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Le lettere di Engels a Kautsky

Ricorre quest’anno il duecentesimo anniversario della nascita di Engels. Per celebrare questo grande rivoluzionario, pubblichiamo questo articolo scritto da Trotskij nel 1935. In quell’anno l’ex dirigente della socialdemocrazia tedesca Karl Kautsky pubblicò per la prima volta la sua corrispondenza con Engels. Trotskij colse l’occasione delle nuove lettere venute alla luce, per realizzare uno straordinario ritratto del grande rivoluzionario tedesco e soprattutto per rimarcare l’abisso incolmabile che separava Engels dalla generazione successiva di leader della socialdemocrazia tedesca.

                                                                                                          La redazione

 

di Lev Trotskij

 

Il 1935 è il 40° anniversario della morte di Friedrich Engels, autore insieme a Karl Marx del Manifesto del Partito Comunista.

Questo anniversario è degno di nota, fra le altre cose, per il fatto che Karl Kautsky, superati gli 81 anni, ha finalmente pubblicato la sua corrispondenza con Engels. In verità si sono conservate poche lettere di Kautsky, ma ci sono pervenute quasi tutte le lettere di Engels. Le nuove lettere naturalmente non rivelano un nuovo Engels. La sua enorme corrispondenza internazionale, nella misura in cui è giunta fino a noi, è stata interamente pubblicata e la sua vita è oggetto di numerosi studi. Nondimeno quest’ultimo libro è un dono di grande valore per coloro che sono seriamente interessati alla storia politica delle ultime decadi del secolo scorso (il XIX secolo, NdT), al percorso con cui si sono sviluppate le idee del marxismo, al destino del movimento operaio e, infine, alla personalità di Engels.

Engels, durante la vita di Marx, come disse lui stesso, suonò come secondo violino. Ma durante l’ultima malattia del suo collaboratore e specialmente dopo la sua morte, egli divenne il direttore incontrastato dell’orchestra del socialismo mondiale per un periodo di 12 anni. A quel tempo egli si era già sbarazzato dei suoi impegni commerciali ed era, per quanto riguarda il denaro, indipendente. Così poté dedicarsi completamente a preparare e pubblicare il lascito letterario di Marx, a continuare le sue ricerche scientifiche ed a impegnarsi in un’enorme corrispondenza con la sinistra del movimento operaio in tutto il mondo. La sua corrispondenza con Kautsky risale al periodo finale della sua vita (1881-1895).

La personalità di Engels, unica nella sua fermezza e lucidità, è stata sottoposta a diverse interpretazioni negli anni successivi – questa è la logica della lotta. Ci basti ricordare che durante l’ultima guerra (la prima guerra mondiale, NdT), Ebert, Scheidemann ed altri dipinsero Engels come un patriota tedesco. Mentre gli addetti stampa dell’Intesa lo dipingevano come un pan-germanista. Su questo come su altri punti, le lettere aiutano a strappar via le incrostazioni tendenziose sulla personalità di Engels. Ma non è questo il loro contributo essenziale. Le lettere sono importanti prima di tutto perché sono caratteristiche dell’uomo. Si può dire senza tema di esagerazione che ogni nuovo documento umano relativo ad Engels, lo mostra più fine, più nobile e più affascinante di quanto sapevamo in precedenza.

Anche la seconda parte della corrispondenza merita il nostro interesse. Agli inizi degli anni ’80 Kautsky si mise in luce come teorico ufficiale dell’allora socialdemocrazia tedesca, la quale a sua volta divenne il partito-guida della Seconda Internazionale. Come Engels durante la vita di Marx, così Kautsky suonò come secondo violino mentre Engels era in vita – anche se una grande distanza lo separava dal primo violino. Dopo la morte di Engels, l’autorità del discepolo crebbe rapidamente, raggiungendo il suo apice durante il periodo della prima Rivoluzione Russa (1905). Nel suo commento alla corrispondenza, Kautsky descrive la sua agitazione durante le prime visite nelle case di Marx ed Engels. Un quarto di secolo più tardi, molti giovani marxisti – in particolare lo scrittore di quest’articolo – sperimentarono esattamente la stessa agitazione quando salirono la scalinata della modesta e ordinata casa a Friedenau, nei sobborghi di Berlino, dove Kautsky visse per molti anni. Allora egli era considerato il leader eminente ed incontestato dell’Internazionale, almeno per quanto riguardava le questioni teoriche. Gli oppositori gli si riferivano come al “Papa” del marxismo.

Ma Kautsky non mantenne a lungo la sua autorità. I grandi eventi dell’ultimo quarto di secolo gli furono fatali. Durante e dopo la guerra egli divenne la personificazione di una nervosa indecisione. Ciò che fin a quel momento era stato solo sospettato da alcuni, veniva adesso pienamente confermato. Vale a dire il fatto che il suo marxismo avesse un carattere essenzialmente accademico e contemplativo. Quando Kautsky scrive ad Engels da Vienna, durante uno sciopero, nell’aprile del 1889, sostenendo che “i miei pensieri sono più nelle strade che su questa scrivania”, queste parole suonano assolutamente inattese e quasi false, dal momento che provenivano dalla penna di un giovane Kautsky. Per tutta la sua vita la scrivania rimase il suo campo di battaglia. Egli considerava gli eventi della strada come intralci. Kautsky rivendicò per se il ruolo di un divulgatore della dottrina, di interprete del passato, di difensore del metodo. Si, egli fu questo, ma mai un uomo d’azione, mai un rivoluzionario o un erede dello spirito di Marx ed Engels.

La corrispondenza svela completamente non solo la differenza radicale tra le due personalità, ma anche qualcosa di completamente inatteso almeno per l’attuale generazione. Cioè l’antagonismo esistente tra Engels e Kautsky, che alla fine condusse alla rottura dei loro rapporti personali.

“Il Generale”

Grazie alla sua perspicacia sulle questioni militari, che si basava non soltanto su un’ampia conoscenza specifica, ma anche sulla sua generale capacità di valutare sinteticamente le condizioni date e le forze in atto, Engels poté pubblicare nella Pall-Mall Gazette di Londra, durante la guerra franco-prussiana, notevoli articoli militari, attribuiti dalla pubblica opinione ad una delle più alte autorità militari di allora (queste “autorità” senza dubbio si osservarono allo specchio non senza notevole stupore). Nel suo circolo ristretto Engels era soprannominato il “Generale”. Con questo nome firma una parte delle sue lettere a Kautsky.

Egli non fu un oratore, o può darsi che non ebbe mai l’occasione di diventarlo. Mostrò verso gli “oratori” persino una sfumatura di irriverenza, sostenendo, non senza ragione, che essi propendono a trasformare le idee in banalità. Ma Kautsky rievoca Engels come un notevole conversatore, dotato di inesauribile memoria, grande spirito e precisione d’espressione. Sfortunatamente lo stesso Kautsky è un mediocre osservatore e per nulla un artista della descrizione: Engels risalta in modo infinitamente più chiaro nelle sue stesse lettere che nei commenti e nei ricordi di Kautsky.

I rapporti di Engels con le altre persone erano estranei ad ogni sentimentalismo o illusione ed erano completamente pervasi da una penetrante semplicità e, quindi, profondamente umani. In sua compagnia, la sera attorno al tavolo, dove si radunavano i rappresentanti di vari paesi e continenti, come per magia spariva ogni contrasto tra l’elegante duchessa radicale Schack e la niente affatto raffinata nichilista russa Vera Zasulich. La ricca personalità dell’ospite si manifestava in questa sua fortunata capacità di elevare sé e gli altri al di sopra di ogni cosa secondaria e superficiale, senza scostarsi affatto dalle sue idee o perfino dalle sue abitudini.

In questo rivoluzionario si cercherebbero invano i tratti bohémien così diffusi fra gli intellettuali radicali. Engels era intollerante per la trasandatezza e la negligenza sia nelle piccole che nelle grandi cose. Amava la precisione di pensiero, la precisione nella contabilità, l’esattezza nell’espressione e nella stampa. Quando un editore tedesco cercò di alterare un suo scritto, egli richiese indietro parecchie bozze per la revisione. Scrisse:

“Non mi lascerei rifilare da qualcuno la sua scrittura più di quanto mi lascerei rifilare una moglie.”

Questo giudizio, irritato e scherzoso allo stesso tempo, quasi riporta di nuovo Engels in vita! Oltre alla sua lingua madre, della quale era un virtuoso, scriveva correttamente in inglese, francese e italiano. Leggeva lo spagnolo e quasi tutte le lingue slave e scandinave. Le sue conoscenze di filosofia, economia, storia, fisica, filologia e scienza militare sarebbero state sufficienti per una buona dozzina di professori ordinari e straordinari. Ma oltre tutto ciò possedeva il suo principale tesoro: la capacità di volare alto con il pensiero.

Nel giugno del 1884 Bernstein e Kautsky, cercando di influenzare le opinioni di Engels, si lamentarono con lui per le pressioni montanti esercitate da ogni tipo di filistei[1] “eruditi” nel partito. Engels rispose:

“L’importante è non concedere nulla e, inoltre, rimanere assolutamente calmi.”

Mentre il Generale stesso non sempre manteneva la “calma assoluta” nel senso letterale del termine – al contrario, era solito a volte esplodere magnificamente – egli era comunque sempre in grado di elevarsi rapidamente al di sopra degli incidenti temporanei, e di ristabilire il necessario equilibrio tra i suoi pensieri e le sue emozioni. Un aspetto fondamentale della sua personalità era l’ottimismo combinato con l’umorismo verso sé stesso e quelli a lui vicini, oltre all’ironia verso i suoi nemici. Nel suo ottimismo non c’era neanche una traccia di compiacimento – il termine stesso non si può neanche associare alla sua immagine. La fonte della sua gioia di vivere nasceva da un temperamento felice ed armonioso, ma quest’ultimo era permeato da una conoscenza che portava con sé la più grande delle gioie: la gioia della percezione creativa.

L’ottimismo di Engels si estendeva allo stesso modo dai problemi politici agli affari personali. Dopo ogni sconfitta egli voleva immediatamente cercare le condizioni per preparare una nuova fase di ripresa, e dopo ogni colpo che la vita gli ha inferto, è stato in grado di rimettersi in sesto e di guardare al futuro. Rimase così fino all’ultimo giorno. Per un periodo dovette rimanere sdraiato per settimane, per recuperare da una frattura causata da una caduta durante un’ “aristocratica” caccia alla volpe. A volte i suoi occhi attempati si rifiutavano di funzionare con la luce artificiale di cui non si può fare a meno persino durante il giorno, nella nebbia di Londra. Ma Engels non fa mai riferimento ai suoi problemi se non di sfuggita, per spiegare qualche ritardo, e solo per promettere subito dopo che tutto “procede per il meglio” e che il lavoro sarebbe ripreso a pieno ritmo.

In una delle sue lettere, Marx fa riferimento all’abitudine di Engels di ammiccare scherzosamente durante una conversazione. Questo gioviale “ammiccamento” passa attraverso tutta la corrispondenza di Engels. L’uomo caratterizzato dal rispetto del dovere e dai profondi affetti non ha affatto l’aspetto di un asceta. Amava la natura e l’arte in tutte le sue forme, amava la compagnia di persone intelligenti ed allegre, la compagnia femminile, gli scherzi e le risate, il buon cibo, il buon vino e il buon tabacco. A volte non era avverso alla risata di pancia alla Rabelais, che facilmente cercava la sua ispirazione sotto l’ombelico. In generale, niente di umano gli era estraneo. Non di rado nella sua corrispondenza ci imbattiamo in riferimenti alle numerose bottiglie di buon vino aperte in casa sua per celebrare il Capodanno, il felice risultato delle elezioni tedesche, il suo compleanno e a volte eventi di minore importanza. Talvolta ci imbattiamo nelle lamentele del Generale per il fatto di dover rimanere steso sul divano “invece di bere con voi… beh, ciò che è rimandato non è perduto.” Chi scrive aveva allora superato i 72 anni. Parecchi mesi dopo, circolò una falsa voce sulla stampa, secondo la quale Engels fosse gravemente malato. Il settantatreenne Generale scrive:

“Così, per quanto riguarda il rapido declino delle capacità di resistenza, e il decesso atteso da un momento all’altro, abbiamo vuotato diverse bottiglie.”

Era forse un epicureo? Le “gioie della vita” di secondaria importanza non dominarono mai quest’uomo. Era veramente interessato alle morali familiari dei selvaggi o agli enigmi della filologia irlandese, ma sempre in relazione indissolubile coi destini futuri del genere umano. Se si permise di scherzare in modo banale, fu solo in compagnia di persone non banali. Al di sotto del suo umorismo, della sua ironia e della sua gioia di vivere emerge il suo patos morale. Senza mai mettersi in posa, la sua forza morale fu sempre nascosta, ma sempre genuina e sempre pronta al sacrificio. L’uomo di commercio, il padrone di una fabbrica, di un cavallo da caccia e di una cantina di vini era un comunista rivoluzionario fino al midollo.

L’esecutore testamentario di Marx

Kautsky non esagera minimamente quando dichiara, nel suo commento alla corrispondenza, che nella storia del mondo sarebbe impossibile trovare un caso simile di due uomini di forte temperamento ed indipendenza ideologica come Marx ed Engels, capaci comunque di rimanere così indissolubilmente legati assieme per tutta la vita, attraverso l’evoluzione delle loro idee, la loro attività sociale e la loro amicizia personale. Engels era più svelto di mente, più dinamico, intraprendente e poliedrico; Marx più ponderoso, più caparbio, più severo con sé stesso e con gli altri. Engels, egli stesso un luminare di prima grandezza, riconobbe l’autorità intellettuale di Marx con la stessa spontanea semplicità con cui generalmente egli stabiliva i suoi rapporti personali e politici.

La collaborazione di questi due amici – ecco il contesto in cui questa parola raggiunge il suo significato più puro! – si estese così profondamente da rendere impossibile stabilire una linea di demarcazione fra i loro lavori. Comunque, infinitamente più importante della collaborazione puramente letteraria fu la comunanza spirituale che esisteva fra loro, che non venne mai meno. Essi o corrispondevano giornalmente spedendosi note epigrammatiche[2] – bastavano loro mezze frasi per capirsi – oppure conducevano una conversazione ugualmente epigrammatica fra nuvole di fumo di sigaro. Per quasi quattro decenni, nella loro lotta continua contro la scienza ufficiale e le superstizioni tradizionali, Marx ed Engels sono stati l’opinione pubblica uno dell’altro.

Engels considerava l’aiutare materialmente Marx come un obbligo politico importantissimo. Fu principalmente per questo motivo che si costrinse per molti anni ad un lungo e ingrato lavoro nel “maledetto commercio”. Un ambito in cui si mosse con lo stesso successo che in tutti gli altri: il suo patrimonio crebbe assieme all’aumento del benessere della famiglia di Marx. Engels aiutò anche le figlie di Marx, dopo la morte di quest’ultimo. L’anziana domestica dei coniugi Marx, Helene Demuth, che era parte indissolubile della famiglia, divenne immediatamente la governante della casa di Engels. Verso di lei egli si comportò con affetto e lealtà, condividendo con lei quei suoi interessi che lei riusciva a comprendere, e dopo la sua morte, si lamentò di quanto gli mancassero i suoi consigli non solo su questioni personali, ma anche di partito. Engels lasciò in eredità alle figlie di Marx praticamente tutto il suo patrimonio, che ammontava a 30.000 sterline, oltre alla sua libreria, ai suoi mobili, ecc.

Se nei suoi anni giovanili Engels si ritirò nell’ombra dell’industria tessile di Manchester allo scopo di permettere a Marx di lavorare sul Capitale, successivamente, quando era già anziano, senza alcuna lamentela e, si può dire con certezza, senza alcun rimpianto, mise da parte le sue ricerche per dedicare anni a decifrare i geroglifici nei manoscritti di Marx, controllando faticosamente le traduzioni e non meno faticosamente correggendo i suoi scritti in quasi tutte le lingue europee. No. In questo “epicureo” c’era uno stoico del tutto fuori dal comune!

Notizie sul progredire del lavoro sul lascito letterario di Marx costituiscono uno dei più costanti leitmotiv nella corrispondenza tra Engels e Kautsky, così come in quella con altri collaboratori. In una lettera alla madre di Kautsky (1885) – all’epoca una scrittrice abbastanza nota di novelle popolari – Engels esprime la sua speranza che la vecchia Europa si metterà rapidamente in movimento ed aggiunge:

“Spero solo che mi venga lasciato il tempo sufficiente per concludere il terzo volume del Capitale, e poi, che si squarci!”

Da questa dichiarazione semi-scherzosa dev’essere colta chiaramente l’importanza che Engels attribuiva al Capitale. Ma c’è anche qualcos’altro da sottolineare, vale a dire, che l’azione rivoluzionaria per lui veniva prima di ogni libro, perfino del Capitale. Il 3 Dicembre 1891, cioè sei anni più tardi, Engels spiega a Kautsky le ragioni del suo silenzio prolungato: “responsabile di ciò è il terzo volume, sul quale sto ancora sudando.” Non solo era occupato a decifrare i capitoli del difficile manoscritto sul capitale monetario, sulle banche e i crediti, ma allo stesso tempo stava  studiando anche la letteratura su questi argomenti. Era sicuro che nella maggior parte dei casi avrebbe potuto lasciare il manoscritto così come era uscito dalla penna di Marx, ma con le sue ricerche voleva assicurarsi contro gli errori redazionali. Si aggiunga a tutto questo l’infinità di piccoli dettagli tecnici nel testo! Engels conduce tutta una corrispondenza su la necessità o meno di una virgola in questo o quel posto, e ringrazia specialmente Kautsky per aver scovato un errore ortografico nel manoscritto. Questa non è pedanteria ma coscienziosità, per la quale nulla era irrilevante se aveva un peso sull’insieme della produzione scientifica cui Marx aveva dedicato la sua vita.

Engels, comunque, era il più lontano possibile da una cieca adulazione del testo. Controllando un compendio alla teoria economica di Marx scritto dal socialista francese Deville, egli, secondo le sue stesse parole, ebbe spesso la tentazione di cancellare e correggere qua e là proposizioni che ad un ulteriore esame finivano per essere espressioni dello stesso Marx. Il nocciolo della questione stava nel fatto che “nell’originale, grazie a ciò che lo precedeva, queste erano chiaramente qualificate. Ma nel caso di Deville, erano investite di un significato assolutamente generalizzato e, per questo, scorretto.” Queste poche parole forniscono una caratterizzazione classica del comune abuso delle formule già pronte del maestro (“magister dixit”).

Ma non è tutto. Engels non solo decifrò, ripulì, trascrisse, corresse e corredò di note il secondo e il terzo volume del Capitale, ma vigilò anche con occhio d’aquila in difesa della memoria di Marx contro tutti gli attacchi. Il socialista conservatore prussiano Rodbertus e i suoi ammiratori dichiararono che Marx aveva usato le scoperte scientifiche di Rodbertus senza dargliene atto – in altre parole, sostenendo che Marx avesse plagiato Rodbertus. Scrisse Engels a Kautsky nel 1884:

“È richiesta un’ignoranza mostruosa per fare una tale asserzione.”

Ed ancora una volta Engels si applicò allo studio dell’inutile Rodbertus allo scopo di dimostrare pienamente la falsità di queste accuse.

Le lettere a Kautsky contengono una riflessione ugualmente illuminante a proposito di un episodio riguardante l’economista tedesco Brentano, che accusò Marx di citare in modo falso Gladstone. Nessuno conosceva meglio di Engels la scrupolosità scientifica di Marx, il cui atteggiamento verso qualsiasi idea di un suo avversario, non importa quanto assurda, era simile al comportamento di un batteriologo verso un bacillo infettivo. Più e più volte nelle lettere di Engels a Marx e ai loro comuni amici ci si imbatte nei suoi rimproveri per l’eccesso di coscienziosità da parte di Marx. Non è affatto sorprendente, quindi, che egli abbia messo da parte ogni altro lavoro allo scopo di confutare rabbiosamente le accuse di Brentano.

Engels coltivò l’idea di scrivere una biografia di Marx. Nessuno avrebbe potuto scriverla meglio di lui, perché sarebbe necessariamente stata in larga misura anche un’autobiografia. Scrive a Kautsky:

“Prima possibile mi metterò giù a lavorare su questo libro, sul quale da tempo sto meditando con piacere.”

Engels promise solennemente di non mettere da parte questo progetto: “Adesso ho 74 anni – devo sbrigarmi.”

Persino oggi non si può pensare senza rammarico al fatto che Engels non poté “sbrigarsi” e adempiere al suo progetto.

Poiché in Svizzera era in preparazione un ritratto ad olio di Marx, Engels fornì per mezzo di Kautsky la seguente descrizione dei colori con cui rappresentare il suo amico deceduto: “Una pelle così scura come in genere si riscontra in un europeo del sud, senza molto colore sulle guance… baffi neri come fuliggine, sfumati di bianco, e capelli bianco neve su testa e barba.”

La descrizione chiarifica perché Marx ricevette il soprannome di “Moro” in famiglia e nel circolo degli amici più intimi.

Il maestro dei leader

Durante i primi due anni Engels si rivolse al suo corrispondente con “Caro Signor Kautsky” (il termine compagno non era allora d’uso corrente); dopo che si furono avvicinati a Londra, abbreviò la forma di saluto al semplice “Caro Kautsky”. Dal marzo 1884 Engels adottò un appellativo famigliare nello scrivere a Bernstein e Kautsky, che entrambi avevano 25 anni meno di lui. Kautsky scrive non senza buona ragione che “dal 1883 Engels guardò Bernstein e a me come i più degni rappresentanti della teoria marxista.” Il passaggio ad un appellativo familiare riflette senza dubbio il comportamento favorevole di un maestro verso i suoi pupilli. Ma questa familiarità esteriore non è prova di un’intimità effettiva: questa fu ostacolata principalmente dal fatto che Kautsky e Bernstein erano impregnati di filisteismo in misura considerevole. Durante il loro lungo soggiorno a Londra, Engels li aiutò ad acquisire il metodo marxista. Ma non poté inculcare loro né la volontà rivoluzionaria, né la capacità di pensare in maniera audace. I discepoli erano e rimasero bambini, con un altro spirito rispetto al maestro.

Marx ed Engels si destarono nell’epoca delle tempeste, ed uscirono dalle esperienze della rivoluzione del 1848 come combattenti esperti. Kautsky e Bernstein ebbero il loro periodo formativo durante un lasso di tempo relativamente pacifico tra l’epoca di guerre e di rivoluzioni 1848-1871 e l’epoca che ebbe il suo inizio con la Rivoluzione Russa del 1905, passò attraverso la guerra mondiale del 1914 e non è ancora conclusa oggi. Per tutta la sua lunga vita Kautsky fu in grado di circumnavigare le conclusioni che minacciavano di disturbare la sua pace mentale e fisica. Egli non era un rivoluzionario e questa fu una barriera insormontabile che lo separò dal Generale Rosso.

Ma al di là di questo c’era anche un’altra grande differenza tra di loro. È indubitabile che Engels guadagnasse punti con il contatto personale: la sua personalità era più ricca e più attraente rispetto a quello che faceva e scriveva. In nessun caso si può dire lo stesso di Kautsky. I suoi libri migliori sono molto più assennati di quanto lo fosse lui stesso. Egli perdeva moltissimo se incontrato di persona. Può darsi che questo in parte spieghi perché Rosa Luxemburg, che visse fianco a fianco con Kautsky, comprese il suo filisteismo prima di Lenin, sebbene lei gli fosse inferiore per perspicacia politica. Ma questo riguarda un periodo molto successivo.

Dalla corrispondenza è assolutamente evidente che rimase sempre un’invisibile barriera tra il maestro e il discepolo, non solo nella sfera politica ma anche nella teoria. Engels, che generalmente era parco negli elogi, talvolta si riferì con entusiasmo (“Ausgezeichnet”) agli scritti di Franz Mehring o Georgij Plechanov, ma si trattenne sempre nell’elogiare Kautsky, e nelle sue critiche sovente si percepisce un’ombra d’irritazione. Come Marx, quando Kautsky entrò per la prima volta in casa sua, anche Engels fu respinto dall’onniscienza e dal passivo autocompiacimento del giovane viennese. Come trovava rapidamente le risposte alle questioni più complesse! Vero, Engels stesso era incline a frettolose generalizzazioni, ma egli, da parte sua, aveva le ali e la visione di un’aquila, e man mano che passavano gli anni adottò, perfino più di Marx, una spietata coscienziosità scientifica verso sé stesso. Ma Kautsky, pur con tutte le sue capacità, era un uomo di Aurea Mediocrità.

“I nove decimi degli autori tedeschi contemporanei”, così il maestro metteva in guardia il suo pupillo, “scrivono libri riguardanti altri libri.” In altre parole: nessuna analisi della realtà viva, nessun movimento progressivo di pensiero. Cogliendo l’occasione del libro di Kautsky sui problemi delle società primitive, Engels cercò di instillare in lui l’idea che fosse possibile dire qualcosa di realmente nuovo su questo oscuro ed enorme tema solo attraverso uno studio profondo ed esauriente dell’argomento. Ed aggiunse in maniera severa: “Altrimenti libri come Il Capitale non sarebbero così rari.”

Un anno dopo (il 20 settembre 1884) Engels rimprovera ancora Kautsky circa le sue “affermazioni generiche in sfere in cui tu stesso non ti senti affatto sicuro.” Questo argomento ritorna nell’intera corrispondenza tra i due. Rimproverando Kautsky per aver condannato “l’astrazione” – senza il pensiero astratto generalmente nessun pensiero è possibile – Engels dà una definizione divenuta classica, dove mostra la differenza tra un’astrazione vivificante e una senza vita:

“Marx riduce il contenuto comune di cose e rapporti alla sua più universale espressione concettuale; la sua astrazione di conseguenza riproduce in forma di concetto il contenuto già insito nelle cose stesse. Rodbertus, al contrario, crea per sé stesso un’espressione mentale più o meno imperfetta e misura tutte le cose col suo concetto, al quale esse devono essere equiparate.”

I nove decimi degli errori del pensiero umano sono compresi in questa formulazione. Undici anni dopo, nella sua ultima lettera a Kautsky, Engels, mentre rende il dovuto riconoscimento alle ricerche di Kautsky sui Precursori del socialismo moderno, rimprovera ancora una volta l’autore per la sua inclinazione verso “i luoghi comuni là dove c’è una lacuna nella ricerca. […] Rispetto allo stile, allo scopo di restare popolare, tu cadi o nel tono di un editoriale, o nel tono di un maestro di scuola.” Non si possono esprimere in modo più appropriato i manierismi letterari di Kautsky!

Allo stesso tempo, la magnanimità intellettuale del maestro verso il suo pupillo fu veramente inesauribile. Era solito leggere gli articoli più importanti del prolifico Kautsky nella loro forma di manoscritto, e ogni sua lettera di critica contiene preziosi suggerimenti, frutto di un ragionamento serio e qualche volta di una ricerca specifica. Il ben conosciuto lavoro di Kautsky Antagonismi di classe nella Rivoluzione Francese, che è stato tradotto in quasi tutte le lingue del genere umano civilizzato, a quanto pare passò anche dal laboratorio intellettuale di Engels. La sua lunga lettera sui raggruppamenti sociali nell’epoca della grande rivoluzione del XVIII secolo – così come sull’applicazione del metodo materialista agli eventi storici – è uno dei documenti più splendidi della mente umana. Si tratta di un testo davvero molto succinto, e ognuna delle sue formule presuppone un bagaglio di conoscenza troppo grande per poter raggiungere un largo pubblico. Ma questo documento, tenuto nascosto così a lungo, rimarrà per sempre non solo una fonte di insegnamento teorico, ma anche di piacere estetico per chiunque abbia seriamente riflettuto sulle dinamiche dei rapporti di classe in un’epoca rivoluzionaria, così come sui problemi generali dell’interpretazione materialistica degli eventi storici.

Il divorzio di Kautsky e il suo conflitto con Engels

Kautsky afferma – non senza uno scopo in mente, come vedremo – che Engels era un mediocre giudice di uomini. Marx fu senza dubbio in larga misura un “pescatore di uomini”. Egli era più abile del suo compagno a sfruttare i punti forti e i punti deboli degli uomini, e diede prova di questo, ad esempio, nel suo piuttosto difficile lavoro nell’estremamente eterogeneo Consiglio Generale della Prima Internazionale. Comunque, la corrispondenza di Engels è la migliore prova possibile che, mentre non sempre si mosse felicemente nelle sue relazioni personali, questa fu una conseguenza della sua appassionata spontaneità e non della sua incapacità nel comprendere le persone. Kautsky, egli stesso molto miope sulle questioni psicologiche, adduce come esempio dei limiti di Engels a tal proposito, la sua difesa ostinata di Aveling, l’amico della figlia di Marx, un uomo che con tutte le sue indubitabili capacità fu una persona di poco valore. Cautamente ma in modo molto insistente, Kautsky si sforza di fornire l’idea che Engels non diede prova di sensibilità psicologica nei suoi stessi confronti. Questo è il suo scopo nel cercare di sollevare la questione specifica sulle capacità di Engels come giudice di uomini.

Engels ebbe per tutta la vita un atteggiamento par

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