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Inchiesta su violenza e patriarcato in un liceo di Parma

In occasione della campagna del PCR verso l’8 marzo “Rivoluzionarie contro il patriarcato”, pubblichiamo dall’ultimo numero di Rivoluzione questa interessante inchiesta su violenza sulle donne e patriarcato condotta in un liceo di Parma. Clicca qui per partecipare all’assemblea nazionale del 7 marzo in presenza dalla tua città.

 

di Massimo Cagnolati

Il patriarcato persiste, e i giovani lo sanno. Le disparità di genere continuano a costituire un grande problema nella nostra società, violenza e paura rimangono parte delle vite delle studentesse e degli studenti. Lo dimostrano i dati che sono stati raccolti in un liceo di Parma, dove gli studenti hanno risposto ad un sondaggio anonimo sulla questione, lanciando un chiaro segnale d’allarme.

Il sondaggio è stato somministrato questo novembre a 1.060 ragazze e ragazzi tra i 13 e i 20 anni. Sono state fatte diverse domande, sia riguardo l’esperienza diretta degli alunni, sia riguardo la loro percezione della diffusione della violenza patriarcale nella società.

La statistica

Il dato che mostra il divario più evidente tra le persone di genere maschile e quelle di genere femminile è la percentuale di incidenza del fenomeno del catcalling: aver subito una o più volte apprezzamenti inopportuni da sconosciuti è capitato, tra gli intervistati, al 60% delle ragazze, mentre si scende al 2,7% tra i ragazzi.

Ma i dati preoccupanti non si fermano qui, anche parlando di altre forme di violenza gli esiti dei questionari evidenziano una notevole disparità.

Il 4,3% dei ragazzi dichiara di avere subito una qualche forma di violenza, dato che sale al 24% tra le ragazze, che affermano di essere state vittima di svariate forme di violenza, tra le quali abusi psicologici (75%), fisici (35%) e/o sessuali (32,5%).

Le risposte sono terrificanti e costituiscono una dimostrazione tangibile della barbarie del patriarcato: viene specificato che a compiere questi gesti quasi mai sono altre donne, dal momento che ben l’83,3% delle vittime afferma di aver subito violenze da uomini.

Come ci si poteva aspettare, il 96,2% delle persone che hanno risposto al questionario, senza distinzione di genere, crede di non vivere in una società pacifica e ha scarse aspettative verso il governo ed il futuro.
Il 42,1% degli studenti e il 64% delle studentesse pensa che la situazione delle donne in Italia stia peggiorando e di questo non c’è da stupirsi: nonostante dalle scuole emergano dati come questi, il governo Meloni non si muove.

“Il patriarcato è finito con la riforma del diritto di famiglia del 1975”, dichiara il ministro dell’Istruzione.
Valditara, appoggiato dalla Presidente del Consiglio, distorce le cause di violenze e femminicidi.
Secondo lui, infatti, i casi di violenza sono da circoscrivere solamente al narcisismo di qualche maschio immaturo e alla presunta aggressività degli immigrati irregolari.

Questa percezione distorta non solo non cambia la realtà dei fatti, ma non influenza nemmeno la coscienza dei giovani. Ben il 39,6% dei ragazzi e il 77,5% delle ragazze, che subiscono in misura maggiore pressioni e attacchi, è certo di vivere in una società patriarcale nonostante ciò che dice il governo.
Questi sono dati fondamentali per noi, dati che racchiudono la preoccupazione e la consapevolezza delle nuove generazioni.

Come lottare contro il patriarcato

Il questionario somministrato conteneva anche una serie di domande aperte, le cui risposte hanno messo in luce la presenza di coscienza e, anche se spesso inconsapevole, di odio di classe: sono infatti tantissimi a riconoscere e ad additare le fallacie del sistema. Molti sono consapevoli delle disparità di genere in ambito lavorativo e sociale, del ruolo della famiglia sotto il capitalismo come nucleo economico di oppressione e si dimostrano infastiditi dal tentativo delle destre di negare l’esistenza delle diseguaglianze.

Diversi, pur mantenendo una posizione di forte critica al patriarcato come modello da cui discostarsi, rispondono additando come causa un problema culturale: è diffusa l’idea che sia sufficiente un’intensificazione dell’educazione affettiva nelle scuole e qualche riforma legislativa per seppellire ogni forma di oppressione.

Noi, da comunisti rivoluzionari, non crediamo che l’origine del problema sia una questione culturale, e sappiamo che non è  possibile pensare ad un’effettiva e completa liberazione della donna sotto il sistema capitalista.

Il problema non sta nel singolo, sta nella società, e le sue origini materiali hanno le radici nel sistema. Il patriarcato è utile al capitalismo, dal momento che rende possibile la privatizzazione di funzioni altrimenti sociali. Cura della casa, di bambini ed anziani ricadono sulla donna, che non solo è spesso costretta a farsi carico di queste mansioni, ma è anche lavoratrice, in un sistema discriminatorio che la rende più facilmente ricattabile, le offre meno diritti, meno possibilità e una retribuzione che è proporzionalmente più bassa rispetto a quella di un uomo con gli stessi incarichi.

Il capitalismo si basa sullo sfruttamento della forza lavoro, e il patriarcato è lo strumento perfetto per sfruttare e dividere lavoratrici e lavoratori.

La “cultura” e il pensiero cambiano per davvero quando tutti gli sfruttati, indipendentemente dal loro genere, lottano e si uniscono contro la barbarie del sistema, che alimenta tutte le forme di oppressione.

I dati raccolti dal sondaggio ne costituiscono una prova evidente: il campione comprendeva solo studenti, persone che, all’interno dei percorsi scolastici, si trovano ad affrontare queste tematiche da anni. Lezioni e progetti sull’educazione affettiva, contro la discriminazione e contro gli stereotipi, pur essendo spesso iniziative utili a portare il dibattito nelle scuole, non si sono rivelati sufficienti a portare i risultati promessi ed acclamati dai riformisti. Se anche nelle nuove generazioni si continua a rilevare un così alto indice di violenze discriminatorie, è più che evidente che la sola istruzione non basta.

Lo leggiamo chiaramente da queste statistiche: servono azioni sul piano materiale, che possono avere luogo solo mettendo in discussione il funzionamento del sistema capitalista.

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