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I marxisti e il controllo operaio

di Alessio Vittori

Nel dibattito politico ed economico dei paesi capitalisti, il tema delle nazionalizzazioni si presenta ciclicamente allo scoppiare di una delle crisi a cui vanno periodicamente incontro le economie di mercato e che mettono in dubbio la stabilità delle grandi o piccole entità economiche controllate dai capitalisti.

Attualità del dibattito attorno alle nazionalizzazioni

In Italia, l’ultima volta che è divampata una discussione generale nella società sulle nazionalizzazioni è stato attorno all’ennesima esplosione della crisi alle acciaierie di Taranto e al crollo del ponte Morandi.

La richiesta di nazionalizzare Ilva e Autostrade è stata portata avanti in maniera fugace e anche stavolta ci si è limitati ad evocare un generico controllo pubblico.

I marxisti hanno sempre inteso la rivendicazione delle nazionalizzazioni con una appendice fondamentale: sotto controllo operaio e senza indennizzo.

A questo proposito, il tenore penoso del dibattito riguardo alla revoca delle concessioni ad Autostrade, con la richiesta di risarcire un’azienda che aveva lucrato per anni alle spalle della sicurezza di milioni di cittadini, dimostra quanto solo il movimento operaio, all’interno di un programma più generale di trasformazione della società, può portare seriamente avanti questa rivendicazione.

Più di recente, l’attuale emergenza sanitaria ha fatto tornare in auge l’argomento della completa ri-nazionalizzazione del sistema sanitario nazionale che, in Italia, ha vissuto trent’anni di progressivo smantellamento e distruzione, fino ad essere completamente travolto dall’attuale pandemia. La gestione del Sistema Sanitario Nazionale, e di tutti i servizi pubblici essenziali, dev’essere affidata ai lavoratori, affiancati dagli utenti in comitati unitari.

Perchè i marxisti rivendicano il controllo operaio? E in quale prospettiva dev’essere inserito?

Durante gli scioperi del marzo 2020 contro l’arroganza di Confindustria, che voleva a tutti i costi tenere aperte più fabbriche possibili, c’è stata, da parte dei lavoratori, una crescita nella coscienza del proprio ruolo. Si è visto in diversi settori della classe, in Italia e non solo.

Dopo questa esplosione spontanea di lotta, diversi delegati dei settori pubblici essenziali hanno riportato di aver visto aumentare, nei lavoratori, la consapevolezza di una necessità che cominciava a farsi strada: iniziare a discutere di un controllo vero sui metodi e le procedure di lavoro.

In generale, se in una prima fase, si è dedicata maggiore attenzione alla sicurezza sul lavoro, in una seconda fase si è cercato di controllare il più possibile le attività produttive come mezzo per tutelare la propria salute e sicurezza.

Emblematica, in quest’ottica, l’esperienza della General Electric. La direzione aziendale voleva inizialmente mettere in cassa integrazione il 10 per cento dei lavoratori. Come risposta, i lavoratori hanno chiesto la riconversione della produzione, per iniziare a fabbricare respiratori polmonari, riassorbendo allo stesso tempo quel 10 per cento di lavoratori che erano destinati ad uscire dalla produzione.

Soviet e controllo operaio

Se la Comune di Parigi del 1870 fu il primo tentativo nella storia di instaurare la dittatura del proletariato, è con la rivoluzione in Russia del 1905 che fanno la loro comparsa sulla scena della storia i Soviet, organismi che rappresentano in maniera genuina e spontanea il potere delle masse.

Nelle parole di Trotskij:

“I Soviet dei Deputati operai sorsero come risposta ad una esigenza oggettiva (…) per una organizzazione che fosse autorevole senza avere una tradizione (…) che facesse confluire in un punto le correnti rivoluzionarie all’interno del proletariato, che fosse capace di prendere l’iniziativa, che controllasse automaticamente se stessa e, soprattutto, che potesse sorgere dal nulla in non più di ventiquattro ore.”1

In una lettera all’Opposizione di sinistra sul controllo operaio, Trotskij interviene per spiegare come combinare le rivendicazioni sulla costituzione dei Soviet, da una parte, e del controllo operaio dall’altra.

Rispetto al sistema del controllo operaio, il rivoluzionario russo pone una domanda determinante:

“Si può prospettare il regime di controllo operaio sulla produzione come un regime stabile, ovviamente non eterno, ma abbastanza lungo?”2

Solo se poggia sulla collaborazione e non sulla lotta di classe, il regime di controllo operaio, in un regime capitalista, può avere le caratteristiche della stabilità. Una collaborazione di classe che, ovviamente, porterebbe ad una completa subordinazione dei lavoratori, e dei loro rappresentanti, a quelli del capitale.

È il modello tanto sbandierato dal capitalismo tedesco con la presenza dei sindacati dentro ai consigli di amministrazione. Uno specchietto per le allodole per abbellirne la subordinazione agli interessi dei capitalisti.

Un’idea a cui ora allude anche il segretario della CGIL Landini che, sulla stampa italiana, si è spinto ad immaginare

“Una nuova contrattazione collettiva come strumento per disegnare un modello nel quale imprese e lavoratori abbiano pari dignità. Dobbiamo immaginare un modello nel quale chi lavora possa partecipare e dire la sua sulle decisioni che lo riguardano e definiscono le future strategie.”3

I marxisti però non intendono il controllo operaio come una forma di collaborazione con la borghesia, per fornire le conoscenze operaie allo scopo di far funzionare meglio il sistema. Il controllo operaio serve per sfidare la borghesia. Per strapparle il comando in fabbrica e poi all’interno dello Stato. Significa contrapporre il potere operaio a quello dei padroni. Un sistema di dualismo di poteri che, in un modo o nell’altro, dovrà essere risolto.

Sul dualismo di poteri

Nelle Tesi d’Aprile, Lenin dà la sistematizzazione più compiuta al tema del dualismo di poteri. I Soviet, che avevano fatto la loro comparsa sulla scena della storia con la rivoluzione del 1905, erano l’espressione più genuina delle aspirazioni di emancipazione delle proprie condizioni di vita e di lavoro del proletariato russo, nel 1917, tra la rivoluzione di febbraio e quella di ottobre.

Tra la fase democratico-borghese della rivoluzione e la presa del potere dell’ottobre, Lenin invitava i militanti del partito bolscevico

“A riflettere sul significato dei Soviet dei deputati, degli operai e dei soldati. Nella misura in cui esistono i Soviet, nella misura in cui essi sono il potere, esiste oggi in Russia uno Stato del tipo della Comune di Parigi.”4

Lenin rimarcava l’utilizzo dell’espressione “nella misura in cui”, a sottolineare che il potere operaio espresso nei Soviet era in embrione. In sostanza, i Soviet rappresentavano il primo stadio di sviluppo della nuova società dentro la vecchia.

Dopo la vittoria dei bolscevichi in Russia, le tesi sul controllo operaio in fabbrica e sul governo operaio nella società furono centrali nel quarto congresso della Terza Internazionale, durante il quale (così come durante il terzo congresso) i dirigenti del partito bolscevico, che avevano appena preso il potere, provarono a generalizzare le lezioni dell’ottobre per poter arrivare alla rivoluzione socialista a livello internazionale.

Rimasta senza un esito vittorioso l’ondata rivoluzionaria degli anni 1919-1921 in Ungheria, Italia e Germania, Lenin e Trotskij trasferirono la loro principale attenzione dall’obiettivo immediato della presa del potere a quello della conquista delle masse. A questo scopo, svilupparono una serie di rivendicazioni tra cui quelle che rientrano nell’oggetto di questo articolo.

Rafforzare la propria influenza nelle fabbriche e appoggiare il movimento dei comitati di fabbrica, o prendere l’iniziativa di avviarlo, erano considerati tra i maggiori compiti di fronte a ogni partito comunista. In questo quadro, l’instaurazione del controllo operaio sulla produzione era vista come il primo passo per conquistare gli operai alla causa della rivoluzione mondiale e mostrare che la classe operaia deve organizzarsi per combattere la borghesia.

Controllo operaio e governo operaio

Il governo operaio può scaturire dalla generalizzazione della direzione proletaria sulla produzione e viene visto come una possibilità, non una necessità. In quest’ottica viene elaborato il suo programma minimo:

Il più elementare programma di un governo operaio deve consistere nell’armamento del proletariato, nel disarmo delle organizzazioni borghesi controrivoluzionarie, nell’instaurazione del controllo sulla produzione, nel far cadere sui ricchi il peso determinante delle tasse e nel fiaccare la resistenza della borghesia controrivoluzionaria5

Se il controllo della borghesia sulla produzione è sempre il controllo dei capitalisti in fabbrica, e ogni governo borghese è anche un governo capitalista, non è altrettanto automatico che il controllo operaio sulla produzione e il governo operaio siano strumenti di controllo e governo autenticamente proletari.

Sono tentativi della classe operaia, nel quadro e anzitutto coi mezzi della democrazia borghese, di condurre una politica operaia appoggiandosi agli organismi e ai movimenti proletari di massa. La dittatura proletaria invece fa coscientemente esplodere il quadro della democrazia, distrugge l’apparato dello Stato democratico, per sostituirlo nella sua totalità con organismi proletari.

Il controllo e il governo operaio non rappresentano una rivoluzione semplificata né un surrogato del nuovo Stato operaio, ma hanno senso solo se danno inizio ad un periodo di lotta del proletariato contro la propria borghesia.

I consigli di fabbrica e l’autunno caldo

Le tesi del secondo congresso della Terza Internazionale dedicate ai consigli di fabbrica (gli organismi che, in quegli anni, in Italia e in Germania più si avvicinavano ai Soviet che avevano preso il potere in Russia) iniziano sottolineando come il controllo operaio sulla produzione sia lo scopo immediato dei comitati di fabbrica e di officina contro il capitalismo.

Sul rapporto tra consigli di fabbrica e sindacati, queste tesi chiariscono come gli uni non sostituiscono gli altri.

“Allo stato attuale i sindacati già rappresentano organi di combattimento centralizzati, benché non inglobino masse operaie così larghe come quelle che i consigli degli operai dell’industria possono abbracciare grazie alla loro organizzazione, accessibile a tutte le iniziative degli operai.”6

Merita di essere riportata la proposizione centrale del programma dei consigli di fabbrica elaborata dagli operai metallurgici di Torino nel 1919:

“I Consigli incarnano invece il potere della classe lavoratrice organizzata per officina, in antitesi con la autorità padronale che si esplica nell’officina stessa; socialmente incarnano l’azione di tutto il proletariato solidale nella lotta per la conquista del potere pubblico, per la soppressione della proprietà privata.”7

L’esplosione di lotta di classe vissuta in Italia nell’Autunno caldo del 1969 fu accompagnata dalla formazione di organismi di democrazia operaia, i consigli di fabbrica, nelle più importanti realtà industriale protagoniste di quella esplosione operaia.

In un volantino di delegati di squadra delle Ausiliarie di Mirafiori alla Fiat, di qualche mese prima, si legge:

“In tutte le squadre, in tutti i reparti, dobbiamo fare assemblee e nominare i delegati per usare la forza dello sciopero e dell’unità per modificare completamente le nostre condizioni di lavoro, esercitando il controllo operaio.”8

I delegati operai possono trattare con tutta la gerarchia di fabbrica, dal capo reparto fino al capo del personale. I loro compiti sono quelli di trattare fino in fondo tutti i problemi della produzione e di non limitarsi a controllare un singolo aspetto, ma intervenire in tutte le sue implicazioni.

Questi passaggi non possono che richiamare alla mente la funzione che stanno assumendo oggi gli RLS, i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, che debbono controllare tutti gli aspetti dell’organizzazione del lavoro nel comparto sanitario, in una scuola come in fabbrica o in un altro posto di lavoro, particolarmente dopo l’esplosione dell’emergenza sanitaria nei primi mesi del 2020.

Come gli RLS debbono intervenire in tutti gli aspetti del lavoro così le RSU (rappresentanze sindacali unitarie) non possono limitarsi a ratificare che il capo del personale e i dirigenti di un posto di lavoro hanno fatto tutto quello che era nelle loro possibilità per garantire la sicurezza dei lavoratori o, peggio, di dare consigli o aggiungere dettagli su singole questioni.

RLS ed RSU debbono avere la prima e ultima parola e stabilire se l’organizzazione del lavoro risponde agli interessi dei lavoratori come primo passo verso una nuova coscienza da parte di tutti i lavoratori di quello che deve essere il proprio ruolo, in fabbrica e nella società.

Esattamente quanto accaduto durante l’Autunno caldo.

Una stagione nella quale, la via verso la presa del potere in Italia fu intralciata dalla mancanza di un partito rivoluzionario in grado di organizzare l’avanguardia del proletariato e raccogliere i settori più avanzati della classe; combinando il lavoro di costruzione del partito con l’intervento nei consigli operai (organismi che rappresentano tutta la classe in situazioni rivoluzionarie) e nei sindacati (strutture che difendono interessi diretti e fondamentalmente economici della classe operaia).

La necessità del controllo operaio oggi

Viviamo un’epoca che ha smascherato il cinismo di questo sistema economico, in cui la classe dominante non è disposta a sacrificare un centesimo dei propri profitti per tutelare la sicurezza e la salute di milioni di lavoratori.

Sono venute a galla le inefficienze e il malaffare che la fanno da padroni in un settore decisivo come quello della ricerca scientifica legata allo sviluppo dei vaccini.

In questo sistema economico è il profitto la ruota che fa muovere tutti gli ingranaggi. Ma quegli ingranaggi non si sposterebbero di un millimetro se non fosse per l’opera della classe operaia. Allora è venuto il momento di dire che a decidere cosa, come, quanto e quando produrre debbono essere i lavoratori, attraverso appositi consigli eletti a livello d’azienda, provinciale e poi nazionale.

Se solo pensiamo agli scandali e al malaffare che in Italia hanno contraddistinto la gestione di Autostrade – la vergognosa mancanza di manutenzione mentre si intascavano miliardi di euro (soldi dello Stato e dei milioni di lavoratori che si spostano in macchina) – non è difficile comprendere come solo il controllo operaio può aprire il libro nero delle truffe e degli scandali di cui sono protagonisti gli esponenti della classe dominante.

Sviluppare forme di controllo operaio, coordinarle e diffondere, istituire consigli e comitati operai intesi non come una forma di rappresentanza fine a se stessa, ma come organismi di lotta che si contrappongono al padrone in fabbrica e alla classe dominante nella società, sarà il modo migliore – e l’unico all’altezza dei compiti del futuro – per sfidare il potere della borghesia e contrapporvi l’idea di una trasformazione socialista della società, basata sul potere operaio e sui suoi organismi consiliari.

 

Note

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1. Trotskij, 1905, La Nuova Italia 1971, p. 110

2. Citato nell’articolo di Trotskij “Il controllo operaio sulla produzione

3. Intervista di Maurizio Landini, segretario nazionale CGIL, a La Repubblica del 16/05/2020

4. Lenin, Sul Dualismo di Potere in Opere scelte, vol. 2; Edizioni Progress 1982

5. Risoluzione sulla tattica del IV Congresso dell’Internazionale Comunista, in IV Congresso dell’Internazionale Comunista, Tesi Manifesti Risoluzioni, Samonà Savelli 1971

6. L’internazionale Comunista sui consigli di fabbrica, appendice n. 2 sul secondo numero della rivista In difesa del Marxismo (2000)

7. 1919: Il programma dei consigli di fabbrica, appendice n. 4, ibidem.

8. Democrazia operaia – Volantino dei delegati di squadra delle Ausiliari di Mirafioni a fine maggio 1969, ibidem

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