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Le conquiste delle donne nella rivoluzione d’Ottobre

In occasione della campagna del PCR verso l’8 marzo “Rivoluzionarie contro il patriarcato”, pubblichiamo dall’ultimo numero di Rivoluzione questo articolo sulle conquiste delle donne ottennero nella rivoluzione russa. Clicca qui per partecipare all’assemblea nazionale del 7 marzo in presenza dalla tua città.

 

di Matilde Porcari

Schiave nascevamo e schiave morivamo. Così trascorreva la vita di migliaia, di milioni di donne e pareva che quello dovesse essere il loro destino eterno, che non ci potesse mai essere una mano capace di spezzare le loro catene. Ma ecco che, nell’ottobre 1917, apparve una stella rossa, mai vista prima, e fu così che le operaie e le contadine si unirono alla Rivoluzione e che questa cambiò le loro vite.

(Estratto dall’appello del 1921 alla prima Conferenza pan-russa delle attiviste comuniste dell’Oriente alle operaie e contadine della Russia sovietica.)

La Rivoluzione russa superò ogni evento nella storia per quanto riguarda la liberazione delle donne dalla schiavitù della società di classe. I bolscevichi realizzarono conquiste senza precedenti verso una reale emancipazione delle donne, facendo tremare i potenti e ispirando gli sfruttati in tutto il mondo. Non per caso molti diritti, come il voto, sono stati ottenuti dalle donne negli anni immediatamente successivi alla rivoluzione.

Il protagonismo delle donne

Con la carneficina della Prima guerra mondiale e la chiamata al fronte degli uomini, le donne entrarono massicciamente nelle fabbriche, dove acquisirono maggiore coscienza delle condizioni di sfruttamento capitalista e del ruolo che la propria classe sociale poteva giocare nel determinare un cambiamento radicale nella società.

Il 23 febbraio 1917 (8 marzo in base al calendario gregoriano), a Pietrogrado, il governo tentò di impedire i cortei per la giornata della donna scatenando scontri che sfociarono in un’insurrezione che vide protagoniste le operaie tessili e in pochi giorni liquidò il regime zarista.

Con la successiva presa del potere da parte dei bolscevichi, la posizione delle donne mutò radicalmente tramite l’acquisizione di una serie di diritti all’epoca impensabili sotto il capitalismo. Attraverso i soviet, le donne giocarono un ruolo attivo nell’organizzazione della produzione e dei servizi. Per la prima volta avevano la reale possibilità di emanciparsi dalle loro catene.

Il partito bolscevico convocò il congresso delle operaie a Pietrogrado, furono istituite commissioni speciali per educare le donne ai nuovi diritti, venne adottata una legislazione avanzata che, attraverso una maggiore tutela delle donne sul lavoro, favoriva la partecipazione alla vita politica.

Nel dicembre del 1917 fu proposta una nuova legislazione sulla maternità che prevedeva un’assicurazione per malattia e l’istituzione di un fondo assicurativo pubblico per le lavoratrici e le mogli degli operai. Fu introdotto il matrimonio civile, riformato il codice del matrimonio sancendo l’uguaglianza tra marito e moglie ed eliminando la distinzione tra figli legittimi ed illegittimi, le pratiche per il divorzio furono enormemente facilitate.

Nel 1918 nacque il Dipartimento per la protezione della maternità e dell’infanzia che prevedeva: aspettativa di 16 settimane prima e dopo il parto, esenzione da lavori pesanti, divieto di trasferimento e licenziamento per le donne durante la gravidanza, la proibizione del lavoro notturno per donne in gravidanza e puerpere, l’istituzione di cliniche della maternità, ambulatori, consultori e asili. Nel 1920 venne legalizzato l’aborto per la prima volta nella storia.

I bolscevichi e la questione femminile

La strategia del governo sovietico di Lenin per spezzare l’oppressione della donna tra le mura di casa era la socializzazione del lavoro domestico, istituendo una rete capillare di mense e lavanderie collettive, oltre a servizi sociali per l’infanzia. Quella prospettiva resta valida e soltanto l’arretratezza economica ereditata dalla Russia zarista, unita alla mancata estensione della rivoluzione in paesi a capitalismo avanzato, limitò per ragioni oggettive l’azione bolscevica.

Una delle critiche mosse al marxismo dai movimenti femministi è che esso sottovaluti l’oppressione di genere subordinandola a quella di classe e non riconoscendone le specificità. Un approccio serio ed onesto allo studio del bolscevismo mostra che queste affermazioni sono menzogne, come provato dalle conquiste reali della rivoluzione del 1917.

Con lo scoppio della guerra civile nel 1918 divenne ancor più urgente l’organizzazione delle donne negli organismi politici, anche nelle zone più remote. Così, nel 1919 nacque lo Ženotdel, una sezione specifica del Comitato Centrale. La Kollontaj e Lenin chiarirono che il ruolo di questa struttura era portare le donne dentro il partito e coinvolgerle nella vita politica. Per fare ciò, erano necessarie speciali forme di organizzazione e propaganda, date le maggiori difficoltà che esse dovevano affrontare per superare i retaggi materiali e culturali del passato.

Tuttavia, le pesantissime condizioni imposte dall’arretratezza economica della Russia, dall’accerchiamento imperialista e dalla guerra civile rendevano assai arduo garantire le basi materiali per la liberazione della donna e superare i vecchi pregiudizi. La combinazione di questi fattori, che si sarebbero potuti superare solo con l’estensione della rivoluzione proletaria nei paesi a capitalismo avanzato, portò con sé un rallentamento del movimento di emancipazione femminile. Come ebbe a scrivere Trotskij in quegli anni, “L’emancipazione vera e propria della donna è impossibile sul piano della ‘miseria socializzata’”. Malgrado ciò, il Codice di famiglia approvato ancora nel 1926 era il testo più avanzato al mondo ed era il frutto di una discussione di massa nel partito e nella società.

L’azione dei bolscevichi per l’emancipazione femminile faceva parte di una politica generale per l’innalzamento culturale delle masse, volta a fornire gli strumenti per il raggiungimento di una democrazia operaia. Le drammatiche condizioni materiali portarono però all’emergere di una burocrazia in seno allo Stato, processo che subì un’accelerazione con la morte di Lenin nel 1924. Le politiche staliniane, contro le quali Trotskij combatté fin da principio con l’Opposizione di sinistra, minarono le basi del processo di emancipazione femminile che i bolscevichi avevano cominciato e gran parte delle leggi e organismi che miravano a questo scopo vennero aboliti.

Marx ed Engels ne La sacra famiglia scrissero che “Il grado dell’emancipazione femminile è la misura naturale dell’emancipazione universale”. Queste parole sono vere anche oggi. Lo stato di barbarie in cui il sistema capitalistico ha gettato l’umanità può essere superato solo attraverso l’azione cosciente della classe lavoratrice organizzata sotto la bandiera dell’autentico marxismo.

 

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