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Il Futurismo italiano e il fascismo

Come una corrente artistica ha anticipato una tendenza controrivoluzionaria

di Alan Woods

 

Durante un mio recente soggiorno in Austria per una serie di conferenze, mi hanno portato a visitare una mostra di arte futurista italiana a Vienna. È stata un’esperienza rivelatrice.

La connessione tra il futurismo italiano e il fascismo è ben nota, ma in quella mostra ho potuto vedere per la prima volta con completa chiarezza la psicologia degli intellettuali italiani borghesi e piccolo-borghesi nel periodo precedente e contemporaneo alla Prima guerra mondiale che ha dato origine a questo fenomeno singolare. È una dimostrazione pratica su come l’arte e la politica possano diventare inestricabilmente legate e come questa miscela nasca da una determinata base sociale e di classe.

Ciò non significa che la relazione sia automatica e diretta. Al contrario, lo sviluppo dell’arte, della letteratura e della musica segue le proprie leggi immanenti. Lo sviluppo dell’arte e della politica formano due linee completamente separate, con le loro caratteristiche determinanti, i punti di svolta, le relazioni complesse e le rivoluzioni. Tuttavia, poiché tutti i fenomeni sociali condividono un terreno comune, le due linee spesso si incontrano e poi si dividono di nuovo. Spesso non è possibile stabilire chiaramente la connessione, ma in questo caso è abbastanza trasparente.

Il futurismo nacque come parte del fermento artistico generale che caratterizzò la vita intellettuale dell’Europa, e in particolare della Francia, nel periodo precedente al 1914. Fu un periodo di spettacolare avan-zata del capitalismo, che sviluppava le forze produttive a un ritmo vertiginoso. L’industria stava avanzando a spese dell’agricoltura, il proletariato a spese dei contadini. Le vecchie idee si stavano sgretolando. Nel campo della scienza si stavano gettando le basi per una rivoluzione gemella, connessa con la teoria della relatività e la meccanica quantistica. La mente umana stava gradualmente scoprendo una realtà più profonda nel mondo subatomico, dove non vengono applicate le leggi della percezione sensoriale. La sensazione di una nuova era, un’era di progresso in cui la macchina era il re. Da questa idea nacque il culto della modernità.

Come si spiega tanta passione nella società? Rifletteva un determinato stato d’animo in un settore della società: gli intellettuali. L’intellighenzia, contrariamente alla propria convinzione, non può svolgere un ruolo indi-pendente nella storia, ma fornisce un barometro molto sensibile di certi stati d’animo che si accumulano nei meandri più profondi della società. Ciò significa che alcune tendenze tra intellettuali, studenti e così via possono a volte anticipare processi che si verificheranno in seguito nell’intera società.

Il fermento tra l’intellighenzia appariva come la schiuma sulla superficie di quello che altrimenti sarebbe stato un mare ristagnante. Era contro questa stagnazione compiacente che gli artisti e gli intellettuali si ribellavano. Tale ribellione non rappresentava di per sé un riflesso della rivolta sociale esistente, ma esprimeva l’accumulazione di tensioni profonde e di contraddizioni irrisolte che alla fine esplose nell’estate del 1914 quando la storia finalmente presentò il conto al mondo occidentale.

Futurismo e cubismo
L’ascesa rapida dell’industria e l’applicazione diffusa delle nuove tecnologie catturarono l’immaginazione della nuova generazione di artisti che rifiutavano le convenzioni stantie dell’Accademia. Il cubismo aveva già iniziato a rappresentare la realtà come una serie di forme geometriche. Il futurismo ha fatto un ulteriore passo avanti, elevando le linee rette e le forme aerodinamiche dell’industria a una nuova forma d’arte.

La prima mostra futurista si tenne a Parigi nel 1911, ma il futurismo ebbe origine a Torino nel marzo 1910 e fu associato al lavoro di Filippo Tommaso Marinetti. Sosteneva il rinnovamento dell’arte italiana e dichiarava che l’arte poteva vivere solo emancipandosi dalla mano morta del passato. Ripudiava la tradizione, la formazione accademica, i musei, le gallerie d’arte e l’arte delle epoche precedenti. Tutte queste cose erano considerate come tanti ostacoli sullo sviluppo dell’arte.

Marinetti sperimentò nuove forme letterarie che tentavano di esprimere le emozioni direttamente agli occhi del lettore attraverso l’uso di caratteri diversi, disposizioni suggestive di spaziatura e linee e altri dispositivi che furono successivamente sviluppati da Majakovskij e dagli artisti costruttivisti russi dopo il 1917.

Secondo il manifesto futurista, un quadro “deve essere una sintesi di ciò che si ricorda e di ciò che si vede”.

Così, un pittore futurista dipingerà non solo ciò che vede di fronte, ma combinerà queste informazioni con i ricordi delle immagini precedenti che persistono nella sua mente. Oggetti e persone vengono studiati da tutti i lati in modo che ogni aspetto sia rappresentato, che sia visibile o invisibile, davanti e dietro. I futuristi del nucleo originario erano Marinetti, Boccioni, Carrà, Russolo, Balla e Severini.

Nelle sue fasi iniziali il futurismo era in realtà una derivazione del cubismo. Molte delle sue prime produzioni potrebbero quasi essere scambiate per dipinti cubisti. Il futurismo è nato come variante e sviluppo specificamente italiano del cubismo. I futuristi, insieme ai cubisti, si ribellarono all’istituzione artistica e al XIX secolo. Cercarono nuove tematiche e le trovarono non nelle nebbie del passato, ma nel presente – e nel futuro. La loro arte era basata sul culto del moderno. Mentre i romantici del XIX secolo si ritrassero inorriditi dall’età della macchina, i futuristi la abbracciarono con entusiasmo. La macchina costituisce un elemento importante in questa corrente artistica.

Come per i cubisti, gli oggetti del mondo quotidiano sono ridotti a forme geometriche – linee, quadrati, triangoli, cubi – ma c’è un nuovo ingrediente che collega questa tendenza agli oggetti dell’industria – macchine, lo-comotive, automobili – che esprimono l’idea di velocità e movimento. C’è qualcosa di vibrante in quest’arte, un senso di movimento e urgenza irrequieti. Giacomo Balla ha prodotto una serie di affascinanti dipinti in bianco e nero raffiguranti autoveicoli e treni in movimento, trasmettendo in essi l’idea della velocità. Usa titoli come Linee di velocità per esprimere le sue intenzioni. Questa arte è abbastanza efficace nel trasmettere l’idea di una vita sulla corsia di sorpasso. È eccitante ed esilarante. Ti prende per il colletto della giacca e ti urla: “No all’immobilismo! Non dobbiamo rimanere fermi! Velocità! Più velocità!”

Futurismo e imperialismo
Questa infatuazione per la velocità, il cambiamento e la modernità ci dice molto sulla mentalità di un settore della piccola borghesia radicale in Italia durante il primo decennio del XX secolo. L’unificazione dell’Italia nell’Ottocento creò le condizioni perché l’Italia emergesse come potenza europea.

Ma c’era un problema. Il ritardo del capitalismo italiano significava che quest’ultimo era arrivato troppo tardi sul palcoscenico della storia. Il mondo era già stato diviso tra le vecchie potenze capitaliste, dapprima la Gran Bretagna e la Francia, e poi la Germania. Le ambizioni del debole imperialismo italiano furono frustrate totalmente dai potenti vicini. Le sue ambizioni coloniali erano limitate a territori miserabili come Albania, Libia ed Etiopia. Ciò alimentò un senso di frustrazione e risentimento fra la gioventù nazionalista che risultò un terreno fertile per l’ascesa delle tendenze imperialiste, militariste e fasciste.

Il settore imperialista della borghesia italiana non desiderava conservare l’ordine mondiale esistente, ma distruggerlo. La richiesta di un cambiamento che si esprimeva in maniera così urgente nell’arte futurista era sem-plicemente una riflessione semi-cosciente di questo fatto. Era un’espressione artistica dei sentimenti di rabbia impotente, furia e desiderio di rovesciare l’ordine esistente, non solo nel mondo dell’arte ma nel mondo reale. Ciò spiega la facilità con cui il futurismo italiano si fuse con l’imperialismo e con la sua espressione più estrema: il fascismo.

Lo sviluppo dell’Italia era ostacolato dalla mancanza di colonie e mercati esteri. Da ciò scaturiva la richiesta impellente di una “giusta quota” del mondo per l’espansione del capitalismo italiano. L’imperialismo e una politica coloniale aggressiva furono una conseguenza naturale di ciò.

La guerra non era qualcosa di cui aver paura o deplorare, alla maniera dei deboli rammolliti, ma un’avventura gloriosa, una condizione necessaria per la rinascita materiale e spirituale del popolo italiano. La guerra era qualcosa che doveva trovare una glorificazione nell’arte.

Nel 1915 Marinetti, il fondatore del futurismo italiano, pubblicò un libro dal titolo La Guerra – Sola Igiene del Mondo. Qui abbiamo l’essenza distillata dell’imperialismo – la nozione secondo cui le guerre sono un mezzo ne-cessario attraverso il quale l’umanità supera l’impasse e si purifica attraverso il fuoco. Viene trasmesso nella maniera più adeguata il delirio della piccola borghesia imperialista italiana che salutò gli orrori della Prima guerra mondiale come si accoglierebbe con favore l’invito a una festa.

Successivamente questo sogno della piccola borghesia imperialista italiana si trasformò in un incubo. Ma negli anni che precedettero il grande massacro imperialista del 1914-18, fu la molla della principale tendenza dell’arte italiana. Sin dall’inizio, l’arte futurista era impregnata di uno spirito di violenza e aggressività represse. Così, nella pittura vediamo l’espressione concentrata della rabbia e della frustrazione accumulate da parte della piccola borghesia imperialista italiana. Le linee taglienti che attraversano questi dipinti astratti sono come le pal-lottole traccianti che illuminano il cielo durante una battaglia notturna. I bordi frastagliati parlano di lacerazioni. Il tutto è pieno di un elemento esplosivo che anticipa guerre, sconvolgimenti e conflitti.

Nel mondo futurista la macchina è dio. L’essere umano scompare completamente. Ciò rappresenta in realtà una preparazione per lo Stato totalitario in cui l’individuo è completamente al servizio dello Stato imperialista e della macchina militare. Le macchine, naturalmente, hanno molte applicazioni, la maggior parte di carattere socialmente utile. Ma nell’epoca del monopolio, il capitalismo e l’imperialismo hanno come scopo principale la produzione di armamenti allo scopo di dividere il mondo tra i diversi gruppi di predoni. E la più alta funzione destinata alla popolazione è quella di agire come carne da macello per questa enorme macchina. In questa cruda realtà dell’imperialismo finisce il sogno futurista.

Nella prima metà del XIX secolo la gioventù italiana trovò una causa rivoluzionaria comune nella lotta per la liberazione nazionale contro l’Austria. Ma come spesso accade, la borghesia di una ex colonia oppressa divenne una borghesia imperialista aggressiva dopo essere giunta al potere. I figli viziati dei ricchi italiani, la “gioventù dorata” come era conosciuta nella Francia post rivoluzionaria, in seguito fornirono le truppe d’assalto delle cami-cie nere di Mussolini. La psicologia di questo strato sociale è chiaramente svelata in questa corrente artistica.

In Letteratura e rivoluzione, Trotskij scrive: “Il futurismo è sorto come meandro dell’arte borghese, e non poteva sorgere altrimenti. Il suo carattere di temporanea opposizione non contraddice questo fatto.Gli intellettuali sono estremamente eterogenei. Ogni scuola d’arte riconosciuta è anche una scuola ben pagata. Essa è capitanata da mandarini con molte palline (i mandarini portavano sul berretto un numero variabile di palline come contrassegno del loro grado, nota nel testo originale). Come regola, i mandarini dell’arte portano a una raffinatezza estrema i procedimenti della propria scuola, nello stesso tempo, ne consumano tutte le scorte di polvere. Allora un mutamento oggettivo, una scossa politica o un sussulto sociale eccitano la boheme letteraria, i giovani, i geni in età del servizio di leva, i quali alle maledizioni contro la cultura borghese sazia e triviale uniscono il sogno segreto di guadagnarsi qualche pallina, possibilmente dorata.Gli studiosi che, nel determinare la natura sociale del futurismo originario, conferiscono un significato decisivo alle sue tempestose proteste contro la vita e l’arte borghese, non conoscono abbastanza la storia delle correnti letterarie.”L. Trotskij, Letteratura e rivoluzione, p. 112, Einaudi 1974.

Futurismo e fascismo
All’inizio, l’ambiente altamente combustibile che sta alla base di quest’arte potrebbe essere scambiato per un sentimento rivoluzionario, e in effetti riflette una tendenza rivoluzionaria nella misura in cui rifiuta lo status quo (e solo in quanto tale). Questa arte è uno schiaffo in faccia alla società esistente, alle sue norme e ai suoi valori estetici. Quello che era iniziato come un messaggio artistico – il rifiuto della stagnazione e dell’inerzia nell’arte – ora diventa un messaggio chiaramente politico. Non solo la vecchia arte, ma tutte le altre manifestazioni della vecchia società devono essere rovesciate.

In qualche modo il punto di vista futurista si avvicina alle idee di Bakunin – l’idea che prima di poter costruire una nuova società è necessario prima distruggere. Nella mostra c’è anche un dipinto, eseguito da un artista futurista prima del 1914, dei funerali di un anarchico, il che implica una certa simpatia per quest’ultimo. Questo non è così sorprendente come potrebbe sembrare. La base di classe di entrambi i movimenti è, in effetti, abbastanza simile, sebbene il loro programma e gli obiettivi siano diametralmente opposti. L’anarchismo riflette la psicologia della sinistra rivoluzionaria all’interno della piccola borghesia e anche, in parte, del sottoproletariato. Il suo vero modello è quello della rivolta plebea contro l’ordine esistente. Questa idea poteva risultare attraente anche ai futuristi italiani. In entrambi i casi rappresenta una visione borghese, non proletaria, della rivoluzione. In Italia, il punto di vista del piccolo borghese rivoluzionario ha, in fin dei conti, una lunga tradizione, che risale a Mazzini e Garibaldi.

Mentre il marxismo, l’ideologia del proletariato, ha una concezione scientifica della lotta di classe e della rivoluzione, l’anarchismo rappresenta un punto di vista incoerente e privo di logica che confonde la rivoluzione con una specie di rivolta disorganizzata delle masse, in cui la classe operaia è solo un elemento, e non necessariamente quello decisivo. Nessuna differenza viene fatta tra i diversi settori degli oppressi – lavoratori, contadini, disoccupati, piccoli borghesi in rovina, studenti e sottoproletari – sono tutti compresi nella categoria delle “masse”.

Naturalmente, il fascismo e l’anarchismo sono agli estremi opposti. Il fascismo è un movimento di massa della piccola borghesia e del sottoproletariato a servizio degli interessi dell’imperialismo e delle grandi banche e monopoli. Ma per ottenere il sostegno delle masse, deve nascondersi dietro una demagogia radicale e “socialista”. All’interno del movimento fascista c’è sempre un settore radicale, associato al sottoproletariato, che prende sul serio questa demagogia. Questi elementi sognano che la “rivoluzione” fascista rovescerà davvero la vecchia società e darà il potere alle “masse” (cioè a loro), dando loro la libertà di rapinare e saccheggiare la società a volontà. Inutile dire che questo settore è sempre stroncato quando i fascisti prendono il potere. In Germania questo settore era rappresentato dalle SA (Sturmabteilung, squadre d’assalto, Ndt), in Italia, dai banditi delle camicie nere.

Questa demagogia radicale si riflette in alcuni dipinti futuristi, che pretendono di descrivere la classe operaia. Tuttavia, è subito evidente che si tratta di una concezione puramente astratta degli operai, visti da lontano o, più correttamente, dall’alto. L’artista non ha la minima conoscenza dei lavoratori reali, di come vivano o di cosa pensino. Sono delle mere generalizzazioni idealizzate. La figura muscolare di un operaio portuale italiano presentata nella mostra è completamente anonima. Qui l’operaio è glorificato come una macchina ideale per la produzione di plusvalore. Non possiede un’individualità. È semplicemente una unità nel collettivo impersonale a servizio della maggior gloria dell’Italia, cioè della maggiore gloria dei banchieri e dei capitalisti italiani.

Dove le masse sono mostrate in un contesto rivoluzionario, sono ugualmente anonime. Il dipinto dal titolo La rivolta di Luigi Russolo (1911) ritrae un cuneo rosso, che si dirige irresistibilmente a sinistra e sfonda una barriera solida. I colori sono crudi e violenti: rosso, giallo, blu, verde e viola. L’idea centrale è quella del conflitto e dell’antagonismo violento: una forza si scontra contro un’altra. Ma le masse sono rappresentate come una folla cieca e incosciente, condotta in modo irresistibile da un impeto invisibile. Qui la rivoluzione non appare come l’attività cosciente della classe operaia, ma come il movimento di una mandria stupida. Ciò si accorda perfettamente con l’ideologia soggettivista del fascismo, che tratta le masse come un materiale inerte che deve essere modellato e organizzato dal Leader. In questa concezione, la vecchia idea di una “folla” e di un “eroe” è risorta in una forma fantastica e reazionaria.

Gli elementi di un’ideologia fascista e imperialista erano presenti in forma embrionale nel futurismo molto prima che comparisse in una forma pienamente sviluppata sul palcoscenico della politica. Dopo il 1918 la delusione della piccola borghesia italiana per l’esito della Prima guerra mondiale diede vita al movimento fascista, guidato dall’ex socialista Mussolini. La base di massa del fascismo è la stessa in tutti i paesi: la piccola borghesia e il sottoproletariato. Nel periodo tempestoso del 1919-1921, il futuro della società italiana si era posto nei termini più crudi – o l’uno o l’altro. La rivoluzione socialista era all’ordine del giorno, ma la direzione riformista del Partito socialista esitò e fece un passo indietro. L’iniziativa passò a Mussolini e alle camicie nere fasciste. Mussolini organizzò la famigerata marcia su Roma. La massa di piccoli borghesi e di sottoproletari in rovina, finanziati dai banchieri e dai capitalisti italiani, furono organizzati e mobilitati come un ariete per distruggere le organizzazioni operaie, per bruciare, terrorizzare e uccidere.

Un vicolo cieco reazionario
C’è un ritratto realizzato da Enrico Prampolini del padre del futurismo italiano, Tommaso Marinetti, dipinto nel 1924, in cui Marinetti appare come una specie di mostro ringhiante – un demagogo con gli occhi rossi, un po’ alla maniera di Mussolini. Se voleva essere una visione del futuro, allora è una visione da incubo. In maniera consapevole o meno, è un ritratto abbastanza preciso del soggetto. In fin dei conti, questa corrente artistica termina in un vicolo cieco, come la filosofia politica che ha abbracciato in modo entusiasta.

Mentre prima del 1914 il futurismo italiano aveva una certa energia grezza e persino un tono semirivoluzionario, dopo l’avvento al potere di Mussolini perde ogni istanza di ribellione e si mette totalmente al servizio dello Stato. Da questo momento in poi perde ogni interesse come tendenza artistica. I futuristi, desiderosi di compiacere i loro padroni fascisti, produssero modelli stravaganti di edifici pubblici grandiosi in stile futurista, ma pochissimi furono effettivamente costruiti. Ciò di cui Mussolini aveva bisogno era dedicare tutte le energie del popolo italiano ai preparativi di una nuova guerra. L’arte non era in cima alla sua lista di priorità.Il fascismo rappresenta una mostruosa regressione della cultura e della civiltà e una nuova forma di schiavitù. L’individuo è schiavo dello Stato corporativo, che è in realtà uno strumento per la difesa del dominio delle banche e dei grandi monopoli, sebbene i gangster fascisti a volte adottino provvedimenti contro la classe che rappresentano.

Questa fusione del futurismo col fascismo dopo il 1918 è così rapida che sembra discendere dall’essenza del futurismo stesso. Ma questa conclusione sarebbe troppo semplice. In Russia, il futurismo prese esattamente la direzione opposta e si mise al servizio della rivoluzione d’Ottobre. Il grande poeta futurista russo Majakovskij entrò nel Partito bolscevico prima della rivoluzione e rimase un bolscevico fino al suo tragico suicidio nel 1930.

La ragione della differenza tra il futurismo italiano e russo non risiede nell’arte (in generale condividono una visione artistica comune) ma nelle diverse condizioni oggettive delle società russa e italiana. Mentre la borghesia italiana aveva già adempiuto alla sua missione progressiva con l’unità d’Italia, in Russia la borghesia era incapace di svolgere qualsiasi tipo di ruolo progressista. Solo l’avvento al potere della classe operaia con mezzi rivoluzionari avrebbe cancellato la spazzatura accumulata dal feudalesimo e aperto la strada a uno sviluppo ulteriore attraverso un’economia pianificata e nazionalizzata. Dunque gli elementi più progressisti degli artisti e degli intellettuali russi gravitarono nel campo della rivoluzione. La sinistra predominava.

Il rifiuto dell’ordine esistente è un’idea che può essere riempita con un contenuto reazionario come da uno progressivo. I marxisti criticano l’attuale democrazia borghese a causa del suo carattere meramente formale, dietro il quale si annida la dittatura delle banche e dei grandi monopoli. Sosteniamo la sostituzione della democrazia borghese formale con un’autentica democrazia dei lavoratori, che è possibile solo attraverso l’espropriazione delle banche e dei monopoli attraverso l’azione cosciente della classe operaia. Al contrario, i fascisti sostengono l’abolizione della democrazia borghese e la sua sostituzione con la dittatura aperta del grande capitale. Insomma, il nostro rifiuto dell’ordine esistente procede da premesse reciprocamente esclusive e porta a conclusioni diametralmente opposte.

L’arte fascista – come l’arte totalitaria in generale – non può mai essere arte memorabile. Per prosperare arte, letteratura, musica e scienza hanno bisogno della massima libertà di sviluppo, di sperimentazione e di errori. Questi settori della conoscenza umana non possono mai fiorire quando sono irreggimentati, censurati e sottoposti a controlli meschini da parte di burocrati ignoranti.

L’arte fascista è un’arte inumana perché riduce l’uomo e le donne al livello degli ingranaggi di una macchina. Questa è un’espressione delle relazioni alienate delle persone sotto il capitalismo, dove uomini e donne sono sempre subordinati alle cose – che siano macchine, burocrazie o denaro. Le persone sono sistematicamente spogliate della loro identità umana e vengono trasformate in entità astratte: che siano “produttori”, “consumatori” o “contribuenti”.

L’adorazione della macchina nell’arte futurista trasmette la stessa idea: l’essere umano è subordinato alle macchine. Questo è un dato di fatto nelle grandi fabbriche moderne, come Charlie Chaplin ci ha mostrato nel suo grande film Tempi moderni, e come vi dirà oggi qualunque operaio della Ford. È una parte del fenomeno dell’alienazione sotto il capitalismo. Questa alienazione cambia costantemente le sue forme, ma rimane sempre la stessa. Lo sviluppo della tecnologia moderna non abolisce l’alienazione, ma la riproduce su una scala incommensurabilmente più grande che mai.

L’arte fascista si basa sulla glorificazione di questa alienazione. Viene presentato come il “futuro” e come un obiettivo a cui tutti dobbiamo ambire. Così, con il pretesto di ribellarsi allo status quo, quest’arte si presenta nella sua essenza come reazionaria e conservatrice.

Lo scopo del socialismo è eliminare questa alienazione eliminandone la sua base materiale. Sotto il socialismo l’arte e tutti i tipi di cultura, liberati dalle catene dell’economia di mercato, fioriranno come mai prima d’ora, traendo nutrimento da tutte le ricchezze culturali e artistiche del passato e indicando la via per conquiste ancora più grandi nel futuro.

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