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La Rivolta della Ragione – Capitolo 14 Marxismo e darwinismo

di Alan Woods e Ted Grant

Il gradualismo di Darwin

Si dice a volte che il punto di vista della dialettica sia identico a quello dell’evoluzione. Non c’è dubbio che questi due metodi abbiano punti di contatto. Tuttavia tra di loro c’è una differenza profonda e importante che, bisogna ammetterlo, non è da ascriversi a favore della dottrina dell’evoluzione. Gli evoluzionisti moderni introducono una consistente aggiunta di conservatorismo nei loro insegnamenti. Essi vogliono dimostrare che non si verificano salti in natura, come non si verificano nella storia. La dialettica invece sa molto bene che in natura e anche nel pensiero umano e nella storia i salti sono inevitabili. Ma allo stesso tempo essa non trascura il fatto innegabile che lo stesso processo ininterrotto è all’opera in tutte le fasi del cambiamento; la dialettica cerca solo di chiarire le condizioni determinate in cui un cambiamento graduale deve necessariamente portare a un balzo (Plechanov).1

Darwin concepiva l’andamento dell’evoluzione come un processo graduale di fasi ordinate, che procedeva a ritmo costante. Egli aveva fatto proprio il motto di Linneo: “La natura non fa balzi”. Questa concezione trovava riscontro altrove nel mondo scientifico, in particolare nel discepolo di Darwin, Charles Lyell, l’apostolo del gradualismo in campo geologico. Darwin era così vincolato al gradualismo che costruì la sua teoria interamente in base a esso.

“Le testimonianze geologiche sono estremamente incomplete – dichiarò Darwin – e questo fatto spiega in gran parte perché non troviamo varietà infinite che colleghino insieme tutte le forme di vita estinte ed esistenti, fino al più piccolo dettaglio. Chi rifiuta questo punto di vista sulla natura delle testimonianze geologiche giustamente rifiuterà tutta la mia teoria.

Il gradualismo di Darwin traeva origine dalla visione filosofica posta alla base della società vittoriana. Da questa particolare concezione di “evoluzione” sono eliminati tutti i balzi, i bruschi cambiamenti e le trasformazioni rivoluzionarie; si tratta di una prospettiva antidialettica che ha esercitato la sua nefasta influenza sulle scienze fino ai nostri giorni. “Un influsso profondamente radicato nel pensiero occidentale ci predispone a ricercare la continuità e il cambiamento graduale,” dice Gould.
Ad ogni modo, queste idee hanno dato vita a un’animata controversia. Il quadro attuale delle testimonianze fossili conosciute è pieno di spazi vuoti: da un lato i reperti fossili ci rivelano l’esistenza di tendenze di lungo periodo, ma allo stesso tempo mostrano anche notevoli discontinuità. Darwin credeva che questi sbalzi fossero dovuti all’incompletezza dei dati; non appena fossero stati scoperti i pezzi mancanti, essi avrebbero rivelato un’evoluzione del mondo naturale tranquilla e graduale. O forse no? Contro l’approccio gradualista, i paleontologi Niles Eldredge e Stephen Jay Gould hanno esposto una teoria dell’evoluzione chiamata “equilibrio punteggiato”, suggerendo che la conoscenza dei fossili non fosse così incompleta come si era pensato; i vuoti potrebbero riflettere ciò che è realmente successo, ovvero che l’evoluzione procede a salti e balzi, intercalati da lunghi periodi di sviluppo graduale e continuo.

La storia della vita non è un continuum di sviluppo; al contrario è costellata da brevi, a volte geologicamente istantanei, episodi di estinzione di massa e conseguente diversificazione delle specie – afferma Gould. Invece di avere una transizione graduale, – animali pluricellulari moderni fanno la loro prima incontestata apparizione nei fossili di 570 milioni di anni fa… e lo fanno di botto, non in modo graduale. Questa «esplosione cambrica» segna l’avvento (almeno in base alle prove dirette) di praticamente tutti i maggiori gruppi animali moderni, e tutto nel volgere di un minuscolo lasso di tempo, parlando di tempi geologici, di pochi milioni di anni.2

Gould inoltre evidenzia il fatto che i momenti di passaggio tra le ere geologiche coincidono con svolte nell’evoluzione della vita. Questa concezione dell’evoluzione è molto vicina alla visione marxista. L’evoluzione non è una specie di movimento calmo e graduale dal basso verso l’alto. L’evoluzione avviene attraverso l’accumulazione di mutamenti che prorompono in un cambiamento qualitativo, attraverso rivoluzioni e trasformazioni. Quasi un secolo fa, il marxista Georgij Plechanov polemizzava contro la concezione gradualista dell’evoluzione:

La filosofia idealistica tedesca – osservava – si è opposta energicamente a questa caricatura dell’idea di evoluzione. Hegel l’ha crudelmente derisa, dimostrando inconfutabilmente che, nella società umana, come nella natura, i balzi costituiscono un aspetto dell’evoluzione non meno essenziale delle impercettibili modificazioni quantitative. «Le modificazioni dell’essere – egli dice – non consistono soltanto nel passaggio da una quantità a un’altra quantità, ma anche nel passaggio dalla qualità alla quantità e viceversa; ciascun passaggio di quest’ultimo tipo costituisce una rottura della continuità (ein Abbrechen des Allmählichen) e conferisce al fenomeno un nuovo aspetto, qualitativamente diverso dal precedente (…).3

“Evoluzione” e “rivoluzione” sono due facce dello stesso processo. Rifiutando il gradualismo, Gould ed Eldredge hanno sviluppato una spiegazione alternativa dell’evoluzione, influenzati dal materialismo dialettico. Lo studio di Gould sull’“equilibrio punteggiato” fa dei paragoni con la concezione materialistica della storia. La teoria della selezione naturale è una buona spiegazione di come le specie arrivano a svolgere meglio la loro attività, ma è insoddisfacente riguardo alla formazione di nuove specie. I ritrovamenti fossili indicano sei principali estinzioni di massa che ebbero luogo all’inizio e alla fine dell’era cambrica (rispettivamente 600 e 500 milioni di anni fa) e alla fine del devoniano (345 milioni di anni fa), del permiano (225 milioni), del triassico (180 milioni) e del cretaceo (63 milioni). È necessario un approccio qualitativamente nuovo per spiegare questo fenomeno.
L’evoluzione di una nuova specie dipende dall’evoluzione del corredo genetico che permette ai membri della nuova specie di riprodursi tra di loro, ma non con appartenenti ad altre specie. Le nuove specie derivano da un ramo tagliato fuori dal ceppo ancestrale; cioè, come spiegava Darwin, una specie discendeva da un’altra specie. L’albero della vita mostra che più di una specie può essere fatta risalire a un ceppo ancestrale comune. Gli esseri umani e gli scimpanzé sono specie diverse, ma avevano un predecessore comune che si è estinto. Le mutazioni da una specie stabile a un’altra avvengono rapidamente. Questa mutazione non avviene naturalmente in una generazione o due, bensì in centinaia di migliaia di anni. Commenta Gould:

Può sembrare un periodo lunghissimo rispetto alle nostre vite, ma è un istante geologico (…). Se le specie nascono in centinaia di migliaia di anni e continuano a sopravvivere, immutate, per parecchi milioni, il periodo della loro origine è una piccola frazione dell’uno per cento della loro durata totale.

La chiave di questi cambiamenti è la separazione geografica: una piccola popolazione rimane separata da quella principale restando alla periferia. Questa forma di speciazione, definita allopatrica, permette una rapida evoluzione. Non appena una specie preesistente viene separata in due gruppi, cessa la riproduzione fra questi ed eventuali mutamenti genetici si accumulano in modi distinti. Tuttavia, nella popolazione più piccola, le variazioni genetiche possono diffondersi molto più velocemente rispetto al ceppo madre. Questo può essere prodotto dalla selezione naturale in risposta al cambiamento di fattori climatici e geografici. Nel processo di separazione di due popolazioni, si raggiunge, prima o poi, uno stadio in cui si formano due specie distinte: cambiamenti quantitativi hanno generato una trasformazione qualitativa. Se mai si incontreranno in futuro, saranno così geneticamente diverse da essere incapaci di riprodursi con successo, e la prole frutto dell’incrocio potrà essere malaticcia o sterile. In alcuni casi, specie simili con le stesse abitudini di vita tenderebbero a competere fra loro, fino alla possibile estinzione del gruppo meno capace di adattarsi.
Come Engels commentava, “il processo organico di sviluppo per differenziazione, sia degli individui che delle specie, è la più singolare prova della dialettica razionale.” Ancora:

Quanto più si sviluppa la fisiologia, tanto più importanti diventano per essa queste modificazioni incessanti, infinitesime, tanto più importante quindi per essa la considerazione della differenza nell’identità; il vecchio punto di vista dell’identità astrattamente formale, che vuole si tratti un organismo come qualcosa di costante, semplicemente identico a se stesso, ha fatto il suo tempo.

Conclude Engels:

Se là sopravvivono gli individui che si adattano, ed evolvono fino a formare una nuova specie per sempre crescente adattamento, mentre gli altri individui, più stabili, si estinguono e alla fine scompaiono, e con essi i gradini intermedi incompleti, ciò può accadere e accade senza nessun maltusianesimo; e se maltusianesimo dovesse presentarsi, non può portare nessuna modificazione al processo, ma lo può al massimo accelerare.4

Gould afferma correttamente che la teoria dell’equilibrio punteggiato non è in contraddizione con il principio fondamentale della teoria di Darwin, la selezione naturale, ma al contrario arricchisce e rafforza il darwinismo. Richard Dawkins nel suo libro The Blind Watchmaker (L’Orologiaio Cieco) tenta di minimizzare il riconoscimento operato da Gould ed Eldredge del cambiamento dialettico in natura. Egli vede poche differenze tra il “vero” gradualismo darwiniano e l’“equilibrio punteggiato”. Dichiara: “La teoria dell’equilibrio punteggiato è una teoria gradualista, anche se evidenzia lunghi periodi di stasi intercalati da esplosioni relativamente brevi di evoluzione gradualistica. Gould è stato sviato dalla propria enfasi retorica…” e conclude che, “in realtà, tutti sono ‘gradualisti’”.
Dawkins critica i sostenitori dell’equilibrio punteggiato per aver, a torto, attaccato e travisato Darwin. Egli dice che è necessario considerare il gradualismo di Darwin nel suo contesto: come un attacco al creazionismo. “I sostenitori dell’equilibrio punteggiato, allora, sono gradualisti allo stesso modo di Darwin o di ogni altro darwinista; si limitano ad inserire lunghi periodi di stasi tra scatti di evoluzione graduale.” Ma questa, appunto, non è una differenza secondaria, è il nocciolo della questione.
Criticare la debolezza del darwinismo non significa necessariamente sminuire il suo impareggiabile contributo, ma piuttosto fonderlo con una comprensione del cambiamento reale. Solo in base a ciò il contributo storico di Darwin può essere dispiegato in tutte le sue potenzialità come spiegazione dell’evoluzione naturale. Come afferma correttamente Gould:

(…) la moderna teoria dell’evoluzione non richiede cambiamenti graduali. Infatti, l’operazione dei processi darwiniani dovrebbe rendere ciò che vediamo nei reperti fossili. È il gradualismo che dobbiamo rifiutare, non il darwinismo.5

Nessun progresso?

La filosofia di fondo delle tesi di Gould è indubbiamente corretta. Ciò che può essere messo in discussione è invece la sua idea che l’evoluzione non abbia un carattere intrinsecamente progressivo:

L’aumento della diversità e i ripetuti passaggi di livello sembrano riflettere un preciso ed inevitabile cammino verso le forme superiori – afferma Gould –. Ma la documentazione paleontologica non sostiene affatto una simile interpretazione. non c’è stato alcun progresso lineare verso un superiore sviluppo del disegno organico. Al contrario, abbiamo avuto dei lunghi periodi durante i quali non c’è stato alcun cambiamento o ce ne sono stati pochissimi e un’esplosione evolutiva che ha dato origine all’intero sistema. Per i primi due terzi o cinque sesti della storia della vita i procarioti hanno abitato la Terra da soli, e niente fa pensare che ci sia stato un continuo progresso tra procarioti «inferiori» e «superiori». Allo stesso tempo, da quando l’esplosione del Cambriano ha riempito la nostra biosfera non c’è stata l’aggiunta di alcuno schema fondamentale (anche se possiamo provare che all’interno di alcuni di questi schemi ci sono stati dei limitati miglioramenti, di cui sono un esempio i vertebrati e le cormofite).6

Gould dimostra, particolarmente nel suo libro Wonderful Life, (Vita meravigliosa) che il numero di phila animali (classificazione rispetto alla struttura di base) era maggiore subito dopo l’“esplosione cambrica” rispetto ad oggi. Egli afferma che la diversità non è aumentata, che non è possibile individuare tendenze di lungo periodo nell’evoluzione e che l’evoluzione della vita intelligente è accidentale.
Rispetto a questo tema fondamentale, ci sembra che le critiche di Eric Lerner a Gould siano corrette:

Non solo corre un’enorme differenza tra cause contingenti dell’evoluzione di una particolare specie e tendenze di lungo termine dell’evoluzione, come la maggiore adattabilità o l’intelligenza, ma addirittura Gould poggia le sue tesi su fatti che sono un esempio proprio di tale tendenza! – dice Lerner – Nel tempo l’evoluzione ha avuto la tendenza a concentrarsi sempre più su modi specifici di sviluppo. Quasi tutti gli elementi chimici erano esistenti dieci miliardi di anni fa o più. Le molecole essenziali alla vita – DNA, RNA, proteine, e così via – erano tutti presenti sulla terra quattro miliardi di anni fa. I principali regni della vita – animali, vegetali, funghi e batteri – esistevano già due miliardi di anni fa; non se ne sono formati di nuovi da allora. Come Gould mostra, i phila principali erano già presenti 600 milioni di anni fa, e gli ordini maggiori (una suddivisione dei phila) ci sono da circa 400 milioni di anni. Man mano che il processo evolutivo ha subìto un’accelerazione, ha assunto sempre più un carattere specifico, fino al punto che la terra è stata trasformata dall’evoluzione sociale di una singola specie, la nostra. Questo è esattamente il tipo di tendenza di lungo termine che Gould, nonostante il suo grande contributo alla teoria evoluzionistica, è ideologicamente determinato ad ignorare. Eppure esiste, come pure esiste la tendenza verso l’intelligenza.7

Il fatto che l’evoluzione abbia portato alla maggiore complessità, dagli organismi più bassi ai più alti, fino agli esseri umani dotati di grandi cervelli capaci di svolgere i compiti più complessi, è la prova del suo carattere progressivo. Ciò non significa che il processo evolutivo si possa rappresentare con una linea retta ascendente, come Gould correttamente dimostra; ci sono rotture, regressioni e pause nell’ambito del generale progresso dell’evoluzione. Sebbene la selezione naturale avvenga in conseguenza di cambiamenti climatici e ambientali (persino a carattere locale), nondimeno ha portato a una maggiore complessità delle forme di vita. Alcune specie si sono adattate al loro ambiente ed esistono nella stessa forma da milioni di anni. Altre specie si sono estinte perdendo la competizione con organismi più avanzati. Questa è l’evidenza dell’evoluzione della vita negli ultimi 3,5 miliardi di anni.
Il motivo del deciso rifiuto di Gould della nozione di progresso applicata all’evoluzione ha a che vedere maggiormente con ragioni sociali e politiche, più che strettamente scientifiche.
Egli sa che le idee di “progresso” evoluzionistico e di “specie superiore” sono state sistematicamente travisate in passato per giustificare il razzismo e l’imperialismo; la presunta superiorità dell’uomo bianco conferiva alle nazioni europee il diritto di impadronirsi della terra e delle ricchezze delle “razze inferiori al di fuori della legge” in Africa e in Asia. Negli anni ’40 rispettabili uomini di scienza stavano ancora redigendo “alberi dell’evoluzione” che mostravano l’uomo bianco in cima, con i neri e altre “razze” su rami separati e più bassi, un po’ più in alto dei gorilla e degli scimpanzé. Quando gli è stato chiesto il motivo del suo rifiuto della nozione di progresso nell’evoluzione, che aveva definita “dannosa”, Gould si è giustificato come segue:

Il progresso non è intrinsecamente e logicamente dannoso – ha risposto – è dannoso nel contesto delle tradizioni culturali occidentali. Risalente al XVII secolo, il progresso inteso come etica sociale centrale raggiunse il suo massimo sviluppo nel XIX secolo, con la rivoluzione industriale e l’espansionismo vittoriano – spiega Steve [Gould] – La paura dell’autodistruzione inflitta militarmente o attraverso l’inquinamento, diffusasi negli ultimi decenni, ha spento l’eterno ottimismo delle epoche vittoriana ed edwardiana.
Tuttavia, la presunta marcia inesorabile della scoperta scientifica e della crescita economica continuano ad alimentare l’idea che il progresso sia una parte buona e naturale della storia. Il progresso è stato la dottrina prevalente nell’interpretazione della sequenza storica e dato che l’evoluzione è la storia più grandiosa di tutte, la nozione di progresso venne immediatamente applicata a essa. Ne conoscete alcune delle conseguenze.8

Si può simpatizzare con la reazione di Gould a tali sciocchezze ignoranti e reazionarie. È anche vero che termini come “progresso” possono non essere ideali da un punto di vista strettamente scientifico se applicati all’evoluzione. C’è sempre il rischio che ciò possa implicare un approccio teleologico, che sostenga cioè un concetto di natura che opera secondo un piano prestabilito, elaborato da un Creatore. Tuttavia, come avviene di solito, il pendolo ha oscillato troppo nella direzione opposta. Se il termine progresso è inadeguato, può essere sostituito da altri termini, per esempio complessità. Si può forse negare che c’è stato un reale sviluppo degli organismi viventi dal primo animale unicellulare fino ad ora?
Non è necessario tornare al vecchio unilaterale punto di vista, che individuava nell’Uomo il culmine dell’evoluzione, per accettare il fatto che gli ultimi 3,5 miliardi di anni di evoluzione non hanno comportato solo cambiamento, ma reale sviluppo, passando da forme più semplici a sistemi viventi più complessi. I reperti fossili ne sono testimonianza.
Per esempio, lo spiccato aumento delle dimensioni cerebrali medie con l’evoluzione dai rettili ai mammiferi, circa 230 milioni di anni fa. In modo simile, c’è stato un salto qualitativo nelle dimensioni del cervello con l’emergere degli esseri umani e questo, ogni volta, non è avvenuto con l’andamento di un processo graduale e costante, bensì con una serie di balzi, la diffusione dell’Homo habilis, l’Homo erectus, l’Homo neanderthalis e, per ultimo, l’Homo sapiens, e ogni passaggio rappresenta una svolta decisiva.
Non c’è ragione di supporre che l’evoluzione abbia raggiunto il suo limite, o che gli esseri umani non possano sperimentare ulteriori sviluppi. Il processo di evoluzione continuerà, sebbene non necessariamente con la stessa forma del passato. Profondi cambiamenti nelle condizioni sociali, perfino l’ingegneria genetica, possono modificare il processo di selezione naturale, dando agli esseri umani per la prima volta la possibilità di determinare la propria evoluzione, almeno entro certi limiti.
Questo aprirà un intero nuovo capitolo dello sviluppo umano, specialmente in una società guidata dalle decisioni libere e coscienti di uomini e donne, e non dal cieco gioco delle forze di mercato e dalla lotta animale per la sopravvivenza.

Marxismo e darwinismo

I tipi di valori sostenuti dalla dottrina marxista sono quasi diametralmente opposti a quelli che emergono da un approccio scientifico in base alle nostre attuali posizioni.”
(Roger Sperry, premio Nobel per la medicina nel 1981)

La Chiesa prende posizione contro le incursioni del caos e degli dèi del progresso del XX secolo e della visione materialistica del mondo… La Genesi risuona così vera come mai, sia nel caso che si segua un valore evoluzionistico
di origini biologiche o no.
(Blackmore e Page, Evolution: the Great Debate)

Usando il metodo del materialismo dialettico, Marx ed Engels furono in grado di scoprire le leggi che governano nel complesso la storia e lo sviluppo della società. Usando un metodo simile, pur senza esserne pienamente cosciente, Charles Darwin fu in grado di rivelare le leggi dell’evoluzione di piante e animali. “Darwin applicò alla propria interpretazione della natura una coerente filosofia materialista,” ha dichiarato Stephen Jay Gould. “La materia è la base di tutta l’esistenza; mente, spirito e anche Dio sono solo parole che esprimono i meravigliosi risultati della complessità neuronica.”
La teoria dell’evoluzione di Charles Darwin rivoluzionò la nostra prospettiva del mondo naturale. Prima di lui, la visione prevalente tra gli scienziati era che le specie fossero immutabili, essendo state create da Dio per specifiche funzioni in natura. Qualcuno accettava l’idea dell’evoluzione, ma in una forma mistica, diretta da forze vitali, che lasciava spazio all’intervento decisivo dell’Essere supremo. Darwin rappresenta una rottura netta nei confronti di questa prospettiva idealista. Per la prima volta, fondamentalmente, anche se non esclusivamente, in base al processo della selezione naturale, la teoria dell’evoluzione ha fornito una spiegazione di come le specie si sono modificate attraverso miliardi di anni, dalle forme più semplici degli organismi unicellulari alle forme più complesse di vita animale, inclusi noi stessi. Il contributo rivoluzionario di Darwin fu quello di scoprire il meccanismo che ha causato il cambiamento, ponendo in tal modo l’evoluzione su solide basi scientifiche.
È possibile cogliere in questo caso una sorta di analogia con il ruolo giocato da Marx ed Engels nel campo delle scienze sociali. Molto prima di loro, altri studiosi si erano resi conto dell’esistenza della lotta di classe, ma fino all’analisi di Marx della teoria del valore e allo sviluppo del materialismo storico non fu possibile spiegare questo fenomeno in modo scientifico. Marx ed Engels tributarono un sostegno entusiastico alla teoria di Darwin che confermava le loro idee applicate alla natura. Il 16 gennaio 1861 Marx scrisse a Lassalle: “Il libro di Darwin è molto importante e mi serve come base scientifica naturale per la lotta di classe nella storia. Naturalmente si devono sopportare i rozzi metodi di argomentazione inglesi. Nonostante tutte le carenze, in esso non solo si sferra per la prima volta un colpo mortale alla teleologia nelle scienze naturali, ma il suo significato razionale viene spiegato empiricamente”.
l’Origine delle specie di Darwin apparve nel 1859, lo stesso anno in cui Marx pubblicò la sua Prefazione alla critica dell’economia politica, che delineò in modo completo la concezione materialistica della storia. Darwin aveva elaborato la teoria della selezione naturale più di venti anni prima, ma si trattenne dal pubblicarla per paura della reazione alle sue implicazioni materialiste. Persino allora si riferì alle origini umane con la sola promessa che “sarà gettata luce sull’origine dell’uomo e sulla sua storia.” Solo quando non poté più nascondere le proprie conclusioni, decise nel 1871 di pubblicare l’Origine dell’uomo. Le sue idee erano ritenute talmente inquietanti che Darwin fu biasimato per aver pubblicato il suo libro “in un momento in cui il cielo di Parigi era rosso per le fiamme incendiarie della Comune.” Egli cercò deliberatamente di eludere la questione della religione, sebbene avesse chiaramente rifiutato il creazionismo. Nel 1880 scrisse: “Mi sembra (a torto o a ragione) che argomenti diretti contro il Cristianesimo e il Teismo avrebbero difficilmente presa sul pubblico, e che la libertà di pensiero sarebbe promossa meglio da quell’illuminazione graduale della comprensione umana che segue il progresso della scienza. Perciò ho sempre evitato di scrivere sulla religione e mi sono confinato nella scienza.”
La concezione materialistica di Darwin della natura ha costituito un rivolgimento di portata rivoluzionaria per il fatto di aver fornito una concezione scientifica dell’evoluzione. Nonostante ciò, Marx non fu affatto acritico nei suoi riguardi. In particolare, egli criticava il suo “rozzo metodo inglese” e dimostrava come le carenze di Darwin traessero origine dall’influenza di Adam Smith e Malthus. Mancando di proprie fondamenta filosofiche definite, Darwin inevitabilmente cadde sotto l’influenza dell’ideologia predominante del tempo. La classe media inglese vittoriana era orgogliosa del fatto di essere costituita da persone pratiche, con il dono di fare soldi e “farsi strada”. La formula della “sopravvivenza del più adatto” per descrivere la selezione naturale non fu originariamente usata da Darwin, bensì da Herbert Spencer nel 1864.
Darwin non era preoccupato del progresso nell’accezione data a questa parola da Spencer – il progresso umano basato sull’eliminazione dell’“inadatto” – e fu imprudente ad adottare la sua formula. Inoltre, l’espressione “lotta per la sopravvivenza” fu usata da Darwin come una metafora, ma venne distorta dai conservatori, che usarono le teorie di Darwin per i propri fini. Per questi darwinisti sociali, gli slogan più popolari come la darwiniana “sopravvivenza del più adatto” o la “lotta per l’esistenza”, se applicati alla società, suggerivano che la natura avrebbe assicurato la vittoria al miglior competitore in una situazione competitiva e questo processo di selezione avrebbe portato di per sé a un miglioramento continuo. La conseguenza di ciò era che tutti i tentativi di riformare i processi sociali erano sforzi per rimediare all’irrimediabile e che, se interferivano con la saggezza della natura, potevano portare solo alla degenerazione. Come dice Dobzhansky:

Dato che la natura è «rossa nei denti e negli artigli», sarebbe un grosso errore permettere ai nostri sentimenti di interferire nelle intenzioni della natura aiutando i povero, i deboli e gli inadatti fino al punto in cui saranno a loro agio come i ricchi, i forti e gli adatti. A lungo termine, lasciar regnare la natura porterà i benefici maggiori. «Vediamo all’opera una dura disciplina che pervade tutta la natura, la quale è un po’ crudele al fine di essere benigna», scrisse Herbert Spencer.9

Darwin e Malthus

La popolazione, senza controllo, cresce con progressione geometrica; invece i mezzi di sussistenza crescono soltanto con progressione aritmetica
(Thomas Robert Malthus, The Principle of Population).

L’economia del laissez faire di Adam Smith può aver fornito a Darwin una chiave per la comprensione della selezione naturale, ma, come osservò Engels:

Darwin non sapeva quale amara satira scrivesse sugli uomini, ed in particolare sui suoi compatrioti, quando dimostrava che la libera concorrenza, la lotta per l’esistenza, che gli economisti esaltano come il più alto prodotto storico, sono lo stato normale del regno animale.10

Darwin fu ispirato dal Saggio sul principio della popolazione di Malthus, scritto nel 1798. Questa teoria ha la pretesa di dimostrare che la popolazione cresce con progressione geometrica, mentre le riserve di cibo solo con progressione aritmetica, a meno che l’incremento demografico non venga arrestato da carestie, guerre, malattie o altre restrizioni. Ne è stata dimostrata la falsità.
A differenza di Spencer, Darwin intese il concetto di fitness (idoneità) solo in relazione a un determinato ambiente, non ad una scala assoluta di perfezione. Infatti nessuna delle due espressioni a cui il nome di Darwin è principalmente associato, “evoluzione” e “sopravvivenza del più adatto”, appaiono nelle prime edizioni delle Origini, nelle quali le sue idee chiave erano espresse dalle parole “mutabilità” e “selezione naturale”. Il 18 giugno 1862 Marx scrisse a Engels: “Darwin, che ho riletto, mi diverte quando dice di applicare la teoria «maltusiana» anche alle piante e agli animali, come se i limiti del signor Malthus fossero che egli non applica la sua teoria a piante ed animali, ma solo agli esseri umani – e con progressione geometrica – in contraddistinzione a piante ed animali.” Anche Engels rifiutava la rozza descrizione e il gergo di Darwin, e commentava:

L’errore di Darwin consiste precisamente nel fatto che egli nella selezione naturale o sopravvivenza del più adatto mescola due cose assolutamente diverse:

  1. Selezione per la pressione della sovrappopolazione, nel qual caso forse sopravvivono in primo luogo i più forti, ma anche quelli che sotto molti aspetti sono i più deboli possono farlo.
  2. Selezione per la maggiore capacità d’adattamento a circostanze modificate, nel qual caso i sopravviventi sono più adatti a queste circostanze, ma tale adattamento da un punto di vista complessivo, può rappresentare tanto un progresso quanto un regresso (per es. adattamento alla vita parassitaria, sempre regresso).

Punto fondamentale: che ogni progresso nell’evoluzione organica è nello stesso tempo un regresso, in quanto esso fissa un’evoluzione unilaterale, preclude la possibilità di evoluzione in molte altre direzioni.
Questa però è legge fondamentale.11

Chiaramente esiste in natura una lotta per la sopravvivenza – anche se non nel senso inteso da Spencer – laddove esista scarsità, o pericolo per i membri di una specie da parte dei predatori.

Per quanto grosso possa essere il granchio preso da Darwin nell’accettare ingenuamente, senza averla esaminata, la dottrina di Malthus, ognuno vede a prima vista che non occorrono gli occhiali di Malthus per percepire la lotta per l’esistenza nella natura, la contraddizione cioè, tra l’innumerevole quantità di germi che la natura produce a profusione e il ristretto numero di essi che in generale può arrivare a maturità – afferma Engels – una contraddizione che si risolve in effetti, per la massima parte, in una lotta, a volte straordinariamente crudele, per l’esistenza.12

Molte specie producono un gran numero di semi o uova per moltiplicare le loro possibilità di sopravvivenza, particolarmente nei primi anni di vita. D’altra parte, la specie umana è sopravvissuta ricorrendo ad un altro metodo; il suo sviluppo è molto lento e una grande quantità di energia e di sforzi viene profusa per crescere un numero ristretto di figli, che impiegano lunghi anni per raggiungere la piena maturità. Il vantaggio dell’uomo risiede nel suo cervello e nella sua capacità di imparare e generalizzare. Il nostro incremento demografico non è sottoposto al giogo di un’alta mortalità infantile, perciò il suo andamento non può essere rozzamente paragonato ad altre specie.
La storia stessa dell’umanità fornisce una risposta conclusiva alle teorie di Malthus. A. N. Whitehead ha fatto notare che dal X al XX secolo una crescita continua della popolazione in Europa è stata accompagnata da una crescita generale del livello di vita. Questo fatto non si concilia con la teoria maltusiana, nemmeno introducendo la questione dei “freni maltusiani”, un mezzo per “rimandare l’inevitabile risultato.” Un migliaio di anni dovrebbe essere sufficiente per dimostrare la correttezza di qualsiasi teoria.

La semplice verità – come dice Whitehead – è che durante questo periodo e in quella zona [cioè l’Europa] i cosiddetti freni erano tali che la legge maltusiana rappresentava una possibilità, irrealizzata e di nessuna importanza.13

Whitehead fa presente che i presunti “freni” non agivano nemmeno in proporzione alla densità della popolazione. Per esempio, le epidemie non scoppiavano per l’eccessiva densità della popolazione, ma principalmente a causa delle cattive condizioni igieniche. Non il controllo delle nascite, ma acqua, sapone e un adeguato sistema di fognature sarebbero stati i rimedi a queste calamità. La guerra dei trent’anni dimezzò la popolazione della Germania: un “freno” abbastanza drastico sulla crescita demografica. La guerra aveva parecchie cause, ma la popolazione eccessiva non è mai stata citata tra di esse. Né, per quanto ci è noto, questo fattore ha giocato un ruolo degno di nota in nessuna delle altre guerre di cui la storia europea è così ricca. Le rivolte contadine scoppiate in Francia, Germania e Inghilterra alla fine del Medioevo non potevano essere causate da eccesso di popolazione; anzi, avvennero proprio in un periodo in cui la popolazione era stata decimata dalla peste, chiamata allora Morte nera. All’inizio del XVI secolo le Fiandre erano fittamente popolate, eppure godevano di un tenore di vita molto più alto della Germania, dove la schiacciante povertà nelle campagne contribuì ad alimentare la Guerra dei contadini.
Le teorie di Malthus sono prive di alcun valore scientifico, ma sono servite principalmente da pretesto e giustificazione dell’inumana attuazione delle cosiddette politiche di mercato. In occasione della carestia delle patate scoppiata in Irlanda negli anni ’40 dell’800, a causa della quale la popolazione dell’isola venne devastata, passando da oltre 8 a 4,5 milioni di abitanti, i grandi proprietari terrieri inglesi in Irlanda continuarono l’esportazione del grano. Seguendo i sani princìpi del libero mercato, il governo liberale di Londra rifiutò di introdurre misure che potessero interferire con il libero commercio o con i prezzi, ed annullò la fornitura di mais a basso prezzo per gli irlandesi, condannando a morire di fame milioni di persone. I princìpi maltusiani del governo inglese erano difesi da Charles Grenville, segretario del Consiglio del sovrano, nel modo seguente:

Le condizioni dell’Irlanda sono in ultima istanza deplorevoli, abbastanza da indurre alla disperazione: una generale disorganizzazione e demoralizzazione, un popolo con rare eccezioni abbrutito dall’ostinazione e dall’indolenza, noncurante e selvaggio; tutti, di ogni grado sociale, intenti a fare poco e ottenere più che si può, poco propensi a scuotersi e a sforzarsi, che guardano a questo nostro paese per avere soccorso e protestano per il soccorso che ricevono; masse brutali, false e oziose, uno stato di cose completamente contraddittorio e paradossale. Sebbene gli irlandesi siano minacciati dal protrarsi della carestia l’anno prossimo, non vogliono coltivare il suolo, che giace non seminato e incolto. Non vi è dubbio che la gente mai è stata nel complesso così benestante quanto in quest’anno di carestia. Nessuno pagherà l’affitto e le Casse di risparmio straripano. Con il denaro che ricevono dai nostri fondi di assistenza comprano armi invece che cibo e poi sparano ai pubblici funzionari inviati per regolare la distribuzione degli aiuti. Mentre essi si affollano attorno ai sovrintendenti con richieste di lavoro, i proprietari terrieri non riescono a trovare manodopera e robusti accattoni che si proclamano poveri vengono arrestati con grosse somme di denaro nelle tasche. 28 novembre 1846.
La reale situazione era invece descritta dal dottor Burritt, sconvolto alla vista di uomini che lavoravano sulle strade con gli arti gonfiati tanto da raggiungere quasi il doppio delle loro dimensioni normali. Il corpo di un ragazzo di 12 anni era “gonfio quasi tre volte le sue dimensioni e gli abiti cenciosi che lo ricoprivano erano stracciati come da un’esplosione – vicino a una località chiamata Skull – siamo passati davanti a una folla di 500 persone, mezze nude e quasi morte di fame. Stavano aspettando la distribuzione del brodo. Si erano accorti di noi, e mentre guardavo con compassione e stupore quella scena così miserabile il mio accompagnatore, un gentiluomo residente nella zona est di Skull e un medico, mi ha detto: «Nemmeno uno di quelli che vede sarà vivo fra tre settimane: è impossibile». … Qui i decessi sono mediamente 40 o 50 al giorno. Solo venti tra quei corpi sarebbero stati così fortunati da trovare sepoltura. Uomini e donne si rinchiudevano nelle proprie baracche per poter morire accanto ai propri figli senza essere visti dai passanti.14

Non c’erano, allora, ragioni più valide perché questa gente morisse di quante ce ne siano, oggi, a giustificazione della morte per fame di milioni di persone, mentre contemporaneamente gli agricoltori dell’Unione Europea e degli Stati Uniti sono pagati per non produrre cibo. Essi non sono vittime delle leggi di natura, bensì delle leggi del mercato.
Sin dall’inizio, Marx ed Engels denunciarono le false teorie di Malthus e dei suoi seguaci. Rispondendo alle tesi del “Pastore Malthus”, in una lettera a Lange del 29 marzo 1865, Engels scrisse:

La pressione della popolazione non si esercita sui mezzi di sussistenza, ma sui mezzi di impiego; l’umanità potrebbe moltiplicarsi più rapidamente di quanto sia necessario alla moderna società borghese. Questa è per noi un’ulteriore ragione per dichiarare questa società borghese una barriera allo sviluppo, barriera che deve cadere.

L’introduzione delle macchine, di nuove tecniche scientifiche e di fertilizzanti significa che la produzione mondiale di cibo può facilmente stare al passo con la crescita della popolazione. La spettacolare crescita di produttività nell’agricoltura avviene mentre la percentuale di popolazione coinvolta in essa continua a diminuire. L’estensione della produttività agricola già conseguita nei paesi avanzati al resto del mondo agricolo permetterebbe un enorme aumento della produzione. Inoltre solo una parte molto piccola della vasta produttività biologica degli oceani viene attualmente usata. La fame e la morte per fame esistono principalmente a causa della distruzione del surplus di cibo per mantenerne alti i prezzi e per la necessità di sostenere i profitti dei monopoli agrari.
La fame diffusa nel cosiddetto Terzo mondo non è il risultato della “selezione naturale”; è senza dubbio un problema creato dall’uomo. Non la “sopravvivenza del più adatto”, ma l’avidità di profitto di un manipolo di grosse banche e monopoli è ciò che condanna milioni di uomini alla fame e ad una vita di disperata povertà. Solo per risarcire gli interessi sul debito accumulato, i paesi più poveri sono costretti ad aumentare la quota dei raccolti destinati all’esportazione, inclusi riso, cacao e altri generi alimentari che potrebbero essere usati per nutrire la loro popolazione. Nel 1989 il Sudan esportava ancora generi alimentari, mentre la sua gente moriva di fame. In Brasile si stima che circa 400.000 bambini muoiano di stenti ogni anno, ma a tutt’oggi il Brasile è uno dei maggiori esportatori di generi alimentari.
Le stesse idee, ormai screditate, continuano a riemergere nel tempo sotto nuova forma, come si vede dal tentativo in atto di attribuire la colpa delle condizioni da incubo del Terzo mondo al fatto che ci sarebbe “troppa gente” (si intende, ovviamente, troppi neri e asiatici). Il fatto che, in assenza di previdenza sociale e pensioni, i contadini poveri abbiano bisogno di più figli possibili (specialmente maschi) per essere sostentati nella loro vecchiaia, è deliberatamente ignorato. La povertà e l’ignoranza sono le cause del cosiddetto “problema della popolazione”. Nella misura in cui aumentano il livello di vita e l’istruzione, il tasso dell’incremento demografico tende a diminuire automaticamente. Nel frattempo, il potenziale per l’aumento della produzione alimentare sarebbe immenso, ma viene tenuto artificialmente basso per gonfiare i profitti di pochi proprietari terrieri benestanti in Europa, Giappone e negli Stati Uniti. Lo scandalo della fame di massa alla fine del XX secolo è ancora più ripugnante in quanto non è necessaria.

“Darwinismo sociale”

Pur ammirando Darwin, Marx ed Engels non erano affatto acritici riguardo alle sue teorie. Engels comprese che le idee di Darwin sarebbero state affinate e sviluppate più avanti, un’intuizione confermata dallo sviluppo della scienza genetica. Engels scrisse a Lavrov, nel novembre del 1875: “Della dottrina darwiniana accetto la teoria dell’evoluzione, ma i metodi di prova di Darwin (lotta per la vita, selezione naturale) li considero solo una prima espressione provvisoria ed imperfetta di un fatto appena scoperto”. E ancora nell’Anti-Dühring: “La teoria dell’evoluzione in sé è tuttavia ai suoi primi passi, perciò non si può dubitare che ulteriori ricerche modificheranno le nostre attuali concezioni, comprese quelle strettamente darwiniane, del processo dell’evoluzione delle specie”.
Engels criticò aspramente l’unilateralità di Darwin così come criticò la dottrina del darwinismo sociale, che avrebbe preso piede di lì a poco.

Appena le teorie di Darwin vennero accettate – afferma Engels – le stesse persone videro ovunque e soltanto lotta. Tutt’e due le concezioni giustificate entro ristretti limiti, ma tutt’e due ugualmente unilaterali e limitate. (…) Ma è poi assolutamente puerile il voler riassumere tutta la multiforme ricchezza dell’intreccio e dello sviluppo storico nella scarna, unilaterale espressione: «lotta per l’esistenza». Si dice così meno che niente.

Egli prosegue spiegando le origini di questo errore:

Tutta la teoria darwiniana della lotta per l’esistenza è semplicemente il trasferimento dalla società al mondo organico della teoria hobbesiana del bellum omnium contra omnes, e della teoria della concorrenza dell’economia borghese, come pure della teoria di Malthus sulla popolazione. Una volta fatto questo gioco di prestigio (la cui incondizionata legittimità, in particolare per ciò che concerne la teoria malthusiana, è ancora assai problematica), è molto facile trasferire di nuovo queste teorie dalla storia naturale nella storia della società, ed è allora un’ingenuità davvero troppo forte affermare di avere con ciò dimostrato che tali affermazioni sono eterne leggi naturali della società.15

Il parallelo con il mondo animale tracciato dal darwinismo sociale ben si adattava alle tesi razziste prevalenti che la natura umana dipendesse dalle proporzioni del cranio. Per D. G. Brinton, “la razza europea o bianca è in cima alla lista, quella africana o negra in fondo” (1890). Cesare Lombroso, un medico italiano, affermò nel 1876 che i criminali congeniti erano essenzialmente scimmie, casi di regressione evolutiva. Queste idee erano parte di un desiderio di spiegare il comportamento umano in termini di biologia innata – una propensione che si può registrare ancora oggi. La tendenza alla “lotta per la sopravvivenza” era considerata innata in tutti gli animali compreso l’uomo; ciò serviva a giustificare guerra, conquista, profitto, imperialismo, razzismo, così come la struttura di classe del capitalismo. Questa scuola di pensiero precorre le più rozze varianti delle teorie sociobiologiche e le teorie della Scimmia Nuda. Ricordiamo W. S. Gilbert, la cui satira proclamava:

L’uomo darwiniano, pur educato,
Al massimo è solo uno scimmiotto sbarbato!

Darwin sottolineò che “La selezione naturale è stata il principale, ma non il solo, mezzo di modificazione”. Egli spiegò che le modificazioni da adattamento di un organo o una parte possono essere accompagnate da modifiche di altri caratteri, la cui variazione non è resa necessaria dalla sopravvivenza. Tuttavia, contrapponendosi alla concezione idealistica della vita incarnata dai creazionisti, i darwinisti spiegarono scientificamente come si è evoluta la vita sul pianeta, in base a un processo naturale che può essere spiegato dalle leggi della biologia e dall’interazione degli organismi con il loro ambiente. Un altro naturalista, Alfred Russel Wallace, per una propria via autonoma dagli studi di Darwin, aveva raggiunto le stesse sue conclusioni e aveva formulato la teoria della selezione naturale. Fu questo nuovo fattore che indusse Darwin a dare alle stampe il suo libro dopo oltre vent’anni di esitazioni. Tuttavia c’era una differenza essenziale tra Darwin e Wallace, cioè che quest’ultimo credeva che tutti i cambiamenti o modificazioni evoluzionistiche fossero determinate unicamente dalla selezione naturale. Ma il rigido ultra-selezionista Wallace avrebbe finito col rinnegare la selezione naturale per quanto riguarda il cervello e l’intelletto, concludendo che Dio era intervenuto per dar vita a questa creazione unica!
Darwin spiegò che l’evoluzione della vita, con tutte le sue forme ricche e varie, era una conseguenza necessaria ed inevitabile della riproduzione della vita stessa. Gli organismi tendono a generare organismio simili a se stessi, con variazioni secondarie. Ma, poiché tutti gli organismi tendono a riprodursi in una quantità prole maggiore di quanta può sopravvivere, quelli tra i discendenti che hanno dimostrato di possedere le migliori possibilità di sopravvivenza saranno meglio equipaggiati per adattarsi alle condizioni ambientali; quindi la loro prole tenderà a essere come loro. Le caratteristiche di queste popolazioni, nel tempo, si adatteranno progressivamente al loro ambiente. In altre parole, il “più adatto” sopravvive e propaga le caratteristiche che lo favoriscono tra la popolazione. In natura, l’evoluzione darwiniana è la risposta ai mutamenti ambientali. La natura “seleziona” gli organismi con le caratteristiche più adatte alla sopravvivenza nelle condizioni ambientali date. “L’evoluzione per mezzo della selezione naturale”, dice Gould, “non è altro che il lascito di questi ambienti in trasformazione mediante un meccanismo di preservazione differenziale degli organismi meglio concepiti per vivere in essi”. Così la selezione naturale dirige il corso del cambiamento evoluzionistico. Questa scoperta di Darwin fu descritta da Lev Trotskij come “il trionfo più alto della dialettica nel campo della materia organica”.

 

Indice dei Capitoli

Note

  1. Plechanov, Opere scelte.
  2. Gould, La vita meravigliosa,
  3. Plechanov G. Opere scelte, pag.154.
  4. Engels, Dialettica della natura, pag. 225, 314.
  5. Gould, Il police del panda
  6. S.J. Gould, Questa idea della vita, pag. 108.
  7. E. Lerner, Il Big Bang non c’è mai stato, pag. 442
  8. Lewin R., Complexity.
  9. Dobhzansky T, L’evoluzione della scpecie umana.
  10. Engels, Dialettica della natura, pag. 51.
  11. Engels, Dialettica della natura, pag. 314.
  12. Engels, Anti-Dürhing, pag. 80.
  13. Whitehead A. M., Adventures of Ideas.
  14. Johnson. P. Ireland, a concise history.
  15. Engels, Dialettica della natura, pag. 315.
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