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Attenzione alla teoria!

I testi Attenzione alla teoria! e Il significato del materialismo militante scritti da Lev Trotskij e Lenin vennero inviati a Pod znamenem marxizma (Sotto le bandiere del marxismo) per essere pubblicati rispettivamente sul numero 1-2 e 3 della rivista di filosofia voluta dal gruppo dirigente del Partito comunista.
L’anno è il 1922 e, nonostante il paese uscisse stremato dalla guerra civile, il gruppo dirigente bolscevico decideva di investire ingenti risorse nella formazione politica e culturale delle giovani generazioni e dei futuri quadri politici dell’Unione Sovietica.
Lenin e Trotskij dedicarono parte importante del proprio tempo a questi compiti educativi, nonostante i numerosi impegni e le enormi pressioni di lavoro a cui erano sottoposti. Ben consapevoli dell’importanza della teoria rivoluzionaria i dirigenti bolscevichi, e Lenin in particolare, erano preoccupati perché avvertivano una eccessiva tendenza alla semplificazione in campo filosofico da parte degli intellettuali sovietici, e a fare tabula rasa di tutto ciò che il genere umano aveva prodotto in campo filosofico prima di Marx ed Engels.
Significativo a tale proposito che nel numero 3 della rivista, oltre all’articolo di Lenin, uscì l’articolo “Buttare a mare la filosofia”, dove si avanzava l’idea di una cesura radicale con la storia passata.
Lenin non condivideva questo approccio e, non a caso, nel testo inviato alla rivista raccomandò ai militanti e ai redattori della rivista di “organizzare uno studio sistematico della dialettica di Hegel dal punto di vista materialista”, irridendo tutti quelli che teorizzavano la necessità di una palingenesi completa.
Contro questa tendenza estremistica e infantile, Lenin condusse una decisa battaglia teorico-politica, nella quale ribadì che il marxismo non nasce dal nulla, ma è figlio delle più avanzate filosofie e scienze del XVIII-XIX secolo.
Già nel 1913, in Tre fonti e tre parti integranti del marxismo aveva detto che: “Il marxismo è il successore legittimo di tutto ciò che l’umanità ha creato di meglio durante il secolo XIX: la filosofia tedesca, l’economia politica inglese e il socialismo francese […]”.
Purtroppo Lenin non ebbe il tempo di condurre fino in fondo questa battaglia, nel ’23 arrivò il primo colpo apoplettico che nel giro di un anno lo condusse alla morte.
Con la degenerazione stalinista quelle semplificazioni in campo filosofico che esistevano ancora in forma embrionale si svilupparono oltre misura trasformando il materialismo dialettico in una filosofia dogmatica ossificata e senza vita. Il cosiddetto Diamat, filosofia ufficiale dell’Urss, divenne una sorta di religione che, con l’uso del terrore, impose la “ragione di Stato” sulla ricerca in tutti i campi della cultura sovietica, dalle scienze naturali a quelli sociali, dall’arte, alla musica, alla letteratura.
Gli stessi intellettuali estremisti che Lenin criticava nel ’22 divennero i principali esponenti della cultura di un regime che non solo aveva espropriato il proletariato dal potere politico, ma che fece arretrare il marxismo di decenni, per non dire di secoli, in campo politico e filosofico.

 

di Lev Trotskij

 

Cari compagni,
l’idea di pubblicare un giornale per far conoscere alla gioventù proletaria progressista la concezione materialistica del mondo mi sembra valida e fruttuosa al massimo grado.
La generazione più anziana di lavoratori e comunisti che svolge ora un ruolo dirigente nel partito e nel paese, è nata alla vita politica cosciente dieci, quindici o venti anni fa. Il loro pensiero cominciò il suo lavoro critico partendo dal poliziotto, dai controllori dell’orario di lavoro e dal caposquadra, per arrivare allo zarismo ed al capitalismo per poi rivolgersi, per la maggior parte del tempo in prigione o in esilio, a questioni di filosofia della storia e di conoscenza scientifica del mondo. Così prima che il proletariato rivoluzionario potesse arrivare alle importantissime questioni della spiegazione materialista dello sviluppo storico, esso era già riuscito ad accumulare un certo numero di generalizzazioni sempre più vaste, dal particolare al generale, sulla base della propria esperienza di vita.
Il giovane lavoratore di oggi prende coscienza nel contesto dello Stato sovietico, che è esso stesso una critica vivente del vecchio mondo. Le conclusioni generali che furono offerte alle generazioni più anziane di lavoratori in lotta e che si erano consolidate nella coscienza sulla solida base dell’esperienza personale, sono ora ricevute già pronte dai lavoratori della generazione più giovane, direttamente dalle mani dello Stato in cui vivono, dalle mani del partito che governa questo Stato. Naturalmente ciò significa un gigantesco passo in avanti nel senso della creazione delle condizioni per un’ulteriore educazione politica e teorica dei lavoratori. Ma allo stesso tempo da questo livello storico incomparabilmente più alto raggiunto dai lavoratori della generazione più anziana, sorgono nuovi problemi e difficoltà per le giovani generazioni.
Lo Stato sovietico è una contraddizione vivente del vecchio mondo, del suo ordine sociale, delle sue relazioni personali, delle sue prospettive e convinzioni. Ma allo stesso tempo, lo Stato sovietico stesso è ancora pieno di contraddizioni, di vuoti, di mancanza di coordinamento, di un vago fermento – in altri termini, di fenomeni di cui l’eredità del passato si fonde con i germogli del futuro. In una tale epoca di profonda transizione, critica ed instabile come la nostra, l’educazione dell’avanguardia proletaria richiede delle basi teoriche serie ed affidabili. Per evitare che i grandi eventi, le potenti maree ed i riflussi, i rapidi cambi di lavoro e di metodi del partito e dello Stato disorganizzino la coscienza del lavoratore giovane e ne abbattano la volontà ben prima che egli varchi la soglia del suo lavoro responsabile ed indipendente, è necessario armare il suo pensiero e la sua volontà con un atteggiamento materialista.
Armare la sua volontà, non solo il suo pensiero, diciamo, perché in un’epoca di grandi sollevazioni mondiali, mai come oggi, la nostra volontà non è capace soltanto di crollare, ma anche di fortificarsi – ma solo a condizione che sia sostenuta dalla comprensione scientifica delle condizioni e delle cause dello sviluppo storico.
D’altro canto, esattamente in questo tipo di epoca di grande cambiamento come la nostra – specialmente se prolungata, cioè se il tempo degli eventi rivoluzionari in Occidente si dimostra più lento del previsto – è molto probabile che saranno fatti alcuni tentativi da varie scuole filosofiche idealistiche e semi-idealistiche e da sette per ottenere il controllo della coscienza dei giovani lavoratori.
Catturato inconsapevolmente dagli eventi – senza alcuna ricca esperienza precedente di vera lotta di classe – il pensiero del giovane lavoratore può rivelarsi disarmato di fronte alle varie dottrine dell’idealismo, che sono in sintesi una traduzione di dogmi religiosi nel linguaggio di una finta filosofia. Tutte queste scuole con la varietà delle loro denominazioni – idealistica, kantiana, empiriocritica ed altre – non fanno altro in ultima analisi che anteporre la coscienza, il pensiero e la conoscenza alla materia e non il contrario.
Il compito dell’educazione materialista dei giovani lavoratori consiste nel rivelare loro le leggi fondamentali dello sviluppo storico e nel trarre da queste leggi fondamentali quella più alta e più importante, cioè quella che afferma che la coscienza delle persone non è un processo psicologico libero e indipendente, ma una funzione della base economica materiale; ne è condizionata e subordinata.
La dipendenza della coscienza dagli interessi di classe e dalle relazioni, ed in ultima analisi dall’organizzazione economica, si dimostra più chiaramente, più apertamente e duramente in un’epoca rivoluzionaria. Con questa esperienza insostituibile, dobbiamo aiutare i giovani lavoratori a rinforzare nella loro coscienza i fondamenti del metodo marxista.
Ma non è tutto. La società umana stessa, sia attraverso le sue radici storiche sia attraverso la sua economia contemporanea, si estende nel mondo della storia naturale. Dobbiamo vedere l’uomo contemporaneo come un collegamento nell’intero sviluppo che inizia dalla prima minuscola cellula organica che, a sua volta proviene dal laboratorio della natura. La persona che ha imparato ad osservare con uno sguardo limpido il passato del mondo intero, compresa la società umana, i regni animale e vegetale, il sistema solare e gli infiniti sistemi intorno ad esso non inizierà a cercare la chiave per svelare i segreti dell’universo nei vecchi “testi sacri”, quelle favole filosofiche di infantilismo primitivo. E la persona che non ammette l’esistenza di mistiche forze celesti, capaci di interferire ed indirizzare a comando in un modo o nell’altro la vita personale o sociale, che non crede che il desiderio e la sofferenza troveranno una ricompensa più alta in altri mondi, rimarrà più fermamente e stabilmente sulla nostra terra e cercherà con maggior fiducia e coraggio il sostegno al suo lavoro creativo nelle condizioni materiali della società.
La visione materialista del mondo non apre solo un grande scenario sull’intero universo, ma rinforza anche la volontà. È anche la sola cosa che rende l’uomo contemporaneo un uomo. Egli dipende ancora, è vero, da difficili condizioni materiali, ma sa anche come superarle e prende coscientemente parte alla costruzione della nuova società, basata contemporaneamente sulla maggiore abilità tecnica e sulla maggiore solidarietà. È un compito di massimo rilievo dare alla gioventù proletaria un’educazione materialista. Al vostro giornale, che vuole prendere parte a questo lavoro educativo, auguro il successo con tutto il cuore.

Saluti materialisti e comunisti

Lev Trotskij
27 febbraio 1922

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