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TAS spa: anche in telelavoro scioperare si può!

Venerdì 3 luglio le RSU di TAS spa, azienda informatica che applica il Ccnl metalmeccanici (la Fiom-Cgil è l’unico sindacato presente), specializzata nella progettazione e sviluppo di software per le banche, con sedi principali a Casalecchio di Reno (BO), Roma, Milano e Parma e circa 400 lavoratori in totale, hanno proclamato due ore di sciopero, che si è svolto con una buona partecipazione, per sollecitare la proprietà e la dirigenza a venire incontro, anche in termini economici, alle giuste esigenze dei lavoratori.

Si tratta di una realtà particolare, ulteriormente accentuata dalla situazione che tutti abbiamo vissuto negli ultimi mesi: lo stato di emergenza sanitaria.

Essendo un’impresa costituita di soli uffici, nella quale tutti i lavoratori operano al videoterminale, non c’è stata nessuna particolare difficoltà da parte dei padroni a trasferire le attività ‘in remoto’, fin dall’inizio dell’emergenza, senza rilevanti perdite di profitto.

Il telelavoro, regolato in TAS da un accordo sindacale sin dal 2012, è stato utilizzato in media in questi anni da circa il 30% dei lavoratori. Con l’esplosione dell’emergenza Covid, la percentuale dei lavoratori coinvolti è gradualmente salita fino ad oltre il 40% nel mese di febbraio 2020.

A seguito dei decreti del presidente del consiglio dei ministri che hanno imposto il ‘lockdown” generalizzato all’inizio di marzo, la modalità di lavoro da remoto è stata estesa alla grande maggioranza dei lavoratori. Venerdì 13 marzo, per decisione unilaterale dell’azienda, tutte le sedi sono state di fatto chiuse, con la totalità dei dipendenti al lavoro dalla propria abitazione.

Questa situazione, che perdura ancora adesso, oggettivamente favorevole rispetto alla condizione generale dei luoghi di lavoro, caratterizzata da un’attenzione, occorre riconoscerlo, della direzione aziendale sulle questioni della sicurezza e del contenimento del rischio di contagio, non ha impedito il sorgere di una mobilitazione dei lavoratori a partire dall’esigenza fondamentale della redistribuzione dei profitti o, per usare termini marxisti, del plusvalore.

Sia l’amministratore delegato in svariate interviste ai media, sia documenti ufficiali come le relazioni trimestrali e i bilanci, che sono pubblici essendo TAS una società quotata, nonché gli incontri informativi sull’andamento aziendale della direzione con le rappresentanze sindacali, hanno evidenziato tramite i principali indicatori economici e finanziari un aumento rilevante dei profitti nell’ultimo periodo, che non si è fermato a causa dell’emergenza Covid ed è anzi proseguito ulteriormente. A fronte di ciò, è parsa evidente la volontà aziendale di non riconoscere minimamente i sacrifici che tutte le lavoratrici e i lavoratori hanno fatto in questo periodo di emergenza.

Mentre sugli aspetti normativi e ‘a costo zero’ c’è una disponibilità aziendale a discutere (per quanto ciò non significhi comunque voler accettare la nostra impostazione), come RSU e organizzazioni sindacali abbiamo infatti dovuto registrare una chiusura totale sulle richieste economiche avanzate dai lavoratori: erogazione del buono pasto anche nella modalità di lavoro da remoto, riconoscimento di una indennità per le spese vive, disponibilità ad una integrazione per quanto riguarda congedi, ferie e permessi per venire incontro alle difficoltà del periodo di emergenza.

In particolare la chiusura anticipata delle scuole ha costituito un problema nel delicato ambito della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro nella particolare situazione del lavoro da remoto che, per le disparità di genere ancora esistenti nella nostra società, ha gravato soprattutto sulle lavoratrici con figli piccoli.

Ma anche temi economici più generali, come la mancanza di un premio di risultato e quindi di un vero e proprio contratto integrativo aziendale, oppure il sistematico riassorbimento a partire almeno dal 2009 degli aumenti contrattuali dai superminimi individuali, problemi questi che si trascinano da precedenti anni di crisi, hanno contribuito a catalizzare un diffuso malcontento da parte dei lavoratori, che ha trovato espressione nella grande partecipazione alle assemblee online indette dalle RSU, con punte di 125 lavoratori collegati per la sede di Casalecchio di Reno, e in un’adesione allo sciopero del 40% circa, che valutiamo positivamente.

Il prossimo obiettivo dell’azione sindacale in TAS sarà una revisione dell’accordo sul telelavoro che lo renda adeguato alle esigenze emerse e sottolineate dai lavoratori nell’ultimo periodo: in particolare il telelavoro dovrà diventare una modalità strutturale dell’organizzazione aziendale ed un diritto soggettivo delle lavoratrici e dei lavoratori. Inoltre porteremo avanti le rivendicazioni economiche, sia quelle relative al telelavoro che altre che sono emerse ed emergeranno, forti della legittimazione e del riconoscimento derivatici dall’esito dello sciopero.

Ma ci sono alcune conseguenze più generali da trarre a partire da questa vicenda specifica.

L’atteggiamento di TAS non è isolato né dettato da idiosincrasie personali di singoli dirigenti. Si tratta di una strategia complessiva, portata avanti dalla classe dominante ed espressa con chiarezza dalle recenti posizioni di Confindustria e del suo presidente Bonomi, che può essere graduata con maggiore o minore durezza a seconda delle situazioni specifiche, ma che al fondo ha l’obiettivo della tutela e della massimizzazione del profitto dei padroni a qualsiasi costo e contro le esigenze dei lavoratori, a maggior ragione in una situazione di grave crisi economica.

La risposta delle organizzazioni dei lavoratori e soprattutto della dirigenza di queste organizzazioni, non potrà essere, pena l’inadeguatezza, rivolgere sterili appelli al governo per “far ragionare” Confindustria o peggio ancora, proporre patti di collaborazione alle stesse organizzazioni padronali.

Al contrario, la direzione è quella di organizzare e generalizzare le lotte in una prospettiva conflittuale che è l’unica possibile in questo momento.

Nel nostro piccolo, in TAS abbiamo dimostrato che è possibile, anche in una situazione nuova e frammentata, con i lavoratori dispersi ognuno a casa propria, organizzare assemblee e mobilitazioni, proclamare scioperi, portare avanti un’azione sindacale a tutela degli interessi dei lavoratori. Ed è possibile farlo anche in un comparto che molti considerano a torto privilegiato come quello dell’informatica, ma che per certi aspetti ha una condizione di lavoro migliore rispetto ad altri settori della classe lavoratrice.

Questo è il frutto di un clima generale nel quale, a partire dalle mobilitazioni dei lavoratori nelle Giornate di marzo 2020 per la chiusura dei settori produttivi non essenziali a fronte dell’emergenza Covid, non è più possibile per la classe dominante in nessun modo nascondere il suo vero volto né i suoi reali obiettivi.

Si tratta di una preziosa occasione per riprendere l’avanzata dei diritti dei lavoratori. Sta alle organizzazioni del movimento operaio, sta ai loro dirigenti, cogliere questa possibilità opponendosi con la giusta determinazione all’arroganza dei capitalisti.

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