Campeggio marxista – Chi ha i giovani ha il futuro!
17 Luglio 2024NO alla corsa al riarmo!
17 Luglio 2024Lo scorso 14 aprile il congresso della nostra organizzazione ha deciso di dar vita al Partito comunista rivoluzionario, sezione italiana dell’Internazionale comunista rivoluzionaria. Sinistra Classe Rivoluzione si scioglierà nel nuovo progetto facendo appello a tutti i militanti comunisti, critici con lo stalinismo, ad entrare nel nuovo partito che lanceremo in una grande assemblea pubblica, il 23 novembre, a Roma.
di Alessandro Giardiello
Che cosa ci proponiamo? Niente di meno che l’abbattimento del sistema capitalista e l’instaurazione del comunismo, una società senza barriere di classe, di sesso, di nazionalità, di religione, in grado di liberare le risorse necessarie alla cura di un pianeta sempre più malato. In altre parole una società basata sui bisogni della popolazione e non sui profitti di una esigua minoranza. Al fine di raggiungere tale obiettivo è necessario abolire la proprietà privata dei mezzi di produzione e l’esistenza degli Stati nazionali che sono diventati un ostacolo assoluto allo sviluppo di una società pacifica ed armoniosa, libera da ogni forma di oppressione.
In questo senso ci richiamiamo al contributo politico e teorico di Marx ed Engels, alle idee che hanno ispirato la Rivoluzione d’Ottobre e alla scuola di strategia rivoluzionaria rappresentata dai primi quattro congressi dell’Internazionale comunista, quando Lenin era ancora vivo.
Ci ispiriamo altresì alla battaglia che Trotskij condusse contro lo stalinismo, prima formando l’Opposizione di Sinistra poi con la nascita della Quarta Internazionale.
Per le ragioni che spiegheremo in questo testo la nuova Internazionale, dopo la morte di Trotskij (assassinato nell’agosto del ’40 da un sicario di Stalin), si mostrò inadeguata. Riconosciamo unicamente il suo congresso di fondazione del 1938, in particolare il manifesto politico, Il programma di transizione, che venne redatto dallo stesso Trotskij.
Dopo la morte di Trotskij (e di molti dirigenti dell’Opposizione russa nei campi in Siberia o per mano dei sicari stalinisti) la Quarta Internazionale non aveva i quadri con l’esperienza necessaria per far fronte alla nuova situazione politica.
Il compagno Ted Grant fu l’unico che condusse una battaglia contro le deviazioni di dirigenti come Pablo, Cannon, Mandel, Maitan, Pierre Frank, ecc. Riprenderemo così molte delle opere di Ted Grant, raccolte ne Il lungo filo rosso, pubblicato dalla nostra editoriale nel 2007. Quei documenti, articoli e contributi politici rappresentano un patrimonio di idee che siamo assolutamente decisi a far vivere nel nuovo partito e nella nuova Internazionale.
C’è chi nel movimento ci definisce grantisti, chi più genericamente trotskisti, marxisti o marxisti rivoluzionari. Non ci opponiamo a nessuna di queste definizioni, le facciamo tutte nostre, ma preferiamo definirci comunisti. Fu la stessa decisione che prese Ted Grant nel 1944, esattamente 80 anni fa, quando chiamò il suo partito, Revolutionary Communist Party, in italiano Partito comunista rivoluzionario.
Lo stalinismo ha usurpato il termine comunista screditandolo agli occhi di milioni di proletari. Non riguarda solo il passato, ma il presente, in quanto esiste un regime, quello cinese, che si definisce comunista, si ammanta di una bandiera rossa e di una falce e martello, ma ha restaurato il capitalismo e fonda il suo potere su uno sfruttamento sfrenato del proletariato cinese, non così diverso da quanto Engels descriveva 180 anni fa ne La condizione della classe operaia in Inghilterra.
Ted Grant, la Wil e il Rcp
Il fondatore del nostro movimento, Isaac Blank, detto Ted Grant, era un giovane sudafricano che si trasferì a Londra all’età di 21 anni con il chiaro intento di entrare a far parte del movimento trotskista. Leggeva i giornali trotskisti arrivati dagli Usa, in una libreria di sinistra in Sudafrica e decise di appoggiarne le idee, cosa che fece per tutto l’arco della sua vita. Come amava dire Ted Grant: “Quando certe idee ti entrano nel sangue non ti abbandonano più”.
Quando arrivò a Londra nel 1934 con il grande entusiasmo che lo caratterizzava cominciò a costruire le forze del marxismo rivoluzionario. Il suo gruppo, composto da 30 compagni, lavorò alacremente alla costruzione della Quarta Internazionale ma nel 1938 rifiutò di accettare il diktat imposto da James Cannon (segretario del Socialist Workers Party – SWP, sezione americana della Quarta Internazionale) che voleva imporre una fusione senza una base politica di principio ai tre differenti gruppi trotskisti che esistevano in Inghilterra (più uno in Scozia).
Le manovre burocratiche di Cannon e altri dirigenti della Quarta Internazionale, contro Ted Grant e il suo gruppo sono ampiamente spiegate nella Storia del trotskismo britannico, un testo di 230 pagine che i lettori possono trovare ne Il lungo filo rosso.
Ciò che avvenne in sintesi è che l’organizzazione fondata da Ted Grant, Jock Haston, Ralph Lee, la Workers International League (WIL), non accettando le manovre burocratiche di Cannon, si trovò esclusa dal congresso di fondazione della Quarta Internazionale nel 1938.
In quel congresso venne riconosciuta come sezione ufficiale l’accozzaglia messa in piedi da Cannon che prese il nome di Revolutionary Socialist League – RSL, che proprio perché attraversata da numerose divergenze politiche si trovò a fare ogni possibile errore politico durante la seconda guerra mondiale, applicando in modo formalista e settario la posizione di Lenin del disfattismo rivoluzionario. Nel corso della Seconda Guerra Mondiale questi signori si trovarono a fare una campagna nei luoghi di lavoro con lo slogan: “La vittoria di Hitler è il male minore”. Una posizione assurda, in conflitto con quella che aveva elaborato Trotskij, nel suo esilio a Coyoacan (Città del Messico), denominata politica militare proletaria.
Questa politica consisteva nell’entrare negli eserciti alleati (si trattava di eserciti di leva), combattere la gerarchia militare rivendicando l’elezione degli ufficiali e il controllo dei lavoratori e dei sindacati sulle condizioni dei soldati, facendo propaganda aperta per le idee del comunismo, la nazionalizzazione dei mezzi di produzione, il rovesciamento della borghesia, il governo operaio e la conduzione di una guerra rivoluzionaria contro l’esercito di Hitler.
Mentre la RSL, sezione ufficiale della Quarta Internazionale in Gran Bretagna respinse la linea di Trotskij, la WIL (a cui non era stato riconosciuto neanche lo status di sezione simpatizzante) fece uno straordinario lavoro nell’esercito britannico. Come disse Ted Grant, i nostri compagni, pur “figli illegittimi della Quarta Internazionale”, furono gli unici che portarono avanti la linea militare elaborata da Trotskij.
Il risultato fu che mentre la RSL si disgregò, la WIL si rafforzò organizzativamente e politicamente fino al punto che nel marzo del 1944, annettendo quel poco che restava della RSL, i compagni fondarono il Revolutionary Communist Party – RCP. Il RCP venne riconosciuto come sezione britannica della Quarta Internazionale, ma le manovre dei dirigenti della Quarta, guidati dal rancore e da una politica di prestigio erano solo cominciate.
Le cause della degenerazione della Quarta Internazionale
I nuovi dirigenti della Quarta Internazionale dopo la guerra continuarono a ripetere come pappagalli la prospettiva sviluppata da Trotskij nel 1938 ne Il Programma di transizione:
“La situazione politica mondiale è caratterizzata innanzitutto dalla crisi storica della direzione del proletariato. Le premesse economiche della rivoluzione proletaria hanno già raggiunto da tempo il punto più alto raggiungibile in regime capitalista. Le forze produttive dell’umanità non crescono più. (…)
La IV Internazionale dichiara una guerra implacabile alla burocrazia della II e della III Internazionale, dell’Internazionale di Amsterdam e dell’Internazionale anarcosindacalista, come pure ai satelliti centristi: al riformismo senza riforme, al democraticismo alleato alla GPU, al pacifismo senza pace, all’anarchismo al servizio della borghesia, ai ‘rivoluzionari’ che hanno una paura mortale della rivoluzione. Tutte queste organizzazioni non sono un pegno per l’avvenire, bensì sopravvivenze di un passato in putrefazione. L’epoca delle guerre e delle rivoluzioni le spazzerà via completamente.”
Questo che era assolutamente vero nel 1938, iniziava a non essere più vero dopo la guerra. I dirigenti della Quarta Internazionale invece di fare “un’analisi concreta della situazione concreta” si aggrapparono alle parole di Trotskij. La realtà era che la guerra aveva prodotto degli sviluppi nuovi e imprevisti che neanche un rivoluzionario dal genio di Trotskij avrebbe potuto prevedere.
Fu così che Pablo, Cannon e compagni, nonostante la realtà andasse in tutt’altra direzione, continuarono a difendere una linea “catastrofista” che in sostanza dipingeva una crisi verticale e permanente del sistema capitalista, una conseguente rapida ascesa dello scontro tra forze rivoluzionarie e forze reazionarie nella forma di nuove dittature bonapartiste. L’ipotesi di una stabilizzazione del capitalismo con la nascita di democrazie parlamentari borghesi, era fuori dai loro schemi.
Ted Grant fu l’unico dirigente trotskista in Europa ad avanzare questa ipotesi. Un particolare che viene omesso da molti cosiddetti “storici” di parte, che fingono di ignorare questo piccolo particolare.
Pierre Frank nel suo libro sulla storia della Quarta Internazionale scritto nel 1979 (The Fourth International: the Long March of the Trotskysts) non menziona l’esistenza della WIL e del RCP, nonostante che il RCP fosse la sezione più importante del movimento trotskista in Europa durante la guerra.
Lo stesso atteggiamento viene tenuto da Livio Maitan, uno dei principali dirigenti della Quarta Internazionale, che in uno dei suoi libri affermerà quanto segue:
“Tra i dirigenti politici e gli economisti di ispirazione marxista, nessuno, almeno a nostra conoscenza, ha prospettato alle fine degli anni ’40 o all’inizio degli anni ’50 il boom prolungato che avrebbe coinvolto i paesi capitalisti per circa un quarto di secolo superando tutti i precedenti storici.” (L. Maitan, Tempeste nell’economia mondiale, DataNews 1998, pag. 11).
Non solo fingerà di non ricordare le posizioni di Ted Grant ma, come era nello stile del personaggio, si mostrerà piuttosto indulgente con gli errori commessi (suoi e dei suoi compari):
“Secondo l’ipotesi che continuiamo a considerare tutt’altro che priva di fondamento, sarebbero stati possibili un corso diverso e una diversa prospettiva. (…) Non c’è stata da parte nostra incomprensione della svolta involutiva segnata dagli avvenimenti del 1948. (…) Tendevamo, tuttavia a relativizzare queste valutazioni, ipotizzando un cronicizzarsi del ristagno e della fragilità economica, al di là dell’evolvere dei rapporti di forza sul terreno politico. In questo senso c’è stata unilateralità, sostanziale inadeguatezza della nostra analisi (…).” (L. Maitan, La strada percorsa, pag. 167-168).
Maitan era un maestro nel trasformare errori clamorosi con conseguenze devastanti in piccoli errorucci di secondaria importanza.
Ad onor del vero posizioni simili a quelle del RCP britannico vennero difese anche da una minoranza del SWP americano, guidata da Felix Morrow e Albert Goldman, seppure su basi meno conseguenti (anche per ragioni oggettive legate alle persecuzioni che i trotskisti americani dovettero subire dopo la guerra da parte dell’apparato dello Stato).
Ted Grant e i compagni del RCP condussero fino in fondo la battaglia contro la degenerazione della Quarta Internazionale alla fine della guerra.
Ne riportiamo alcuni passaggi chiave. Nel marzo del 1945 in un testo chiamato Il cambiamento dei rapporti di forza in Europa e il ruolo della Quarta Internazionale Ted Grant modificherà la prospettiva di Trotskij del 1938 e quella che lui stesso aveva elaborato nel giugno del 1942 (Prepararsi al potere):
“La controrivoluzione del capitale nei suoi primi passi, dopo un breve periodo di governo da parte dei militari, assumerà necessariamente una forma ‘democratica’. La borghesia combinerà la concessione di riforme illusorie con repressione e rappresaglie contro le forze rivoluzionarie. La rivoluzione che si sta preparando in Europa non può che essere una rivoluzione proletaria. Detto ciò, è inevitabile che almeno in un primo periodo, le vecchie organizzazioni del proletariato abbiano il sopravvento e riescano a porsi alla testa delle masse (…). E’ possibile che l’imperialismo riesca a ‘stabilizzare’ regimi di democrazia borghese in alcuni paesi grazie al sostegno dello stalinismo e del riformismo classico (e questo è uno dei fattori oggettivi di cui essere coscienti).”
L’anno successivo nelle Prospettive economiche dell’aprile del 1946, si diceva:
“La Quarta Internazionale potrà soltanto screditarsi se si rifiuta di riconoscere l’inevitabile ripresa, e disorienterà i suoi stessi quadri oltre che le larghe masse, predicendo una recessione permanente e un ritmo di recupero lento in Europa occidentale, quando invece gli eventi stanno prendendo una forma diversa.”
La polemica continuerà nell’agosto del 1946 con il testo Democrazia e bonapartismo in Europa (Risposta a Pierre Frank):
“Frank tenta di equiparare tutti i regimi dell’Europa occidentale al ‘bonapartismo’ (…). Egli sostiene (…) che è impossibile avere altro che regimi bonapartisti o fascisti fino a quando in Europa il proletariato non arriverà al potere (…). Egli nega l’esistenza di regimi democratici nell’Europa di oggi in quanto ‘non c’è letteralmente posto per loro’. Il Rcp britannico ha caratterizzato i regimi dell’Europa occidentale (Francia, Belgio, Olanda, Italia) come regimi di ‘controrivoluzione in forma democratica’ (…). Gli avvenimenti in Italia hanno dimostrato la notevole lungimiranza di Trotskij. La borghesia è stata costretta a liberarsi del re e i traditori socialstalinisti hanno deviato la rivoluzione proletaria in sviluppo nei canali di uno ‘Stato parlamentare e democratico.”
La sconfitta dei processi rivoluzionari del ’43-’45 in Grecia, Italia, Francia, Belgio, che per responsabilità degli stalinisti vennero deviati su binari morti, la distruzione delle forze produttive e della mano d’opera in eccedenza nel corso della guerra, oltre a un gigantesco flusso di investimenti degli Usa in Europa (piano Marshall) crearono le condizioni per un nuovo ciclo ascendente del capitalismo e un boom economico.
Questo aveva tra i suoi effetti politici quello di rafforzare i margini di riformismo permettendo alle forze socialdemocratiche e staliniste di guadagnare terreno. Per giunta gli stalinisti si giovarono dell’enorme prestigio che la vittoria dell’Armata Rossa aveva ottenuto contro l’esercito nazista a Stalingrado. Non a caso i partiti comunisti divennero partiti di massa, come per altro quelli socialdemocratici, con ovvie differenze a secondo dei paesi ma in un processo che aveva le stesse basi più o meno ovunque.
Tutto questo sbarrava la strada per tutto un periodo allo sviluppo della Quarta Internazionale, che si trovò ad avere basi di massa in due soli paesi al mondo, per altro semi-coloniali, la Bolivia e lo Sri Lanka.
In un’intervista rilasciata nel 2004 al sito marxist.com il compagno Ted Grant riferendosi ai dirigenti della Quarta Internazionale così si esprimeva:
“Erano totalmente estremisti. Pensavano che la rivoluzione fosse dietro l’angolo. Cercarono di negare, contro ogni evidenza, che ci fosse una ripresa economica e parlavano invece di un crollo economico. Noi al contrario, per una serie di ragioni che in seguito ho spiegato nel mio testo Ci sarà una recessione?, sostenemmo che ci sarebbe stata una ripresa economica – sebbene nessuno di noi si aspettasse che sarebbe durata così a lungo. Pertanto per un periodo si sarebbero potuti ottenere solo modesti passi avanti. Si trattava principalmente di formare i quadri, preservare le nostre forze e convincere i singoli o forse i piccoli gruppi qua e là, e prepararsi per un cambiamento nella situazione. Ma Mandel, Pablo e gli altri non volevano accettare i fatti.
Negavano la possibilità della democrazia in Europa e prevedevano regimi bonapartisti (dittatoriali). Ci opponemmo a questa follia, facendo notare che c’era un governo laburista in Gran Bretagna e che i partiti comunisti erano al governo in Francia e in Italia, per quanto stessero sicuramente portando avanti una politica controrivoluzionaria. Tuttavia, come spiegammo allora, si trattava di una controrivoluzione in forma democratica. Non capirono nulla di tutto ciò.”
I dirigenti della Quarta Internazionale come Mandel, Pablo e Cannon negarono la realtà e lo fecero per almeno 15 anni ancora, anche se c’è chi ha saputo fare di peggio, Pierre Lambert, il dirigente della sezione francese separatosi dalla Quarta nel 1952, ha continuato a negare che ci fosse stato uno sviluppo delle forze produttive per tutto il corso del ventesimo secolo, fino al giorno della sua morte avvenuta nel 2008.
L’Armata Rossa stava formando Stati a modello dell’URSS (che noi definiamo di bonapartismo proletario o Stati operai deformati) in tutta l’Europa Orientale. Nel 1949 gli stalinisti cinesi guidati da Mao conquistavano il potere.
Pablo giunse alla conclusione che la burocrazia stalinista svolgesse un ruolo rivoluzionario e non controrivoluzionario come aveva affermato Trotskij. La tesi che Pablo sviluppò all’inizio degli anni ’50 fu che la burocrazia stalinista da “escrescenza parassitaria”, così come l’aveva definita Trotskij ne La rivoluzione tradita, era diventata una legittima fase lungo la strada del socialismo, una transizione che sarebbe durata secoli (Dove andiamo?, gennaio 1951).
Questa analisi ebbe l’inevitabile effetto di provocare un brusco adattamento alla burocrazia stalinista e sul piano tattico si tradusse nella tattica dell’entrismo profondo nei partiti comunisti.
Oltre alle illusioni sul regime della Jugoslavia di Tito, considerato uno Stato operaio relativamente sano e su cui rimandiamo il lettore alla lettera scritta da Jock Haston ai dirigenti della Quarta.
Pablo e Mandel dopo la morte di Stalin nel 1953 sostennero che si stesse aprendo un periodo di “autoriforma” dello stalinismo a sinistra.
La concezione del pablismo dichiarava che lo stalinismo e il nazionalismo piccolo-borghese potevano giocare un ruolo progressista nella transizione dal capitalismo al socialismo. Questo spinse il POR, sezione boliviana della Quarta Internazionale a sostenere il Movimento Nazionalista Rivoluzionario – MNR, nella rivoluzione boliviana del 1952, conducendo il proletariato alla sconfitta (si veda La rivoluzione boliviana del 1952).
Nelle tesi del III Congresso mondiale della Quarta Internazionale, che si tenne nel 1951, nel capitolo sulla Bolivia si parlava apertamente di dare un “sostegno critico” al MNR. Su queste basi Ted Grant si oppose alla tattica entrista nel corso degli anni ’40 e questo (con tutte le altre divergenze menzionate) lo condussero alla seconda espulsione dalla Quarta Internazionale che avvenne nel 1950, per mano di Healy, che si era trasformato nella marionetta di Pablo all’interno del Rcp in Gran Bretagna e che grazie a questo aveva preso burocraticamente il controllo del partito.
Dalla scissione del 1953 all’espulsione del 1965
Alla fine del 1953 ci fu una scissione dalla Quarta internazionale guidata da Cannon che formò il Comitato Internazionale per la Quarta Internazionale, scissione a cui si accodarono Healy in Gran Bretagna, Lambert in Francia e successivamente Moreno in Argentina.
Cannon motivò la rottura imputandola all’adattamento di Pablo allo stalinismo. Un adattamento che non poteva certamente essere negato ma che aveva visto Cannon totalmente solidale e partecipe fino a quel momento. Tutti avevano sostenuto la linea del 3° congresso del 1951 (includendo Healy e Lambert).
La vera ragione della scissione voluta da Cannon nel 1953 aveva molto più a che vedere con la sua concezione organizzativa (che potremmo definire comandista). Secondo Cannon la direzione internazionale non doveva intromettersi nelle questioni interne della sezione americana, doveva sempre e comunque sostenere le posizioni della maggioranza del partito.
Cannon sospettava che Pablo condividesse e sostenesse attivamente le posizioni della minoranza del SWP, guidata da Clarke (poi espulsa nel novembre del 1953) e fu questa la vera ragione della scissione.
C’era inoltre una suggestione di Cannon, che da sempre era animato dall’idea della “sezione guida”, vale a dire che il SWP dovesse dirigere la Quarta, anche se in questo lo limitava una legge repressiva, il Voorhis Act, che impediva a formazioni politiche statunitensi di appartenere a organizzazioni internazionali.
Sta di fatto che il piano di Cannon fallì e il Comitato Internazionale non fece un solo congresso in 10 anni, ritornando nel 1963 nella casa madre, non prima che il suo antagonista Pablo fosse stato marginalizzato dalla direzione internazionale.
Ted Grant e i compagni della nostra organizzazione negli anni ’50 formarono la Revolutionary Socialist League – RSL. Conoscevano fin troppo bene Cannon ed Healy per dare il minimo credito alla loro rottura. Ma l’uscita di Healy dalla Quarta lasciava una “casella vuota” in Gran Bretagna. Venne fatto appello alla RSL a diventare la sezione ufficiale. Ted Grant non solo non aveva risolto le sue divergenze ma queste si erano allargate e non aveva alcuna fiducia in Mandel, Maitan e compagni.
Discutendone con i compagni si valutò tuttavia che la RSL era isolata internazionalmente e di conseguenza non c’era molto da perdere. Non si poteva escludere che facendo una battaglia di opposizione nella Quarta si potessero incontrare militanti validi in altri paesi.
Nel 6° congresso della Quarta Internazionale, nel 1961, il compagno Ted Grant svolse una contro-relazione nel dibattito economico e presentò emendamenti di peso in quasi tutti i punti all’ordine del giorno.
Questa battaglia culminò nel congresso del 1965 (8° congresso) con la presentazione di un documento alternativo chiamato La rivoluzione coloniale e la rottura tra Cina e Urss.
Quel documento si proponeva di combattere le illusioni maoiste e castriste e le concezioni guerrigliere che iniziavano a farsi strada nella direzione della Quarta Internazionale.
Attorno a quel dibattito si consumò la terza e definitiva espulsione di Ted Grant dalla Quarta Internazionale.
Nel suo ultimo libro, Livio Maitan stravolgerà ancora una volta la realtà dei fatti. Leggiamo questo capolavoro di ipocrisia:
“Per quanto riguarda la Gran Bretagna, il congresso decideva di non riconoscere come sezione nessuna delle due organizzazioni, il che provocava la scissione della RSL, di cui Ted Grant era il dirigente più conosciuto, rappresentata al congresso anche da Peter Taft (in realtà si chiamava Taaffe, Nda). La RSL avrebbe dato poi origine alla tendenza ‘The Militant’, destinata ad assumere un ruolo di rilievo nella sinistra laburista. Personalmente devo ammettere di aver sottovalutato le capacità di Grant di costruire una organizzazione consistente. Avevo con lui buoni rapporti personali, ma ero insofferente per la sua abitudine di citare puntigliosamente Trotskij quasi in ogni intervento e mi metteva di buon umore vederlo arrivare alle riunioni con un valigione pieno di libri e documenti.” (L. Maitan, Per una storia della Quarta Internazionale, pag. 171-172).
Maitan parla di scissione ma è del tutto evidente che non riconoscendo nessuna delle due organizzazione britanniche, difatto l’8° congresso stava espellendo quella che fin dal 1957 era la sezione britannica ufficiale, vale a dire la RSL, l’organizzazione di Ted Grant.
Ne La Rivoluzione coloniale e la rottura tra Cina e Urss si anticipano le divergenze che in seguito si produssero sul tema della guerriglia rurale nel congresso del ’69.
Ted Grant scriveva già nell’agosto del 1964:
“Quei compagni che hanno scoperto di recente i contadini, i semiproletari e persino il proletariato dei villaggi come principale forza motrice di queste rivoluzioni coloniali non hanno capito il vero significato del ruolo che queste classi hanno svolto. Dove il proletariato è diretto da un partito rivoluzionario cosciente, la piccola borghesia delle città e delle campagne, seguendo questa direzione decisa, può appoggiare la vittoria della classe operaia e l’instaurazione della dittatura rivoluzionaria del proletariato, ‘secondo la norma’, come diceva Trotskij (…). Pertanto queste classi possono giocare il ruolo chiave di truppe di riserva della rivoluzione, dell’ariete, ma la punta di lancia può essere solo la coscienza rivoluzionaria della classe operaia industriale.” (La rivoluzione coloniale e la rottura tra Cina e Urss).
La responsabilità della disastrosa linea della guerriglia (che costò la vita a molti giovani trotskisti in Argentina e non solo) va attribuita in primo luogo a Maitan (in qualità di responsabile dell’America Latina) e in secondo luogo a Mandel (in qualità di principale dirigente della Quarta Internazionale, dopo l’uscita di Pablo nel ’65).
In tutta la Quarta ci fu una vera e propria febbre castrista. C’erano grandi aspettative verso l’OLAS (Organizacion Latinoamericana de Solidaridad) formata nel 1967 su iniziativa dei cubani, con lo scopo di promuovere la lotta armata e l’instaurazione di nuovi Stati socialisti.
Le concezioni terzomondiste e foquiste vennero inglobate dai dirigenti della Quarta che dimenticarono tutti gli insegnamenti di Trotskij sull’argomento.
Lo stesso Moreno che nel ’73 scrisse un documento ferocemente critico con le concezioni della guerriglia rurale (Un documento scandaloso), negli anni addietro aveva dato un sostegno acritico e totale alle concezioni foquiste, come si può evincere da questo articolo critico del compagno Francesco Giliani (https://rivoluzione.red/pdac-lit-navigazione-a-vista-elevata-a-sistema/).
Confrontiamo le parole nette e chiare di Ted Grant nel testo La rivoluzione coloniale con ciò che Moreno scrisse quello stesso anno (1964):
“La nostra ammirazione, rispetto, riconoscimento verso di loro come capi del processo rivoluzionario latinoamericano non ha limiti. Nel caso di Fidel Castro, non abbiamo dubbi nel considerarlo, assieme a Lenin e a Trotsky, uno dei più grandi geni rivoluzionari di questo secolo.” (N. Moreno, Dos metodos frente a la revolución latinoamericana, Estrategia, nuova serie, 1964).
Adulazione castrista allo stato puro. Castro non ricambiò tanta generosità di giudizio, non solo perseguitò gli attivisti trotskisti a Cuba ma nel discorso alla Tricontinentale del gennaio del 1966, di fronte ai rappresentanti dei movimenti rivoluzionari e di liberazione nazionale di 82 paesi dell’Africa, Asia e America Latina, affermò che la Quarta Internazionale era “ripugnante e nauseabonda” ed era diventata “un volgare strumento dell’imperialismo e della reazione”.
L’OLAS, a differenza delle grandi aspettative che avevano riposto in essa i dirigenti della Quarta, non fu mai uno strumento per l’estensione della lotta armata. La morte di Che Guevara in Bolivia, in un’azione che non esitiamo a definire disperata decretò la parola fine ad ogni velleità foquista del regime cubano che iniziò a guardare verso l’Urss krusceviana.
La verità è che i dirigenti della Quarta Internazionale avevano totalmente perso fiducia nelle potenzialità rivoluzionaria del movimento operaio in Europa. Questo processo culminava proprio quando la classe lavoratrice in Europa mostrava il suo carattere rivoluzionario con il Maggio ’68 in Francia, l’Autunno Caldo in Italia e i grandi movimenti del proletariato industriale in tutta Europa.
La Quarta Internazionale ancora una volta aveva dimostrato la sua totale inadeguatezza, recuperarla a un programma trotskista era impossibile. Ted Grant e gli altri compagni decisero di voltargli le spalle una volta per tutte e non tornarono più sui loro passi. Il bilancio di quella esperienza è stato raccolto in un testo del 1970, Il Programma dell’Internazionale, in cui si afferma:
“L’analisi svolta in questo documento dimostra che da 25 anni il Segretariato unificato sbanda da un errore all’altro, da una politica sbagliata al suo contrario, e poi di nuovo indietro, all’errore originario a un livello più alto. Questo è il marchio di una tendenza completamente piccolo borghese. Per quanto riguarda questo gruppo, o perlomeno la sua direzione, è ormai diventato qualcosa di organico (…). Definire centrista questa tendenza sarebbe un complimento (…).”
L’obiettivo divenne quello di costruire una nuova Internazionale basata sulle autentiche idee di Lenin e Trotskij.
Nel 1964 Ted Grand fondò il giornale Militant, e iniziò a costruire un’organizzazione che con un’abile combinazione di lavoro indipendente e tattica entrista nel Partito laburista riuscì a crescere significativamente.
Negli anni ’60 e ’70 le condizioni per l’entrismo maturavano in tutta Europa. In Gran Bretagna i compagni presero prima il controllo della LPYS (Gioventù Laburista) nel 1970, e poi quello di numerosi circoli e collegi laburisti. La tattica ebbe tale successo che negli anni ’80 la nostra organizzazione guidava la città di Liverpool ed aveva tre deputati a livello nazionale (Terry Fields, Dave Nellist e Pat Wall).
Il controllo della LPYS ci permise di entrare in contatto con una serie di giovani attivisti della sinistra socialista che si stavano radicalizzando a livello internazionale, attraverso le riunioni della YUSOS (Internazionale Giovanile Socialista). Alla YUSOS negli anni ’80 aderiva anche la FGCI, la giovanile del PCI.
In Spagna, nella lotta contro la dittatura di Franco, si sviluppò nella JSE (Gioventù del Partito Socialista) una tendenza di sinistra guidata da Luis Osorio e Alberto Arregui che aderirono alla nostra organizzazione (grazie all’infaticabile lavoro di Alan Woods che nel 1976 si trasferì a Madrid, restandoci sette anni). Reclutammo compagni dalla gioventù socialista anche in Germania e Svezia dando vita nel 1974 al Comitato per l’Internazionale Operaia (CIO). Nel 1974 il Militant aveva 600 compagni, che divennero 8.000 dieci anni più tardi.
Alla fine degli anni ’80 guidavamo un movimento di massa di oltre 10 milioni di cittadini britannici che rifiutavano di pagare la famigerata Poll Tax. Quel movimento fece cadere la Thatcher che da 11 anni governava il paese. In quegli anni si scrivevano libri sul Militant e i quotidiani italiani come l’Unità, La Repubblica e il Corriere della sera scrivevano regolarmente articoli sui trotskisti del Partito laburista.
Il crollo dello stalinismo e i “rossi anni ’90″
Il Militant si trovò a svolgere un ruolo che andava ben oltre le sue dimensioni organizzate. Controllava sindacati, consigli di fabbrica, organizzazioni di precari, ecc.
L’organizzazione contava formalmente 8.000 militanti. Era con ogni probabilità la più grande organizzazione trotskista al mondo, ma nonostante questo esisteva una enorme sproporzione tra le dimensioni organizzate e l’obiettivo strategico della trasformazione in senso socialista della società, per il quale era necessario conquistare la maggioranza del proletariato.
Inoltre negli anni ’80 le condizioni oggettive iniziavano a diventare più sfavorevoli, ma diversi dirigenti non se ne rendevano conto o inconsciamente nascondevano il problema.
Peter Taaffe ed altri si cullavano in illusioni rivoluzionarie, ma altri compagni come Ted Grant e Alan Woods iniziavano a comprendere che la situazione non era così positiva come sembrava in apparenza e che si stavano accumulando molti problemi nell’organizzazione.
Questo provocò un dibattito nel gruppo dirigente dell’organizzazione con una maggioranza guidata da Peter Taaffe e una minoranza i cui principali dirigenti erano Ted Grant e Alan Woods.
Taaffe, in qualità di segretario generale, pensava di risolvere le contraddizioni aperte con uno sforzo volontaristico, avanzando ipotesi estremamente ottimistiche sulla situazione oggettiva (si parlava dei “rossi anni ’90”).
Ted Grant e Alan Woods dal canto loro mettevano in guardia l’organizzazione dalle conseguenze che questa esposizione nel movimento stava producendo (abbassamento del livello teorico e politico, gruppi di base sempre meno partecipati, tendenze economiciste e movimentiste). In una parola si stava costruendo il movimento a spese dell’organizzazione. Si cercavano scorciatoie organizzative per risolvere problemi politici.
Si svilupparono così tendenze zinovieviste. Questo termine si riferisce al ruolo svolto da Zinoviev, presidente dell’Internazionale Comunista, che dopo la morte di Lenin utilizzò metodi amministrativi per risolvere controversie politiche e che si caratterizzava per uno stile di direzione duro e comandista con il quale, invece di convincere i compagni com’era normale ai tempi di Lenin e Trotskij, si davano ordini e si imponevano decisioni dall’alto.
La sconfitta dei minatori nel 1985, una delle più gravi del movimento operaio, non venne riconosciuta pienamente dal Militant (che parlò di un “pareggio”), e Taaffe non prese atto neanche di altre sconfitte che c’erano state nel resto del mondo (dalla FIAT in Italia nel 1980, a quella dei dipendenti pubblici in Francia, o dei controllori di volo negli Usa, ecc.).
Il crack delle borse del lunedì nero dell’ottobre del 1987 venne visto come la prova che si andava verso una profonda crisi del capitalismo, una crisi di sovrapproduzione come quella ipotizzata da Marx, che avrebbe presto aperto la strada a nuove situazioni prerivoluzionarie.
“In fondo i bolscevichi non erano 8.000 come noi nel febbraio del ’17” fu la funesta affermazione che in una riunione fece Bob Labi, un dirigente della maggioranza. Dimenticando un piccolo particolare e cioè che i bolscevichi erano stati l’organizzazione tradizionale e di massa del proletariato russo già prima della guerra.
Il fatto che in Spagna (la seconda sezione dell’Internazionale) un’organizzazione di dimensioni tutto sommato ridotte come la nostra (avevamo circa mille militanti) guidasse nel 1987 un movimento di milioni di studenti e un anno più tardi, il 14 dicembre 1988, ci fosse uno degli scioperi generali più importanti della storia spagnola, con la partecipazione di 10 milioni di operai, non faceva che accendere gli entusiasmi.
Si trattava di fattori in controtendenza rispetto a una situazione oggettiva che stava andando nella direzione totalmente opposta. L’idea di Taaffe di lanciare, a partire dalle nostre forze, nuovi partiti operai abbandonando l’entrismo era assolutamente fuori luogo. Generava inutili illusioni ed era per questa ragione che Ted Grant e Alan Woods la contrastavano, non certo perché ritenessero che in quel momento l’entrismo potesse dare risultati rilevanti.
Il golpe in URSS e il crollo dello stalinismo
Ma il dibattito centrale fu quello sullo stalinismo. Il crollo del muro di Berlino (1989) e dell’Urss (che si realizzò tra l’agosto e il dicembre del 1991) spostarono definitivamente gli equilibri a favore del capitalismo, che non solo vide aprirsi di fronte a sé nuovi mercati potenziali di oltre due miliardi e mezzo di consumatori, ma per gli inevitabili effetti politici di demoralizzazione che questo aveva su gran parte degli attivisti comunisti.
L’ipotetica crisi di sovrapproduzione si spostava in avanti di almeno vent’anni (2008) e questo rappresentava una boccata di ossigeno per il sistema capitalista. Che atteggiamento ebbero le due frazioni del CIO su questa questione?
Alan Woods e Ted Grant scrissero un testo dal titolo: La verità sul golpe. Durante il golpe del 1991 in Russia da una parte c’era una componente stalinista guidata da Ianaiev, dall’altra un movimento di protesta pro-capitalista guidato da Eltsin.
In un articolo uscito sul Militant il 22 agosto 1991 la parola “popolo” era ripetuta 13 volte, si parlava del “potere del popolo”, il “popolo sovietico”, il “popolo russo”. Di questi articoli colpiva l’assoluta mancanza di contenuto di classe. In realtà il punto era che la classe era quasi completamente assente in queste manifestazioni: si registrò solo lo sciopero di due fabbriche a Leningrado e di una parte dei minatori del Kuzbass e di Vorkuta.
La maggioranza taaffista si schierò dalla parte di Eltsin, che equivaleva a schierarsi con la controrivoluzione, la minoranza fece appello a un’azione indipendente del proletariato, che non significava appoggiare il golpe degli stalinisti ma promuovere una mobilitazione operaia che fosse indipendente dai due settori in lotta.
Citiamo da La verità sul golpe:
“Nel paragrafo successivo, però, gli autori tirano in ballo ancora un’altra considerazione profonda: che questi sviluppi (la caduta dei regimi stalinisti, Nda) tolgono un ostacolo importante alla politicizzazione della classe operaia statunitense e alla diffusione delle idee del socialismo. Ci strofiniamo gli occhi per l’incredulità. Il rovesciamento dello stalinismo, in sé, non predispone in nessun modo i lavoratori statunitensi ad accettare le idee del socialismo. Quello che conta è chi lo rovescia e per quale fine. Questa affermazione sui lavoratori statunitensi, più di qualsiasi altra cosa, dimostra la totale mancanza di comprensione della frazione di maggioranza della SI.
Se la burocrazia fosse stata rovesciata davvero da un movimento rivoluzionario della classe, questo avrebbe avuto un effetto estremamente rivoluzionario sulla psicologia dei lavoratori, non solo in USA ma dappertutto.
Ma il fatto che il rovesciamento sia stato compiuto dalle forze della controrivoluzione borghese ha avuto l’effetto opposto (…). Come può la vittoria di Eltsin e dei gangster filocapitalisti ‘predisporre i lavoratori statunitensi ad accettare idee socialiste’? Semplicemente rafforzerà la propaganda borghese, secondo cui ‘il socialismo è finito’, ‘la nazionalizzazione non funziona’ e ‘l’economia di mercato è l’unico sistema possibile’.”
Un errore clamoroso, ma i taaffisti non furono l’unica organizzazione trotskista a commetterlo. I morenisti in Argentina o i lambertisti in Francia, gruppi che avevano dimensioni ragguardevoli (circa 6.000 militanti), confusero la controrivoluzione capitalista con la rivoluzione politica o con una non meglio precisata “rivoluzione democratica”.
Lambert nel 1984 aveva sviluppato la “linea della democrazia” e lo stesso aveva fatto Moreno nei famosi seminari della metà degli anni ’80 in cui mise in discussione la teoria della rivoluzione permanente di Trotskij per appoggiare il concetto di “rivoluzione democratica”. Non parliamo del Segretariato unificato e della LCR francese che vide nella Perestroika di Gorbacev, un processo di auto-riforma dello stalinismo.
Tutte queste organizzazioni che avevano un certo peso negli anni ’80 pagarono duramente questi errori.
Alla fine Ted Grant ed Alan Woods vennero espulsi nel 1992 dal CIO e dovettero ricostruire l’organizzazione daccapo.
Nel 1992 a Tarragona nascerà così la Tendenza Marxista Internazionale alla quale aderiranno, oltre alla minoranza britannica, la quasi totalità delle sezioni spagnola, italiana, pakistana e messicana e frazioni minoritarie da Svezia, Germania, Grecia, Francia e Danimarca. Si ripartiva.
Dopo un lungo processo di definizione politica e teorica durato trent’anni (che tratteremo in futuri articoli), si è accumulato il capitale teorico e politico e l’esperienza necessaria che sarà fondamentale perché la nuova Internazionale Comunista Rivoluzionaria possa diventare un fattore decisivo nella costruzione di quel soggetto internazionale e di massa, senza il quale risulterà impossibile aprire la strada all’abbattimento del capitalismo e alla costruzione di una società comunista.