La nascita della Cgl
19 Maggio 2016La storia della biografia di Stalin mai finita da Trotskij
19 Maggio 2016di Fernando D’Alessandro
La nascita della Cgl nel 1906 rappresentò la conclusione logica di un processo iniziato anni prima con la formazione delle federazioni di categoria. Entro sei anni, nel 1912, ci fu la prima scissione, con la nascita dell’Usi (Unione sindacale italiana). Negli anni 1896-1907 c’era stato un ciclo di investimenti che portò ad un’espansione dell’industria italiana. Questo aveva come conseguenza la crescita della classe operaia. Di conseguenza gli investimenti dei capitalisti venivano accompagnati da una conflittualità operaia persistente.
Nel periodo 1909-1913 ci fu un calo degli investimenti e un periodo prolungato di recessione che portò ad una contrazione secca dell’occupazione. Così iniziò una decisa e capillare offensiva padronale con l’introduzione di sistemi intensivi di sfruttamento e col rifiuto globale di qualsiasi rivendicazione operaia. Parte di questa strategia fu la formazione della Confindustria nel 1910. Era la risposta organizzata dei padroni alle organizzazioni operaie.
I padroni prima di passare ad un nuovo ciclo di investimenti volevano sfruttare la recessione; il loro obiettivo era ridurre la conflittualità operaia. Questo poteva essere raggiunto soltanto passando per una sconfitta generale della classe operaia.
Nasce l’Usi
In tutte le grandi lotte a partire dal 1910 i padroni andavano allo scontro diretto e risolutivo, arrivando fino alla serrata di interi settori o città. Ci fu una resistenza ampia e generalizzata ma la sconfina fu netta.
Il vertice della Cgl non fu in grado di sviluppare una strategia per affrontare l’offensiva padronale. Nel 1910 ci fu la sconfina degli edili, seguita da quella dei vetrai nel 1911 e dei lavoratori automobilistici nel 1912.
In queste condizioni nacque l’Usi (Unione sindacale italiana), una scissione dalla Cgl guidata dai “sindacalisti rivoluzionari”. Questi erano nati come corrente nel Psi dopo il congresso di Imola del 1902. Nel 1904 ottennero la maggioranza insieme alla corrente “rivoluzionaria” di Ferri. La corrente “sindacalista rivoluzionaria” era l’espressione politica della radicalizzazione dei lavoratori nelle lotte dei primi anni del secolo. Questa corrente di sinistra per un breve periodo era riuscita a guadagnare l’appoggio di diverse federazioni provinciali del Psi e della federazione giovanile. Purtroppo la corrente sviluppò la teoria che i lavoratori non avevano bisogno “di un partito politico distinto dalle organizzazioni di mestiere”.
La loro teoria li portò a diventare una piccola minoranza. Nel 1906 al congresso di Roma del Psi ottennero solo il 15 per cento. Nel luglio 1907 si decisero per l’uscita dal partito, perché composto da persone “che non rispondono agli interessi di classe”. Nel novembre dello stesso anno decisero di uscire anche dalla Cgl. L’anno dopo furono espulsi dal Psi.
Frattura tra operai e Cgl
Di fronte alle difficoltà incontrate stando fuori dalla Cgl decisero di rientrare nel 1909 per poi uscire definitivamente nel 1912. Alla nuova organizzazione aderì anche un certo numero di esponenti anarchici, tra cui Armando Borghi, che ne diventò presto uno dei massimi dirigenti.
Nel periodo 1912-13 si era venuta a creare una vera e propria frattura tra la Cgil e le masse in movimento, proprio nel momento in cui la radicalizzazione e lo scontro erano giunti al loro culmine. La Cgl toccò il punto più basso della sua crisi nei rapporti con le lotte operaie e con il movimento operaio nel suo complesso. Si sottrasse alla direzione dello sciopero generale dell’estate del1913, lo sconfessò e fu costretta ad assistere a quell’estremo tentativo di risposta operaia, attaccata ferocemente dagli operai e dalle altre forze sindacali. L’offensiva padronale aveva logorato il controllo burocratico di massa su cui si era costruito il potere e il ruolo della Cgl.
La pesante sconfitta del movimento coinvolgeva le strutture stesse della Cgl. L’Usi aveva diretto le principali agitazioni operaie ed aveva proclamato lo sciopero generale nazionale. Ma fu la Cgl a dichiararne la cessazione.
In queste condizioni si sviluppò un’opposizione interna alla Cgl. Il direttivo nazionale non riusciva, per esempio, ad imporre alla Camera del lavoro di Milano e ad altre la propria disciplina. Durante lo sciopero generale, la Carnera del lavoro milanese si era sforzata per mantenere l’unità dei lavoratori subordinando a questa, entro certi limiti, i dissensi con l ‘Usi. La Camera del lavoro di Milano si scontrò duramente con il vertice nazionale diventando così un polo alternativo nel movimento. Dopo lo sciopero la Cdl di Milano convocò un convegno di tutte le forze sindacali confederali che non avevano condiviso il comportamento del gruppo dirigente riformista. Numerose Camere del lavoro vi parteciparono. Due punti furono posti al centro del convegno: la riunificazione della classe operaia, la cui assenza era stata all’origine della sconfitta dello sciopero generale, e il problema della disoccupazione, a cui la Cgl non era riuscita a dare un’adeguata soluzione.
Si sviluppa l’opposizione
Su questi due punti si formò una consistente opposizione interna alla Cgl che metteva sotto accusa l ‘indirizzo politi co e programmatico e la legittimità stessa dei dirigenti nazionali.
All’inizio del 1914 si accentuò la scollatura tra i vertici nazionali della Cgl e i lavoratori. Molte Camere del lavoro, come quella di Roma, si erano sottratte alla disciplina confederale ed avevano guidato lotte e scioperi generali, apertamente osteggiati e sconfessati dalla direzione nazionale della Cgl. Al congresso della Cgl a Mantova nel 1914 fu presentato un documento alternativo dove si legge che “la pratica dell’organizzazione non è riassunta da una serie di riforme, ma è invece ispirata a criteri finalistici del movimento operaio rivoluzionario, che negli scioperi generali rappresentano la massima sintesi finale del movimento operaio”.
Questo sviluppo fu interrotto dall’entrata in guerra dell’Italia. Il movimento operaio si sarebbe ripreso solo verso la fine della guerra che poi portò alla grandiosa occupazione delle fabbriche nel 1920. Qui però ci fermeremo all’ esperienza del 1910-14. L’offensiva padronale mise a nudo il vertice della Cgl. Dopo le sconfitte del 1910-12 i “sindacalisti rivoluzionari” decisero che era necessario un nuovo sindacato. Così una parte importante dei militanti della Cgl venivano separati dalla massa dei lavoratori organizzati. Dopo lo sciopero generale del 1913 si sviluppò un’opposizione interna alla Cgl. Questo fatto storico è la dimostrazione lampante che anche nel sindacato più burocratico può formarsi un’opposizione. Non basta essere arrabbiati, bisogna anche avere una prospettiva. Gli “arrabbiati” del 1912 se ne andarono senza pensare che dopo di loro molti dentro la Cgl sarebbero passati all’opposizione. Se i “sindacalisti rivoluzionari” fossero rimasti dentro, organizzati come componente di opposizione, avrebbero potuto, giocare un ruolo importante nel trasformare la Cgl. Restare fuorì non servì a costruire né un’alternativa alla Cgl né l’unità dei lavoratori.