la classe operaia, a causa di una direzione inadeguata, non riesca a porre fine al sistema. Non esiste l’‘ultima crisi’, l’‘ultima recessione economica’ del capitalismo, o un ‘tetto alla produzione’ né alcuna delle idee primitive avanzate dagli stalinisti durante la grande depressione del 1929-1933. L’indebolimento del capitalismo tuttavia si riflette negli eventi rivoluzionari seguiti alla Seconda Guerra Mondiale“. (T. Grant, op. cit. pag. 453)

Anche Pierre Lambert, il leader della sezione francese che fu espulso dalla Quarta Internazionale nel 1952, criticò il revisionismo degli altri leader dell’Internazionale, ma la sua unica alternativa era quella di rimanere ostinatamente sulle posizioni errate adottate dall’Internazionale subito dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Alla faccia dei fatti, continuò a negare che ci fosse stato uno sviluppo delle forze produttive nel corso del XX secolo, fino al giorno della sua morte, nel 2008.

In realtà, nei decenni successivi alla fine della Seconda guerra mondiale, il capitalismo stava sperimentando la sua più grande ripresa economica dai tempi della Rivoluzione industriale. In queste condizioni, la Quarta Internazionale si trovò ad affrontare gravi difficoltà.

La ripresa economica permise al capitalismo di concedere alcune riforme e miglioramenti del tenore di vita. In Gran Bretagna, il governo laburista eletto con una vittoria schiacciante nel 1945 realizzò per la prima volta il suo programma di riforme, tra cui le nazionalizzazioni. Questo portò a un enorme aumento delle illusioni nel riformismo.

Allo stesso tempo, il rovesciamento dei regimi capitalistici nell’Europa orientale, seguito dalla grande rivoluzione cinese del 1949, creò nuove illusioni nello stalinismo tra un importante settore di lavoratori e giovani.

La strada della Quarta Internazionale era quindi bloccata da una serie di ostacoli oggettivi che escludevano la possibilità di un rapido sviluppo delle sue forze nella maggior parte dei paesi.

Anche se Marx, Lenin e Trotskij fossero stati tutti vivi, la situazione oggettiva fondamentale sarebbe rimasta estremamente difficile. Tuttavia, come abbiamo detto, quando un esercito è costretto a ritirarsi ed è guidato da buoni generali, può ritirarsi in buon ordine, conservando il grosso delle sue forze per raggrupparsi e prepararsi a una nuova avanzata quando la situazione cambia.

Ma i cattivi generali trasformeranno sempre la ritirata in una disfatta. È proprio quello che è successo alla Quarta Internazionale.

Ted, invece, è stato in grado di sviluppare una prospettiva corretta, di riarmare i compagni e di preparare il terreno per il futuro:

Dal punto di vista del marxismo, questa riattivazione economica del capitalismo non è un fenomeno esclusivamente negativo. Rafforza enormemente i numeri e la coesione della classe operaia e la sua posizione all’interno della nazione. La prossima rottura nella congiuntura economica porrà di fronte al capitalismo problemi ancora più grandi che in passato.” (T. Grant, op. cit. pag. 453)

Ted concludeva che si stava preparando la prospettiva di un’inevitabile recessione:

Quale che sia la data precisa, è assolutamente certo che il boom senza precedenti del dopoguerra dovrà essere seguito da un periodo di caduta catastrofica, che non potrà non avere un effetto profondo sul pensiero politico di un movimento operaio le cui fila si sono enormemente rafforzate.” (T. Grant, op. cit. pag. 467)

Fu questa capacità di analizzare la situazione concreta per come era realmente, e non per come le teste di legno settarie avrebbero voluto che fosse, che permise a Ted di tenere insieme le piccole forze che avevamo allora. Fu così in grado di prepararle per l’inevitabile recessione economica, e con essa la conseguente lotta di classe tumultuosa, che sarebbe arrivata in seguito.

Controcorrente!

Per alcuni anni, dopo la distruzione del RCP, Ted Grant e il piccolo gruppo di suoi sostenitori furono costretti a lottare controcorrente, in condizioni oggettive estremamente difficili.

Poi, nel 1956, eventi titanici portarono a una svolta nella situazione. Le rivelazioni di Kruscev e l’eroica rivolta dei lavoratori ungheresi, brutalmente repressa dai carri armati russi, sconvolsero il movimento stalinista da cima a fondo.

In Gran Bretagna, il Partito Comunista subì una grave scissione, in cui perse un gran numero di quadri importanti, compresi i principali leader sindacali. Purtroppo, l’esiguità delle nostre forze rese praticamente impossibile avvicinare questi elementi, alcuni dei quali entrarono nell’organizzazione di Healy e la spinsero in una direzione estremista. Altri elementi si sono spinti molto a destra, diventando agenti della classe dominante.

La Quarta Internazionale ufficiale aveva perso la sua base in Gran Bretagna quando nel 1953 Healy se ne distaccò per aderire al cosiddetto Comitato Internazionale. Nel tentativo di costruire una sezione da zero, l’Internazionale mise un annuncio sul quotidiano The Tribune, invitando tutti i trotskisti interessati alla Quarta Internazionale a partecipare a una conferenza.

Spezzone del Revolutionary communist party, negli anni ’40

Sebbene Ted e gli altri compagni non si facessero assolutamente illusioni su questa organizzazione, ritennero che non avrebbero avuto nulla da perdere partecipandovi, cosa che fecero. In seguito accettarono di unirsi a un altro piccolo gruppo per rifondare la sezione britannica della Quarta. Va chiarito che questo passo fu fatto senza fare alcuna concessione politica, e certamente senza illusioni. Ma era visto come una possibilità per superare il nostro isolamento e per entrare in contatto con coloro che avevano idee simili in altri paesi.

Per un certo periodo, l’esperimento portò alcuni risultati positivi. Ma ben presto le vecchie differenze sarebbero inevitabilmente riemerse, così come le vecchie manovre e gli intrighi.

Ted divenne membro del Comitato Esecutivo Internazionale, dove ebbe modo di rendersi conto di tutti i problemi causati dagli errori di Pablo. Ancora una volta, Pablo suonava il tamburo di guerra, sostenendo la teoria di un’imminente guerra nucleare che, in qualche modo misterioso, avrebbe dovuto portare alla rivoluzione socialista.

Ted era piuttosto divertito nel vedere l’effetto di questa stupida propaganda, anche sui quadri dirigenti. Ricorda un incontro con una compagna che, congedandosi da lui con le lacrime agli occhi, disse: “Addio compagno, questa potrebbe essere l’ultima volta che ci incontriamo”.

Al che Ted rispose: “Non preoccuparti. Vai a letto e dormi tranquillamente. Non ci sarà nessuna guerra e ci rivedremo alla prossima sessione”. Non sappiamo se la compagna ne fu convinta o meno.

Ted notò anche che c’era un solido blocco di compagni argentini, guidati da un uomo chiamato Posadas, che erano sempre fedeli al 1000% a Pablo. In ogni votazione, votavano sempre a favore senza esitazione.

Dopo una di queste votazioni, Ted portò Pablo da una parte e disse: “Stai attento a questa gente. Oggi votano sempre con te. Domani voteranno sempre contro di te”. Questa previsione si rivelò corretta.

La sezione più grande dell’Internazionale si trovava nello Sri Lanka, che allora si chiamava Ceylon. Ma Ted notò che in tutte le riunioni del CEI, i dirigenti principali dello Sri Lanka mostravano un atteggiamento piuttosto sprezzante nei confronti della direzione internazionale.

Il leader del LSSP, NM Pereira, mostrava chiaramente tendenze opportuniste. Ted disse che “NM non è mai stato un trotskista”. Tuttavia la direzione internazionale non fece assolutamente alcun tentativo di correggerlo.

Quando Trotskij era vivo, anche come singolo individuo, aveva un’autorità politica e morale immensa, che ispirava rispetto in tutti i quadri dirigenti dell’Internazionale.

Ma questi dirigenti non hanno mai potuto godere di tale autorità. I loro innumerevoli errori e sbagli li indebolirono, soprattutto agli occhi dei compagni dello Sri Lanka che, dopo tutto, erano alla guida di un’organizzazione di massa.

Inevitabilmente, l’intera vicenda finì male. Il LSSP entrò a far parte di un governo di Fronte Popolare in Sri Lanka, provocando la costernazione della direzione internazionale. Ma questo era l’inevitabile risultato di anni di incapacità di fornire una guida ferma ai compagni dello Sri Lanka. In una reazione di panico, espulsero l’intero LSSP, senza nemmeno tentare di condurre una lotta politica per conquistarne la maggioranza.

Le differenze tra la sezione britannica e la direzione internazionale divennero particolarmente evidenti quando Mandel, Pablo e soci avviarono, all’inizio degli anni Sessanta, una discussione con il SWP americano al fine di ristabilire “l’unità di tutti i trotskisti”.

Ted Grant predisse che, sulla base dell’esperienza passata, questa gente sarebbe riuscita solo a unificare due Internazionali in dieci. Questa osservazione si rivelò molto appropriata.

Tra i vertici dell’Internazionale scoppiò un’accesa discussione su diverse questioni, in particolare sulla natura della rottura sino-sovietica e sulla rivoluzione coloniale.

Pablo si schierò a favore del sostegno alla burocrazia russa contro i cinesi, mentre gli altri sostennero la burocrazia cinese contro Mosca. Ted insistette sul fatto che si trattava di una lotta tra due burocrazie rivali, in cui la Quarta Internazionale non poteva sostenere nessuna delle due parti.

Sulla questione della rivoluzione coloniale, i leader dell’Internazionale adottarono una posizione di sostegno acritico alla guerriglia, mentre gli americani avevano una posizione di sostegno acritico alla Cuba di Castro, che caratterizzavano come uno Stato operaio più o meno sano.

Si trattava di una riproduzione esatta dell’errore commesso in precedenza nei confronti della Jugoslavia di Tito. In effetti, questi personaggi cercavano scorciatoie sotto la forma del “trotskismo inconscio”. Dopo essersi bruciati le dita con Tito, passarono a elogiare Castro.

Più tardi, avrebbero presentato Mao Zedong sotto la stessa luce, descrivendo persino la cosiddetta “Rivoluzione culturale” in Cina come una nuova versione della Comune di Parigi! Tutto ciò equivaleva ad un abbandono delle idee più basilari del trotskismo e indicava la strada per la completa liquidazione della Quarta Internazionale, della quale vi erano già indicazioni molto chiare.

Il piccolo gruppo irlandese che sosteneva la Quarta Internazionale era in stretto contatto con i compagni britannici. L’Internazionale consigliò loro di fondersi con una piccola organizzazione maoista irlandese ultra-stalinista guidata da un elemento di nome Clifford.

La condizione imposta da Clifford era che per il periodo iniziale non si discutesse della differenza tra stalinismo e trotskismo. Questa condizione fu stupidamente accettata. Ma subito dopo la fusione, Clifford lanciò un feroce attacco contro il trotskismo “controrivoluzionario”. Naturalmente, i trotskisti irlandesi non furono in grado di rispondere al suo documento e fecero appello con urgenza a Ted Grant affinché scrivesse una risposta per loro. Questo fu fatto (vedi A reply to comrade Clifford), ma non impedì il totale naufragio del piano unitario.

Il caso più eclatante è stato quello dell’Italia, dove non esisteva alcuna organizzazione maoista significativa – finché non fu lanciata, di fatto, dalla Quarta Internazionale! Il leader della sezione italiana, Livio Maitan, voleva procurarsi copie del Libretto Rosso di Mao per distribuirlo nel suo paese.

Non essendoci un’ambasciata cinese in Italia, si recò in Svizzera e si procurò un gran numero di copie da quella fonte. Grazie alla sua diligenza, il Libretto Rosso fu distribuito in tutta Italia ed ebbe un grande effetto. Purtroppo, la Quarta Internazionale non ne ricavò nulla. Ma riuscì a diffondere illusioni sul maoismo tra ampi settori della gioventù radicalizzata di allora, presentando le idee di Mao come un ponte dallo stalinismo al trotskismo. Si rivelò un ponte al contrario: persino un gruppo all’interno dell’organizzazione di Maitan si staccò, influenzato dal maoismo, e costruì quello che sarebbe diventato un consistente gruppo di estrema sinistra in Italia.

Nuovi intrighi

Per tutto questo tempo, Ted e gli altri compagni mantennero un’opposizione coerente alla falsa linea dell’Internazionale. La dirigenza rispose, come era prevedibile, non con argomenti, ma con manovre e intrighi.

C’era una piccola cricca, con sede a Nottingham, di individui senza principi che stavano intrigando con Parigi per mettere in discussione la direzione della sezione britannica.

All’epoca la nostra organizzazione era debole, piccola e con poche risorse finanziarie. Non avevamo né un centro né un funzionario a tempo pieno. Ted Grant lavorava come centralinista e dedicava tutto il suo tempo libero all’organizzazione.

Fu quindi una notizia gradita che l’Internazionale avesse deciso di aiutarci inviandoci un funzionario a tempo pieno, un compagno canadese, che sarebbe stato pagato dall’Internazionale.

Ma fin dall’inizio fu chiaro che il lavoro di questo individuo non era la costruzione della sezione britannica, ma l’organizzazione e l’intrigo contro il gruppo dirigente in collaborazione con il gruppo di Nottingham.

Quando questi intrighi furono smascherati, ci fu uno scandalo: il canadese se ne andò con tutti i libri della libreria per cui avrebbe dovuto lavorare. Si trattò di un palese atto di sabotaggio, che indicava di cosa fossero capaci queste persone. Ma questo era solo l’inizio.

Il “Segretariato unificato”

Nel 1963, l’Internazionale si unificò finalmente in un’unica organizzazione, nota come Segretariato Unificato della Quarta Internazionale (USFI), e immediatamente iniziò a dividersi.

Pablo si separò, seguito da Posadas, mentre Lambert e Healy ne rimasero fuori. L’unificazione di “tutti i trotskisti” rimase quindi lettera morta fin dall’inizio. Era una conseguenza inevitabile della combinazione fatale di politiche sbagliate e di un regime interno velenoso.

I compagni britannici mantennero fin dall’inizio una posizione di principio. Al Congresso del 1965 presentarono un documento in cui esponevano le loro differenze. Nella disputa sino-sovietica, si schierarono per la completa indipendenza da Mosca e Pechino. Spiegarono che lo scontro tra i due paesi era il riflesso di interessi contrastanti tra due burocrazie rivali, nessuna delle quali rappresentava gli interessi della classe operaia o della rivoluzione socialista mondiale.

In relazione alla rivoluzione coloniale, pur sostenendo fermamente la lotta dei popoli oppressi contro l’imperialismo, la Quarta Internazionale doveva sempre mantenere una politica di classe indipendente e non limitarsi a seguire i leader piccolo-borghesi.

Rifiutammo la politica del terrorismo individuale e della guerriglia, che svolse un ruolo fatale in America Latina in quel periodo, mentre i dirigenti dell’Internazionale adottarono un atteggiamento di sostegno acritico.

Il documento scritto da Ted Grant e presentato dalla sezione britannica, “La rivoluzione coloniale e la rottura tra Cina e Urss”, rappresentava l’unico che si schierava fermamente a favore di una politica proletaria trotskista. Poiché non avevamo fiducia che l’Internazionale l’avrebbe riprodotto, decidemmo di stamparcelo da soli, pur soffrendo di un’estrema mancanza di risorse finanziarie.

Tuttavia, quando i compagni arrivarono al Congresso, scoprirono che il nostro documento non era stato distribuito, quindi nessuno aveva avuto la possibilità di leggerlo. Ted Grant in seguito commentò ironicamente:

Lenin con disprezzo definì la Seconda Internazionale un ufficio postale. Questa cricca non può essere chiamata nemmeno un ufficio postale. Ha fallito completamento sia a livello organizzativo che politico.” (Grant, “Il Programma dell’Internazionale”, maggio 1970, op. cit,. pag.546)

Nel dibattito al Congresso, Ted ebbe a disposizione un totale di quindici minuti (cioè sette minuti, più la traduzione) per presentare il documento, che naturalmente non trovò alcun appoggio. Poi, i leader dell’Internazionale procedettero a pronunciare quella che equivaleva a una espulsione disonesta dei compagni britannici.

Utilizzando il falso argomento che i compagni britannici sarebbero stati “incapaci di costruire un’organizzazione”, proposero di degradarli da sezione a pieno titolo a sezione simpatizzante, mentre concessero lo stesso status a una piccola cricca che difendeva la linea ufficiale dell’Internazionale.

I compagni giustamente denunciarono questa manovra come un’espulsione disonesta. Non saremmo più tornati. La rottura con la cosiddetta Quarta Internazionale era permanente e irreversibile. Decenni di esperienza ci rafforzano nella convinzione che la Quarta Internazionale, fondata da Lev Trotskij con così grandi speranze, si era conclusa in un aborto.

Conclusione

Oggi, come organizzazione, la Quarta Internazionale non esiste più né in termini programmatici né organizzativi. La miriade di sette litigiose che rivendicano quel nome un tempo orgoglioso è servita solo a screditarla completamente.

Nessuna delle diverse sette emerse dal naufragio della Quarta Internazionale ha qualcosa in comune con le idee originali.

Sebbene invochino il nome di Trotskij con un’insistenza noiosa, non hanno mai compreso il suo metodo. Tutti loro hanno contribuito fatalmente alla distruzione della Quarta.

Nessuno di loro ha qualcosa in comune con il vero bolscevismo-leninismo, cioè con il trotskismo. Ognuno di loro diffonde una caricatura bizzarra che ha screditato il nome stesso del trotskismo agli occhi dei lavoratori e dei giovani più avanzati. Questo è un crimine per il quale non potranno mai essere perdonati.
Di conseguenza, avevamo mille volte ragione quando decenni fa li abbiamo definiti totalmente inutili e abbiamo voltato loro le spalle per sempre.

Oggi la bandiera del trotskismo è rappresentata da una sola organizzazione che può onestamente affermare di averla difesa con ostinata determinazione per molti decenni: l’Internazionale Comunista Rivoluzionaria.

Un partito rivoluzionario è, in ultima analisi, un programma, idee, metodi e tradizioni.

Abbiamo continuamente sottolineato l’importanza della teoria rivoluzionaria nella costruzione dell’Internazionale.

Lenin scrisse: “Senza teoria rivoluzionaria, non ci può essere movimento rivoluzionario”. Questa affermazione è corretta al 100%. Queste parole erano un libro chiuso per i cosiddetti leader della Quarta Internazionale.

Ma mentre la Quarta Internazionale è stata distrutta, le idee, il programma, le tradizioni e i metodi elaborati da Lev Trotskij sono ancora vivi e conservano tutta la loro vitalità e attualità.

Abbiamo ereditato il più grande patrimonio di idee di qualsiasi gruppo politico della storia. Questa è l’eredità che difendiamo. È la nostra arma più potente e ci permette di affermare che mai come oggi l’avanguardia rivoluzionaria è stata così preparata teoricamente per i compiti che l’attendono.

Ci basiamo sulle più grandi conquiste della Prima, Seconda e Terza Internazionale e sul congresso di fondazione della Quarta.

Ted Grant ha recuperato queste idee e le ha sviluppate e arricchite per oltre mezzo secolo. La pubblicazione delle sue opere complete è un’aggiunta importantissima al nostro arsenale teorico.

La nostra è una grande causa, perché siamo seduti sulle spalle di giganti. Il nostro compito è completare quell’opera monumentale, elevando le nostre modeste forze al livello dei compiti epocali che ci vengono posti dalla storia.

Londra, 9 giugno 2025

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