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Germania – Da locomotiva a malato d’Europa

di Serena Capodicasa

 

La locomotiva si è inceppata e arranca sui binari. Da baluardo di stabilità nell’Unione Europea, la Germania si è trasformata in un concentrato di tutti i problemi comuni al capitalismo odierno e, proprio per il ruolo che ha giocato storicamente di paese forte, oggi in modo dialettico le sue contraddizioni amplificano la crisi dell’intero continente.

Crisi economica e “crisi di bilancio”

Principale vittima europea delle sanzioni alla Russia per la guerra in Ucraina, nel 2023 l’economia tedesca è ufficialmente caduta in recessione con un calo del PIL dello 0,3%, a seguito di due anni di declino, passando dalla crescita del 2,6% del 2021 (grazie al rimbalzo post-pandemico) e dell’1,8% nel 2022.
Per il 2024 le previsioni pessimiste indicano un prolungamento della recessione, con un calo dello 0,3% (fonte: IMK), mentre chi prevedeva una crescita ha dovuto correggerla dallo 0,9% allo 0,7% (fonte: Ifo-Institut), per gli effetti della cosiddetta “crisi di bilancio”. Di cosa si tratta?

Lo scorso novembre una sentenza della Corte costituzionale ha dichiarato illegittima la riallocazione verso un fondo per il clima e l’energia di 60 miliardi di debito che lo Stato avrebbe potuto contrarre – ma non l’ha fatto – per far fronte alla crisi pandemica; 60 miliardi che, se questa operazione fosse andata in porto, non sarebbero stati conteggiati nel debito pubblico. Così come non lo sono stati altri 869 miliardi di euro di debiti contratti per garantire sussidi alle imprese private e 100 miliardi per le spese militari. Un trucchetto abusato che ha suscitato anche un richiamo da parte della Commissione Europea, come nei confronti di un ex studente modello beccato a copiare durante il compito in classe. Il 2024 parte quindi con un buco in bilancio di 17 miliardi.

Austerità, inflazione e lotta di classe

Se da una parte i sussidi ai padroni vengono garantiti “fuori busta” senza contabilizzarli nel debito, dall’altra i tagli indiscriminati vanno a colpire laddove a pagare sono i lavoratori e le fasce più vulnerabili della popolazione. Basti solo pensare che nella sanità si stima che nei prossimi 25 anni ci sarà una carenza di personale tra le 280mila e le 690mila unità.

Con le politiche di austerità il governo è riuscito a far mobilitare anche settori di piccola borghesia, come i contadini, che a dicembre e gennaio hanno bloccato il paese con centinaia di trattori contro il taglio ai sussidi al settore agricolo, e i camionisti che hanno fatto lo stesso contro l’aumento dei prezzi di pedaggi e gasolio.

Queste mobilitazioni si inseriscono in un quadro in cui la classe lavoratrice aveva già cominciato a mobilitarsi per aumenti salariali a fronte di un’inflazione ufficiale del 5,9% (media del 2023), con picchi attorno al 20% per pane, latticini, uova e verdure. Gli scioperi articolati nel settore dei trasporti culminati nel “mega-sciopero” del marzo 2023 e le discussioni su rivendicazioni come la giornata lavorativa di quattro giorni nelle acciaierie, sono stati solo un’anticipazione. Mentre scriviamo è in corso uno sciopero dei macchinisti delle ferrovie di ben sei giorni, il più lungo nella storia delle ferrovie tedesche, per chiedere aumenti salariali e la riduzione della settimana lavorativa da 38 a 35 ore, dopo che a metà gennaio avevano già bloccato per tre giorni l’80% dei treni.

Polarizzazione

Non stupisce quindi che i tre partiti di governo, Partito Socialdemocratico (SPD), Verdi e Liberali, raccolgano nei sondaggi rispettivamente il 13%, 12% e 4%, mentre dietro alla CDU (la Democrazia Cristiana, attualmente all’opposizione) spicca la crescita di formazioni politiche che si caratterizzano per una retorica anti-establishment.

In primis, l’AFD (Alternative Für Deutschland), partito reazionario di estrema destra che ha raggiunto il 18% e che con la sua crescita sta diventando un ulteriore fattore di destabilizzazione. Lo si è visto con le manifestazioni di protesta di quasi un milione di persone in tutta la Germania dopo la rivelazione di un incontro segreto per elaborare piani di deportazione di massa degli immigrati. Il potenziale dell’AFD di fomentare risposte esplosive a suon di provocazioni reazionarie non sfugge a settori di classe dominante terrorizzati dalla prospettiva di dover governare attraverso questo partito, tanto da appoggiare ipocritamente le manifestazioni anti-AFD. Ma il desiderio dei padroni, tedeschi e di tutto il mondo, di poter attaccare i lavoratori in un clima di stabilità, è una ingenua illusione.

Il problema è che nel contesto turbolento che c’è in Germania e a livello mondiale, chiunque si ritrovi al governo a difendere gli interessi dei capitalisti vede rapidamente erodere la sua base di consenso elettorale a favore di chi viene percepito come outsider rispetto al sistema e alle istituzioni.

Questo fenomeno però non trova un’espressione significativa a sinistra. La Linke, finora la principale forza a sinistra della SPD, è ormai ai limiti dell’inconsistenza a causa della sua linea riformista, spesso e volentieri disponibile alle alleanze con i socialdemocratici a livello locale. La crisi della Linke ha prodotto una scissione guidata da Sarah Wagenknecht, che però non può rappresentare un’alternativa.

Il programma della Wagenknecht si incentra infatti da sempre su una versione “di sinistra” della stessa retorica anti-immigrazione dell’AFD: “L’immigrazione non è la soluzione per il problema della povertà a livello mondiale. Abbiamo invece bisogno di relazioni internazionali e di una politica che si impegni per maggiori prospettive nei paesi di origine”… il classico mantra reazionario “aiutiamoli a casa loro”.

Crisi economica, instabilità, crollo di credibilità delle istituzioni borghesi, lotta di classe si sono imposte come pane quotidiano in Germania, e tanto più acuti sono questi processi tanto più è evidente la mancanza di punti di riferimento per il sentimento di rabbia e voglia di cambiare le cose di settori crescenti di giovani.

Solo un’alternativa radicale al sistema capitalista, un’alternativa comunista può intercettarlo ed è quello che stanno facendo i compagni tedeschi con la campagna “Sei comunista? Allora organizzati”.

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