I soviet e la democrazia operaia
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3 Gennaio 2024di Giacomo Baratti
Nella situazione di profonda crisi in cui viviamo, sempre più persone vogliono sinceramente lottare contro l’oppressione e lo sfruttamento che caratterizza la nostra società. Si sentono schifati da ciò che li circonda e ritengono, giustamente, che qualcosa debba essere fatto per opporsi a questo stato di cose. Nella nostra attività politica quotidiana ci è capitato di sentirci dire: “È chiaro che il capitalismo è il problema, ma purtroppo non possiamo aspettare la rivoluzione che ci salvi tutti, è necessario fare qualcosa ora.”
Piccoli gruppi, come XR o Ultima Generazione, hanno sviluppato una loro risposta a questa urgenza di cambiamento. Provano a sostituirsi al movimento di massa e, non avendo grandi numeri, devono necessariamente fare ricorso a gesti clamorosi per poter fare sentire la loro voce. Scelgono quindi azioni come blocchi stradali e flash mob, oppure imbrattano monumenti per “attirare l’attenzione sul collasso eco-climatico”.
In questo modo pensano di dare l’esempio e scuotere le coscienze. L’idea di fondo è che prima bisogna cambiare il modo in cui pensano gli individui, uno dopo l’altro, e solo dopo si potrà cambiare la società, nel più classico degli schemi dell’idealismo filosofico.
Non sono ragionamenti nuovi. Varie fasi della storia delle lotte contro l’oppressione sono state caratterizzate dalle azioni eclatanti di piccoli gruppi. Il partito bolscevico in Russia mosse i primi passi alla fine dell’Ottocento proprio partendo dalla critica al movimento dei narodniki, i quali facevano del terrorismo individuale la loro principale arma di lotta.
Sostituirsi alle masse
I comunisti non sono affatto contrari all’azione diretta in quanto tale. Quello che contestiamo è l’utilità alla causa di azioni portate avanti da piccoli gruppi, isolati dalle masse. I blocchi stradali effettuati da cinque o dieci attivisti di Ultima Generazione, pratica ormai consolidata negli ultimi mesi, non hanno l’effetto di sensibilizzare la gente comune, anzi provocano spesso l’effetto opposto. La medesima azione, portata avanti da una massa di lavoratori in sciopero, riceve invece la solidarietà della popolazione.
Gesti eclatanti di questo tipo espongono inoltre più facilmente alla repressione dello Stato gli attivisti (ai quali va la nostra solidarietà).
Siamo pertanto totalmente a favore dell’azione diretta di massa: scioperi, occupazioni di fabbrica, ogni azione possibile della lotta di classe. Sono i lavoratori salariati che, per la loro posizione nella produzione e nella società, possono mandare in crisi il sistema. Senza di loro l’economia non può funzionare. Nelle parole del marxista Ted Grant, “non si accende neanche una lampadina senza che lo voglia la classe operaia”.
Tutte le principali conquiste progressiste degli ultimi secoli – il suffragio universale, la giornata lavorativa di 8 ore, la scuola pubblica, il sistema sanitario pubblico, ecc. – sono state ottenute da lotte di massa in cui la classe operaia ha svolto il ruolo centrale. Nessuna conquista fondamentale è stata ottenuta dalle azioni di pochi individui, neanche con i metodi più “radicali” e “innovativi”.
Inoltre, questi metodi “radicali” spesso vanno a braccetto con rivendicazioni riformiste e appelli al governo e al “buon senso” dei potenti affinché prendano atto dei problemi e usino il loro potere per il bene della comunità. Non possiamo fare alcun affidamento sulle istituzioni borghesi, le quali sono evidentemente disposte ad accettare la distruzione del nostro pianeta piuttosto che a rinunciare ai propri interessi di classe. La soluzione non è fare pressioni sui governi o sulle multinazionali, ma rovesciare tutti quei governi ed espropriare quelle multinazionali.
Sul terrorismo
La rabbia di tanti giovani è assolutamente giustificata. Ci troviamo di fronte a una classe capitalista che non si ferma davanti a nulla. La vita delle persone non conta davanti alla tutela dei profitti e del potere. Lo vediamo nello stillicidio quotidiano dei morti sul lavoro o nel massacro dei palestinesi in atto a Gaza.
I gesti eclatanti più estremi, quelli che contemplano la violenza, possono interrompere tutto ciò? Crediamo di no. È un’illusione ritenere che gambizzare un dirigente aziendale porrà fine allo sfruttamento in fabbrica o rapire un ministro reazionario frenerà la repressione. In primo luogo, anche tra chi simpatizza per tali azioni, l’effetto non è produrre una spinta all’organizzazione, bensì verso la passivizzazione. Se basta eliminare un capitalista per risolvere i miei problemi, perché organizzare uno sciopero o aderire a un sindacato?
In secondo luogo il terrorismo fornisce una scusa allo Stato per una stretta repressiva. Al posto di un ministro ne arriva un altro ancora più reazionario, si promulgano nuove legislazioni d’emergenza, si limitano le libertà democratiche.
Non è affatto una questione morale: i comunisti non si accontentano che venga messo da parte un singolo capitalista o un primo ministro, ma vogliono fare piazza pulita di tutto il sistema capitalista e dei suoi politici. Questo, però, non si può ottenere con l’azione di un piccolo gruppo. Come spiegava Marx, il compito dell’emancipazione della classe operaia è della classe operaia stessa. Non ci sono scorciatoie e non ci si può sostituire alla classe lavoratrice.
Noi promuoviamo ogni azione e ogni lotta che elevi la coscienza delle masse, che faccia rendere la classe consapevole della sua colossale forza collettiva. Azioni come uno sciopero o un picchetto aumentano la fiducia dei lavoratori, che in questi contesti iniziano a ragionare come classe e non più come singoli individui. Per questo i comunisti intervengono in ogni movimento reale e lottano affinché possa essere ottenuto anche il più piccolo passo avanti nelle condizioni di vita della maggioranza oppressa.
Allo stesso tempo attenzione e impegno devono essere posti nella battaglia teorica all’interno del movimento operaio e studentesco. La preparazione dei quadri, vale a dire dei compagni formati nelle idee del marxismo, è decisiva per resistere alle pressioni dell’ideologia dominante e per conquistare le masse.
Anche i comunisti sono “impazienti”, ma impazienti di costruire un’organizzazione dotata di un programma rivoluzionario che aggreghi oggi l’avanguardia dei lavoratori e dei giovani, per essere pronti domani a guidare la classe lavoratrice alla presa del potere.
Quindi unitevi ai comunisti, andiamo alla radice dei problemi, lottiamo insieme contro il capitalismo.