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Ennesimo incidente in alternanza scuola-lavoro, il PCTO va abolito!
1 Marzo 2025
Inchiesta su violenza e patriarcato in un liceo di Parma
3 Marzo 2025In occasione della campagna del PCR verso l’8 marzo “Rivoluzionarie contro il patriarcato”, pubblichiamo questo articolo sulla condizione delle lavoratrici dall’ultimo numero di Rivoluzione. Clicca qui per partecipare all’assemblea nazionale del 7 marzo in presenza dalla tua città.
di Donatella Barbarito e Gemma Giusti
La maggioranza delle donne vive in una condizione di disuguaglianza che vediamo ogni giorno: solo in Italia nel 2024 sono stati commessi 100 femminicidi, la punta dell’iceberg di una sopraffazione costante ai danni delle donne che si registra in ogni ambito della società. 1 milione e 404mila donne hanno subito molestie o ricatti sessuali sul posto di lavoro nel corso della loro vita lavorativa. La condizione lavorativa delle donne, sia in Italia che in Europa, è penalizzata con un 15% di salario in meno rispetto agli uomini.
Le lavoratrici sono state le più colpite dalla crisi economica e i livelli di occupazione femminile sono quelli che registrano il calo maggiore. Il tasso di occupazione femminile (20-64 anni) è del 55% contro il 74,7% degli uomini. Nella fascia di età 25-49 anni il tasso di occupazione di donne senza figli è pari al 76,6% e quello delle donne con figli minori di 6 anni è del 55,5%. I divari territoriali relativamente al tasso di occupazione femminile sono molto significativi: al Nord lavora il 65,3% delle donne, al Centro il 61,8% e nel Mezzogiorno la percentuale cala al 37,1% (Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro 2022).
Le donne sono anche le più colpite dal part-time involontario, imposto a quasi 4 donne su 10, contro il 14,2% degli uomini, ed è più frequente tra le donne più giovani: riguarda il 21% delle occupate tra 15 e 34 anni (percentuale che scende al 14% tra le over 55). Il part-time, inoltre, è imposto più di frequente al Sud, tra le persone straniere, tra chi ha un titolo di studio basso e tra le persone con un impiego a tempo determinato. Gli stessi dati dimostrano che il part-time favorisce solo le aziende perché permette di aumentare e diminuire l’orario di lavoro del contratto trasformandolo “di fatto” in full-time all’occorrenza, in presenza di picchi di lavoro. Nessuno crede alla favoletta che il part-time sia uno strumento di conciliazione dei “tempi di vita” e di lavoro. Cosa significa, del resto, tempi di vita? Significa ulteriore oppressione delle donne anche all’interno delle mura domestiche: cura dei figli, cura degli anziani, cucina, pulizie, lavoro che raddoppia laddove i servizi (nidi, scuole a tempo pieno e servizi alla persona) sono più scarsi.
Il governo Meloni ha dimostrato che una donna al governo non rappresenta i diritti di genere, ma gli interessi della classe a cui appartiene e il bigottismo di cui è intrisa. Il governo ha portato avanti lo svuotamento della Legge 194 con l’ingresso delle associazioni antiabortiste nei consultori; il taglio delle risorse destinate al contrasto della violenza di genere; l’attacco più generale al welfare che pesa due volte sulle donne, già tacitamente incaricate di occuparsi dei figli o degli anziani.
A chi ci obietta che la lotta culturale contro sessismo e pregiudizi sia trasversale alle classi, rispondiamo che la condizione delle donne lavoratrici non è neanche lontanamente paragonabile a quella delle donne borghesi. La lotta allo sfruttamento di genere passa in primis dalla lotta contro il capitalismo.
Le condizioni economiche incidono sulla possibilità di esercitare i diritti formali, come per esempio quello al divorzio: l’aumento spropositato del costo degli affitti limita irrimediabilmente la possibilità di allontanarsi dall’abitazione familiare e costringe tante donne a sopportare situazioni insostenibili.
Rifiutiamo l’idea che ognuna debba condurre la propria battaglia individuale per affermarsi a colpi di determinazione e faccia tosta e ci opponiamo all’illusione di cambiare il mondo con piccoli gesti quotidiani di sensibilizzazione linguistica e culturale.
Abbiamo bisogno di un programma che unisca la liberazione dall’oppressione di genere alle rivendicazioni di tutta la classe lavoratrice contro lo sfruttamento e contro il sistema capitalista che lo genera.
Tra le nostre rivendicazioni devono esserci una reale parità salariale tra uomo e donna, la socializzazione del lavoro domestico attraverso un sistema di welfare universale e gratuito, tutele abitative per garantire il diritto al divorzio.
Lottiamo contro il patriarcato e ci opponiamo a tutte le teorie individualiste o separatiste che dividono la classe lavoratrice. L’unità della classe, sulla base di un programma rivoluzionario, è la sola arma che potrà renderci tutti liberi dal giogo del capitale. Invitiamo tutti ad unirsi alla lotta contro qualsiasi forma di discriminazione, sia essa basata sul genere, sulla nazionalità, sull’orientamento sessuale o sulla religione.