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10 Dicembre 2018In Francia il movimento dei gilet gialli è a un punto di svolta. Di fronte all’aumento della radicalizzazione che ora minaccia la sopravvivenza stessa del suo governo, Macron ha mutato il suo tono di sfida e ha promesso di “sospendere” l’aumento della tassa sul carburante, la scintilla che ha provocato il movimento. Questa ritirata è arrivata dopo che nello scorso weekend gli scontri nelle strade tra migliaia di manifestanti e la polizia ha provocato 200 feriti solo a Parigi e almeno un morto.
La classe lavoratrice organizzata ha cominciato a entrare in lotta (nonostante gli indugi dei leader sindacali), così come gli studenti, che stanno occupando le loro scuole in solidarietà al movimento, portando avanti le proprie richieste. Ma nonostante il tentativo di Macron di disinnescare la situazione, l’esplosione di rabbia e frustrazione accumulati in anni di austerità e disuguaglianza ha acquisito una sua logica, e non sarà facile far rientrare il genio nella bottiglia.
Gli eventi di sabato e domenica hanno segnato il terzo fine settimana consecutivo di disordini nella capitale francese. Migliaia di manifestanti sono scesi per le strade di Parigi – mentre le cifre esatte non sono chiare, è certo che oltre 100.000 persone hanno preso parte a manifestazioni in tutto il paese. I numeri sono inferiori a quelli dello scorso fine settimana (200.000 persone secondo le cifre ufficiali, che è una grave sottovalutazione), ma l’ambiente era molto più radicale, ed era chiaro che le richieste del movimento stanno andando ben oltre la questione della tassa sul carburante. Tra alcuni strati del movimento c’è uno stato d’animo insurrezionale e rivoluzionario. I cinquemila che hanno marciato lungo gli Champs Élysées a mezzogiorno di sabato gridavano e portavano slogan come “Potere al popolo!” e “Macron dimettiti!”. Molti avevano scritto quest’ultimo slogan sul loro gilet.
Odio di classe
Il movimento dei gilet gialli è cominciato nelle città e cittadine periferiche e nelle aree rurali di tutta la Francia (i cui residenti possono contare solo sull’auto privata per andare al lavoro e quindi saranno gravemente colpiti da un aumento della tassa sui carburanti) e comprende molte donne e madri singole. La maggior parte sono lavoratori a basso reddito, comprese le segretarie, i tecnici informatici, gli operai delle fabbriche, i lavoratori della logistica e gli addetti all’assistenza sociale – in breve, le persone che sono più colpite dall’aumento dei costi e dalla stagnazione dei salari. Questi lavoratori e strati poveri della classe media hanno risentito di anni in cui sono stati schiacciati dall’austerità e dall’aumento del costo della vita e ora stanno esprimendo un profondo odio per i ricchi e per il governo Macron che li rappresenta.
Come dichiarato da Idir Ghanes, un tecnico informatico parigino disoccupato di 42 anni: “Abbiamo bassi salari e paghiamo troppe tasse e la combinazione di questi fattori crea sempre più povertà… Dall’altra parte ci sono i ministri del governo e il presidente con i loro favolosi salari. “Altri manifestanti, come Marie Lemoine, 62 anni (insegnante di scuola a Provins) hanno sottolineato la natura pro-capitalista e ipocrita della politica di Macron: “Prendono di mira noi invece che le compagnie aeree, le compagnie di navigazione, di quelle aziende che inquinano di più ma non pagano tasse … Macron è il nostro Luigi XVI, e noi sappiamo cosa gli è successo”.
Il carattere di classe dei gilet gialli e il loro disprezzo per i ricchi, si è chiarito durante la manifestazione di sabato a Parigi. Atti di vandalismo hanno colpito il centro e la parte ovest della città, le zone ricche, con vetrine sfasciate, saccheggi, dozzine di costose auto bruciate e l’Arco di Trionfo coperto di graffiti antigovernativi, assieme allo slogan: “I gilet gialli trionferanno”. I manifestanti hanno sfondato le finestre di un Apple Store (AAPL.O) di nuova apertura e le boutique di lusso di Chanel e Dior, scarabocchiando “Felice Caos” su una tavola di legno poi inchiodata alla facciata. Certo, c’erano anche alcuni elementi sottoproletari e criminali che hanno approfittato di questa situazione, ma non è questa la caratteristica principale del movimento.
Le immagini delle devastazioni sono state riprese da tutta la stampa francese e internazionale nel tentativo di indebolire e screditare i gilet gialli. Tuttavia, un sondaggio di Harris Interactive ha mostrato che oggi il movimento viene appoggiato dal 72% degli intervistati, tale percentuale è invariata rispetto a due settimane fa. A Parigi c’era una diffusa simpatia per i manifestanti e le espressioni di rabbia erano considerate legittime. “Sto completamente con i gilet gialli”, ha detto alla Province George Dupont un residente nel 16° arrondissement di Parigi. “Lo stato ha rubato denaro ai francesi. È ora che lo restituisca”. L’insegnante Sandrine Lemoussu, 45 anni, arrivata dalla Borgogna per protestare, era d’accordo e ha detto che la gente è stufa di Macron. “La gente è in rivolta. La rabbia sta crescendo sempre di più e il presidente disprezza i francesi. Non siamo qui per distruggere le cose, ma le persone ne hanno abbastanza. ”
Scontri con la polizia
Le autorità non erano preparate per disordini di quell’entità. Ci sono state battaglie campali alla fine degli Champs-Elysees e in più punti della città, tra cui l’Opera e Place de la Bastille. Nonostante i cannoni ad acqua, i taser, i gas lacrimogeni e i manganelli usati sulla folla, la polizia è stata sopraffatta in più di un caso mentre le folle lanciavano contro proiettili artigianali e li respingevano. Frederic Lagache, del sindacato di polizia dell’Alliance, ha chiesto lo stato di emergenza e ha detto che servirebbero “rinforzi dell’esercito” a guardia dei monumenti pubblici, per togliere pressione alla polizia.
In alcuni casi, la polizia si è semplicemente rifiutata di arrivare allo scontro in qualsiasi modo con i manifestanti, come si può vedere in un video diventato virale registrato nella città di Pau, nel sud-ovest della Francia. Il video mostra una fila di poliziotti antisommossa che fronteggiano un grande gruppo di gilet gialli e si tolgono gli elmetti per segnalare che non attaccheranno – tra i festeggiamenti e agli applausi della folla. Presumibilmente, questo non era un atentica attestazione di simpatia, ma il risultato di un accordo tra il capo della polizia locale e i gilet gialli (“noi termineremo la nostra manifestazione e voi toglierete l’equipaggiamento antisommossa”). Tuttavia, il filmato attesta con sicurezza la fiducia del movimento nella propria forza e la debolezza della polizia.
A #Pau les #CRS retirent leurs casques face aux #GiletsJaunes . Applaudissements, Marseillaise, dispersion des manifestants dans le calme. pic.twitter.com/T1qdfQZATo
— Quentin Top (@Quentin_TOP) 1 dicembre 2018
Non sorprende che la classe capitalista sia inorridita dalle proteste. Non solo perché, a causa della crescente penuria di carburante dovuta a blocchi spontanei nei depositi, danneggia i loro affari nel periodo natalizio, ma anche a causa del timore che questo movimento possa trasformarsi in una minaccia per il regime nel suo insieme. Jeanne d’Hauteserre, sindaco dell’8° distretto di Parigi, vicino all’Arco del Trionfo, ha dichiarato alla BFM TV: “Siamo in uno stato di insurrezione, non ho mai visto niente del genere.” Diversi rappresentanti regionali del governo centrale, mantenendo l’anonimato, hanno parlato a Le Monde di una situazione “esplosiva e quasi insurrezionale” o “pre-rivoluzionaria”. Hanno anche notato che il sollevamento di una parte della popolazione contro l’aumento delle tasse è stata la scintilla per la rivoluzione del 1789. Un parlamentare conclude: “Ciò che viene espresso di più è l’odio verso il Presidente della Repubblica”.
L’ipocrisia di Macron
Macron (che era a migliaia di chilometri di distanza, all’incontro del G20 in Argentina), ha risposto agli eventi del weekend minacciando di dichiarare lo stato di emergenza e condannando le devastazioni, dicendo che “non accetterà mai la violenza”. In generale, il governo ha tentato di creare divisioni tra i gilet gialli distinguendo tra le “legittime lamentele” dei manifestanti “pacifici” e i “gruppi radicali violenti” che si sono infiltrati nel movimento. Come ha detto Macron sabato alla fine del vertice del G20: “Quanto è successo a Parigi non ha nulla a che fare con l’espressione pacifica di una legittima rabbia”. “Nessuna causa giustifica che la polizia venga attaccata, che i negozi vengano saccheggiati, i passanti o i giornalisti minacciati, che l’Arco di Trionfo venga imbrattato”. Nel frattempo, il ministro degli Interni, Christophe Castaner, ha affermato che elementi di “ultra-destra” e di “ultra-sinistra” hanno incoraggiato “alla devastazione le persone appena arrivate a Parigi”.
Mentre è vero che negli eventi del fine settimana erano presenti sottoproletari ed elementi di estrema destra, questi erano marginali. Fin dall’inizio, il movimento dei gilet gialli è penetrato in strati molto profondi della società, con i votanti del Fronte Nazionale ed elementi della classe media che hanno partecipato al fianco della classe lavoratrice e dei sindacati. Ma, mano a mano che il movimento ha cominciato a radicalizzarsi e l’impronta della classe operaia si è affermata, gran parte della feccia di destra viene cacciata dai presidi e le contraddizioni di classe al suo interno sono diventate più chiare. Ad esempio, un altro video virale mostra Yvan Benedetti, ex presidente del gruppo ultranazionalista L’Oeuvre française (lui stesso vestito con un gilet molto visibile), attaccato dagli antifascisti e cacciato dai gilet gialli.
Neonazi Yvan Benedetti beaten by an anti fascist group.. “In response and as a reminder that not an inch of space should be left to the murderous fascists” @dromografos @enough14 #Antifa #YellowJackets #GiletsJaunes #YellowVests #antireport #France #Paris pic.twitter.com/2UqSISJA3i
— ☠️ mr.w0bb1t ? (@_w0bb1t_) 2 dicembre 2018
È corretto affermare, tuttavia, che la mancanza di organizzazione e leadership nel movimento lo esponga a elementi opportunisti. Ciò potrebbe essere risolto con la partecipazione determinata del movimento operaio francese. Ma la critica di Macron alla “violenza” dei gilet gialli puzza di ipocrisia data la violenta repressione che i manifestanti hanno subito da parte dello stato francese. I video che circolano online su bande di polizia antisommossa che inseguono e picchiano brutalmente dimostranti isolati e disarmati.
C’è anche il caso di una donna di 80 anni uccisa a Marsiglia dopo essere stata colpita in faccia da una bomboletta di gas lacrimogeno sparata dalla polizia mentre era in piedi sul suo balcone e quella di un uomo di 28 anni che è entrato in coma dopo uno scontro con la polizia. Non si tratta della violenza di stato precedentemente utilizzata dal governo Macron per reprimere altri scioperi e manifestazioni (come durante le mobilitazioni contro l’austerità nel 2017 e gli scioperi dei lavoratori delle ferrovie guidati dalla CGT all’inizio di quest’anno) e la terribile sofferenza già inflitta al popolo francese da anni di austerità. I gilet gialli sono l’inevitabile manifestazione di tutta la frustrazione e la rabbia accumulata dalle masse francesi che hanno finalmente raggiunto il punto di rottura e hanno scatenato la loro rabbia contro il governo.
La solidarietà dal basso
Come abbiamo riferito in precedenza, i principali leader del movimento operaio hanno tentato di prendere le distanze dai gilet gialli, sulla base del fatto che “non volevano scendere in corteo con il FN”. Ma in questo modo stavano lasciando il campo all’estrema destra che voleva ottenare un controllo demagogico sul movimento e farlo deragliare.
Tuttavia, la base della CGT, in opposizione alla propria leadership, ha più volte offerto solidarietà e sostenuto il movimento fin dall’inizio e diversi settori (FNIC, UD13, UD31, ecc.) hanno convocato scioperi e occupazioni in solidarietà con il movimento contro la tassa sul carburante. Questo ha esercitato una pressione sulla direzione, che alla fine ha accettato di convocare un’azione congiunta di sabato. Di conseguenza, un certo numero di manifestanti – costituiti da gilet gialli e membri della CGT – hanno marciato insieme a Place de la République a Parigi. Tuttavia, a causa della mancanza di una corretta pianificazione, il corteo è stata piuttosto piccolo. Nonostante ciò, lavoratori della CGT (alcuni di loro in giubbotti rossi, altri con quelli gialli) hanno avuto un ruolo prominente per tutto il giorno.
L’ampiezza delle proteste contro l’aumento delle tasse di Macron ha portato a una convergenza di rivendicazioni e vertenze da parte di tutta la società e vari settori della classe operaia sono entrati spontaneamente nella lotta. Ad esempio, domenica, i paramedici si sono scontrati con la polizia antisommossa quando dozzine di ambulanze si sono unite alle proteste di Place de la Concorde, bloccando un ponte vicino all’Assemblea nazionale. Oltre a sostenere la lotta dei gilet gialli contro l’aumento delle tasse sui carburanti, questi lavoratori si oppongono a una serie di controriforme della sicurezza sociale e dell’assistenza sanitaria che,potrebbero avere un effetto negativo sui servizi. Un manifestante ha detto alla Reuters: “Le riforme ci colpiranno finanziariamente e distruggeranno le nostre aziende”.
Anche gli studenti hanno iniziato a unirsi al movimento. La settimana scorsa, le organizzazioni studentesche in una serie di importanti università (tra cui Montpelier, Nantes e Rennes) hanno convocato assemblee generali per discutere di un nuovo progetto governativo per aumentare le tasse studentesche e della campagna in corso per fermare l’introduzione di criteri di selezione per l’ammissione all’università e limitare l’accesso a determinati corsi prestigiosi. Queste assemblee hanno posto la questione dell’unità con i gilet gialli per promuovere le proprie rivendicazioni – il ché solleva la possibilità di un movimento studentesco nazionale in solidarietà con i gilet gialli.
Successivamente, nell’ultima settimana, oltre 300 scuole superiori sono state occupate e bloccate in tutto il paese, comprese quelle della città meridionale di Tolosa e Créteil nell’area di Parigi. Un certo numero di studenti delle scuole superiori sono stati arrestati dopo che la polizia antisommossa è stata chiamata al liceo Jean-Pierre Timbaud di Aubervilliers, nella periferia nord di Parigi. Ci sono video, che stanno circolando online, con poliziotti che sparano granate fumogene sugli adolescenti, i quali li rilanciano indietro mentre la polizia avanza. Circa 1.000 alunni, molti con addosso gilet gialli, hanno manifestato a Nizza, urlando “Macron dimettiti!” e alcune fotografie di una protesta studentesca a Bordeaux mostrano la polizia antisommossa che usa manganelli per picchiare i giovani manifestanti. In una manifestazione a Marsiglia, il servizio d’ordine della CGT ha protetto gli studenti dalla polizia antisommossa. Anche gli studenti delle università e delle scuole superiori sono stati ampiamente coinvolti nelle manifestazioni del fine settimana.
Una ritirata parziale
Mentre la pressione si accumulava sul governo Macron, in un incontro che si è tenuto lunedì con i leader dell’opposizione, il primo ministro, Edouard Philippe, ha affrontato le richieste che venivano da tutte le parti di sedare i disordini rigettando l’aumento delle tasse. Marine Le Pen ha tentato di rafforzare demagogicamente la sua immagine, chiedendo al governo di porre fine al rialzo del carburante, mentre Jean-Luc Mélenchon non solo ha chiesto la rimozione “immediata e incondizionata” dell’aumento delle tasse, ma anche le dimissioni di Macron.
Alla fine, il governo ha annunciato oggi che avrebbe “sospeso” l’aumento della tassa sul carburante, nel tentativo di placare i manifestanti. Stanislas Guerini, che sabato è stato eletto come il nuovo leader di La République en Marche di Macron, ha detto alla radio RTL: “dobbiamo calmare il Paese”. Mentre questo passo indietro forzato è una conferma della radicalità dell’azione dei gilet gialli, in realtà è una concessione molto piccola che nei fatti non risolve nulla in quanto arriva al culmine di decenni di aumenti delle tasse e ulteriori aumenti sono state previsti pure per il 2019. Questa mossa è semplicemente intesa a dividere e smobilitare le proteste e dare al governo il tempo di riprendere fiato e riorganizzarsi. Tuttavia, potrebbe rivelarsi troppo poco e troppo tardi, date le conclusioni estremamente radicali che sono state tratte dai gilet gialli che da tempo sono andati oltre la questione dei prezzi del carburante. Questo è diventato un movimento sulle ingiustizie croniche della società francese. Mentre alcuni strati moderati potrebbero ritirarsi, la maggior parte probabilmente non sarà soddisfatta fino a quando il governo Macron non sarà abbattuto. Inoltre, il movimento sta iniziando a diffondersi anche a livello internazionale. Venerdì, manifestanti in Belgio hanno distrutto diversi veicoli della polizia e lanciato pietre contro l’ufficio del Primo ministro Charles Michel, chiedendo le sue dimissioni per le tasse elevate, i prezzi dei generi alimentari e per i salari e le pensioni bassi. Questi manifestanti “emulatori” indossavano gilet gialli ben visibil e hanno bloccato le strade a Bruxelles, fermando il traffico. Resta da vedere se questo rappresenta una vera tendenza o solo una fiammata di breve durata, ma riflette il fatto che simili contraddizioni sociali esistono in tutta Europa.
Il problema della direzione
Fin dall’inizio del movimento dei gilet gialli, una delle questioni principali è stata la mancanza di coordinamento e una direzione adeguata. Ci sono elementi all’interno del movimento che sono contrari alla presenza della “politica” – nella forma di partiti politici o sindacati – e che presentano i gilet gialli come un fenomeno esclusivamente “anti-politico”. I gilet gialli non hanno strutture formali o una leadership eletta, ma solo un certo numero di “portavoce” non eletti, che riflettono il carattere politico confuso ed eterogeneo del movimento nel suo insieme. Alcuni di questi sono molto a destra, incluso Christophe Chalençon, che ha invitato Macron a dimettersi in favore del generale Pierre de Villiers, un ex capo reazionario delle forze armate francesi, che Chalençon ha definito un “vero comandante”. Tuttavia, poiché il movimento sta maturando e diviene più radicale, si è spinto oltre queste figure casuali. I portavoce moderati, Jacline Mouraud e Benjamin Cauchy (che è stato espulso dal movimento dei gilet gialli a Tolosa), hanno voluto accettare un invito a “negoziare” con il Primo ministro, ma sono stati costretti a fare un passo indietro in seguito allo sdegno della base dei gilet gialli, che sospettava avrebbero liquidato le rivendicazioni più radicali del movimento – che includono la dissoluzione dell’Assemblea nazionale.
È necessario che i gilet gialli formino assemblee generali (che alcuni gruppi di gilet gialli hanno già iniziato a richiedere) ed eleggano una direzione che risponda democraticamente alle assemblee e che possa tradurre l’energia espressa nelle piazze in un programma di azione. Questa è un appello che i sindacati avrebbero il dovere di fare, ma finora l’opportunità non è stata sfruttata. In realtà, il campo è ampiamente aperto al movimento operaio per fornire una direzione e un programma radicale di classe ai gilet gialli. I sindacati e, in particolare, la Francia Insoumise devono sfruttare lo slancio che questo movimento ha creato per mobilitare un’offensiva generale contro Macron. L’attuale politica dei leader sindacali non è all’altezza di questo. La CGT chiede una “grande giornata di azione” per il 14 dicembre, che, dato il ritmo rapido degli eventi, è troppo lontana. Inoltre, il movimento ha già visto molti “grandi giornate di azione” e pochi risultati: è necessario uno sciopero generale di 24 ore, come punto di partenza per una serie di scioperi riconvocabili, con l’obiettivo di far cadere il governo.
La France Insoumise, a dire il vero, ha criticato l’esitazione della CGT e sostenuto le richieste dei gilet gialli sin dall’inizio. Tuttavia, ha anche invitato Macron ad accettare una serie di richieste “progressive” (annullando gli aumenti delle tasse sul carburante, reintroducendo la tassazione progressiva sui redditi alti e assegnando 40 miliardi di crediti d’imposta alle imprese per la “transizione ecologica”) oppure a dimettersi. Questo è utopico: Macron non farà nessuna delle due cosee continuerà invece a combinare piccole concessioni con la repressione. Invece di fare pressione su Macron per trovare “una via d’uscita dalla crisi”, dovrebbero spiegare che non c’è soluzione sotto l’attuale regime borghese. L’obiettivo quindi non può essere che quello di abbattere il governo Macron che rappresenta solo gli interessi della classe dominante. Ma Mélenchon non ha esplicitato le linee di classe che sono alla base del conflitto. Ha minimizzato il carattere di classe dei gilet gialli, che ha descritto come una “rivoluzione dei cittadini” da un “nuovo agente della storia – il popolo”.
Ma nessuna delle richieste più generali del movimento può essere raggiunta senza la lotta della classe operaia, che ha la capacità di paralizzare il paese e lasciare il governo sospeso a mezz’aria, come nel maggio 1968. Ecco perché un’azione di sciopero coordinata e diffusa – unendo i lavoratori di tutti i settori con la gioventù radicalizzata – è l’unica strada per la vittoria. Qualunque sia l’esito di questo particolare movimento, è chiaro che un nuovo capitolo si è aperto nella lotta di classe in Francia, dove, come disse Frederick Engels, la lotta di classe viene sempre combattuta fino in fondo.
4 dicembre 2018
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