Gran Bretagna: Intifada fino alla vittoria! – Una risposta comunista a The Telegraph

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Gran Bretagna: Intifada fino alla vittoria! – Una risposta comunista a The Telegraph

I nostri compagni in Gran Bretagna sono stati attaccati dall’establishment e dai loro portavoce sui media per aver osato sfidarli,  mostrando solidarietà al popolo palestinese e proponendo una lotta di massa contro l’imperialismo. Non ci faremo intimidire.

Questa mattina (18 ottobre, ndt), il quotidiano The Telegraph ha attaccato apertamente i comunisti e i marxisti nelle università del Regno Unito per aver espresso solidarietà alla Palestina.

Il portavoce del Partito Conservatore ha pubblicato un articolo che collega il nostro slogan “intifada fino alla vittoria” con il sostegno a Hamas e la potenziale violenza antisemita. Questa è una calunnia grottesca.

Nell’articolo si afferma che chiunque utilizzi questo slogan rischia fino a 14 anni di carcere. Questa è una bugia bell’e buona.

Un’intifada è una rivolta di massa da parte di un popolo oppresso. Il suo significato letterale è “scuotersi”.

La parola ha una lunga storia associata alla lotta degli oppressi, soprattutto in Palestina. Incarna l’idea di un movimento di un intero popolo. Il suo carattere di massa in passato –vedi la prima intifada del 1987– ha significato scioperi generali e disobbedienza civile.

Abbiamo richiesto una consulenza legale specifica su questo slogan, che afferma: “L’uso della parola ‘intifada’ non è un incitamento alla violenza”. (Professor David Renton, avvocato, Garden Court Chambers)

The Telegraph usa bugie e calunnie per attaccare i comunisti dal momento che stiamo smascherando la complicità del governo britannico nei crimini di guerra di Israele, ponendo l’attenzione sulle bugie dei media sulla Palestina e organizzando i giovani ad agire contro l’imperialismo britannico, che ha la reale responsabilità della violenza in Medio Oriente.

Le prime pagine di The Telegraph negli ultimi giorni, nel frattempo, hanno celebrato gli attacchi israeliani a Gaza e il loro sostegno da parte delle navi da guerra statunitensi. Il giornale si è unito al coro dei media occidentali e del sostegno dello stato alla ferocia dell’IDF e del regime di Netanyahu.

È The Telegraph che incita alla violenza, non i comunisti.

The Telegraph non ci intimidisce. È uno straccio di destra che non parla a nome di nessuno tranne che dei suoi ricchi proprietari conservatori.

In risposta a questo attacco, noi comunisti raddoppieremo i nostri sforzi per sostenere la Palestina lottando per rovesciare il governo imperialista britannico. Invitiamo chiunque voglia aiutarci a contattarci immediatamente.

PALESTINA LIBERA!

INTIFADA FINO ALLA VITTORIA!

18 ottobre 2023

 

(di seguito gli articoli e le risoluzioni sulla repressione delle istituzioni nelle università britanniche)

 


Gran Bretagna: l’establishment contro la Palestina – La libertà di parola sotto attacco

In tutta la Gran Bretagna è scoppiato un movimento di solidarietà con la Palestina. Ma a tutto ciò si contrappone una risposta repressiva da parte delle autorità, poiché la classe dominante cerca di mettere a tacere il dissenso e il dibattito. I lavoratori e i giovani devono mobilitarsi in segno di sfida.

L’establishment britannico ha immediatamente represso i tentativi dei lavoratori e dei giovani di mostrare solidarietà alla lotta palestinese, in un attacco sfrontato e diretto alla libertà di parola.

In una lettera agli alti funzionari della polizia, il ministro degli interni conservatore Suella Braverman ha esortato gli agenti ad agire – e a usare “tutta la forza della legge” – contro i manifestanti che sventolano bandiere palestinesi o gridano slogan filo-palestinesi.

Coloro che osano opporsi all’imperialismo israeliano sono stati accusati di razzismo, con i politici capitalisti e i media che confondono cinicamente la critica al sionismo con l’antisemitismo.

Allo stesso tempo, in un’altra dimostrazione di ipocrisia ripugnante, i Conservatori e i loro portavoce hanno denunciato i sostenitori della libertà palestinese come “simpatizzanti del terrorismo”.

Un giovane manifestante a Manchester è già stato arrestato dalla polizia per aver indossato la bandiera palestinese e per “disturbo della quiete pubblica”, mentre altri passanti in St Peter’s Square – sede del famigerato massacro di Peterloo – sono stati minacciati di arresto.

L’obiettivo del governo è chiaro: intimidire e mettere a tacere coloro che cercano di combattere l’ingiustizia; chiudere ogni dibattito sulla questione dell’aggressione israeliana e dell’occupazione della Palestina.; fornire sostegno incondizionato e incrollabile agli alleati imperialisti della Gran Bretagna in Medio Oriente.

Repressione nei campus

Questo attacco ai diritti democratici fondamentali si sta verificando anche nei campus del Regno Unito.

In risposta all’ultima escalation del conflitto israelo-palestinese, negli ultimi giorni, gli attivisti studenteschi organizzati con la Tendenza Marxista Internazionale (TMI) hanno tentato di lanciare campagne di solidarietà con la Palestina nelle università di tutto il paese.

Ciò include: rilasciare dichiarazioni pubbliche a sostegno della lotta dei giovani palestinesi; portare gli studenti alle manifestazioni che si svolgono nelle città e nei paesi britannici; e organizzare riunioni di solidarietà e manifestazioni nei campus per discutere della crisi in corso in Medio Oriente. Ma queste azioni sono state accolte con il pugno di ferro.

Facendo eco all’appello di Braverman per un approccio duro da parte della polizia nei confronti dei sostenitori palestinesi, la segretaria all’istruzione conservatrice Gilian Keegan ha scritto ai rettori universitari, invitandoli ad “agire in modo rapido e deciso” contro gli studenti sospettati di sostenere “implicitamente o esplicitamente il terrorismo”.

“Abbiamo visto prove di un certo numero di società studentesche che supportano i Palestinesi inviando messaggi incendiari che mostrano sostegno per Hamas” si legge nella lettera di Keegan ai rettori. “Questo, come sapete, è un’organizzazione terroristica proscritta.

Spinti dalle mosse repressive dei conservatori, dal torrente di propaganda imperialista proveniente dai media mainstream (vedi sotto) e dalla spinta degli studenti sionisti reazionari, le autorità universitarie e i funzionari del sindacato studentesco (SU) stanno reprimendo gli attivisti e i gruppi filo-palestinesi.

Nello University College di Londra (UCL), per esempio, SU ha ordinato ai compagni di rimuovere poster e post sui social media che pubblicizzano un imminente riunione della Società Marxista (che avrà luogo stasera) in solidarietà con la Palestina.

Secondo l’UCLSU, l’immaginario e il linguaggio usati in questa pubblicità potrebbero essere interpretati come “Incitamento alla violenza”. Questa accusa si riferiva allo slogan “Intifada fino alla vittoria!”, che accompagna l’illustrazione di un soldato delle forze di difesa israeliane che puntava la pistola contro un adolescente palestinese.

Agli organizzatori è stato detto che se questi manifesti e post non fossero stati rimossi entro mezzogiorno di oggi, l’associazione sarebbe stata immediatamente sospesa.

I Compagni si sono rifiutati di soddisfare questa richiesta oltraggiosa. Successivamente, la società marxista e i suoi funzionari sono stati privati delle loro credenziali per organizzare attività, ospitare eventi e accedere alle strutture e ai finanziamenti dell’SU. Nel frattempo, la pagina della società è stata rimossa dal sito web dell’SU.

I marxisti della UCL tanno tuttavia reagendo e chiedono agli studenti e al personale di sfidare questi tentativi repressivi partecipando alla riunione prevista per questa sera. (vedi sotto la dichiarazione rilasciata dalla Società Marxista)

Allo stesso modo, a Hull, l’SU ha scritto alla Marxist Student Federation (MSF), chiedendo che i nostri compagni sostituissero gli slogan e le immagini sui loro manifesti sulla Palestina con qualcosa di “un po’ più neutrale”. Ma la “neutralità”, in questo contesto, è un’utopia reazionaria; Una foglia di fico per sostenere l’imperialismo.

Come i Compagni della MSF spiegano nella loro replica al SU della Hull:

“Non c’è simmetria qui [sulla questione Israele-Palestina]. Un approccio “neutrale”, che tratti entrambe le parti come se fossero la stessa cosa, significa di fatto schierarsi con la potenza più forte. Chiedendoci di essere neutrali, ci chiedete di schierarci con lo Stato israeliano, cosa su cui nessun marxista potrebbe essere d’accordo”.

Ipocrisia e repressione

Questi esempi sono solo la punta dell’iceberg. Rapporti simili arrivano da attivisti e gruppi studenteschi in tutto il paese. E senza dubbio ne seguiranno altri.

Giornali di destra stanno già accusando accademici e attivisti “woke” [n.d.t. “all’erta” contro le ingiustizie] di “antisemitismo” e di “glorificazione del terrorismo”, esercitando pressioni sui rettori dirigenti universitari affinchè sanzionino docenti e studenti filo-palestinesi.

Allo stesso modo, i Conservatori hanno condannato l’UCU – che rappresenta il personale universitario – per aver evidenziato il ruolo di “decenni di brutale occupazione” da parte dello Stato israeliano in una dichiarazione pubblica rilasciata dal sindacato.

L’ipocrisia dell’establishment non conosce limiti. Solo all’inizio di quest’anno il governo ha nominato il primo “zar della libertà di parola” presso l’ufficio degli studenti (OfS), con il compito di garantire che “tutte le opinioni” possano essere ascoltate nei campus del Regno Unito.

Questo nuovo ruolo fa parte di una serie di norme introdotte dai Conservatori, dal punto di vista formale per difendere la libertà di parola nelle università.

Solo un paio di giorni fa il responsabile della libertà di parola dell’OfS avrebbe affermato che sarebbe stato “del tutto politicamente neutrale” rispetto ai temi controversi. “Su entrambi i fronti di qualsiasi questione”, ha continuato il professor Arif Ahmed, “saremo altrettanto vigorosi nel difendere i diritti di libertà di parola di studenti, accademici e relatori in visita”.

“Puoi parlare o scrivere come marxista”, ha addirittura affermato il cosiddetto “campione della libertà di parola”, “se lo fai nel rispetto della legge”.

In realtà, però, sembra che queste misure vengano applicate solo quando si tratta di proteggere coloro che desiderano promuovere opinioni reazionarie.

A coloro i cui interessi sono in linea con l’agenda anti-operaia e di guerra culturale dei conservatori viene fornita ogni piattaforma disponibile. Coloro che tentano di combattere lo sfruttamento e l’oppressione, nel frattempo, devono affrontare barriere ad ogni passo.

Riferendosi, ad esempio, agli eventi filo-palestinesi organizzati nei campus universitari, la summenzionata lettera del segretario dell’istruzione afferma:

“Vi chiediamo inoltre di prestare particolare attenzione a eventuali inviti emessi dal personale o dagli studenti del vostro istituto a relatori riguardo a questo argomento, al fine di garantire che tali eventi non forniscano un palco per discorsi illegali.”

Nelle scuole il governo ha vietato l’insegnamento di materiale anticapitalista. Nelle strade sono state introdotte nuove leggi per limitare il diritto di protestare. E sui luoghi di lavoro sta per essere varata una legislazione che limiterebbe gravemente la capacità di sciopero dei sindacati.

Coloro che protestano contro quella reliquia marcia che è la monarchia britannica hanno già avuto un assaggio della repressione che attende i lavoratori e i giovani ovunque, mentre l’establishment serra i ranghi per difendere il suo potere, i suoi profitti e i suoi privilegi.

Come sempre, c’è una regola che vale per i ricchi – e una per tutti gli altri.

Alziamo la testa e lottiamo

Noi non possiamo permettere che questi attacchi scandalosi alle nostre libertà democratiche continuino.

I lavoratori e gli studenti che desiderano mostrare solidarietà ai nostri fratelli e sorelle in Palestina non devono piegarsi ai diktat del Ministero degli Interni, dei rettori universitari o dei burocrati dei dindacati studenteschi.

Dobbiamo invece unirci e intraprendere un’azione militante di massa, sfidando le autorità; in difesa dei nostri diritti democratici; e nel perseguimento dei nostri comuni interessi di classe.

Piuttosto che proibire le iniziative, i sindacati studenteschi dovrebbero unirsi ai sindaci dei lavoratori nei campus per difendere la libertà di parola e il diritto di protestare e per mostrare solidarietà con la Palestina.

In questo contesto, le società studentesche progressiste dovrebbero rivolgersi ai sindacati come all’UCU, al fine di creare un fronte unico di lavoratori e studenti su queste questioni.

Metodi come manifestazioni, riunioni di massa, conferenze, azioni porta a porta, sessioni volantinaggio, banchetti nei campus, articoli sulla stampa studentesca e dichiarazioni pubbliche dovrebbero essere tutti usati per dire la verità ed esprimere una genuina solidarietà.

Tale campagna dovrebbe essere collegata alla lotta contro i Conservatori e i dirigenti universitari che sono complici sia nell’oppressione del popolo palestinese che negli attacchi all’istruzione superiore.

A nostra volta dobbiamo avanzare la rivendicazione di eliminare il capitalismo dall’istruzione e ottenere il controllo di studenti e lavoratori sulle nostre università.

Non c’è forza sulla terra che possa fermare la classe operaia, quando è organizzata e mobilitata. Nessuna misura legislativa o repressiva sarà in grado di fermare i lavoratori e i giovani, quando ci solleveremo, mostreremo i muscoli e inizieremo a muoverci in massa.

Unisciti a noi per rafforzare la voce del comunismo, una voce che non può e non sarà messa a tacere.


Dichiarazione della campagna: Difendiamo la libertà di parola! Difendiamo la solidarietà con la Palestina!

L’11 ottobre, la società marxista dell’UCL è stata sospesa dallo UCL Student Union [Sindacato studentesco del UCL]. Il “crimine” commesso dalla società è stato quello di affiggere manifesti e post sui social media per un’assemblea sulla Palestina che apparentemente “potrebbe essere interpretato come un incitamento alla violenza”

I nostri poster e post sui social media mostravano una bandiera palestinese con lo slogan: “Intifada fino alla vittoria! La lotta per una Palestina libera”. I manifesti contenevano anche l’illustrazione di un soldato delle forze di difesa israeliane che puntava la pistola contro un adolescente palestinese.

Diciamo: è sbagliato invocare la resistenza di massa alla brutale oppressione? L’immagine di un soldato dell’IDF che mira a un giovane palestinese non è forse la triste realtà per i palestinesi che vivono sotto un violento sistema di apartheid?

Tuttavia, se riconosci questa realtà e parli in difesa dei palestinesi, verrai diffamato, calunniato e censurato. La libertà di parola di coloro che mostrano solidarietà con la Palestina è sotto attacco, non solo all’UCL ma in tutta la Gran Bretagna.

Il ministro degli Interni Suella Braverman ha dichiarato agli alti funzionari di polizia che anche sventolare una bandiera palestinese potrebbe essere considerato un reato. Un manifestante a Manchester è già stato arrestato per aver indossato la bandiera palestinese – presumibilmente per “violazione della pace”, mentre anche altri passanti sono stati minacciati di arresto.

Nelle università, accademici e studenti attivisti vengono attaccati per aver dichiarato solidarietà con la Palestina o aver espresso opposizione all’occupazione israeliana. Critiche anche ai sindacati. Ciò include l’UCU, che ha dovuto affrontare una reazione negativa per aver affermato come gli eventi recenti siano “parte di un ciclo continuo di violenza che è stato il risultato di decenni di brutale occupazione”.

Noi sottoscritti condanniamo questi attacchi oltraggiosi al diritto democratico fondamentale, alla libertà di parola, e tutti i tentativi di soffocare la solidarietà con il popolo palestinese.

Facciamo appello a tutte le società studentesche e ai sindacati, e a tutti i lavoratori e gli studenti, che sono solidali con la Palestina e vogliono difendere i diritti democratici a:

-Assicurarsi che i sindacati studenteschi e quelli dei lavoratori dei campus universitari firmino e pubblichino questa dichiarazione e approvino mozioni di solidarietà in difesa della libertà di parola.

-Organizzare riunioni di massa congiunte per dire la verità su ciò che sta accadendo in Israele-Palestina e su come possiamo mostrare solidarietà.

-Organizzare proteste nei campus universitari in solidarietà con la Palestina ed in difesa della libertà di parola, includendo la difesa del personale e degli studenti che vengono messi a tacere o sanzionati riguardo a ciò.


La macchina mediatica dell’establishment in piena attività: perché abbiamo bisogno di una stampa operaia

Khaled Malachi

Se credeste a ciò che leggete nei principali notiziari sul tema israelo-palestinese, che impressione vi rimarrebbe? Che Hamas ha lanciato un attacco non provocato e che Israele sta semplicemente affermando il proprio diritto a difendersi.

Questa formula collaudata della stampa mi fa sempre chiedere: come fa Israele ad avere un diritto indiscutibile a difendersi dai palestinesi di cui occupa e controlla il territorio?

Ma i media capitalisti non inquadrerebbero mai le cose in questo modo. La BBC ha fatto di tutto per convincere il pubblico britannico a condannare Hamas e a schierarsi con Israele.

È iniziato il coro assordante: o stai con lo Stato “democratico” di Israele, o stai con i terroristi.

Stanno, francamente, ponendo tutte le domande sbagliate. Questa guerra non è stata un fulmine a ciel sereno. Ci sono voluti decenni per realizzarlo. Inoltre, non è possibile comprendere il conflitto – o “scegliere da che parte stare” – sulla base di “chi ha sparato il primo colpo”. Questo non spiega proprio nulla.

Sono l’oppressione quotidiana, la povertà opprimente e l’occupazione che hanno reso la guerra ancora una volta inevitabile. Dopo 75 anni di pulizia etnica, la polveriera della rabbia è nuovamente esplosa.

Questa è la lotta di un popolo oppresso per la propria patria, contro uno stato imperialista oppressivo. Non esiste alcuna parità. E la colpa non può essere attribuita ad entrambe le parti.

Dobbiamo avere ben chiaro che la verità è la prima vittima della guerra. E il ruolo della Gran Bretagna in questo conflitto è sempre stato di ipocrisia, cinismo e disonestà.

Lunedì sera, quando mi sono unito a una manifestazione davanti all’ambasciata israeliana, ho parlato con due studenti che erano appena atterrati in Gran Bretagna. Mi hanno detto che hanno studiato comunicazione all’università e hanno visto ogni trucco del libro utilizzato dall’establishment britannico.

“Riflette una narrazione a cui le persone semplicemente non credono più”, ha detto uno di loro, come è stato dimostrato dalla rabbia palpabile durante la manifestazione. “Non potevamo non venire dopo tutta l’incessante propaganda a sostegno di uno stato di apartheid”, ha aggiunto uno.

Questo è il vero stato d’animo che esiste nella società. La gente è nauseata da un potere fuori dal mondo. I nostri media “liberi” in questo paese sono liberi di riflettere gli interessi dei capitalisti e degli imperialisti.

Il modo migliore per indebolire l’establishment – e stroncare i fiumi della propaganda sionista – è costruire la nostra stampa operaia. I comunisti devono connettersi con lo stato d’animo della società e il nostro giornale deve riflettere questo.

Dovremmo sfruttare ogni opportunità – nelle scuole, nei campus, nei luoghi di lavoro – per parlare della nostra analisi, ottenere interviste dai giovani radicali e convincere le persone a sostenere direttamente il nostro giornale.

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