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Comunisti contro Stalin: il massacro di una generazione

Pubblichiamo la prefazione di Alan Woods al libro di Pierre Brouè “Comunisti contro Stalin” che abbiamo di recente reso disponibile per la prima volta in lingua italiana, acquistabile a questo link.

 

di Alan Woods

 

La morte di Pierre Broué nel 2005 ha rappresentato una tragica perdita. Durante la sua vita ha svolto molti ruoli: lo storico, il militante trotskista, e il redattore dei Cahiers Leon Trotskij. Per 45 anni è stato attivo nel movimento trotskista in Francia e a livello internazionale. Ha scritto opere importanti. Ha curato e scritto l’introduzione di un’autorevole edizione francese degli scritti di Trotskij successivi al 1928 ed è stata una figura centrale per quanto riguarda la ricerca sulla figura e le opere di Trotskij negli ultimi decenni.

Pierre Broué godeva di fama internazionale come storico del movimento rivoluzionario internazionale. La sua Storia del Partito bolscevico, i testi sull’Internazionale comunista, sulla rivoluzione tedesca e sulla rivoluzione spagnola sono stati oggetto di ammirazione diffusa. Tra le sue opere più importanti possiamo trovare quelle scritte negli ultimi anni della sua vita. La sua biografia magistrale di Trotskij (La rivoluzione perduta, Vita di Trockij 1879-1940, Bollati Boringhieri, 1991) è un antidoto molto salutare al filisteismo superficiale e pretenzioso di Isaac Deutscher.

Il presente lavoro Comunisti contro Stalin: il massacro di una generazione, che viene pubblicato qui per la prima volta in traduzione italiana, è ancora un altro lavoro straordinario di questo celebre scrittore trotskista. Tragicamente, doveva essere il suo ultimo.

Un militante rivoluzionario

Pierre Broué non era solo un intellettuale, qualcuno che scriveva libri per le università e commentava gli eventi dalla comodità del suo studio. Era un rivoluzionario attivo e militante, che ha dedicato la sua vita alla lotta per il socialismo internazionale. In gioventù, Pierre si unì alla resistenza francese nella lotta contro l’occupazione nazista della Francia. Aderì al Partito comunista, ma ben presto entrò in collisione con la leadership stalinista.

In seguito divenne un militante della Quarta Internazionale e rimase un trotskista dedito alla causa per il resto della sua vita. Non vacillò mai riguardo alla sua fede rivoluzionaria nel futuro socialista dell’umanità. Il giorno dopo la sua morte, Jean-Pierre Juy, suo collaboratore stretto, amico e compagno, mi scrisse per dire che aveva mantenuto questo fervore rivoluzionario fino alla fine.

Ho avuto modo di conoscere Pierre solo nell’ultima fase della sua vita, quando era già impegnato nella sua ultima battaglia – una battaglia di vita o di morte contro il cancro, ma conoscevo molto bene le sue opere e le sue idee, principalmente attraverso il nostro comune amico Seva [Esteban] Volkov, nipote di Trotskij. Seva Volkov è stato un amico stretto di Pierre, per il quale aveva ammirazione e rispetto sconfinati.

È stato nel 2003 che ho reso visita a Pierre, in convalescenza presso le pittoresche colline ai piedi delle Alpi francesi. Lo trovai vigile e vivace, con un senso dell’umorismo acuto e molto francese. Il suo spirito rivoluzionario traspariva in ogni frase. Non era molto interessato al paesaggio suggestivo. La sua mente era altrove: con la rivoluzione mondiale. Era come una tigre intrappolata in una gabbia, o meglio, come un vecchio cavallo addestrato alla battaglia che morde il freno desideroso di tornare all’azione.

Gli chiesi se stesse lavorando a qualcosa. Strinse le spalle con un gesto di impazienza: “Come posso scrivere in questo luogo? Non ho i miei libri. Voglio andarmene via da qui e tornare nella mia biblioteca!”. Evidentemente, la separazione dai suoi libri era la peggiore forma di tortura per Pierre. Ci inviò alcuni articoli e scrisse l’introduzione alla nuova edizione di Not guilty! (Non colpevole), il Riassunto della Commissione Dewey sui processi di Mosca.

Pierre si scusava continuamente per non essere in grado di scrivere di più e prometteva di farlo al più presto una volta che la salute lo avesse permesso. Purtroppo, questo desiderio non è stato esaudito.

Di cosa parla il libro

Broué scrisse questo libro, pubblicato nel 2003, sulla base del materiale appena reso disponibile negli archivi sovietici. Il suo scopo dichiarato era quello di dare voce a quei tanti comunisti che furono messi a tacere dalla macchina di morte di Stalin. Spiegava: “[…] Sono anni che vorrei parlare di queste migliaia di donne e di uomini, di vecchi e bambini, che sono stati fucilati a migliaia. Mostrarli per come hanno vissuto, pensato, amato, sofferto. Dire chi erano, prima, durante e dopo il loro calvario. Farli, se possibile, rivivere”.Nel 1920 un gran numero di militanti comunisti aderì all’Opposizione di Sinistra e ad altre correnti anti-staliniste in URSS. Erano chiamati oppositori o trotskisti, anche se Trotskij non usava questo termine, preferendo chiamare la tendenza che rappresentava i Bolscevico-leninisti. Questi uomini e donne coraggiosi combattevano per difendere le autentiche tradizioni della rivoluzione d’Ottobre: le tradizioni della democrazia operaia e dell’internazionalismo proletario.

Il libro è costruito intorno alle biografie di circa 700 oppositori che sono citati con i loro nomi. Attraverso le loro storie Broué spiega la storia dell’Opposizione di Sinistra, ma anche di altre correnti di opposizione. Migliaia di loro sarebbero stati arrestati, imprigionati e esiliati in Siberia, nelle prigioni o nei campi di Vorkuta e Kolyma, dove nel 1937 e nel 1938 trovarono la morte davanti ai plotoni di esecuzione di Stalin. Questo libro racconta la storia della lotta, della persecuzione e dell’uccisione di queste migliaia di combattenti rivoluzionari senza nome.

Stalin riuscì solo a consolidare il suo regime ultra-dittatoriale sopra il cadavere del partito di Lenin. Al fine di liquidare le conquiste politiche della rivoluzione d’Ottobre, dovette compiere il massacro di un’intera generazione di rivoluzionari. Questo libro presenta un quadro devastante della strage operata da Stalin nei confronti del Partito bolscevico. Così facendo, svela una terribile storia che è rimasta un segreto gelosamente custodito per più di mezzo secolo.

I primi capitoli delineano la storia del primo periodo dell’Opposizione di Sinistra, a partire dal 1924-1925, dopo la morte di Lenin. Si prosegue con un resoconto delle vicende dell’opposizione unificata che si formò nel 1926 in seguito alla rottura della troika formata da Stalin, Zinoviev e Kamenev, seguita dall’espulsione e l’esilio di Trotskij. Con una ricchezza di informazioni dettagliate, in gran parte non disponibili in precedenza, l’autore delinea le misure repressive con le quali la macchina stalinista schiaccerà gradualmente l’opposizione.

I capitoli successivi trattano il lavoro dell’Opposizione di Sinistra internazionale, dei processi di Mosca – la guerra civile unilaterale di Stalin contro il Partito bolscevico, e delle attività dei trotskisti all’interno dei gulag. Pierre Broué descrive graficamente le lotte eroiche dei trotskisti nei campi di prigionia di Stalin dove mantennero la loro disciplina rivoluzionaria, organizzarono scioperi, proteste e scioperi della fame per difendere i loro diritti contro la brutalità delle guardie carcerarie.

L’Opposizione di Sinistra

Come è stato possibile per la rivoluzione più democratica nella storia degenerare in un modo tale da diventare una mostruosa dittatura totalitaria? Per le menti superficiali la risposta a questa domanda è semplice: Stalin era più intelligente di Trotskij e di conseguenza lo ha sconfitto con l’astuzia. Ma una spiegazione del genere, così semplice, in realtà non spiega nulla.

In realtà, la causa principale della degenerazione burocratica dello Stato sovietico è stata l’isolamento della rivoluzione in condizioni di estrema arretratezza. Molto tempo fa Marx scrisse ne L’ideologia tedesca che dove la povertà è generale “tornerebbe a galla tutto il vecchio ciarpame”. Con ciò intendeva i mali della disuguaglianza, della corruzione, della burocrazia e del privilegio.

Lenin e Trotskij sapevano molto bene che le condizioni materiali per il socialismo erano assenti in Russia. Prima del 1924 nessuno metteva in dubbio questa proposizione elementare. I bolscevichi si basavano sulla prospettiva dell’estensione della rivoluzione ai paesi capitalisti avanzati d’Europa, soprattutto in Germania. Se la rivoluzione tedesca fosse stata vittoriosa – e poteva accadere nel 1923 – l’intera situazione in Russia sarebbe stata diversa.

Sulla base di una federazione socialista, unendo le potenzialità produttive colossali della Germania, con le immense riserve di materie prime e manodopera della Russia, le condizioni materiali delle masse sarebbero state trasformate. In tali condizioni l’ascesa della burocrazia sarebbe stata impedita, e la fazione di Stalin non sarebbe stata in grado di prendere il potere. Si sarebbe data una carica al morale della classe operaia sovietica e sarebbe stata ristabilita la sua fede nella rivoluzione mondiale.

Dobbiamo ricordare che nel periodo 1923-29, il processo di degenerazione burocratica non era affatto consolidato. Questo dato di fatto si rifletteva nella serie di zig-zag che caratterizzarono le politiche di Stalin e della sua fazione, sia in politica interna che estera, durante tutto questo periodo. Nel 1923-1928, Stalin adottò una politica di destra, caratterizzata da un adattamento ai kulaki (contadini ricchi) e agli uomini della Nep (speculatori) in Russia e un adattamento ai riformisti e alla borghesia coloniale in politica estera. Questo pose la rivoluzione in grave pericolo. Internamente, promosse i kulaki e altri elementi borghesi a scapito dei lavoratori. Esternamente, condusse l’Internazionale comunista ad una sconfitta dopo l’altra.

Stalin non organizzò consapevolmente la sconfitta della rivoluzione tedesca nel 1923, o quella della rivoluzione cinese nel 1923-27. Al contrario, desiderava il successo di queste rivoluzioni. Ma le politiche opportuniste di destra che aveva imposto sull’Internazionale comunista in nome del socialismo in un paese solo garantirono la sconfitta in tutti questi casi.

Dialetticamente, la causa diventa effetto e viceversa. L’isolamento della rivoluzione russa è stata la causa ultima dell’ascesa della burocrazia e della fazione di Stalin. Le politiche errate di quest’ultimo produssero la sconfitta delle rivoluzioni tedesca e cinese (e altre sconfitte in Estonia, Bulgaria, Gran Bretagna, ecc.). Queste sconfitte confermarono l’isolamento della rivoluzione e causarono una profonda demoralizzazione fra i lavoratori sovietici, che persero ogni speranza sulla possibilità che i lavoratori europei sarebbero accorsi in loro aiuto.

Ciò portò ad un consolidamento della burocrazia e dello stalinismo, che era solo l’espressione politica degli interessi materiali della burocrazia. Questo, a sua volta, condusse a ulteriori sconfitte della rivoluzione internazionale (Germania, Spagna), che prepararono il terreno per la Seconda Guerra Mondiale e misero l’URSS in estremo pericolo.

La morte di Lenin

Lenin ripeté centinaia di volte che, senza la vittoria della rivoluzione europea sarebbe stato impossibile mantenere il potere sovietico e la restaurazione del capitalismo sarebbe stata inevitabile. Ma le cose non andarono esattamente come anticipato da Lenin. L’Unione Sovietica sopravvisse, ma subì un processo di degenerazione burocratica iniziato già durante la vita di Lenin.Nei suoi ultimi anni Lenin divenne sempre più preoccupato da ciò. Nel suo ultimo discorso al Soviet di Mosca nel 1922 pose la domanda: “Chi guida e chi è guidato?”.

Il materialismo storico ci insegna a guardare oltre i singoli attori sulla scena della storia e cercarne le cause più profonde. Questo non esclude affatto il ruolo degli individui nella storia. In determinati momenti il ruolo di un singolo uomo o donna può essere decisivo. Possiamo dire con certezza che senza la presenza di Lenin e Trotskij (soprattutto del primo) nel 1917, la rivoluzione d’Ottobre non avrebbe mai avuto luogo.

Tuttavia, gli individui possono giocare un ruolo del genere solo quando tutte le altre condizioni sono presenti. La concatenazione di circostanze nel 1917 ha permesso a Lenin e Trotskij di giocare un ruolo decisivo. Ma se gli stessi uomini fossero stati presenti più di due decenni prima non sarebbero stati in grado di svolgere lo stesso ruolo. Allo stesso modo, quando la rivoluzione entrò in una fase di riflusso, nonostante le loro capacità personali colossali, Lenin e Trotskij non furono in grado di impedire la degenerazione burocratica della rivoluzione. Fu causata da forze oggettive contro le quali anche i più grandi leader erano impotenti.

Il caso svolge spesso un ruolo nella storia. Se non fosse stato per la malattia, Lenin avrebbe partecipato al Congresso del Partito bolscevico e probabilmente Stalin sarebbe stato rimosso dalle sua carica. Tuttavia, è impossibile comprendere i grandi processi storici in termini del ruolo degli individui o dei “grandi uomini”, il marxismo cerca di analizzare la storia in termini di sviluppo delle forze produttive e dei rapporti di classe che da esse derivano. Anche se Lenin fosse riuscito a conquistare la maggioranza nel Congresso, ciò avrebbe significato solo un temporaneo ritardo nell’ascesa della burocrazia, che affondava le sue radici nelle condizioni oggettive.

Dopo la morte di Lenin nel 1924 il processo di degenerazione burocratica del Pcus si sviluppò ad un ritmo accelerato, approdando alla fine alla dittatura di Stalin. Ma anche se Lenin fosse vissuto, questo processo non avrebbe potuto essere fermato senza la vittoria della rivoluzione in uno o più paesi importanti. Nel 1926 in una riunione dell’Opposizione unificata, Krupskaya, la vedova di Lenin, disse: “Se Vladimir Ilic fosse vivo oggi sarebbe in una delle prigioni di Stalin”.

L’Opposizione di Sinistra

Già nel 1923 Trotskij lanciò la Piattaforma dell’Opposizione, sulla base di una difesa dei principi leninisti della democrazia operaia e dell’internazionalismo proletario. Intraprese una lotta contro le tendenze burocratiche nello Stato e del partito. Questo fu l’inizio della Opposizione di Sinistra in Unione Sovietica e a livello internazionale. La lotta tra l’Opposizione di Sinistra e la fazione di Stalin era, in fondo, una lotta di classe, che rifletteva gli interessi contraddittori tra la classe operaia e la burocrazia in ascesa. Broué parla del congresso del 1923 in cui l’opposizione conquistò la maggioranza a Mosca, ma il cui risultato fu ribaltato in maniera burocratica:

L’Opposizione ha avuto a Mosca la maggioranza in 40 cellule (6.954 membri) contro 32 (2.790), la maggioranza nelle cellule dell’Armata Rossa, il 30% delle cellule operaie, e… tre delegati in totale. Depredata, l’Opposizione è calunniata dalla conferenza, i cui delegati sono funzionari scelti male, arroganti e grossolani, che la condannano come una deviazione menscevica”.

Egli fornisce anche dettagli molto interessanti della forza del bolscevico leninisti, anche a Leningrado (roccaforte di Zinoviev), in Ucraina e in Georgia. Spiega come nel 1928, quando la repressione contro l’Opposizione di Sinistra era già iniziata, Stalin stesso stimò che c’erano 30mila membri dell’opposizione attivi. Broué è anche in grado di fornire molti dettagli sulla composizione dell’Opposizione di Sinistra, utilizzando fonti di polizia ufficiali: “Il 44% degli espulsi per appartenenza all’Opposizione erano degli operai d’officina ed il 25% degli ex operai messi in posti di responsabilità [il numero di questi ultimi aumenterebbe di molto se si conoscesse la professione di provenienza dei commissari politici dell’Armata Rossa e degli studenti nelle rabfaki. Per quanto concerne l’età, quelli dell’Opposizione sono giovani e persino molto giovani: l’85% di loro ha meno di 35 anni […]. A Kharkov, sui 259 espulsi del 1927, tra cui figurano 196 operai, il 70% ha meno di 30 anni, il 38% meno di 25 anni”.

Broué commenta: “Siamo in presenza di un movimento della gioventù operaia. I giovani che combattono nei ranghi dell’Opposizione sono quelli che erano adolescenti, o addirittura bambini, all’epoca della rivoluzione, e che sono ancora sospinti da quel vento. Sono la parte più dinamica della società, il suo avvenire, il risultato profondo, l’impronta più durevole della rivoluzione”.

Trotskij cercò di basarsi sulla classe operaia, ma quest’ultima era demoralizzata da lunghi anni di guerra, rivoluzione e guerra civile. Lunghe ore di lavoro nelle fabbriche in cui si congelava, salari da fame e privazioni generalizzate mietevano le loro vittime. I lavoratori sovietici caddero in uno stato di apatia. Non partecipavano più ai soviet, che divennero inesorabilmente burocratizzati. Ad ogni passo indietro della rivoluzione mondiale, i lavoratori divennero sempre più disillusi e disorientati mentre la nuova casta di burocrati sovietici divenne invece sempre più sicura e insolente.

La ragione per cui Stalin trionfò non fu a causa di eventuali errori dell’Opposizione, come gli storici borghesi superficiali immaginano, ma a causa del contesto più ampio dei rapporti di classe nella società sovietica. Citerò solo un esempio per sottolineare questo punto. Nel 1927, dopo la sconfitta della rivoluzione cinese, alcuni studenti che sostenevano l’opposizione si rivolsero a Trotskij, sostenendo che, dal momento che tutti potevano vedere che le idee di Trotskij si erano dimostrate corrette, avrebbero conquistato ora la maggior parte del partito. Trotskij non era d’accordo. Sottolineò loro che per i lavoratori sovietici, le conseguenze oggettive della sconfitta della rivoluzione cinese erano di gran lunga più importanti di chi aveva avuto torto o ragione rispetto alle prospettive.

Nei fatti, Trotskij sapeva che l’opposizione non poteva vincere. La situazione oggettiva sfavorevole la destinava alla sconfitta. Allora perché continuò a lottare? Perché non capitolò a Stalin, come fecero Zinoviev, Kamenev e Radek? La risposta è che stava cercando di stabilire le idee, il programma e le tradizioni per le future generazioni di comunisti in URSS e a livello internazionale. È stato l’unico a farlo, nonostante le persecuzioni più terribili che hanno causato la morte della maggior parte dei suoi compagni, amici e familiari.

Il Partito “comunista” sotto Stalin si trasformò in un club burocratico. In realtà, non era affatto un partito, ma una parte dell’apparato dello Stato – un veicolo per il controllo sulla classe operaia e per la promozione dei carrieristi. Anche se rimasero alcuni veri comunisti, la stragrande maggioranza dei suoi membri erano yes-men, leccapiedi, spie e lacchè.

Il XVII Congresso nell’ottobre 1934 fu salutato come “il congresso dei vincitori”. I delegati erano in competizione tra loro per cantare le lodi del leader, ma quasi tutti i 2mila delegati furono vittime successivamente del terrore di Stalin. Il congresso dimostrò che Kirov, il capo del partito di Leningrado, era popolare fra i delegati – troppo popolare. Ottenne una standing ovation all’inizio e alla fine del suo discorso, e fu eletto nel Segretariato del Comitato centrale. Questo significava che si sarebbe trasferito da Leningrado a Mosca, dove sarebbe stato un rivale di Stalin.

I disastri della collettivizzazione forzata e la distruzione economica causata dalla cattiva gestione del primo piano quinquennale avevano sviluppato numerosi dubbi riguardo la figura di Stalin. Questi dubbi furono rafforzati dalla vittoria di Hitler in Germania. La sconfitta tedesca scosse la burocrazia. Vennero sollevati dubbi sulle politiche che avevano portato a quella sconfitta devastante che distrusse il potente Partito comunista tedesco e pose l’Unione Sovietica in grave pericolo. Gli articoli di Trotskij sulla Germania, che criticavano la linea di ultra-sinistra del Comintern avevano avuto un effetto profondo fra quei settori di funzionari del partito che hanno avuto accesso ad essi. Il partito era in uno stato di fermento. Ci furono discussioni di corridoio su Stalin tra i delegati al XVII Congresso del Partito (gennaio-febbraio 1934). Il 23 febbraio, al suo ingresso al Teatro Bolshoi Stalin venne accolto “da un silenzio glaciale”. Fra le fila della burocrazia circolavano barzellette su Stalin. Kirov aveva apertamente criticato Stalin in una riunione ristretta e chiusa dei comunisti a Leningrado.

Ma Stalin, che controllava sia il partito che l’apparato del potere statale, tra cui la GPU, passò violentemente al contrattacco. Il 1 dicembre 1934, Kirov fu assassinato da un giovane comunista, Leonid Nikolaev, che era stato, convenientemente, un militante di base dell’opposizione zinovievista a Leningrado. In realtà, Nikolaev lavorava per la GPU e fu un mero strumento delle macchinazioni di Stalin.

Che Nikolaev fosse un provocatore è dimostrato dal fatto seguente. Teneva un diario, all’inizio del 1934, in cui rivelò non solo un atteggiamento critico per la direzione del partito, ma anche tendenze terroristiche. Il diario fu scoperto e Nikolaev fu espulso dal partito, ma poi venne reintegrato. Eppure gli fu concesso di continuare a lavorare presso l’Istituto Smolny, la sede del partito di Leningrado.

Date queste circostanze, è incomprensibile che a Nikolaev fu permesso di entrare in contatto diretto con Kirov che, come tutti gli altri dirigenti del Partito, era circondato da guardie del corpo. Tuttavia, al momento dell’assassinio non c’era una sola guardia del corpo vicino a Kirov. Subito dopo l’assassinio, si provvide a liquidare tutti i testimoni al fine di coprire le tracce. Non solo Nikolaev fu eliminato, ma le guardie del corpo e l’autista di Kirov furono uccisi, oltre alla moglie di Nikolaev e ad altri membri della sua famiglia.

Nel suo celebre discorso del 1956 Kruscev disse che le tracce degli assassini di Kirov portavano allo stesso Stalin. Non c’è il minimo dubbio che questo assassinio venne progettato da Stalin che temeva Kirov come un possibile rivale. Nel momento in cui Stalin stava perdendo appoggio, il nome di Kirov circolava nei circoli del partito come un suo possibile sostituto. Doveva essere eliminato e fu eliminato.

Il processo a Kamenev e Zinoviev

Inizialmente l’assassinio di Kirov venne attribuito a elementi della Guardia bianca, ma poi venne inventata la storia che i veri autori erano Kamenev e Zinoviev, questi “nemici incompiuti” che si diceva essere guidati dal “mercenario fascista Trotskij”. Vennero condotti a processo in segreto nel 1935, accusati di responsabilità politica per l’omicidio di Kirov.

Kamenev e Zinoviev erano uomini già distrutti moralmente e politicamente. Avevano capitolato a Stalin dopo la sconfitta dell’opposizione, compiendo una “autocritica” piena, avevano denunciato il “trotskismo” ed erano stati riammessi nel partito. Dopo aver capitolato una volta a Stalin, l’avevano fatto ancora. Stalin aveva promesso di risparmiare loro la vita se avessero confessato e vennero così inviati in un campo di prigionia. Ma questo era insufficiente per Stalin: voleva la loro morte. Così, dopo 18 mesi, vennero portati a Mosca per un altro processo.

Il 19 agosto, quando la discussione della Costituzione di Stalin (“la costituzione più democratica del mondo”), era in pieno svolgimento, 16 prominenti ex oppositori, guidati da Zinoviev e Kamenev, insieme con Evdokimov e I.M. Smirnov, vennero messi sotto processo con la minaccia della pena capitale. Questa volta vennero accusati, non di “responsabilità politica” per l’assassinio di Kirov, ma dell’organizzazione di azioni terroristiche contro Stalin, Voroshilov, Kaganovic e Zdanov, sotto le istruzioni e la guida di Trotskij.

Questo processo rappresentò un tentativo di fornire una scusa per procedere ad arresti di massa di tutti coloro che avevano messo in discussione la leadership di Stalin. Nel corso del procedimento, gli imputati furono costretti a coprirsi di fango. Kamenev testimoniò che “Egli stesso era a servizio del fascismo e con Zinoviev e Trotskij aveva preparato una controrivoluzione in URSS”. Zinoviev dichiarò che “il trotskismo è una variante del fascismo”. La natura abietta di queste confessioni non li salvò: furono fucilati subito dopo il processo. Nel corso dei dodici mesi successivi al processo, 100mila persone furono arrestate o fucilate nella sola Leningrado.

I metodi della GPU erano quelli dell’Inquisizione. Gli accusati erano scaraventati fuori dai loro letti nel mezzo della notte, tenuti in isolamento, picchiati, torturati, le loro famiglie minacciate, per estorcere una falsa confessione. Gli interrogatori erano effettuati giorno e notte ininterrottamente, per una durata che andava da 16 a 24 ore, il prigioniero veniva privato del sonno (il sistema del “nastro trasportatore”). Coloro che non confessavano venivano fucilati o semplicemente scomparivano. Venivano utilizzati degli agenti provocatori per fabbricare le denunce. I bambini venivano costretti a denunciare i propri genitori.

Il motivo principale delle purghe era quello di liquidare il Partito bolscevico, di spazzare via l’intera generazione di vecchi-bolscevichi e, quindi, di consolidare il dominio della burocrazia. Chiunque fosse in grado di ricordare le vecchie tradizioni democratiche e internazionaliste del leninismo era visto come un pericolo. Come ogni comune criminale Stalin comprese la necessità di eliminare tutti i testimoni. Ma c’era anche un motivo personale. Stalin era una mediocrità che non poteva reggere il confronto con i vecchi leader bolscevichi. Rispetto a Bucharin, Kamenev e anche Zinoviev, per non parlare di un genio come Trotskij, era una nullità, e lo sapeva. Perciò nutriva sentimenti di vendetta verso l’intera generazione dei vecchi-bolscevichi.

Stalin era un sadico che aveva un interesse personale nel tormentare le sue vittime. Portò a Mosca i metodi primitivi della faida georgiana, in cui non solo i nemici dovevano essere uccisi, ma anche le loro famiglie. Una volta dichiarò: “Non c’è nulla di più dolce al mondo di pianificare la vendetta su un nemico, vederla effettuata, e poi andarsene tranquillamente a letto”.

Stalin controllò personalmente la lista delle vittime e decise chi dovesse vivere o morire. Su un totale di circa 700mila casi, firmò personalmente 400 liste, per un totale di 40mila persone. Su queste liste c’erano i nomi di tutti i collaboratori e compagni d’armi principali di Lenin. La crudeltà stalinista è stata rivelata quando i suoi archivi sono stati aperti, dimostrando che disegnava vignette raffiguranti il supplizio delle sue future vittime. Boris Ilizarov, uno storico e membro dell’Accademia russa delle scienze ha pubblicato gli schizzi che Stalin disegnava durante le lunghe riunioni del Politburo per passare il tempo.

Una di queste vignette grottesche del 1930 raffigura l’allora Ministro delle finanze Nicolai Bryukhanov appeso a una corda per i suoi genitali:

Il disegno è stato trovato con una nota scritta e firmata da Stalin in cui il tiranno non faceva alcuno sforzo per nascondere il suo piacere per la sorte che aveva in mente per Bryukhanov, membro del Politburo per quattro anni. Sotto il titolo ‘dossier speciale’ si leggeva: ‘A tutti i membri del Politburo, per tutti i suoi peccati presenti e futuri, Bryukhanov dovrebbe essere appeso per le palle. Se [le palle] resistono dovrebbe essere considerato non colpevole, come in un tribunale di giustizia. Se cedono dovrebbe essere annegato in un fiume’. Bryukhanov fu giustiziato su ordine di Stalin nel 1938 sulla base di accuse inventate. È stato riabilitato nel 1956, tre anni dopo la morte di Stalin” (The Sunday Times, 8 luglio 2001).

Stalin aveva un consiglio molto semplice per gli interrogatori dei prigionieri: “Picchiare, picchiare e picchiare ancora”. Al tempo dei primi processi il capo della OGPU-NKVD era Genrich Jagoda. Portava avanti le direttive di Stalin, ma non con abbastanza entusiasmo per il ‘Vozhd’ (uno dei termini per indicare il “Capo” in russo, NdT). Stalin era furioso perché Jagoda non aveva ottenuto confessioni per l’assassinio di Kirov da Kamenev e Zinoviev nel processo del 1936. Lo chiamò e disse: “Lavori male, Genrich Grigorievich. So già per certo che Kirov fu ucciso su istruzione di Zinoviev e Kamenev, ma finora non sei stato in grado di dimostrarlo. Bisogna torturarli fino a quando finalmente dicono la verità e rivelano tutte le loro connessioni” (Anna Larina, This I cannot forget, pag. 94 dell’edizione inglese – Anna Larina era la vedova di Bukharin, NdT).

Jagoda era un funzionario corrotto e un carrierista spregevole le cui mani erano sporche di sangue, ma essendo stato un membro del partito dal 1907 era inibito dalle antiche tradizioni e talvolta si tirava indietro davanti agli ordini mostruosi che avrebbe dovuto eseguire. Questo segnò il suo destino. Venne rimosso, processato, accusato tra l’altro dell’avvelenamento dello scrittore Maksim Gorkij, e giustiziato. L’accusa rispetto a Gorkij è significativa. Gorkij, che aveva un cuore tenero, spesso era solito intercedere presso Lenin a nome di persone che erano state arrestate, e cercò di fare la stessa cosa con Stalin. Ma Stalin non era come Lenin. Trovava irritanti le richieste del vecchio. Tuttavia Gorkij era troppo famoso per essere messo sotto processo come “trotskista”, quindi con ogni probabilità Stalin rinunciò a prenderlo di mira, e diede la colpa allo sfortunato Jagoda. Questo era tipico dello stile di Stalin.

L’anno 1937

Al fine di consolidare il suo potere Stalin doveva prima distruggere il partito di Lenin. Lo fece sterminando fisicamente il Partito bolscevico nelle note purghe. Il 1937 passerà alla storia come sinonimo del terrore sfrenato di Stalin. L’uomo che sostituì Jagoda, Nikolaj Ežov, era un mostro a immagine di Stalin. Nessuna azione era troppo abietta o sanguinaria per lui, nessun ordine troppo atroce da eseguire. Questa creatura era l’incarnazione perfetta della controrivoluzione politica di Stalin.

Nei campi di prigionia, milioni di persone venivano affamate e lavoravano fino allo sfinimento. Tra il 1929 e il 1934 l’aspettativa di vita media era inferiore ai due anni. Eppure, il Capo si lamentava che le condizioni nei campi erano troppo comode: erano “come luoghi di cura”. Fino al 1937 la politica deliberata dell’amministrazione dei campi non era quella di sterminare i prigionieri, anche se molti morivano a causa del cibo scarso e dei carichi eccessivi di lavoro. Ma Ežov cambiò tutto. Dopo il suo arrivo la situazione peggiorò molto. Per cominciare, il massimo della pena, prima di quella capitale, aumentò da dieci anni a venticinque. Nella maggior parte dei casi questo equivaleva a una condanna a morte.

Secondo i dati forniti da Ežov, tra la fine del 1936 e l’inizio del 1937 nelle istituzioni centrali della sola Mosca, migliaia di “sabotatori” trotskisti furono arrestati. Tra l’ottobre 1936 e il febbraio 1937, furono arrestati e condannati le seguenti cifre di dipendenti in commissariati del popolo: Trasporti – 141, Industria alimentare – 100, Industria locale – 60, Commercio interno – 82, Agricoltura – 102, Finanza – 35, Educazione – 228; e così via. In seguito la situazione peggiorò ancora. In un giorno solo, il 12 dicembre 1938, Stalin e Molotov ordinarono la fucilazione di 3.167 persone e poi andarono al cinema.

È ormai noto che la NKVD aveva un obiettivo per gli arresti che doveva essere rispettato, proprio come un obiettivo per l’acciaio, il carbone e l’energia elettrica nell’ambito del piano quinquennale. Evgenija Ginzburg riferisce la seguente conversazione che ebbe in carcere nel 1937: “Essendo di nazionalità tartara, era più semplice accusarmi di essere una nazionalista borghese. A dire il vero, in un primo momento mi avevano catalogato come una trotskista, ma Rud ha rimandato indietro il dossier, dicendo che avevano superato l’obiettivo per i trotskisti ma erano a corto di nazionalisti, anche se avevano preso tutti gli scrittori tartari che erano riusciti a trovare” (Evgenija Ginzburg, Viaggio nella vertigine, Dalai editore, 2011, pagg. 109-110 dell’edizione inglese).

La macchina della propaganda di Stalin stava facendo gli straordinari. Si organizzavano assemblee con slogan come “Morte ai mercenari fascisti!”, “Schiacciamo il parassita trotskista!” e “Il trotskismo è un’altra forma di fascismo!”. Sulla Pravda del 6 marzo 1937 si affermava che “i trotskisti sono una scoperta per il fascismo internazionale. […] Il numero insignificante di questa banda non dovrebbe rassicurarci, dobbiamo aumentare la nostra vigilanza dieci volte”. Il 15 marzo 1938, Vechernaya Moskva ringhiava: “La storia non conosce cattive azioni pari ai crimini della banda del Blocco trotskista di destra antisovietico. Lo spionaggio, il sabotaggio e l’opera di demolizione svolti dal superbandito Trotskij e dai suoi complici Bucharin, Rykov e gli altri, suscitano sentimenti di rabbia, odio e disprezzo non solo nel popolo sovietico, ma in tutta l’umanità progressista” (Citato in D. Volkogonov, Trotskij pp. 381-2).

La storia non conosce azioni depravate pari ai crimini operati dalla banda della burocrazia stalinista antisovietica. Un’ondata di terrore fu scatenata da Stalin contro il popolo dell’URSS. Milioni di persone innocenti furono arrestate, condannate e mandate nel Gulag. Anche i servizi di sicurezza furono oggetto di purghe. Nel 1937-38 furono arrestati 23mila ufficiali del NKVD. La maggior parte di loro diventarono delatori nei confronti dei colleghi per sopravvivere.

Non tutte le vittime di Stalin furono processate. Il leader sindacale Tomskij, un seguace dell’opposizione di destra di Bucharin, ingannò Stalin preferendo il suicidio. Anche la moglie di Stalin, Nadezhda Alleluyeva fu spinta al suicidio da Stalin. Una donna rispettabile e onesta, simpatizzava con Bucharin. In segno di protesta contro la perfidia morale e politica di Stalin, si suicidò con un colpo di pistola. In seguito la stessa sorte toccò a Sergo Ordzhonikidze, vecchio amico e compagno di Stalin. Il 18 febbraio 1937, morì improvvisamente, presumibilmente di un attacco di cuore. In realtà anche lui fu spinto al suicidio da Stalin, che aveva arrestato, torturato e fucilato il fratello di Sergo senza alcun motivo.

I dettagli di questo caso sono stati rivelati da Kruscev al XX Congresso del PCUS nel 1956. Nello stesso discorso ha rivelato che, su un totale di 139 membri a titolo pieno e candidati del Comitato centrale eletto al XVII Congresso nel 1934, 98 (vale a dire il 70 per cento) furono fucilati. Kruscev affermò che gli arrestati erano stati sottoposti a brutali torture, e confessarono “ogni tipo di crimini gravi e improbabili”, solo quando “non erano più in grado di sopportare torture barbare”.

Stalin, il mediocre, odiò sempre le persone dotate di talento. E odiava e temeva Tuchacevskij la cui brillantezza gli ricordava sempre la propria incompetenza in campo militare, dove avrebbe voluto essere considerato un genio. Ma molto più seriamente, Stalin viveva nella paura di un colpo di Stato militare. Organizzò dunque una nuova, gigantesca montatura che coinvolse tutto lo Stato maggiore dell’esercito sovietico. Accusò Tuchacevskij ed altri comandanti con un ruolo chiave dell’Armata Rossa di essere in combutta con Hitler.

Tuchacevskij aveva previsto che la Seconda Guerra Mondiale sarebbe stata una guerra di movimento combattuta con carri armati e aerei. Ma Stalin era geloso di Tuchacevskij e sospettoso nei confronti dello Stato maggiore dell’Armata Rossa. Così, quando Tuchacevskij insistette per aumentare il numero di aerei e carri armati dell’Armata Rossa, Stalin si rifiutò, definendolo un cospiratore strampalato (si veda Dimitri Shostakovich, Testimonianza. Raccolte e curate da Solomon Volkov, Mondadori 1979, p. 103 dell’edizione inglese).

Il famoso compositore sovietico Dimitri Shostakovich era un amico personale di Tuchacevskij. Nelle sue memorie scrive: “Ora è riconosciuto che Tuchacevskij è stato piegato grazie agli sforzi congiunti di Stalin e Hitler, ma non si deve esagerare il ruolo di spionaggio tedesco in questa vicenda. Se non ci fossero stati quei documenti falsi che ‘smascheravano’ Tuchacevskij, Stalin si sarebbe sbarazzato di lui in ogni caso” (Ibid., p. 99).

Stalin sostituì questo grande e originale pensatore militare con i suoi sodali Budyonny e Voroshilov, due incompetenti che pensavano che la Seconda Guerra Mondiale sarebbe stata combattuta con la cavalleria! Poco prima della Seconda Guerra Mondiale, mostravano al pubblico film di propaganda in Russia di Voroshilov e la sua cavalleria che spazzavano via il nemico di fronte a loro! Solo dopo le prime sconfitte schiaccianti dell’Armata Rossa nel 1941 Stalin realizzò il suo errore, ma questa fu una lezione molto costosa per l’URSS. La stessa cosa è successa con i missili. Stalin fucilò tutti gli esperti di missilistica di Leningrado, e poi dovette ripartire da zero.

Le purghe distrussero l’intero quadro di comandanti dell’Armata Rossa e danneggiarono gravemente le capacità di difesa dell’URSS. Tuchacevskij, Yakir e altri furono fucilati in segreto, il che indica che si rifiutarono di confessare. Le purghe del Comando militare che continuarono per tutto il 1938 portarono all’eliminazione del 90 per cento di tutti i generali, dell’80 per cento di tutti i colonnelli e di 30mila ufficiali di rango inferiore. Questo lasciò l’Armata Rossa seriamente indebolita alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale. Sappiamo che è stato uno dei principali fattori che convinse Hitler che avrebbe potuto attaccare l’URSS. Mise a tacere le obiezioni dei suoi generali con l’osservazione: “Non hanno buoni generali”.

Il processo dei 21

Nel marzo del 1938 si aprì a Mosca il processo dei 21. Bucharin, Rykov, Krestinskij, Rakovsky, e altri membri del cosiddetto blocco trotskista e dei destri. Questi vecchi-bolscevichi furono descritti dall’ex menscevico Vyšinskij come “carogne puzzolenti”, “feccia pietosa”, “parassiti dannati”, “cagnacci alla catena dell’imperialismo” e così via. La Pravda descrisse questa parodia disgustosa di un processo farsa come il “tribunale del popolo più democratico del mondo”. Questo verdetto è stato accettato dal più inaspettato “amico dell’Unione Sovietica” – Winston Churchill, che descrisse la performance di Vyšinskij al processo come “geniale”.

Il primo giorno del terzo processo, il 2 marzo 1938, l’ex menscevico Andrei Vyšinskij calunniò l’uomo che Lenin aveva descritto nel suo Testamento come “preferito del partito”: “Bucharin siede lì con la testa china bassa, una nullità del male traditrice, bifronte, piagnucolante, che è stata smascherata […] come il capo di una banda di spie, terroristi e ladri, come istigatore omicida. […] Questo sporco piccolo Bukharin” (The Case of the Anti-Soviet Bloc of Rights and Trotskyists, Record of Court Proceedings, Moscow, 1938, pp. 656-57).

Anche se era Vyšinskij a leggere l’accusa, il suo autore era Stalin, che scherniva la sua vittima e lo riempiva di fango prima di distruggerlo fisicamente. Questo era il metodo preferito del “beneamato capo e maestro”. “L’ipocrisia e la perfidia di quest’uomo superano i crimini più perfidi e mostruosi conosciuti nella storia del genere umano”. Queste parole non possono essere applicate a Bucharin, un rivoluzionario senza macchia per onestà e dedizione, ma descrivono perfettamente lo stesso Stalin.

Bucharin in seguito dichiarò: “La confessione degli accusati è un principio medievale di giurisprudenza. […] Non mi dichiaro colpevole. […] Non riconosco tutto ciò. […] Lo nego. […] Nego categoricamente qualsiasi complicità”.

Non furono uccisi solo trotskisti, ma anche molti stalinisti che caddero in disgrazia di fronte al “beneamato capo e maestro”. Avel Enukidze, per esempio, fu fucilato per aver cercato di salvare la vita di alcuni vecchi-bolscevichi. Non contento di aver ucciso i suoi nemici, Stalin prese la rivincita sulle loro famiglie e i loro amici. Centinaia di migliaia furono inviati ai campi non solo come “nemici del popolo”, ma anche come chesirs o “familiari di un traditore della patria”. Tra queste vittime vi erano la moglie e le sorelle di Tuchacevskij, la moglie di Bucharin, la prima moglie di Trotskij, il figlio maggiore, Sergeij, che non era politicamente attivo ma che, arrestato, coraggiosamente si rifiutò di denunciare il padre e fu fucilato.

I metodi della GPU furono svelati in modo sorprendente durante gli stessi processi di Mosca. Quando anche Jagoda fu messo sotto processo, Vyšinskij dichiarò (11 marzo 1938): “Jagoda si trovava al vertice di una macchina che uccideva le persone nei modi più subdoli. Ha rappresentato l’ultima parola nella ‘scienza’ della bestialità” (Sudebny otchet po delu antisovetskogo trotskiiskogo tsentra, Rapporto ufficiale del processo in russo, Mosca 1937, p. 332). In mezzo a tutta la miserabile palude di bugie e alle distorsioni di cui sono pieni questi documenti, questa è probabilmente l’unica affermazione veritiera.

Ežov aveva raggiunto i vertici del potere. C’era anche un culto di Ežov a fianco del culto di Stalin. Ežov era chiamato ufficialmente “l’Amato della nazione”. Gli orrori che infliggeva alle sue vittime erano conosciuti come “spine di Ež” (Ež in russo significa riccio). I bardi in Asia centrale cantavano del Padre Ežov. Tutto questo non era una cosa saggia da fare sotto Stalin, che aveva una morbosa paura dei rivali.

Ežov inviò anche un progetto di decreto per il Cc, presumibilmente su iniziativa di “innumerevoli richieste da parte dei lavoratori” perché Mosca assumesse il nome di Stalinodar (si veda Volkoganov, pag. 463.) Tuttavia, Stalin non era abbastanza stupido da accettare. Invece arrestò Ežov nel 1938. Stalin accusò di tutti gli orrori e le deportazioni delle purghe il suo burattino Ežov, che sostituì con un fantoccio georgiano, Lavrentij Berija. L’“Amato della nazione” poi scomparve nei gulag e sembra sia stato fucilato nel 1939.

L’assassinio di Trotskij

L’unica seria opposizione a Stalin era rappresentata dall’Opposizione di Sinistra di Trotskij le cui fila vennero decimate da anni di repressione e persecuzione paragonabili solo a quelle subite dai primi cristiani per mano dell’Impero romano. Anche un uomo come Christjan Rakovskij, il famoso marxista dei balcani, stretto amico e collaboratore di Trotskij, venne alla fine piegato dalla forza irresistibile della macchina di Stalin. Pierre Broué scrisse:

L’isolamento, la minaccia fascista e falsi appelli all’’unità’ piegarono Christjan Rakovskij più facilmente, non abbiamo dubbi, del freddo infernale a Barnaul o delle condizioni terribili in seguito al suo infruttuoso tentativo di fuga e alla sua cattura. È stata la disperazione di fronte a una tale sconfitta che ha messo i vecchi-bolscevichi nelle mani dei carnefici di Stalin; nient’altro avrebbe potuto costringerli a piegarsi, finché potevano conservare la speranza” (Pierre Broué, Blocco delle opposizioni nel Cahiers Léon Trotskij, n. 5, gennaio-marzo 1980).

Tuttavia, molti altri rifiutarono di capitolare. Questi eroi ed eroine bolscevichi mantennero la loro fede nei principi del bolscevismo e nella prospettiva della rivoluzione mondiale. Conservarono la loro organizzazione in vita anche nei campi di concentramento di Stalin. Organizzarono scioperi della fame contro i loro aguzzini, e furono messi a tacere solo dal plotone d’esecuzione. E mentre marciavano verso la morte nella tundra ghiacciata cantavano l’Internazionale.

Nonostante tutto, Stalin non si sentiva al sicuro. Una voce rimaneva a sfidarlo – il principale braccio destro di Lenin, l’architetto della rivoluzione d’Ottobre e il fondatore dell’Armata Rossa, Lev Davidovic Trotskij. Finché Trotskij rimaneva vivo Stalin non poteva avere pace.

La sua ossessione nei riguardi di Trotskij non era solo una questione di odio personale – anche se questo era reale. Era soprattutto la paura che le idee e il programma di Trotskij e dei leninisti bolscevichi avrebbero ottenuto un’eco all’interno della classe operaia sovietica. Questa non era una paura senza fondamento. Esisteva un crescente malcontento nella classe operaia sovietica rispetto alle cattive condizioni di vita e, soprattutto, alla crescente disuguaglianza e ai privilegi della burocrazia.

Anche al culmine delle purghe vi erano indicazioni di un fermento sotterraneo di malcontento. Attraverso i rapporti del partito e del NKVD, Stalin era ben consapevole della situazione reale. Nei protocolli del partito all’interno dell’impresa di costruzioni Medgorodsk (Smolensk), abbiamo una descrizione insolitamente franca delle condizioni di vita dei lavoratori:

Gli alloggi dei lavoratori sono stati descritti come sovraffollati e in uno stato di estrema rovina con l’acqua che cala direttamente dal soffitto sui letti dei lavoratori. Il riscaldamento funziona di rado negli alloggi. La biancheria da letto non viene mai cambiata e la manutenzione dei sanitari è quasi inesistente. Non ci sono né cucine né refettori nel cantiere. Non è possibile avere cibo caldo fino a sera, dopo che i lavoratori hanno dovuto percorrere un lungo cammino per raggiungere il refettorio. ‘Molte delle donne’, ha riferito una compagna del Partito, ‘vivono praticamente sulla strada. Nessuno presta attenzione a loro, alcune di queste creature indifese minacciano di suicidarsi’. Inoltre, i casi in cui i salari non sono stati pagati sono in aumento. Tutto questo ‘abbandono dei bisogni elementari dei lavoratori’, nonché ‘l’incuria nei loro confronti come esseri umani’ provoca una ‘insoddisfazione pienamente giustificata’ e amarezza da parte degli operai.

L’umore di alcuni dei lavoratori è stato descritto come ‘spesso minaccioso’ e ‘direttamente controrivoluzionario’. Per esempio, è stato riferito che in una discussione riguardo la Costituzione del 1936 un certo Stepan Danin, un falegname, e gli operai della sua brigata abbiano detto:

‘Si deve consentire l’esistenza di diversi partiti politici da noi – come lo è nei paesi borghesi, potranno essere in grado di notare meglio gli errori del Partito comunista.’

‘Lo sfruttamento da noi non è stato eliminato, i comunisti e gli ingegneri assumono e sfruttano i sottoposti’.

‘I trotskisti Kamenev e Zinoviev non saranno fucilati in ogni caso – e non dovrebbero esserlo, perché sono vecchi-bolscevichi’.

Alla domanda di un agitatore su chi dovrebbe essere considerato un vecchio-bolscevico, un operaio ha risposto, ‘Trotskij’” (citato in M. Fainsod, Smolensk under Soviet rule, p. 322).

Essendo egli stesso un ex bolscevico, Stalin era ben consapevole che una piccola organizzazione con le idee giuste può crescere e divenire una forza poderosa. Ed era determinato a far sì che ciò non accadesse. La sete di vendetta di Stalin si estese alle famiglie e ai bambini dei suoi nemici. Negli anni precedenti al suo assassinio, Trotskij era stato testimone dell’assassinio di uno dei suoi figli e della scomparsa dell’altro; del suicidio di sua figlia, del massacro dei suoi amici e collaboratori dentro e fuori l’Unione Sovietica e della distruzione delle conquiste politiche della rivoluzione d’Ottobre. La figlia di Trotskij, Zinaida si suicidò a seguito delle persecuzioni di Stalin.

Dopo il suicidio di sua figlia, la sua prima moglie, Alexandra Sokolovskaja, una donna straordinaria che trovò la morte nei campi di Stalin, scrisse una lettera disperata a Trotskij: “I nostri figli sono stati condannati. Io non credo più nella vita. Non credo che essi potranno crescere. In ogni momento mi aspetto qualche nuova tragedia”. E concluse: “È stato difficile per me scrivere e inviare questa lettera. Scusa la mia crudeltà verso di te, ma dovresti sapere tutto dei nostri amici e parenti” (citato in Deutscher, Il profeta esiliato, tradotto dall’edizione inglese).

Lev Sedov, il figlio maggiore di Trotskij e Natalia Sedova, era un membro dei Giovani comunisti e uno dei militanti più attivi dell’Opposizione di Sinistra in URSS. Nel 1927 scelse di rimanere con il padre, con il quale condivise l’esilio ad Alma Ata e, più tardi, in Turchia fino al 1931. A Berlino dal 1931 al 1933, fu nei fatti responsabile per la sezione russa dell’Opposizione, e in seguito per la Lega comunista internazionale, il cervello della sua rete di corrispondenza in URSS.

Dopo la conquista del potere da parte di Hitler nel 1933 si trasferì a Parigi, portando con sé tutti i recapiti dell’attività clandestina, i nomi dei suoi corrispondenti in URSS e la conoscenza del luogo in cui erano nascosti i suoi archivi e quelli di suo padre. Morì in circostanze altamente sospette, a seguito di un’operazione di appendicite il 15 febbraio 1938. Né lui né suo padre sapevano che la sede della Opposizione di Sinistra internazionale a Parigi era stata penetrata dalla GPU al più alto livello. Non ci può essere alcun dubbio che la morte di Lev Sedov fu opera degli agenti di Stalin.

Questo fu un duro colpo per la Quarta Internazionale, che era ancora in fase embrionale. Ma non fu l’unico. Uno dopo l’altro, i collaboratori, gli amici e la famiglia di Trotskij furono uccisi da Stalin, Anche due dei suoi segretari in Europa, Rudolf Klement e Erwin Wolff, furono assassinati. Ignace Reiss, un funzionario della GPU, che pubblicamente ruppe con Stalin e si dichiarò a favore di Trotskij, fu l’ennesima vittima della macchina omicida di Stalin, ucciso da un agente della GPU in Svizzera.

Il colpo più doloroso giunse con l’arresto del figlio minore di Trotskij Sergei, che era rimasto in Russia nella convinzione che, dato che non era politicamente attivo, sarebbe stato al sicuro. Vana speranza! Non potendo prendere la sua rivincita sul padre, Stalin ricorse alla tortura più sofisticata – applicare una pressione sui genitori attraverso i loro figli. Nessuno può immaginare quale tormento potessero patire in questo periodo Trotskij e Natalia Sedova. Solo in anni recenti è emerso che Trotskij avesse anche contemplato il suicidio, come una possibilità per salvare suo figlio. Ma si rese conto che una tale azione non avrebbe salvato Sergeij e avrebbe dato Stalin proprio quello che voleva.

Trotskij non si sbagliava. Sergeij era già morto, a quanto pare fucilato in segreto nel 1938, avendo sempre rifiutato di denunciare il padre. Stalin continuò a seguire molto da vicino le attività dei trotskisti. Collocò dei suoi agenti fra le loro fila e gli articoli di Trotskij erano sulla sua scrivania al Cremlino ogni mattina – spesso prima di essere pubblicati. Stalin leggeva tutto ciò che Trotskij scriveva ed era deciso a eliminarlo.

Stalin è stato uno dei più grandi criminali della storia mondiale. E come tutti i criminali era determinato a eliminare tutti i testimoni dei suoi crimini. Una delle cose che deve averlo fatto infuriare più di ogni altra cosa fu la notizia che Trotskij stava scrivendo una biografia di Stalin, che non solo smascherava i suoi crimini, ma smontava anche i miti circa il suo ruolo passato nel Partito bolscevico, nella rivoluzione d’Ottobre e nella guerra civile.

Un funzionario della NKVD Sudoplatov fu messo a capo dell’assassinio di Trotskij. Il primo attacco armato contro la sua casa a Coyoacan nel maggio 1940 fallì, ma fu immediatamente seguito da un altro. Il 20 agosto 1940, Lev Davidovic fu colpito a morte da Ramon Mercader, un agente di Stalin, a Città del Messico. Quando Stalin ricevette la notizia dell’assassinio di Trotskij deve aver celebrato la sua vittoria. Ma il verdetto della storia ha dimostrato che aveva torto.

76 anni dopo l’assassinio di Trotskij, il nome di Stalin è ovunque menzionato alla stessa stregua di quello di Hitler – come un criminale e un assassino di massa che ha infangato la bandiera immacolata dell’Ottobre in un mare sporco di fango e sangue, come il becchino della rivoluzione. È quindi altamente opportuno che quest’anno la biografia che si trovava incompiuta sulla scrivania di Trotskij a Coyoacan sia finalmente pubblicata nella versione più completa possibile.

Nella preparazione e nella revisione di Stalin di Trotskij, ero pienamente convinto che questo lavoro – l’ultimo contributo di Trotskij al vasto arsenale della teoria marxista – è un capolavoro degno di stare accanto a La rivoluzione tradita, In difesa del marxismo e Storia della Rivoluzione russa. Sono certo che se Pierre Broué fosse vissuto per vederne la pubblicazione sarebbe stato felicissimo. Nel bel mezzo dei tradimenti, delle sconfitte, della demoralizzazione e dell’apostasia più spaventose, Lev Trotskij ha sollevato una bandiera pulita, ha difeso le vere tradizioni del leninismo, dell’Ottobre e del Partito bolscevico. Ed è riuscito nel suo intento. Questo non è un risultato da poco! Chi ora si ricorda degli scritti di Zinoviev e Kamenev? Ma negli scritti di Lev Trotskij abbiamo un patrimonio inestimabile che conserva tutta la sua importanza, la pertinenza e la vitalità.

Pierre Broué non è più con noi. Ma le sue idee e gli scritti restano una fonte ricca e immortale di ispirazione per le nuove generazioni di combattenti di classe e rivoluzionari di tutti i paesi. E tra le sue numerose opere, tutte notevoli, il suo ultimo lavoro Comunisti contro Stalin è senza dubbio una delle più importanti. Ripristina la memoria di una generazione perduta di combattenti di classe e introduce alle nuove generazioni le idee, il programma e le tradizioni autentiche del bolscevismo e della rivoluzione d’Ottobre che ancora oggi rappresentano l’unica speranza per il futuro dell’umanità.

Londra, 20 settembre 2016

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