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Dietro lo scontro Stalin-Tito (1948)

Dopo aver affrontato il tema dal punto di vista del dibattito nella Quarta Internazionale, pubblichiamo un articolo di Ted Grant sul conflitto tra l’Unione Sovietica di Stalin e la Jugoslavia di Tito nel 1948, la prima clamorosa rottura nel blocco stalinista in Europa dell’Est. Scritto in mezzo allo svolgersi degli eventi, nel luglio del 1948, l’articolo non solo getta piena luce sulle menzogne della burocrazia di Mosca, ma anche sull’esatta natura del regime di Tito.

                                                                                                          La redazione

 

di Ted Grant

 

La sensazionale espulsione del Partito comunista jugoslavo dal Cominform[1] e lo scontro tra Mosca e Belgrado hanno suscitato una vivace discussione tra le fila della classe operaia. Cosa c’è dietro questi eventi sensazionali? Questa è la domanda che tutti si pongono. Solo gli ingenui possono accettare come vera la dichiarazione del Cominform sulle ragioni della controversia.

Qualsiasi siano queste ragioni, devono avere un’enorme importanza per gli stalinisti, tale da spingerli ad un’aperta rottura che per loro rappresenta un notevole smacco diplomatico e politico.

Il conflitto avrà indubbiamente ampie ripercussioni sui partiti comunisti su scala internazionale. Esso segna una nuova tappa nello sviluppo dello stalinismo a livello internazionale, che deve essere seguita da vicino dai lavoratori militanti e rivoluzionari.

Questa lotta si deve essere sviluppata dietro le quinte per lungo tempo. Mosca deve aver portato la questione allo scoperto solo quando non è riuscita ad ottenere il controllo del Partito comunista jugoslavo, quando l’MVD[2] ha subito una sconfitta decisiva in Jugoslavia;  quando ha ritenuto che non fosse più possibile convincere Tito o i suoi sostenitori e, probabilmente, quando Tito ha iniziato a guadagnare consensi nella sua politica contro Mosca tra gli altri partiti comunisti balcanici. Quest’ultimo deve essere stato il fattore più potente nel suscitare l’odio e la paura di Mosca.

I veri problemi alla base dello scontro trapelano solo ufficiosamente. Ciò che sembra essere in gioco è la pretesa da parte della burocrazia russa a Mosca di esercitare un controllo completo e assoluto sugli Stati satelliti, anche nei minimi dettagli della loro politica interna, e l’ostilità e l’opposizione di Tito alla completa sottomissione alla Russia.

Mosca si trova di fronte a due possibilità nell’evoluzione della sua politica verso gli Stati satellite nel prossimo periodo.

La prima è quella di incorporare apertamente questi stati nell’URSS come mezzo per assicurare su di loro un controllo completo e indiscusso; la seconda è quella di accettare l’indipendenza nominale di questi Stati, ma di cercare di organizzare i loro regimi interni e le relazioni tra di essi in modo da assicurarsi che il controllo reale sia accentrato a Mosca.

La prima politica presenta notevoli svantaggi in quanto si scontrerebbe con le aspirazioni nazionali dei popoli degli Stati di confine e incontrerebbe una diffusa opposizione non solo nella grande massa della popolazione, ma anche nelle stesse fila dei partiti comunisti. Questa opzione potrebbe essere attuata solo dopo una lunga preparazione e con la sicurezza da parte degli stalinisti russi di aver ottenuto al cento per cento il dominio statale sia centralmente che localmente. Portare avanti questo obiettivo con la forza susciterebbe l’ostilità di tutta la classe operaia europea.

Lo sciovinismo grande russo di Stalin

La seconda opzione politica non garantirebbe un controllo e un assoggettamento così completi degli Stati di confine, ma presenterebbe alcuni vantaggi, in quanto il controllo reale rimarrebbe a Mosca, mentre l’indipendenza nominale di questi paesi potrebbe essere utilizzata a fini diplomatici ed economici. Sarebbe comunque possibile evitare che la costituzione di una federazione degli Stati di confine rafforzi la loro relativa indipendenza nei confronti di Mosca.

Tutta la storia dello stalinismo – cioè dello sciovinismo grande russo – e soprattutto i più recenti conflitti politici, indicano che Stalin combatterà con tutte le armi possibili per impedire la creazione di gruppi di Stati indipendenti tra i paesi dell’Europa orientale.

Una chiave per comprendere il conflitto è data dalla proposta di Tito, reiterata più volte, di stabilire una federazione di Bulgaria, Albania e Jugoslavia e dalle sue note ambizioni di istituire una federazione dei paesi balcanici. L’importanza di questa politica come punto di scontro è dimostrata dal fatto che il Partito comunista jugoslavo ha ribadito la sua politica favorevole ad una federazione balcanica subito dopo la sua espulsione. Va ricordato che recentemente Dimitrov[3] è stato duramente criticato da Mosca per aver sostenuto una proposta di federazione. Ovviamente in una federazione di questi tre paesi, la Jugoslavia avrebbe svolto il ruolo dominante.

Una federazione di questo tipo, al momento attuale, porterebbe indubbiamente ad un rafforzamento dei partiti comunisti di questi paesi e dei loro Stati contro il dominio di Mosca. Si tratta, quindi, di una politica che Mosca combatterà con ogni arma a sua disposizione fino a quando non riuscirà ad assicurarsi il controllo assoluto su questi paesi attraverso dei fantocci.

Nella dichiarazione del Cominform, come riportata dal Daily Worker[4] del 30 giugno [1948], si può leggere:

La direzione del Partito Comunista Jugoslavo sta conducendo una politica ostile verso l’Unione Sovietica e verso il Partito Comunista dell’URSS. In Jugoslavia è stata permessa una politica indegna volta a sminuire gli esperti militari sovietici ed a screditare l’esercito sovietico. Gli specialisti civili sovietici in Jugoslavia sono stati sottoposti a un regime speciale, in base al quale sono stati messi sotto la sorveglianza degli organi di sicurezza dello Stato e sottoposti a pedinamenti. Il rappresentante del Partito comunista dell’Unione Sovietica (bolscevico) presso il Cominform, il compagno Yudin, e alcuni rappresentanti ufficiali dell’Unione Sovietica in Jugoslavia, sono stati sottoposti alla stessa sorveglianza da parte degli organi di sicurezza dello Stato jugoslavo.

Tutti questi fatti, ed altri simili, dimostrano che i leader del Partito comunista jugoslavo hanno assunto un atteggiamento indegno per dei comunisti, sulla base del quale hanno iniziato a identificare la politica estera dell’URSS con la politica estera delle potenze imperialiste e si sono comportati nei confronti dell’Unione Sovietica allo stesso modo con cui si comportano nei confronti degli Stati borghesi. Proprio in conseguenza di questo atteggiamento antisovietico, la propaganda calunniosa – mutuata dall’arsenale del trotskismo controrivoluzionario – sulla degenerazione del Partito comunista dell’Unione Sovietica, sulla degenerazione dell’Unione Sovietica e così via è diventata ricorrente nel Comitato centrale del Partito comunista jugoslavo.

Lo stesso numero del Daily Worker cita la risposta di Tito e compagni all’accusa che gli “specialisti” russi fossero stati pedinati:

Questo è completamente falso […] è completamente falso che qualcuno sia stato seguito. Dalla liberazione fino ad oggi tutti i membri del Partito hanno dato piena collaborazione ai cittadini sovietici.

Il Daily Worker non ha riportato completamente la citazione e in questo modo ha deliberatamente disinformato i suoi lettori, dimostrando che i suoi redattori non sono disposti a presentare le posizioni degli jugoslavi in modo equo ed obiettivo e si sono già schierati nella disputa come scribacchini filo-russi. Infatti la dichiarazione del Partito comunista jugoslavo continuava affermando:

Al contrario, è assolutamente vero, come sottolineato nella nostra lettera del 13 aprile, che dal momento della liberazione fino ad oggi i membri dei servizi segreti sovietici hanno tentato senza ritegno di reclutare jugoslavi.” Lasciamo che siano i redattori del Daily Worker a spiegare ai loro lettori l’omissione di questa parte fondamentale della risposta di quello che dovrebbe essere un loro partito fratello.

Il fatto è che gli specialisti stalinisti (militari e “civili”) in Jugoslavia, come in tutti gli altri paesi satelliti, godono, o cercano di godere, dell’equivalente di diritti extraterritoriali. L’apparato dell’MVD è costruito per garantire l’attuazione delle politiche russe e l’eliminazione degli elementi anti-stalinisti. Ma sembra che Tito non fosse disposto a dare a Stalin la libertà di costruire nel suo paese un apparato militare e poliziesco indipendente, che potesse essere usato contro di lui e contro altri membri del Partito comunista jugoslavo orientati ad ottenere un ampio margine di indipendenza da Mosca.

Il Daily Worker è colpevole di un’ulteriore distorsione. Pubblicando la replica di Tito contro le accuse di non aver svolto elezioni nel Partito comunista jugoslavo, ha omesso la parte della risposta in cui si sosteneva che il partito di Stalin non era certo meglio:

Per quanto riguarda il fatto che in alcune sezioni non ci sono state elezioni, questo è stato determinato solo dalle condizioni in tempo di guerra. È successo in molti partiti, compreso il Partito bolscevico russo.

Che la polizia segreta stalinista sia stata sconfitta risulta evidente dalle proteste contenute nella dichiarazione del Cominform in merito alle misure di controllo a cui erano sottoposti gli “specialisti” russi, oltre che dalle richieste di maggiore democrazia emerse nel Partito comunista jugoslavo.

Gli allievi jugoslavi sembrano aver imparato fin troppo bene dal maestro russo. Hanno agito per primi ed hanno espulso dal partito i tirapiedi di Stalin. Non si può escludere che le recenti esecuzioni di alcuni membri di spicco del Partito comunista jugoslavo, accusati di essere “agenti britannici”, sia stato un altro esempio del metodo stalinista per eliminare gli avversari politici. Una versione balcanica, in piccolo, dei processi di Mosca.

La dichiarazione della Cominform secondo la quale “i leader jugoslavi hanno cominciato a identificare la politica estera dell’URSS con la politica estera delle potenze imperialiste” è la prova evidente che gli jugoslavi si opponevano alle pretese dei russi che consideravano in contraddizione con i loro interessi e le loro aspirazioni nazionali.

Lenin si oppose a Stalin sulla questione nazionale

La tendenza di Stalin verso lo sciovinismo grande russo non è una novità. Egli è stato rappresentato come la maggiore “autorità leninista” sulla questione nazionale. In realtà una delle ultime lotte condotte da Lenin contro Stalin prima della sua morte è stata proprio quella contro la sua politica burocratica nei confronti delle minoranze nazionali. Ma questo, così come l’ultima lettera di Lenin al partito bolscevico in cui chiedeva la rimozione di Stalin dalla carica di segretario generale, è stato tenuto fino ad oggi nascosto alla base dei partiti comunisti. Questa tendenza contro la quale Lenin ha combattuto, si è accentuata dopo la sua morte, quando Stalin è riuscito a usurpare il controllo completo del partito. Durante le grandi purghe, interi governi delle repubbliche nazionali sono stati annientati e massacrati, come parte della politica di oppressione nazionale di Stalin. Tito sembra aver imparato alcune lezioni dalle quelle purghe.

Se i leader del Partito jugoslavo avessero effettivamente criticato Mosca, come sostiene la dichiarazione del Cominform, con argomenti “presi a prestito dall’arsenale del trotskismo controrivoluzionario – sulla degenerazione del Partito comunista dell’intera Unione, sulla degenerazione dell’Unione Sovietica e così via…”, si sarebbe potuto sperare che qualche bagliore di verità fosse penetrato tra le fila del Partito comunista jugoslavo. Una cosa la sappiamo. Tito non è un trotzkista. Organizzativamente e ideologicamente è un nemico del trotskismo. Durante la liberazione della Jugoslavia, Tito è stato responsabile dell’annientamento fisico dei “trotskisti”.

Se le varie forme di pressione non sortissero nessun effetto e Tito si rifiutasse di capitolare, Stalin potrebbe essere costretto a cercare un qualche tipo di accordo con lui.

Anche ora, lungi dal denunciare i veri crimini della burocrazia stalinista, sembra che Tito cercherà di arrivare a un qualche compromesso. L’esperienza insegna che Stalin non si fermerà davanti a nulla pur di spazzare via l’opposizione che si trova ad affrontare ora in Jugoslavia. Tutto il mostruoso apparato di propaganda russa verrà rivolto contro i leader del regime jugoslavo. I miserabili scribacchini stalinisti di questo paese (la Gran Bretagna, NdT), che solo ieri celebravano la Jugoslavia, Tito e le sue conquiste sulla stampa, ora volgeranno le loro penne contro il regime jugoslavo per indebolirlo e denigrare i suoi dirigenti.

Per la prima volta, e solo per screditare il dissidente Tito e il suo regime, gli stalinisti stanno ora svelando alcune verità. Le critiche che i trotskisti hanno mosso al regime in Jugoslavia, sono oggi confermate dagli stessi stalinisti. La dichiarazione del Cominform afferma:

In Jugoslavia il Partito non ha una democrazia interna, non si tengono elezioni, non ci sono critiche o autocritiche. Il Comitato Centrale del Partito […] consiste nella sua maggioranza non di membri eletti ma cooptati […] È del tutto intollerabile che nel Partito comunista jugoslavo i diritti più elementari dei membri del partito siano calpestati, che alla minima critica del modo scorretto di gestire le cose nel Partito segua una grave repressione. Il Cominform considera vergognosi fatti come l’espulsione dal Partito e l’arresto dei membri del Comitato centrale, i compagni Zujovic e Hebrang, perché hanno osato criticare l’atteggiamento anti-sovietico dei leader del Partito comunista jugoslavo e sostenere l’amicizia tra la Jugoslavia e l’Unione Sovietica. Un tale ignominioso regime terroristico, puramente turco [!!][5], non può essere tollerato dal Partito comunista jugoslavo […] i leader del Partito comunista jugoslavo sono corrotti da eccessiva ambizione, arroganza e presunzione.”

Se mai c’è stato un caso di bue che dice cornuto all’asino, eccolo qui! Ironia della sorte, la burocrazia di Mosca attacca Tito per la mancanza di democrazia. Questa burocrazia che ha ucciso praticamente tutti i leader della Rivoluzione d’Ottobre, che ha ucciso ed esiliato in Siberia milioni di persone per essersi opposte al loro regime. Questa burocrazia che è così sprezzante nei confronti dei diritti della base che, in violazione della Costituzione, non si è preoccupata di tenere un congresso del partito in Russia per quasi dieci anni. Infatti l’ultimo Congresso del Partito comunista russo si è tenuto nell’ottobre del 1938. Ai tempi di Lenin il congresso si teneva almeno una volta all’anno, anche durante la guerra civile.

Chiunque osi criticare Stalin viene presto spedito sulla strada per la Siberia o è destinato a morire per mano di un assassino prezzolato. Il regime di Tito è probabilmente un modello di democrazia a confronto del regime russo, che è il più totalitario e burocratico di tutta la storia.

Alcune delle critiche economiche mosse dagli stalinisti sono indubbiamente corrette. Ripetono in modo distorto le critiche che Trotskij fece alla politica di Stalin dal 1923 al 1927. Dapprima Tito ha sottovalutato i kulaki (contadini ricchi, NdT) nei villaggi e il pericolo che ne derivava; poi, dopo aver subito delle critiche, ha invertito la sua politica e ha proceduto a nazionalizzare anche le botteghe e le piccole aziende e ad adottare provvedimenti nei villaggi prima che fossero state preparate le adeguate basi economiche. Proprio il modo in cui procedette Stalin! Dall’opposizione alla collettivizzazione, alla “liquidazione dei kulaki come classe” e all’introduzione della collettivizzazione al 100%. I burocrati a Mosca e nel Cominform hanno una bella faccia tosta a portare avanti la critica per cui in Jugoslavia non è stata nazionalizzata la terra. Questa è una critica corretta, ma si dà il caso che non abbiano nazionalizzato la terra in nessuno degli altri Stati satelliti.

Viene subito in mente la domanda: perché i fatti che denuncia ora il Cominform sono stati nascosti per anni? Perché vengono rivelati solo ora che Tito si rifiuta di inginocchiarsi a Stalin e usa contro di lui i suoi stessi trucchi? Al posto dell’MVD di Stalin, Tito dispone di un suo efficace strumento di repressione, che utilizza per arrestare i tirapiedi di Stalin, con la scusa di essere al soldo dell’imperialismo britannico e americano! Può anche essere vero che negli ambienti del Partito comunista jugoslavo, il maresciallo Tito abbia denunciato segretamente la degenerazione del partito e del regime comunista russo, sebbene non osi renderlo pubblico.

In passato Mosca è riuscita ad affermare la sua volontà e a rimuovere o distruggere la direzione di varie sezioni nazionali senza provocare delle gravi crisi. La storia del Comintern è piena di eliminazioni burocratiche di oppositori di Stalin e anche di suoi agenti, che sono stati sacrificati nell’interesse della burocrazia.

In Russia ogni membro del Comitato centrale del Partito comunista russo che è stato alla guida della rivoluzione dal 1917 al 1921 – tutti tranne coloro che sono morti per mano della controrivoluzione capitalista o per motivi naturali – è stato fucilato o comunque fatto morire. Madame Kollontai e Stalin sono gli unici sopravvissuti dei ventiquattro componenti di quell’organismo.

I membri del Comitato centrale del Partito comunista polacco e della Gioventù comunista polacca sono stati massacrati fino all’ultimo uomo mentre vivevano in Russia, essendo ridotti all’illegalità nel loro paese, non una ma due volte verso la fine degli anni ‘30.

Queste purghe sono avvenute senza grandi disordini. Ma una volta che i partiti nazionali hanno assunto il controllo dei propri apparati statali, di tutte le leve della finanza, dell’economia, dell’esercito e della polizia, l’effetto inevitabile di tale evoluzione è quello di rafforzare la posizione della direzione nazionale e di creare condizioni di indipendenza da Mosca.

L’importanza del conflitto attuale risiede nel fatto che è la prima importante crepa nel fronte internazionale dello stalinismo dalla fine della guerra. Questo fatto è destinato a produrre effetti profondi sui membri di base dei partiti comunisti di tutto il mondo, specialmente in Europa occidentale e in Gran Bretagna. È l’inizio di un processo di differenziazione all’interno dei partiti comunisti, che a lungo termine porterà a delle spaccature.

L’estensione del potere della burocrazia russa ben più a occidente dei confini russi crea nuovi problemi. Pur rafforzando temporaneamente la burocrazia, a lungo termine ne minerà la posizione.

È chiaro che ogni leninista deve sostenere il diritto di ogni piccolo paese alla liberazione nazionale e alla libertà, se lo desidera. Tutti i socialisti daranno un sostegno critico al movimento in Jugoslavia per federarsi con la Bulgaria e ottenere la libertà dal dominio diretto di Mosca. Allo stesso tempo bisogna rivendicare che i lavoratori in Jugoslavia e negli altri paesi si battano per l’instaurazione di una vera democrazia operaia, del controllo operaio sull’amministrazione dello Stato e dell’industria come ai tempi di Lenin e Trotskij in Russia. Questo è impossibile sotto l’attuale regime di Tito.

Per una Jugoslavia sovietica socialista indipendente all’interno di Balcani sovietici socialisti e indipendenti. Questa rivendicazione può essere portata avanti solo come parte di una lotta complessiva per il rovesciamento dei governi capitalisti in Europa e l’installazione della democrazia operaia in Russia.

Il comunismo significa la libertà e la democrazia più ampie possibile per il popolo. Senza la partecipazione e il controllo dei lavoratori non ci può essere transizione al socialismo. Questi sviluppi nei Balcani sono un sintomo della situazione reale che esiste in Russia e negli Stati dell’Est. L’unica soluzione è un regime sovietico autenticamente democratico, con piena autonomia e libertà per gli Stati nazionali all’interno dei confini di una federazione socialista.

 

Note

[1] Il Cominform (Communist Information Bureau) è stato istituito in seguito alla “Dottrina Truman” del marzo 1947, con la quale il presidente degli Stati Uniti Truman lanciò una “crociata ideologica ed economica contro il comunismo”. Questa includeva il Piano Marshall di aiuti economici per l’Europa, che aveva come unico obiettivo quello di aiutare la ripresa del capitalismo nel continente. Il Cominform fu fondato a Varsavia nel settembre 1947 principalmente per consolidare il dominio della burocrazia russa sui loro “fraterni” alleati nell’Europa dell’Est.

[2] Con questa sigla qui si intendono gli agenti della polizia segreta russa al servizio del Ministero degli affari interni dell’Unione Sovietica, in russo Ministerstvo vnutrennich del (MVD).

[3] Georgi Dimitrov, 1882-1949: primo ministro della Bulgaria dal 1946 al 1949. Segretario dell’Internazionale comunista dal 1934 al suo scioglimento da parte di Stalin nel 1943.

[4] All’epoca il giornale del Part

[5] Enfasi di Ted Grant.

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