Gramsci, Bordiga e la nascita del Partito comunista d’Italia – Seminario nazionale
9 Gennaio 2021
Amadeo Bordiga – Ascesa e caduta di un rivoluzionario
11 Gennaio 2021
Gramsci, Bordiga e la nascita del Partito comunista d’Italia – Seminario nazionale
9 Gennaio 2021
Amadeo Bordiga – Ascesa e caduta di un rivoluzionario
11 Gennaio 2021
Mostra tutto

Rovelli attacca il materialismo ma sbaglia mira

di Massimo Pieri

 

A grandi linee lo sappiamo tutti: il mondo della meccanica quantistica è piuttosto bizzarro.

A differenza della realtà alla quale siamo abituati, se si osserva un fascio di  elettroni durante un esperimento, essi possono comportarsi come particelle (quindi: minuscoli corpi con una posizione definita nello spazio e nel tempo) oppure come onde, con una lunghezza e una frequenza ma senza una posizione definita, a seconda delle azioni dello sperimentatore.

Da ciò prende le mosse Helgoland, l’ultimo libro di Carlo Rovelli,  per arrivare ad affermare idee, sulla natura in generale, ancora più incredibili.

Alcune tra le interpretazioni che vengono date ai fatti della meccanica quantistica dalle diverse scuole scientifiche aprono la porta ad ogni sorta di suggestioni misticheggianti e soggettiviste; tuttavia, per chi conosce il materialismo dialettico non c’è nulla di particolarmente misterioso. Ogni cosa non è mai uguale a se stessa; la compresenza e la continua trasformazione di qualcosa nel suo opposto sono eventi normali della natura e ciò non mette in discussione in alcun modo il presupposto dell’esistenza di una realtà obiettiva, vale a dire indipendente dalla presenza dell’essere umano.

Purtroppo però molti studiosi non accettano di prendere in considerazione il materialismo dialettico come valido strumento della teoria della conoscenza.

È il caso di Rovelli il quale, a partire da una spiegazione delle teorie quantistiche arriva a mettere in discussione il fatto che la realtà  possa essere conosciuta in modo obiettivo, rifacendosi esplicitamente a Kant ma andando anche oltre, fino all’eclettismo e al relativismo più palese.

I suoi riferimenti principali sono Ernest Mach e l’empiriocriticismo.

In effetti, tutte le ambiguità e gli errori di questa dottrina, sottolineati oltre un secolo fa da Lenin in Materialismo ed empiriocriticismo, vengono ripresi pedissequamente da Rovelli in Helgoland. Per una critica esaustiva al libro di Rovelli, basterebbe rimandare il lettore all’opera di Lenin.

C’è di più: Rovelli cita nel suo libro il lavoro di Lenin e la sua polemica con Bogdanov, seguace russo delle teorie di Mach e collaboratore di Lenin nella prima fase della storia del partito bolscevico, attaccando il primo e prendendo le parti del secondo, in maniera totalmente infondata. Ciò si comprende meglio delineando la concezione generale sostenuta dall’autore di Helgoland.

Nell’ambito della meccanica quantistica, non si riescono a ricavare dati sulle singole particelle, ma solamente  sulle interazioni tra diverse particelle, ciò a causa dell’oscillazione tra comportamenti particellari e ondulatori che si evidenzia al livello subatomico.

Su questa base, Rovelli si scontra con la concezione materialistica del mondo.

Nel terzo capitolo possiamo leggere un concetto che si ripete spesso nel corso del libro:

“Pensiamo il mondo in termini di oggetti, cose, entità (nel gergo scientifico li chiamiamo «sistemi fisici»): un fotone, un gatto, un sasso, un orologio (…) Questi oggetti non stanno ciascuno in sdegnosa solitudine. Al contrario, non fanno che agire uno sull’altro. È a queste interazioni che dobbiamo guardare per comprendere la natura, non agli oggetti isolati. Un gatto ascolta il ticchettio dell’orologio; un ragazzo lancia un sasso; il sasso sposta l’aria dove vola, colpisce un altro sasso e lo muove (…) Il mondo che osserviamo è un continuo interagire. È una fitta rete di interazioni.”

Il punto è sufficientemente chiaro: nessuno ha mai potuto vedere o toccare un oggetto “in sdegnosa solitudine”.  Si tratta di un’astrazione del pensiero, necessaria alla scienza, ma anche alla vita quotidiana, per classificare ed analizzare gli oggetti secondo le  loro caratteristiche principali. Il materialismo dialettico nelle sue idee fondamentali, a partire da Engels, Marx ed ovviamente Lenin, ha completamente superato questo approccio considerando ogni oggetto ed ogni aspetto della natura come un insieme di processi che interagiscono gli uni con gli altri. Rovelli riconosce questa prospettiva a Marx ed Engels ma, arbitrariamente, non a Lenin, che contrappone in senso negativo ai primi due!

Peccato che Materialismo ed empiriocriticismo si rifaccia diffusamente all’opera di Engels…

In verità, Rovelli, per sua esplicita ammissione, se la prende con il materialismo meccanicistico settecentesco, come peraltro avevano già fatto i suoi precursori empiriocriticisti, attribuendo falsamente a Lenin questa concezione; ma l’unica alternativa che ritiene valida, escludendo a priori il materialismo dialettico, è che la realtà sia costituita non di cose ma di “relazioni”.

Come già Mach, egli rifiuta anche il solipsismo: la realtà che ci circonda non è solamente un sogno nella testa degli esseri umani. Colui che osserva la natura ne fa comunque parte, e questo garantisce l’esistenza effettiva di “qualcosa” al di fuori di noi. Il concetto di osservatore, che diventa determinante in alcune interpretazioni della meccanica quantistica in riferimento allo sperimentatore umano, sfociando nel soggettivismo assoluto, in questa particolare versione della teoria è esteso ad ogni cosa  o particella che interagisca con qualunque altra. Rovelli, come altri prima di lui, segue una difficile via di mezzo tra soggettivismo e materialismo, quella che Engels definiva agnosticismo. La realtà è indipendente da noi, tuttavia non può essere conosciuta in modo certo, perché ogni cosa, da un singolo atomo ad un apparato di misura, è portatrice di un punto di vista particolare. Tutto è relativo.[1]

Sorgono a questo punto alcune domande: cosa sono le “relazioni” delle quali discetta Rovelli? Da cosa sono originate, visto che gli oggetti sono secondo la sua visione “entità vuote”?

Per i materialisti, le sensazioni o le percezioni non sono altro che immagini della realtà.

Rovelli, traendo le conclusioni dalla sua interpretazione, ha una risposta diversa. Noi percepiamo immagini, ma queste rimandano non ad una realtà obiettiva ma ad altre immagini, in un infinito gioco di specchi nel quale ogni cosa è immagine di ogni altra ed ogni punto di vista è ugualmente valido.

Ma Il significato del termine immagine comprende quello di “copia”: un’immagine senza oggetto è solamente un controsenso logico.

D’altra parte Rovelli sostiene che il dubbio, suscitato da una prospettiva relativista, consente alla scienza  di evolvere e all’umanità di imparare meglio.

Imparare meglio rispetto a cosa, se in linea di principio ogni possibile descrizione della realtà può andare bene, basta cambiare il punto di vista?

Questa affermazione si spiega solo ammettendo che esiste una conoscenza obiettiva ma approssimativa della realtà, che migliora nel tempo grazie all’osservazione ed al progresso della tecnologia: proprio ciò che sostiene il materialismo dialettico.

Anche su questo Rovelli, attribuendo a Lenin solo l’affermazione che con lo studio della natura si possono conoscere verità assolute, ma senza accennare minimamente al rapporto tra verità assolute e verità relative, che tiene conto del procedere dello sviluppo della scienza per fasi successive, opera una clamorosa falsificazione del pensiero del rivoluzionario russo[2].

Infine c’è il punto fondamentale che Rovelli sostiene in Helgoland e sul quale basa la sua lotta alla realtà obiettiva.

Lo scopo attuale della speculazione scientifica sembra essere quello di trovare una teoria matematica che spieghi, da sola, il funzionamento di ogni aspetto della realtà. È la teoria del tutto.

Il pregiudizio che ne sta alla base è che tutta la realtà debba funzionare allo stesso modo.

Ma noi sappiamo che non è così: in condizioni differenti la natura si comporta in maniera diversa. Per fare un esempio, oltre alla liquefazione del ghiaccio o all’ebollizione dell’acqua, basti menzionare i materiali superconduttori, che perdono ogni resistenza elettrica se raffreddati al di sotto di una determinata temperatura. Questi cambiamenti repentini sono oggetto della fisica dei sistemi complessi ed interessano tutti gli aspetti della realtà. Perché non anche la meccanica quantistica?

Rovelli non sarebbe d’accordo: se al livello subatomico le particelle si muovono secondo regole che al momento paiono intrinsecamente non deterministiche, queste regole devono valere per tutta la realtà.

Questa via lo conduce ad una serie di paradossi come quello di sostenere, rifacendosi al famoso esempio del gatto di Schroedinger, ma pensandolo davvero nel nostro mondo macroscopico, che il fatto che un osservatore non conosca se il gatto nella scatola è vivo o morto non  sia dovuto ad una incompletezza di informazioni dell’osservatore stesso ma ad uno stato di sovrapposizione quantistica: vale a dire che, per colui che osserva la scatola chiusa, il gatto è effettivamente sia vivo che morto finché egli non si deciderà ad aprirla. Il punto di vista del gatto, naturalmente, è radicalmente diverso: o è vivo, oppure è morto. Ma entrambi i punti di vista sono validi: non esiste una verità assoluta.

In base a questa teoria, non sarebbe possibile formulare nessun giudizio univoco su alcun aspetto della realtà. Oltre ad essere difficilmente sostenibili in generale, le idee che la caratterizzano  costituiscono quindi un attacco, anche se maldestro, alle basi stesse del marxismo.

Così si spiegherebbero le distorsioni del pensiero di Lenin alle quali si abbandona Rovelli, quando dall’ambito teorico sconfina  in quello politico: la concezione rigida di Lenin che dal materialismo meccanicistico si estenderebbe ai rapporti politici e sociali, avrebbe causato la degenerazione dello Stato sovietico dopo la rivoluzione d’Ottobre.

Sarebbe sufficiente leggere i libri, gli articoli e gli interventi politici di Lenin per non trovare il minimo riscontro a tali illazioni. Ma un  secolo di analisi storica non è passato invano. Come è oggi ampiamente documentato, solamente le condizioni di arretratezza della Russia zarista, con le quali si è trovata giocoforza a fare i conti la rivoluzione d’ Ottobre, e soprattutto la sconfitta della rivoluzione socialista nei principali paesi avanzati tra il 1918 e il 1920 (in Germania, in Italia, in Ungheria), sulla quale i bolscevichi facevano affidamento per la costruzione di una autentica società socialista internazionale, oltre agli orrori della guerra civile provocata dalla borghesia russa e dall’imperialismo delle potenze capitaliste, hanno favorito l’emergere nello Stato sovietico di una burocrazia che ha acquisito nel tempo numerosi privilegi fino a consentire al suo principale esponente, Stalin, di instaurare una sanguinaria dittatura personale.

Le calunnie alle quali si riferisce Rovelli sono state  mille volte smentite e, come abbiamo visto, sono fondate su falsità fin nei presupposti.

La tesi di una realtà inconoscibile, immodificabile o addirittura inesistente porta inevitabilmente alla sottomissione a questa società e al rifiuto della lotta per cambiarla. È un’altra manifestazione della paura delle idee rivoluzionarie del marxismo e della loro validità di fronte alla peggiore crisi del capitalismo.

 

Note

[1]     Cfr. a pag.126 (versione digitale del libro): “Non c’è nulla di speciale negli «osservatori» nel senso della teoria: qualunque interazione fra due oggetti fisici vale come un’osservazione, e dobbiamo poter prendere qualunque oggetto come «osservatore», quando consideriamo il manifestarsi di altri oggetti ad esso. Quando cioè consideriamo come le proprietà di altri oggetti si manifestino ad esso. La teoria dei quanti descrive il manifestarsi delle cose l’una all’altra.”

[2]    Si confronti quanto scrive Lenin a pag. 208 di Materialismo ed empiriocriticismo: “«La materia scompare»: ciò significa che scompare il limite al quale finora si arrestava la nostra conoscenza della materia, significa che la nostra conoscenza si approfondisce; scompaiono certe proprietà della materia che prima ci sembravano assolute, immutabili, primordiali (impenetrabilità, inerzia, massa, ecc.) e che ora si dimostrano relative, inerenti soltanto a certi stati della materia. Poiché l’unica «proprietà» della materia, il cui riconoscimento è alla base del materialismo filosofico, è la proprietà di essere una realtà obiettiva, di esistere fuori della nostra coscienza.”  con quanto riporta invece Rovelli a pag. 199 di Helgoland: “Lenin nel suo libro definisce «materialismo» la convinzione che esista un mondo fuori dalla mente. Se è questa la definizione di «materialismo», Mach è certo materialista, siamo tutti materialisti, anche il papa è materialista. Ma poi per Lenin l’unica versione del materialismo è l’idea che «non c’è null’altro nel mondo che materia in moto nello spazio e nel tempo», e che noi possiamo arrivare a «verità certe» nel conoscere la materia”.

Condividi sui social