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22 Marzo 2016Dopo oltre tre mesi di discussione e ben tredici riunioni coi padroni, martedì 16 marzo i sindacati metalmeccanici hanno dovuto rompere con Federmeccanica e Assistal sul rinnovo del contratto nazionale.
Il padronato non intende riconoscere alcun aumento salariale, demandando la materia ai soli contratti aziendali. Vogliono dare un altro fendente mortale al contratto nazionale. Federmeccanica ha inoltre reso chiaro che non vuole un accordo senza la Fiom, costringendo così anche Fim e Uilm a rompere. Un fatto positivo: anche se il rischio che i dirigenti della Fim giochino il ruolo di cavallo di Troia in questa mobilitazione è reale, mettendo in campo una lotta decisa si possono impedire nuove firme separate.
I sindacati metalmeccanici unitariamente hanno annunciato, assemblee nei luoghi di lavoro e lo sciopero generale ad aprile.
La rottura dei metalmeccanici non è un fatto isolato: è tutta la strategia seguita fin qui dai dirigenti sindacali che urta contro un muro. Con la “ragionevolezza”, le piattaforme moderate, le trattative a oltranza e le mobilitazioni col contagocce non hanno smosso i padroni di un millimetro.
Anche nel commercio Federdistribuzione continua a mantenere un atteggiamento aggressivo contro i lavoratori. A dicembre è stato fatto uno sciopero unitario del settore che ha avuto una buona partecipazione. Dopo la ripresa delle trattative però non si è più fatto nulla. Eppure al tavolo i padroni continuano a fare proposte irricevibili.
Nel pubblico impiego, il governo non ha intenzione di rinnovare il contratto nazionale, scaduto da 7 anni, ma anche in questo caso Cgil, Cisl e Uil, continuano a mantenere una posizione d’impasse nonostante tra i lavoratori la necessità di mobilitarsi sia molto sentita e la determinazione non manchi. Anche la trattativa per il contratto del trasporto merci è sparita nel nulla, nonostante le molte vertenze aperte nel settore.
Ora la parola passerà alle assemblee dei metalmeccanici, e poi allo sciopero: deve essere l’occasione per far sentire finalmente la voce dei lavoratori, finora tenuti spettatori di una strategia che si è dimostrata fallimentare. Dobbiamo coglierla appieno, rivendicando una piattaforma più avanzata, respingendo i cedimenti già fatti al tavolo su numerose materie, e soprattutto mettendo in campo un percorso di scioperi che non sia solo simbolico.
Bisogna paralizzare davvero le aziende costringendole a più miti consigli. Non può e non deve ripetersi quanto avvenuto col Jobs Act, quando i dirigenti della Cgil hanno insabbiato la mobilitazione disertando la battaglia e lasciando i lavoratori senza una proposta di lotta.
In questi giorni migliaia di funzionari della Cgil stanno svolgendo assemblee nelle aziende per presentare una iniziativa di legge popolare e dei referendum abrogativi delle norme esistenti. Invece che spendere tutte le energie nella propaganda di un pezzo di carta che finirà nei cassetti di qualche commissione parlamentare, bisogna riversare tutte le forze sul terreno del conflitto.
I metalmeccanici possono aprire una strada per tutti, unendo nuovamente la classe lavoratrice. Hanno parlato i padroni, hanno parlato i dirigenti sindacali, è ora che entrino in campo i lavoratori!