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L’anarchismo alla prova della storia. Rivoluzione e guerra civile in Spagna

di Mauro Usuelli

 

Ogni tendenza politica del movimento operaio ha trovato, prima o poi, il proprio banco di prova nella storia. Per l’anarchismo è stato sicuramente la rivoluzione e la guerra civile spagnola.

Il marxismo insegna che non esiste idea teorica che non abbia una ricaduta concreta quando si agisce: questo principio è estremamente evidente nel ruolo svolto dalla Cnt-Fai e dalle idee anarchiche negli eventi che sconvolsero la Spagna degli anni ’30.

La Spagna dell’inizio del XX secolo

Agli albori del XX secolo la Spagna era un paese oppresso dal proprio passato: la forza con la quale si era affacciato all’età moderna si tramutava nel suo contrario.

La ricchezza delle colonie aveva dato alla corona il potere di creare un moderno Stato centralizzato dal nulla saltando però la fase della gestazione della società borghese: nel XIX secolo non esisteva alcuna borghesia nazionale in grado di traghettare il paese nell’epoca capitalista. All’inizio del Novecento il 70 per cento della popolazione viveva di agricoltura e la produttività era tra le più basse d’Europa. La predominanza del latifondo lasciava il 30 per cento delle terre incolte e l’industria, dove esisteva, era appena uscita dal periodo manifatturiero, fatta eccezione per Paesi Baschi e Catalogna.

Sul mercato mondiale la Spagna poteva offrire solo prodotti agricoli o materie prime in cambio di manufatti stranieri: tipica fisionomia di un paese semi coloniale. La questione agraria era il grande problema: due milioni di contadini erano senza terra mentre la metà delle terre era posseduta da 50mila grandi e medi proprietari. I 4/5 dei capifamiglia avevano un’entrata giornaliera inferiore a una peseta mentre un grande proprietario contava su un’entrata annua di 18mila pesetas. Tra i più grandi proprietari dobbiamo contare la Chiesa che, coi suoi 80mila preti, frati e monache controllava 11mila proprietà terriere, oltre a banche e imprese di prima importanza come miniere o ferrovie.

Classi sociali e forze politiche

Questo si rifletteva in una società squilibrata, con un enorme sottoproletariato, una grande fascia parassitaria di un milione di latifondisti, proprietari industriali, preti e militari di carriera e a fare da cuscinetto una piccola borghesia di appena un milione e mezzo di individui.Risultato politico era la debolezza delle forze della piccola borghesia liberale e una grande borghesia industriale esigua, confinata nelle regioni produttive e alleata con il grande proprietario terriero, aristocratico e conservatore.

L’esercito, armato con cannoni napoleonici e senza aviazione, era dotato però di moderne mitragliatrici: sistematicamente sconfitto all’esterno, aveva esclusivamente funzione repressiva e le classi dominanti si affidavano ad esso come elemento di stabilità. Aveva il diritto al pronunciamiento, un particolare colpo di Stato pubblico: con un pronunciamento finiva nel 1874 la Prima Repubblica e tornava la monarchia e, sempre col sostegno dell’esercito, nel 1931 Alfonso XIII abdicherà per lasciare spazio alla Seconda Repubblica.

Il movimento operaio: il peso delle idee anarchiche

La Spagna con la sua identità agricola ed una tradizione di jacquerie, banditismo e rivolte agrarie, aveva visto il prevalere nella Prima Internazionale delle idee di Bakunin, che individuava nella piccola borghesia la forza rivoluzionaria e nello scoppio spontaneo e violento delle masse il metodo della trasformazione, a scapito di quelle del socialismo scientifico.Su impulso dell’anarcosindacalismo francese della Confédération générale du travail e facendo perno sulle idee libertarie specialmente diffuse in Catalogna, era nata nel 1911 la Confederación nacional del trabajo, la Cnt. Essa si guadagnò seguito tra i lavoratori organizzando scioperi durante la repressione di Alfonso XIII del ’17 e sotto la dittatura militare di Primo de Rivera.

Nel 1927 venne fondata la Federación anarquista ibérica, Fai, che inizialmente egemonizzò con le idee più specificamente libertarie la stessa Cnt costringendola al metodo dell’avventura e del putsch, mentre dal 1936 sarebbero state le posizioni anarcosindacaliste della Cnt, con il metodo del lavoro di costruzione sindacale tra i lavoratori, a prevalere.La Cnt aveva particolare peso in Catalogna dove era concentrata la metà del proletariato industriale della Spagna. Era presente anche nel resto del paese dove però cedeva spesso la supremazia all’Ugt, Unión general de trabajadores, emanazione sindacale del Partito socialista.

La Seconda Repubblica: instabilità sociale e repressione

La proclamazione della repubblica nel 1931 aveva fatto saltare il tappo alle tensioni accumulate durante gli anni di repressione monarchica e dittatura militare. Una serie di provvedimenti riformisti del governo repubblicano guidato dal liberale Manuel Azaña si erano scontrati con richieste ancora più radicali e scioperi guidati prevalentemente dalla Cnt: una politica di timide riforme non poteva dare una risposta ai problemi profondi dei lavoratori.La sommossa di Casas Viejas l’11 gennaio 1933 fu l’occasione per le classi dominanti per un cambio di passo: al governo ascese la Ceda, Confederazione spagnola delle destre autonome, coalizione di partiti della destra monarchica e nazionalista.Gli anni successivi, dal 1934 al 1935, passeranno alla storia come bienio negro, iniziato con la repressione nel sangue della Comune delle Asturie e proseguito nel segno dalla sistematica repressione contro il movimento operaio.

1936: la vittoria del Fronte popolare e il pronunciamento di Franco

Una serie di scandali che coinvolgevano uomini della coalizione al potere costrinsero il presidente Zamora a sciogliere le Corti e a fissare nuove elezioni per il febbraio del 1936: la radicalizzazione sociale, portato della repressione del bienio negro, creò attorno ad esse un clima rovente.La legge elettorale maggioritaria spinse alla costituzione di due blocchi: quello di sinistra, pur vedendo la presenza dei partiti repubblicani oltre a quelli operai ed essendo caratterizzato da un timido programma riformista, avanzava però rivendicazioni, come la totale amnistia per gli insorti del ’34, che giustificarono il montare attorno ad esso di una vera mobilitazione popolare.Persino la Cnt-Fai si esimette dal caratteristico appello anarchico al non voto: quei voti segnarono la vittoria del fronte.Azaña venne eletto Presidente della Repubblica e il governo fu affidato al repubblicano Santiago Casares Quiroga.

I lavoratori galvanizzati assaltarono le prigioni e liberarono i detenuti del ’34. Nelle campagne la situazione era ancora più rivoluzionaria: i contadini affamati di terra cominciarono ad occupare quelle dei latifondisti mentre il 17 aprile a Madrid gli operai iniziarono un grandioso sciopero generale.Scontri fra lavoratori e guardia civile e interventi terroristici della Falange, organizzazione di ispirazione fascista, erano all’ordine del giorno: fu in questo clima che si collocò il pronunciamento di Franco.Il mattino del 17 Luglio 1936 il generale Franco si impossessò del Marocco ed emanò, per radio, il suo proclama alle guarnigioni dell’esercito affinché prendessero il potere.

I lavoratori salvano la Spagna

Mentre la ribellione conquistava Siviglia, parte dell’Andalusia e il Nord Ovest del paese, il governo repubblicano diffondeva comunicati rassicuranti. I sindacati chiesero di armare i lavoratori ma Quiroga restò sordo alla richiesta: tutto sommato i repubblicani temevano molto di più la rivoluzione del fascismo.

Nella serata del 18 luglio la Cnt e l’Ugt proclamarono lo sciopero generale mentre Quiroga si dimetteva e veniva formato un governo con a capo Martinez Barrio, Presidente delle Corti.Mentre il governo Barrio restava come il precedente sordo alla richiesta di armare i lavoratori, la ribellione si diffuse e conquistò l’Andalusia, Saragozza e Oviedo.Un primo scacco alla ribellione venne dai marinai. Quasi tutti lavoratori in armi presero il controllo delle navi: mentre nei piani degli insorti avrebbero dovuto trasportare le truppe marocchine, famigerate per aver schiacciato nel sangue la rivolta delle Asturie, restarono invece all’ancora nella rada di Tangeri.

La vera sconfitta fu inferta però dai lavoratori di Barcellona: nonostante anche la Generalidad (il governo autonomo della Catalogna) si rifiutasse di armare i lavoratori, essi scesero in strada ugualmente per affrontare le truppe ribelli a mani nude o con armamenti di fortuna. La Cnt fece distribuire le proprie scorte di armi e i suoi miliziani conquistarono la centrale telefonica, centro nevralgico per le comunicazioni nel paese. La stessa cosa si ripetè, pur con diversi equilibri di forze, anche a Madrid, Malaga e nei Paesi Baschi mentre a Valencia la guarnigione non si sollevò. La sera del 20 la polvere si posò e le posizioni erano definite. Gran parte del paese non era in mano ai ribelli: il pronunciamento di Franco era fallito.

Rivoluzione!

Il marxismo insegna che, a volte, è necessaria la frusta della controrivoluzione affinché la rivoluzione possa avanzare: il tentativo di colpo di Stato aveva creato una situazione di dualismo di poteri. Ovunque i lavoratori avessero sconfitto i militari avevano il potere nelle mani. L’esercito era passato o dalla parte di Franco o dei lavoratori: la legalità repubblicana era sgretolata. Il potere era nelle strade e i lavoratori si organizzarono per raccoglierlo: si formarono innumerevoli comitati che governavano quartieri, città e province.

Il punto più avanzato di questo processo era la proletaria Catalogna. Lo scrittore Franz Borkenau definì Barcellona “bastione della Spagna sovietica”, cioè dei consigli operai, mentre il sindacalista francese Robert Luzon lasciò una vivida descrizione della Barcellona di quei giorni: “Appena attraversata la frontiera venite fermati da uomini armati. Chi sono questi uomini? Operai. Sono miliziani cioè operai vestiti come sempre, ma armati di rivoltella con un bracciale che indica la loro funzione o il potere da essi rappresentato. (…) Sono loro che decideranno di non lasciarvi entrare, oppure di riferire al Comitato. Il Comitato è un gruppo che risiede nel vicino villaggio dove esercita tutti i poteri. È il Comitato che assicura le funzioni municipali abituali, che ha formato la milizia locale, che l’ha armata, che provvede ad alloggiarla e a mantenerla con le risorse ricavate da un contributo imposto a tutti gli abitanti.”1

Le imprese, in Catalogna più che nel resto della Spagna, vennero collettivizzate o requisite dai lavoratori mentre nel paese furono requisiti e collettivizzati i tre quarti delle terre.

Perché la Cnt non prese il potere

I lavoratori catalani, organizzati in massima parte nella Cnt, avevano il potere nelle loro mani. Perché la Cnt non lo prese ufficialmente?

Diego Abad de Santillán, dirigente Fai, fornì questa testimonianza. Il 21 luglio, dopo la vittoria di Barcellona, i rivoluzionari giunsero al palazzo della Generalidad e vennero accolti dal Presidente Companys con queste parole: “Avete vinto. Tutto è nelle vostre mani. Se non avete più bisogno di me come presidente della Catalogna, o se non mi volete più, ditelo subito. Mi batterò contro i fascisti come semplice soldato. Ma se invece pensate che da questo posto (…) io possa essere utile alla lotta che prosegue in tutta la Spagna e della quale non sappiamo quando e come finirà: allora potete contare su di me, sul mio partito, sul mio nome e sul mio prestigio.2

Companys non poteva fare altrimenti, la realtà era troppo netta per poterla negare, ma a quel punto la Cnt accettò e si mise al servizio del governo.

I dirigenti Cnt-Fai ebbero le loro difficoltà a spiegare questa scelta ai lavoratori e Santillan affermò:

Potevamo restare noi soli, potevamo imporre la nostra volontà assoluta, dichiarare decaduta la Generalità ed instaurare al suo posto il vero potere del popolo, ma come non credevamo alla dittatura quando essa veniva esercitata contro di noi, così non la desideravamo quando potevamo esercitarla noi stessi a spese degli altri. La Generalità sarebbe rimasta al suo posto con il presidente Companys alla testa e le forze popolari si sarebbero organizzate militarmente per continuare la lotta per la liberazione della Spagna.3

Il collasso della rivoluzione

Il dualismo di poteri non può durare in eterno. Se le forze della rivoluzione non trionfano saranno prima o poi ricacciate indietro e saranno le stesse contraddizioni scaturite da una rivoluzione fatta a metà a maturare le conseguenze che la destabilizzeranno facendola regredire. La collettivizzazione delle terre e delle fabbriche mise soprattutto la Cnt, che ne gestiva la maggior parte, di fronte ai problemi pratici dovuti al fatto che questi elementi di una società nuova permanevano entro il quadro dello Stato borghese. La collettivizzazione delle fabbriche, ad esempio, non potendo diventare nazionalizzazione, creava cooperative di lavoratori che si dividevano il sovraprodotto in modo ineguale, generando differenziazioni interne alla stessa classe lavoratrice. Oppure con che soldi far funzionare le fabbriche collettivizzate dato che il credito era rimasto nelle mani dello Stato e della borghesia?

Proprio in Catalogna, dove aveva toccato il suo massimo, la rivoluzione cominciò a crollare sotto il peso delle sue contraddizioni: i comitati nati nel pieno dell’azione rivoluzionaria, non avendo preso il potere, come sarebbe invece inscritto nella loro natura, cominciarono a trasformarsi in organismi parassitari che giravano su se stessi senza scopo e la Cnt, che aveva in mano le fabbriche, non potè esimersi dall’entrare nel Consiglio per la centralizzazione dell’attività economica, organismo di collaborazione di classe messo in piedi da Companys nell’agosto del ’36.

La ricostituzione dello Stato

Dove i repubblicani fallirono fu un socialista, il popolare leader della Ugt Largo Caballero, a riuscire: i socialisti capirono che solo un uomo visto come riferimento dai lavoratori poteva far ingoiare loro la restaurazione della legalità repubblicana. Caballero era un centrista, si muoveva senza principi tra rivoluzione e riformismo: messo di fronte all’opportunità di salvare la rivoluzione costituendo un governo dei soli partiti operai che escludesse le forze di classe aliene, rinunciò di fronte alle pressioni di Francia e Inghilterra e alla Russia che minacciava di lasciare una Spagna rivoluzionaria sola di fronte a Franco.

Caballero non si fidava abbastanza della forza dei lavoratori spagnoli e del proletariato internazionale che li avrebbe seguiti, con l’obiettivo di fare fino in fondo la rivoluzione e sconfiggere il fascismo.Preferì fidarsi delle promesse delle potenze imperialiste: fermare la rivoluzione e sconfiggere Franco con le armi russe. Dopo un’iniziale resistenza, il 13 settembre entrarono nel governo repubblicano di collaborazione di classe quattro ministri della Cnt. Santillan giustificò questo cedimento dalle posizioni libertarie con un prodigioso funambolismo retorico:

La Cnt è sempre stata per principio e per convinzione antistatista e nemica di ogni forma di governo… ma le circostanze attuali hanno cambiato la natura del governo e dello Stato spagnolo, (…) il governo ha cessato di essere una forma di oppressione contro la classe operaia nel momento in cui lo Stato non è più l’organismo che divide la società in classi. L’uno e l’altro cesseranno ancora di più di opprimere il popolo grazie all’intervento della Cnt nei loro organi.4

Non distinguendo un governo dei lavoratori da un governo borghese, la Cnt rifiutò di prendere il potere. Essa non realizzava la dittatura del proletariato per paura di opprimere qualcuno ma avendo così fermato la rivoluzione a metà, nel momento del riflusso dovette accettare di entrare in un governo di collaborazione di classe destinato a ricostituire il sistema di oppressione borghese contro la classe operaia.

Il 26 settembre anche la Cnt catalana cedette facendo entrare nella Generalidad tre ministri anarchici. Caballero riuscì a ricostituire lo Stato con il metodo della stabilizzazione: le strutture e gli uomini della rivoluzione vennero fatti entrare nell’apparato statale legittimandolo e le conquiste rivoluzionarie vennero riconosciute dalle leggi borghesi. Il principio legittimante tuttavia non era più la forza degli operai in armi ma la legalità borghese.

I fatti del maggio ’37: l’ultimo sussulto della rivoluzione

La caduta di Malaga l’8 febbraio fu l’occasione per un attacco in grande stile contro il governo Caballero. Lo Stato si reggeva saldo sulle gambe e la borghesia voleva farla finita con la rivoluzione: su questa strada Caballero era ormai solo un intralcio. All’inizio del 1937 però, la situazione economica disastrosa, l’aumento del costo della vita che raddoppiava a fronte di aumenti salariali solo del 15%, misero le basi per una nuova situazione rivoluzionaria.

La Cnt vide una radicalizzazione della sua giovanile, la Juventud libertaria, mentre al suo interno nacque la corrente di sinistra degli Amici di Durruti. Fu ancora una volta la Catalogna la regione nella quale lo spirito rivoluzionario era più vivo e quindi da reprimere: lo strumento fu il partito stalinista catalano, il Psuc.

Lunedi 3 maggio 1937 Rodrigue Salas, commissario dell’ordine pubblico e militante Psuc, si recò alla centrale telefonica, su cui sventolava la bandiera della Cnt dal luglio ’36 e che era presidiata da miliziani anarchici, con tre camion di armati. La notizia si diffuse e subito si innescò uno sciopero generale spontaneo mentre per le strade di Barcellona si erigevano barricate.

Il 4 maggio Barcellona era di nuovo nelle mani dei lavoratori. L’azione era sostenuta dagli Amici di Durruti e dalla Juventud anarchica, ma non da Cnt e Fai che diffusero appelli alla pacificazione. Nel pomeriggio arrivarono in aereo due dei ministri anarchici del governo centrale che alla radio invitarono i lavoratori a lasciare le barricate.

Il 5 maggio i lavoratori resistevano ancora ma la radio diffuse il testo degli accordi tra Generalidad e comitato regionale Cnt, mentre i dirigenti Cnt persuasero le colonne anarchiche che stavano marciando su Barcellona a fermarsi. Solo gli Amici di Durruti invitavano a continuare la lotta ma la Fai li sconfessò pubblicamente come “agenti provocatori”.

Giovedi 6 maggio l’ordine fu ristabilito. I fatti di Barcellona suonarono le campane a morto non solo sulla rivoluzione ma anche sul governo di Caballero: il 17 maggio lo sostituì il comunista Negrin a capo di un governo di coalizione repubblicano, socialista e comunista. Le leggi repressive, i processi sulla falsariga di quelli di Mosca istituiti grazie alla longa manus dell’Nkvd, i servizi segreti stalinisti attivissimi in Spagna, spensero definitivamente le forze rivoluzionarie. Il punto è che coloro i quali furono in grado di uccidere la rivoluzione non furono altrettanto capaci con il fascismo.

Conclusioni

La sconfitta della rivoluzione spagnola non può essere imputata alla scarsa volontà di lotta dei lavoratori, tanto meno alla base di massa delle organizzazioni anarchiche. I lavoratori della Cnt-Fai dimostrarono coraggio e intuito rivoluzionario: laddove i propri dirigenti si ritiravano essi spontaneamente andavano avanti, si organizzavano e creavano, pur senza mai chiamarli col loro nome, gli organismi del potere sovietico. Neppure i dirigenti caddero per i propri limiti personali: agirono semplicemente in conformità alle idee della tradizione anarchica e anarcosindacalista.

L’anarchismo condivide con il marxismo l’esigenza di abbattere lo Stato, organismo della dominazione di classe, mediante una rivoluzione. Su cosa debba essere, in concreto, una rivoluzione cominciano però il buio e la nebbia. Gli anarchici rifiutano l’idea della dittatura del proletariato e dell’oppressione organizzata della maggioranza degli sfruttati contro la minoranza degli sfruttatori e immaginano che il giorno dopo la rivoluzione chi è cresciuto nella società capitalista impari dall’oggi al domani un modo di vita diverso mentre i capitalisti espropriati accettino cavallerescamente la sconfitta.

Nel mezzo degli eventi storici la dittatura del proletariato è semplicemente un’esigenza concreta: si impone da sé. Gli anarchici ebbero in mano il potere nel luglio del ’36 ma non lo raccolsero: quando la rivoluzione cominciò a decrescere non poterono fare altro che collaborare con il potere borghese che non vollero abbattere per paura di sporcarvisi le mani. A Barcellona, mentre ancora gli operai resistevano sulle barricate, il 5 maggio ’37, la Cnt diffondeva questo comunicato:

La Cnt e la Fai continuano a collaborare lealmente come per il passato con tutti i settori politici e sindacali del fronte antifascista. La miglior prova di ciò è che la Cnt continua a collaborare con il governo centrale, quello della Generalità e con tutte le municipalità.

Di fronte ad un processo reale dove forze vive si confrontano, le posizioni idealistiche cadono: o si prende il potere abbattendo lo Stato oppure non lo si fa ma non si può restare sospesi a mezz’aria e nutrire la realtà di idee e di suggestioni romantiche. Questa è la lezione dei fatti di Spagna e del ruolo giocato in essi dalle idee dell’anarchismo.

 

Note

1 Pierre Broué, Emile Témime, La rivoluzione e la guerra di Spagna, Milano, Oscar Saggi Mondadori, 1980, p.133.

2 ibidem, p.137.

3 ibidem, p.138.

4 ibidem, p.227.

5 Felix Morrow, Rivoluzione e controrivoluzione in Spagna, Milano, Reprint GiovaneTalpa, 2002, p. 115.

 

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