Stati Uniti: cosa deve fare la classe operaia per mettere fine al terrore poliziesco?
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21 Giugno 2020Sul programma del Partito delle Pantere nere: quale prospettiva per i lavoratori e i giovani neri?
di John Peterson
Quasi due volte a settimana, negli Stati Uniti, un nero viene ucciso da un poliziotto bianco. A Ferguson, Missouri, la morte di un altro giovane nero per mano della polizia, è stata una di troppo. La necessità ha espresso se stessa per mezzo di un fatto casuale, e l’omicidio di Mike Brown ha scatenato un’ondata di indignazione repressa attraverso il paese. Le proteste quotidiane e gli scontri notturni con polizia, agenti statali e guardia nazionale hanno inondato i media con scene che ricordano Gaza e l’Iraq dei nostri giorni, o gli Stati Uniti degli anni ’50 e ’60.
Questi eventi di portata storica hanno riacceso il dibattito su razza e classe in questo paese. L’indignazione verso il razzismo istituzionalizzato e l’arrogante brutalità della polizia è comprensibile.Tuttavia, emozione, impulsività, e nostalgia per una versione romanticizzata delle lotte del passato, non possono sostituire una sobria analisi marxista.
Nell’estate del 2008, i marxisti americani hanno prodotto un lungo documento sulla lotta dei neri e la rivoluzione socialista, in cui spiegavano la genesi del razzismo e la sua base materiale, che è radicata organicamente nelle strutture e dinamiche del capitalismo, una società divisa in classi di sfruttati e sfruttatori. Solo pochi mesi più tardi, dopo l’elezione di Barack Obama a primo presidente nero del paese, quel novembre, il regista Spike Lee dichiarò che l’America era andata “oltre” il razzismo. Sfortunatamente, questo buon auspicio era lontano dalla verità, come spiegammo a suo tempo.
Come sa chiunque non indossi paraocchi, il veleno nauseante del razzismo è lungi dall’essere eliminato. In ogni caso, non è una questione di moralità astratta. Il razzismo è parte integrante e componente del capitalismo, uno degli strumenti usati per il “divide et impera” nei confronti della classe lavoratrice, qualcosa che Malcolm X sapeva molto bene.
I media si sono fatti in quattro per descrivere quello che è successo nel sobborgo operaio di Ferguson, nei pressi di St Louis, come un fatto esclusivamente razziale e di ordine pubblico. Ma una comprensione più profonda può venire solo da un esame delle istanze di classe coinvolte. Solo la solidarietà della classe lavoratrice può sferrare un colpo, vero, materiale, allo status quo, e anche la leggenda del basket divenuta commentatore sociale Kareem Abdul Jabbar ha riconosciuto l’importanza della classe in un articolo recente e molto interessante.
“Restiamo divisi”
Il razzismo è una questione straordinariamente complessa. Non è solo un fatto di “neri versus bianchi”, ma implica un vortice di contraddizioni e controtendenze che riguardano anche i sudamericani, gli asiatici, gli arabi, i sikh, e ogni altro gruppo razziale o etnico del pianeta. In ogni caso, per parafrasare Lenin, in ultima analisi, il razzismo è “una questione di pane”. Se non c’è abbastanza per tutti, la gente si dividerà lungo linee secondarie per accaparrarsi le briciole che cadono dalla tavola dei capitalisti. La storia mostra che quando le condizioni di vita migliorano per tutti, le tensioni razziali, etniche e religiose iniziano a placarsi (per esempio per un certo periodo nella prima Unione Sovietica e in Jugoslavia). Tuttavia, finché vivremo in un mondo in cui la maggioranza soffre per la scarsità artificiale, imposta dal capitale, dei beni essenziali, il flagello del razzismo continuerà ad esistere.
La lotta per la sopravvivenza sotto il capitalismo, quindi, fornisce terreno fertile per tensioni crescenti ed esplosioni di violenza motivata dal razzismo. Ma la gente può cambiare e cambia, anche nei limiti ristretti del capitalismo. Ondate di immigrazione senza precedenti, condizioni di vita e lavoro comuni, un oppressore comune, internet, i social media, ed un’accresciuta mescolanza di culture hanno spinto molti lavoratori, sia giovani che anziani, verso un’istintiva unità. Specialmente fra i giovani, le cose sono avanzate di parecchio in questa direzione. Allo stesso modo, l’atteggiamento verso i matrimoni gay è cambiato radicalmente negli ultimi vent’anni, con una maggioranza di giovani che chiede, “qual è il problema?”. L’unità dei giovani di tutte le razze e di tutti i retroterra etnici nello scontro con le autorità di Ferguson è l’esempio più recente.
Ad ogni modo, non c’è dubbio che gli Stati Uniti siano ancora attraversati da divisioni razziali, divisioni che sono perpetrate e approfondite coscientemente dalla classe dominante. Rimane il fatto che in media, gli americani bianchi hanno una qualità di vita migliore dei neri e dei sudamericani, e questo ha un effetto innegabile sulla coscienza. La crisi capitalista ha solo intensificato questa situazione colpendo particolarmente duro sui giovani e sui poveri. Solo qualche fatto e qualche cifra per illustrare chiaramente la situazione.
Il reddito medio delle famiglie nere è inferiore al 60% di quello delle famiglie bianche, e in media hanno accumulato meno di un decimo della ricchezza di una tipica famiglia bianca. Negli ultimi 25 anni, il divario fra bianchi e neri è quasi triplicato. Le cifre che riguardano i giovani neri sono anche peggiori. Più di un nero su quattro vive nella povertà, mentre per i bianchi il rapporto è inferiore a uno su dieci. Secondo il centro di ricerca Pew, “I neri rischiano sei volte di più dei giovani bianchi di finire in una prigione statale, federale o locale, nel 2010, l’ultimo anno per cui sono disponibili dati completi. Il dato è in aumento dal 1960, quando i neri in carcere erano cinque volte i bianchi”.
Traditi più volte dai cosiddetti leader della “comunità nera”, dai loro presunti amici nel partito democratico, e, più di tutti, dai dirigenti sindacali, che rifiutano di fornire una guida combattiva e di classe, c’è poco da meravigliarsi se tanti giovani neri stiano cercando un’alternativa praticabile. La società americana è una polveriera e una qualunque scintilla può provocare un’esplosione. Comunque, senza diventare una forza organizzata e veramente di massa, guidata da prospettive chiare su quale direzione deve prendere la società e come ci si può arrivare, anche la rivolta più radicalizzata dei giovani alla fine entrerà in un vicolo cieco e finirà. L’ascesa e il declino di Occupy sono un chiaro esempio. La questione, quindi, non è solo come contrattacchiamo, ma come possiamo contrattaccare e vincere.
In questo contesto è importante analizzare uno dei momenti salienti dei momenti alti della lotta di classe degli anni ’60 e ’70: il partito delle Pantere Nere. Durante gli anni ’60 e ’70, e fino alla sua distruzione finale e dissoluzione nel 1982, alcune delle azioni e immagini più motivanti, combattive e emblematiche del movimento del Potere Nero sono associate a questa organizzazione. Uomini e donne neri armati, vestiti di giacche di pelle, berretti e occhiali da sole, che sfidano la polizia e inneggiano alla rivoluzione; Programmi comunitari sociali e di alfabetizzazione nei più poveri dei quartieri poveri; discorsi sprezzanti contro la guerra in Vietnam e a favore della rivoluzione coloniale.
Il partito delle Pantere Nere
Dopo decenni di segregazione razziale, razzismo, e tradimenti, i neri americani avevano detto basta. Durante il ventesimo secolo, le organizzazioni di massa di lotta sono nate e poi sono morte, e molte alternative e dirigenti politici sono stati messi alla prova. Sulla base della rivolta di massa dei lavoratori degli anni ’30, il movimento dei diritti civili crebbe di importanza negli anni dopo la seconda guerra mondiale, coinvolgendo inizialmente gli stati del sud e alla fine scuotere l’intero paese.
Le radici delle pantere nere possono essere rintracciate nell’amicizia fra Huey Newton, nato a Monroe, Lousiana, e Bobby Seale, nato a Dallas, Texas, che si incontrarono al Merritt College di Oakland, California, nel 1961. Le loro famiglie facevano parte della seconda “grande migrazione” di neri dal sud al centro-ovest e ovest negli anni durante e dopo la seconda guerra mondiale. Da studenti, Newton e Seale furono ispirati dalla Deacons for Defense e dall’organizzazione per la libertà della contea di Lowndes in Louisiana, fondata da Stokely Carmichael del comitato di coordinamento degli studenti nonviolenti, come partito indipendente nell’Alabama rurale. Il simbolo dell’organizzazione era una pantera nera.
Dopo aver fatto esperienza dell’ambiente socialista rivoluzionario ad Oakland, erano frustrati dalla mancanza di scontro diretto con il razzismo rampante e la brutalità della polizia che continuavano ad imperversare nella “liberale” California. Determinati a compiere azioni concrete per rispondere al razzismo, decisero di lanciare il partito delle pantere nere per l’autodifesa. Con la bozza del famoso programma in dieci punti “What we want now” (quello che vogliamo ora!), le pantere nere nacquero a Oakland, California, il 15 ottobre 1966. Col tempo il programma fu ulteriormente elaborato e allargato.
Il partito si espanse rapidamente e accolse membri provenienti da diversi ambienti. La sua ideologia era un mix eclettico che includeva elementi di potere nero e nazionalismo nero, anti imperialismo e anticapitalismo, marxismo-leninismo, maoismo, democrazia rivoluzionaria, terzomondismo, antisionismo, ed anche il Juche di Kim il-Sung. C’erano molti orientamenti all’interno del partito, dall’ultra sinistra avventurista al riformismo, con tutto ciò che ci sta in mezzo. Tutto questo era deliberatamente esacerbato dallo stato, che fu lesto ad infiltrare e sabotare le pantere nere attraverso programmi come il COINTELPRO. Il direttore dell’FBI J. Edgar Hoover considerava il partito delle pantere nere “la più grande minaccia alla sicurezza interna del paese”, e non si sarebbe fermato davanti a nulla pur di distruggerlo. Oltre alle provocazioni della polizia, alla violenza, alle montature, a fomentare conflitti interpersonali, e alla facilitazione dell’accesso a droghe e armi, la loro strategia era quella di introdurre il massimo della confusione ideologica per aumentare il dissenso fra le fila del partito.
Come abbiamo spiegato in La lotta dei neri e la rivoluzione socialista:
“Di fronte a un movimento [per i diritti civili] così di massa e combattivo, la classe dominante fece alcune concessioni sul voto e sulle libertà civili al sud, verso l’integrazione nelle scuole e nelle università pubbliche, e fece sforzi per combattere la discriminazione. Ma soprattutto, ha cercato di mantenere il movimento entro limiti che non minacciassero il sistema capitalista. Per fare ciò lavorarono per incanalare il movimento nel partito democratico procapitalista, mentre orchestravano gli omicidi di Martin Luther King, Malcolm X e molti altri dirigenti delle pantere nere, che cercavano di andare oltre il capitalismo e il partito democratico. Insieme ad un più ampio movimento per i diritti civili, c’era una ripresa del nazionalismo nero fra alcuni settori della popolazione. L’esplosione dei ghetti negli anni ’60 portò alla nascita dei Musulmani neri (Black muslims), delle Pantere nere, della Lega dei lavoratori neri rivoluzionari, e di altre organizzazioni che combattevano non solo per l’uguaglianza politica, ma per il “potere nero”. Questi movimenti traevano anche ispirazione dall’espansione delle rivoluzioni coloniali in Africa, Asia e America latina. La loro determinazione a trovare una soluzione ai problemi che affrontavano i neri mostrò il potenziale rivoluzionario fra gli strati più oppressi della società americana. Stokely Carmichael, uno dei dirigenti delle pantere nere, utilizzò per primo lo slogan “potere nero” come un grido di battaglia per i neri ad unirsi e sfidare il dominio bianco della società. La rivendicazione di un maggiore controllo sulla comunità nera, di dignità razziale, e di solidarietà con le lotte anticoloniali, rappresentò un passo avanti finché rappresentò una radicalizzazione della coscienza politica e una rottura con i bianchi liberali sia del partito democratico che di quello repubblicano.
Le pantere nere erano aperte alle idee del marxismo ed erano a favore della creazione di un nuovo partito dei lavoratori. In un breve lasso di tempo compirono un’evoluzione da una prospettiva prevalentemente nazionalista nera verso una prospettiva di rivoluzione socialista. Secondo Bobby Seale: ‘Combattiamo il razzismo con la solidarietà. Non combattiamo il capitalismo sfruttatore con il nazionalismo nero. Combattiamo il capitalismo con il socialismo di base. E non combattiamo l’imperialismo con altro imperialismo. Combattiamo l’imperialismo con l’internazionalismo proletario.’ Sfortunatamente la mancanza da parte delle pantere di un programma e di prospettive di classe ben studiati, portò al deragliamento del movimento. Soggette ad una feroce repressione di stato, le pantere andarono in crisi e subirono tutta una serie di scissioni”.
Le pantere nere emersero in un contesto molto particolare in un periodo molto particolare della storia Americana. Il movimento per i diritti civili, la guerra in Vietnam, e la forza e l’influenza della Russia stalinista e della Cina maoista, tutto questo ebbe un effetto. Il ruolo dello stato nel reprimere tutte le forme di dissenso in quel periodo, con ferocia particolare riservata agli attivisti neri, non può essere negato. Comunque, in ultima analisi, le basi per lo sviluppo esplosivo delle pantere nere, che crescevano e arrivavano a varie migliaia di membri in molte grandi città del paese, così come le radici della loro degenerazione, possono essere rintracciate nel loro programma fondativo e le loro ripetute azioni.
Il bisogno di un partito e di un programma rivoluzionari
Il movimento operaio è sempre stato diviso in due campi principali: riformismo e rivoluzione. I marxisti difendono e lottano per tutte le riforme che rafforzano l’unità e la lotta dei lavoratori. Diritti democratici di base come il diritto di formare un sindacato, il diritto di voto, la libertà di stampa, di espressione e di riunione possono aiutarci a portare avanti le nostre idee e costruire forti organizzazioni di massa per la classe lavoratrice. Comunque, non c’è nessuna soluzione duratura nei ristretti confini del sistema capitalista. Anche le riforme più avanzate corrono continuamente il pericolo di essere cancellate finché i capitalisti continuano a detenere il potere politico ed economico. Questo è il motivo per cui i rivoluzionari combinano la lotta per le riforme all’interno del sistema, l’esperienza delle quali serve a rafforzare e formare i lavoratori nella realtà della lotta di classe, con la necessità di abolire il capitalismo del tutto e di sostituirlo con il socialismo.
Oggigiorno, i riformisti, quelli che pensano che il sistema può diventare “più gentile e più umano” attraverso la collaborazione con i capitalisti, sono in una posizione di vantaggio. Ma in una situazione rivoluzionaria, le masse imparano in fretta, e se un partito rivoluzionario, radicato nella classe lavoratrice, è nel posto giusto al momento giusto dotato di forze sufficienti, allora la marea può cambiare rapidamente a favore del rovesciamento rivoluzionario del sistema. Il nostro compito è di “creare la nostra fortuna” e assicurare che saremo al nostro posto quando tali opportunità rivoluzionarie emergeranno. Una parte enorme nel costruire tale presenza inizia con l’offrire ai lavoratori un chiaro programma rivoluzionario.
Per i marxisti, il partito rivoluzionario consiste innanzitutto nelle sue idee, nei suoi metodi, nelle sue prospettive, nei suoi slogan e nelle sue tradizioni, il tutto riassunto nel programma del partito. Il programma è l’essenza distillata del partito, la sua guida all’azione, il suo biglietto da visita, la base per raccogliere sostegno e reclutare, ed uno strumento essenziale per orientare i suoi militantri verso gli obiettivi concreti dell’organizzazione e le sue prospettive politiche. La chiarezza ideologica è chiave, e il programma, sviluppato sulla base della teoria guida del partito, può essere paragonato al suo DNA. Senza tale chiarezza, senza un DNA forte e resistente, che prenda in considerazione i bisogni dell’organizzazione attraverso i vari stadi del suo sviluppo e condizioni obiettive costantemente in mutazione, anche un programma che porta a successi iniziali può preparare il terreno per il fallimento nel futuro. Le buone intenzioni, l’audacia e un linguaggio coinvolgente non sono sufficienti, la prova del nove sarà nei fatti.
La storia fin troppo tragica del ventesimo secolo e dell’inizio del ventunesimo dimostra che quello di cui la classe lavoratrice ha bisogno sopra ogni cosa è un partito rivoluzionario, armato di un programma basato su una comprensione marxista scientifica delle dinamiche di classe della società. Tale programma deve andare oltre i limiti del capitalismo, oltre mere riforme all’interno del sistema, e lottare per l’instaurazione di un nuovo sistema. In breve ha bisogno di un programma rivoluzionario, non riformista.
Il punto iniziale è riconoscere che mentre ci sono molte forme perniciose di oppressione, la contraddizione fondamentale del nostro tempo è la divisione dell’umanità in sfruttatori e sfruttati. Una piccola minoranza possiede e controlla le leve fondamentali dell’economia, il che le fornisce potere e ricchezza indicibili, mentre la vasta maggioranza deve vendere la propria abilità a lavorare per un salario. Sono i numeri e l’unità della classe lavoratrice che ci danno la nostra forza. Il nostro atteggiamento dev’essere basato sull’adagio sindacale “un torto fatto a uno è un torto fatto a tutti!”
Il programma deve servire quindi a elevare l’unità, la coscienza e la fiducia della classe lavoratrice, e deve presentare le sue richieste in modo transizionale. Deve servire da ponte fra le condizioni, la coscienza e i compiti immediati di oggi, ed il bisogno della trasformazione socialista della società. Deve anche servire a connettere le forze numericamente piccole del marxismo con gli strati avanzati della classe lavoratrice, che possono a loro volta conquistare strati sempre più larghi di lavoratori alla prospettiva rivoluzionaria. È parecchio da chiedere ad un pugno di righe!
Con tutto questo in mente stiamo rivedendo il programma in dieci punti del partito della pantera nera così come fu allargato e sviluppato. Consideriamo il partito della pantera nera come compagni nella nostra lotta contro il capitalismo americano, e vediamo quelli che guardano alla sua eredità per un’ispirazione come compagni nei nostri sforzi continui per porre fine a questo sistema. Il nostro scopo non è di essere eccessivamente cavillosi, ma di analizzare costruttivamente questo documento importante, che è pieno di idee e copre un vasto spettro di argomenti. Esaminandolo “nel bene e nel male”, possiamo imparare molte lezioni e trarre conclusioni, che possono essere applicate alla lotta di oggi contro l’oppressione e lo sfruttamento del capitalismo.
Il programma del partito delle pantere nere
1. Vogliamo la libertà. Vogliamo il potere di determinare il destino delle nostre comunità nere ed oppresse
Crediamo che la gente nera e oppressa non sarà libera finché non saremo in grado di determinare i nostri destini nelle nostre comunità, controllando pienamente tutte le istituzioni che esistono nelle nostre comunità.
Il sentimento espresso in questo passaggio d’apertura è evidente: quando è troppo è troppo, non se ne può più di avere le nostre vite controllate da persone e istituzioni che non hanno i nostri interessi in mente! Si tratta di una chiamata a raccolta audace e di grande ispirazione per la libertà, la dignità e il rispetto. È un sano rifiuto dello status quo, e riflette un desiderio bruciante di porre fine all’abbrutimento, alla disumanizzazione e alla discriminazione, che sono parte della vita quotidiana per gli oppressi sotto il capitalismo. In ogni caso, ad una riflessione più attenta, sin dall’inizio, ci sono già molte contraddizioni che risultano dall’aver espresso il rifiuto in questa forma.
Per cominciare, il concetto di “comunità nere ed oppresse”, manca della precisione necessaria a cui bisognerebbe ambire in un documento programmatico di questo tipo. Mentre è evidentemente inteso a riferirsi ai lavoratori e ai poveri, il termine “comunità” per definizione include tutti i membri di un particolare strato della popolazione, i lavoratori e i padroni, la piccola borghesia, e il sottoproletariato declassato. In altre parole, sfuma i confini fra le diverse classi e gli interessi di classe nella società, soprattutto le differenze inconciliabili fra i lavoratori, i capitalisti e i loro lacchè locali.
In ogni “comunità” in una società divisa in classi, sono sempre gli individui più ricchi che controllano le leve economiche, sociali e politiche della “comunità”. Quindi quando c’è scritto “noi vogliamo la libertà”, quel noi a chi si riferisce? Ai lavoratori neri o ai capitalisti neri? Se la popolazione nera a, diciamo, Oakland, California, in qualche modo riuscisse ad essere autonoma dalla città e dallo stato, chi governerebbe sulla popolazione nera locale? Su quali basi sarebbero prodotti, distribuiti e scambiati i beni e i servizi? Chi scriverebbe e farebbe rispettare le leggi? Chi controllerebbe la fornitura di acqua e elettricità? Su quali basi questa comunità si relazionerebbe con il mondo esterno? Finché rimarranno le classi, rimarranno anche sfruttamento e oppressione, che siano perpetrati da neri, bianchi, sudamericani, asiatici o chiunque altro. Dopo tutto, gli schiavi conquistarono la loro libertà dai padroni delle piantagioni nel sud, ma fu una tipo di libertà molto limitata. L’unico modo per ottenere libertà e uguaglianza vere, e per porre termine al ciclo di sfruttamento e oppressione, è porre termine alla società divisa in classe.
Inoltre, il capitalismo è un sistema mondiale intimamente interconnesso. Nessuna regione e nessun paese possono sfuggire alle sue pressioni e dinamiche, non importa quanto siano ricchi di risorse e popolazione, figuriamoci un determinato quartiere o sezione di una certa città o stato. Neanche l’Unione Sovietica e la Cina hanno potuto evitare la spinta inesorabile del mercato mondiale. L’idea che una “comunità” locale, e particolarmente una urbana, potrebbe in qualche modo essere autosufficiente e realmente determinare il proprio destino, si scontra con la realtà economica.
Ma, e forse ancora più importante, non riconoscendo e non dichiarando chiaramente l’interesse comune di tutti i lavoratori, indipendentemente dalla loro razza o etnia, la formulazione della richiesta automaticamente erige una barriera verso la costruzione dell’indispensabile unità. Tutti i lavoratori sono sfruttati sotto il capitalismo, e ogni lavoratore è oppresso in un modo o nell’altro, spesso anche in più modi. L’oppressione particolare sperimentata da un individuo o da un gruppo può quindi essere più o meno intensa. Non c’è dubbio, per esempio, che una madre single latinoamericana che lavora, senza documenti, in un fast food, sperimenta più livelli di oppressione di un operaio maschio relativamente ben pagato, ma è la nostra relazione di classe in quanto lavoratori che ci porta tutti all’opposizione dei capitalisti sfruttatori.
I neri negli Stati Uniti arrivano a malapena al 13% della popolazione. Questa proporzione relativamente piccola del totale non può da sola scontrarsi con il potere dello stato capitalista. Abbiamo bisogno del massimo dell’unità di classe dei lavoratori per combattere e sconfiggere la classe dominante e il suo stato. Uno sciopero in un qualunque posto di lavoro non potrebbe aver successo se partecipassero solo le donne o solo i lavoratori asiatici. Limitando la rivendicazione alle “comunità di neri e oppressi” (e nella primissima versione c’era scritto solo “comunità di neri”), l’implicazione è che bianchi, asiatici, latinoamericani, e altri non devono partecipare. Questa potrebbe non essere stata l’intenzione, e l’enfasi sulla difficile situazione dei neri americani è del tutto comprensibile, dato il contesto in cui le pantere nere furono create. In seguito, molti dei leader delle pantere si sono discostati da questa concezione limitata, ma il tono stabilito in un documento così fondamentale, inevitabilmente ha avuto un impatto sullo sviluppo futuro del partito. Paragonate questo passaggio con il chiarissimo “lavoratori di tutti i paesi unitevi!” di Marx.
Alcuni potrebbero dire che il programma “è abbastanza chiaro”. Tuttavia, la massima chiarezza è di fondamentale importanza nel programma di un partito. Non è un semplice slogan accattivante o un pezzo propagandistico minore, ma il progetto politico per spiegare e costruire l’organizzazione. Il diavolo si nasconde nei dettagli, e anche piccole distorsioni o confini sfumati possono portare a grandi problemi nel futuro. Queste limitazioni sono comprensibili, dato che gli autori non erano ancora dei marxisti interamente sviluppati. Si affidavano più ad un linguaggio impetuoso e poetico piuttosto che alla lama tagliente della teoria come guida. Ma mettendo l’accento sull’unità di razza piuttosto che su quella di classe, si è ostacolato il potenziale del partito di svilupparsi in un’espressione politica di massa per tutti gli sfruttati e gli oppressi.
2. Vogliamo piena occupazione per la nostra gente
Pensiamo che il governo federale sia responsabile e obbligato a dare ad ogni persona un lavoro ed un salario garantito. Pensiamo che se i capitalisti americani non daranno mai piena occupazione, allora la tecnologia e i mezzi di produzione dovrebbero essere presi da loro e messi a disposizione della comunità, così che le persone della comunità stessa possano organizzare ed impiegare tutta la loro gente e dargli un alto tenore di vita.
Un lavoro, un salario garantito, ed un alto tenore di vita dovrebbero essere assolutamente un diritto basilare, specialmente nel paese più ricco del mondo. Eliminando la ricerca del profitto, e dividendo tutto il lavoro utile di cui la società ha bisogno, possiamo accorciare la settimana lavorativa, aumentare la paga, e permettere a tutti di avere la possibilità di raggiungere il proprio pieno potenziale. Da marxisti siamo a favore di questo ed altro per tutti i lavoratori, non solo “la nostra gente”. Evidenziando gli interessi comuni di tutti i lavoratori, questi possono essere riuniti nella lotta collettiva contro i padroni.
Per raggiungere la piena occupazione, le leve principali dell’economia, a cominciare dalle 500 società più grandi, devono essere portate sotto il controllo democratico dei lavoratori, ed integrate in un piano razionale. Questo vuol dire espropriare la ricchezza dei capitalisti, che è stata creata dal lavoro della classe lavoratrice, e usarla democraticamente nell’interesse della maggioranza. Il programma delle pantere nere va in questa direzione. Comunque, chiedendo che la ricchezza sia “affidata alla comunità”, l’implicazione è che diverse “comunità” avranno i loro atomizzati mini mezzi di produzione. Come spiegato sopra, nessuna comunità esiste isolata dal resto del mondo. Quello che serve è utilizzare le risorse il più efficientemente possibile per massimizzare le economie di scala e ridurre gli sprechi, e questo richiede un’economia pianificata nazionale, ed infine globale.
Inoltre, dovremmo chiarire che il governo federale degli Stati Uniti è un governo della e per la classe dominante. Non è obbligato a fare nulla tranne difendere gli interessi dei capitalisti. Il programma dovrebbe certamente evidenziare l’enorme ricchezza che esiste e le potenzialità dell’usarla per il bene comune. Dovrebbe sottolineare la contraddizione di un governo che presumibilmente esiste per difendere gli interessi comuni a tutti, ma in realtà permette ad alcuni di vivere nella miseria, mentre altri vivono nel lusso. Ma in nessun modo dovremmo fomentare alcuna illusione che l’attuale governo federale sia in qualche modo responsabile di fornirci tutto questo. Come il programma implica correttamente, se i lavoratori vogliono una nuova società, dovranno prendere tutto nelle loro mani.
3. Vogliamo porre fine alla rapina da parte dei capitalisti delle nostre comunità di neri e oppressi.
Crediamo che questo governo razzista ci abbia rapinati e ora chiediamo che ci sia rimborsato il debito risalente alla fine della schiavitù dopola Guerra civile americana. Quaranta acri e due muli furono promessi 100 anni fa come risarcimento del lavoro schiavistico e dell’omicidio di massa del popolo nero. Accetteremo il pagamento in contanti che verranno distribuiti fra le nostre molte comunità. Il razzista americano ha preso parte al massacro di cinquanta milioni di neri. Quindi, siamo convinti che questa richiesta sia modesta.
Il razzismo è uno strumento usato dalla classe dominante per dividere ed indebolire la classe lavoratrice e massimizzare così i profitti. L’attuale governo degli Stati Uniti rappresenta gli interessi di quella classe dominante, minoranza, contro la maggioranza senza proprietà. In questo senso, il governo è razzista. Ad ogni modo, lo sfruttamento capitalista non è “rapina” in quanto tale. Lo sfruttamento sotto il capitalismo, avviene nel momento della produzione. Il lavoratore entra “liberamente” in relazione con il capitalista, accetta di lavorare per un numero X di ore in cambio di una paga di Y. Comunque, il lavoratore crea più ricchezza durante le ore lavorative, di quanto lui o lei è pagato/a col salario; questo lavoro non pagato, conosciuto come plusvalore nell’economia marxista, è la fonte del profitto, degli interessi e della rendita del capitalista. La costrizione a vendere la propria capacità lavorativa al capitalista, non viene dall’uso della forza o dalla minaccia della forza, ma dalla necessità economica. Sotto il capitalismo “chi non lavora, non mangia”. O, messa in altro modo, chi non può vivere di azioni, obbligazioni, ricchezza ereditata, o altre proprietà, deve lavorare per qualcun altro se vuole mangiare ed avere un posto dove vivere.
Lo scopo storico fondamentale della Guerra civile Americana era quello di stabilire il predominio del capitalismo su tutto il continente. Per raggiungere questo scopo, i capitalisti del nord dovevano distruggere il potere politico ed economico del regime schiavistico del sud e i 4 milioni di schiavi dovevano essere trasformati in liberi lavoratori salariati (il che, tra l’altro, fu uno dei più grandi espropri di proprietà privata nella storia del mondo). Mentre dovremmo tutti più o meno avere gli stessi diritti sulla carta, libertà sotto il capitalismo vuol dire soprattutto che sei “libero” di vendere la tua forza lavoro ad un numero qualunque di potenziali sfruttatori, invece di essere posseduto e sfruttato da uno in particolare. Siccome sei anche “libero” dal possesso di qualunque proprietà significativa, devi quindi vendere la tua forza lavoro per un salario per poter sopravvivere.
La promessa di “40 acri e un mulo” può essere fatta risalire allo speciale ordine di campo numero 15 del generale dell’unione William Tecumseh Sherman, emesso durante la sua “marcia verso il mare” attraverso la Georgia. Mentre si faceva strada attraverso la confederazione, bruciando ed espropriando, sradicò con la forza le vecchie relazioni di proprietà ed impose quelle nuove. Non fu mai una politica ufficiale del governo, né fu mai intesa come un risarcimento per la schiavitù. Piuttosto, doveva aiutare alcuni degli ex schiavi a “rimettersi in piedi” e diventare “membri produttivi della società”, cioè schiavi del salario per il capitalismo. Gli obiettivi essenziali della guerra civile e della liberazione degli schiavi sono dichiarati senza ambiguità nella famosa “Juneteenth declaration” (Dichiarazione del 19 giugno), emanata dal generale dell’unione Gordon Granger il 18 giugno 1865, dopo che lui e 2000 soldati federali entrarono a Galveston, in Texas:
“Il popolo del Texas viene informato che, secondo la proclamazione del governo degli Stati Uniti, tutti gli schiavi sono liberi. Questo comporta un’assoluta uguaglianza dei diritti della persona e dei diritti di proprietà fra ex padroni ed ex schiavi, e la relazione esistente fra di loro, da ora in poi, diventa quella fra imprenditore e salariato. Ai liberati consigliamo di rimanere tranquillamente nelle loro attuali abitazioni e lavorare per un salario. Vengono inoltre informati che non gli sarà consentito di radunarsi presso le postazioni militari e che l’ozio non sarà tollerato qui o in alcun altro luogo”
Questa valutazione pratica delle nuove relazioni sociali implementate dall’esercito dell’unione è sufficientemente chiara.
Anche se Marx era un fervente oppositore dello schiavismo, e sollecitava Abraham Lincoln a combattere più vigorosamente la guerra civile al grido di “morte allo schiavismo!”, capiva il ruolo storico che quest’istituzione aveva giocato nella nascita del capitalismo americano. Partendo dagli scritti di Hegel, Marx spiegò che non fu meramente dalla schiavitù che ebbe luogo l’accumulazione iniziale di capitale in America, ma attraverso la stessa. In altre parole, l’intera classe dominante degli Stati Uniti, e non solo i proprietari di schiavi del sud, è responsabile dell’eredità dello schiavismo:
“la schiavitù diretta è il fulcro intorno al quale gira l’industrialismo attuale, tanto quanto lo sono i macchinari, il credito, etc… senza lo schiavismo non ci sarebbe il cotone, senza il cotone non ci sarebbe l’industria moderna. È lo schiavismo che ha dato valore alle colonie, sono le colonie che hanno creato il commercio mondiale, e il commercio mondiale è la condizione necessaria per una industria meccanizzata su larga scala. Conseguentemente, prima del commercio di schiavi, le colonie mandavano molti pochi prodotti al vecchio mondo, e non cambiarono significativamente la faccia del mondo. La schiavitù è quindi una categoria economica di enorme importanza”.
Quindi, quando il partito delle pantere nere chiede che il pagamento in contanti come risarcimento per la schiavitù, sia “distribuito alle nostre molte comunità”, ne conseguono diverse domande molto concrete. Anche se ci si potesse accordare su un valore monetario per gli orrori sofferti dagli schiavi, cosa succederebbe una volta esaurito l’afflusso di contante verso gli individui e le comunità? Come si potrebbe evitare che quella ricchezza si accumuli in poche mani, le mani di quelli che già hanno la maggior parte della ricchezza e del potere, lasciando quindi nuovamente la maggioranza dei destinatari al punto di partenza? Chi deciderebbe chi ha i requisiti per l’indennizzo e quanto dovrebbero ricevere? E, ancora più importante, chi dovrebbe pagare?
Sulle basi dell’attuale sistema economico e politico, un tale risarcimento potrebbe venire fuori solo dalle entrate fiscali, che sono generate primariamente dai lavoratori, oppure da prestiti, che dovrebbero essere restituiti con gli interessi, nuovamente spremendo i lavoratori. Assumendo che la portata di questi pagamenti sarebbe alquanto vasta, si avrebbe bisogno di un esercito di avvocati e burocrati, e di tagli ad altre parti del bilancio. Visto che le entrate militari e delle aziende private non saranno tagliate, questo vorrebbe dire solo ulteriori tagli ai programmi sociali, alla sanità, all’educazione, alle infrastrutture, alla protezione ambientale, ai salari e alle pensioni dei lavoratori pubblici, e così via. Lavoratori che non hanno avuto niente a che fare con lo schiavismo dovrebbero pagare per questo crimine dei capitalisti e degli ex padroni di schiavi. Lungi dal portare all’unità di classe questo porterebbe a rancori e lotte intestine, mentre la classe dominante eviterebbe di affrontare le responsabilità per i propri crimini.
C’è quindi solo un modo giusto per avvicinarsi al risarcimento per la schiavitù e pareggiare i conti con la classe dominante per secoli di sfruttamento e oppressione. È quello di far pagare i ricchi, come spiegato in relazione al punto 2 qui sopra, espropriando collettivamente la loro ricchezza, ponendo fine al capitalismo, e sostituendolo col socialismo.
4. Vogliamo abitazioni dignitose, adatte a una vita decente
Crediamo che se i padroni non daranno case dignitose alle nostre comunità nere e oppresse, allora le case e la terra dovrebbero essere gestite da cooperative cosicché il popolo delle nostre comunità, con l’aiuto del governo, possa costruire case dignitose per la nostra gente.
Il bisogno urgente e la capacità della società di fornire alloggi di qualità per tutti, è chiara. I senza dimora non esistono per mancanza di unità abitative, ma per l’impossibilità degli individui di pagare i prezzi di mercato da strozzinaggio. Non è mai stata la politica dei padroni (la maggior parte dei quali è costituita da banche), quella di “concedere” case dignitose a qualcuno.
Il presupposto di base di questa rivendicazione è assolutamente corretto: abitazioni di alta qualità dovrebbero essere accessibili universalmente ed è una responsabilità sociale, che richiede azioni collettive e il coinvolgimento del governo. Ma c’è ancora una mancanza di precisione intorno alla questione delle “comunità” e al carattere dell’attuale governo. Questa può solo introdurre confusione in qualunque discussione su come questa rivendicazione di base possa realmente essere realizzata. Il richiamo alle cooperative può suonare più “comunitario” in superficie, ma le cooperative generalmente comprendono molti soci individuali. Questo è qualitativamente diverso dalla proprietà sociale. Come esempio di come questo slogan può essere resa molto più precisa, ecco quello che rivendica il programma della Workers international league (la sezione della Tendenza marxista internazionale negli Usa), come parte di una proposta più complessiva per un’economia pianificata a livello nazionale, e ad un programma massiccio di lavori pubblici, iniziando da quelli nelle aree più bisognose:
“Alloggi sicuri e a buon mercato per tutti, così da eliminare il problema dei senzatetto. Per un’immediata moratoria sugli sfratti. Per la nazionalizzazione di case pignorate e libere, che devono essere date a chi ne ha bisogno sotto il controllo democratico dei lavoratori e delle comunità, permettendo ai residenti in case pignorate di rimanere nelle proprie abitazioni. Nessun indennizzo per i padroni che sfrattano, tranne in caso di provata necessità. L’affitto per tutte le abitazioni, incluse quelle della sezione 8 e quelle di proprietà del governo, dev’essere fissato a non più del 10 percento dei salari, come parte di un piano nazionale per le abitazioni”.
5. Vogliamo un’istruzione decente per la nostra gente che mostri la vera natura di questa società Americana decadente. Vogliamo un’istruzione che ci insegni la nostra vera storia e il nostro ruolo nella società di oggi.
Crediamo in un sistema di istruzione che darà alla nostra gente la coscienza di sé. Se non hai coscienza di te stesso e del tuo posto nella società e nel mondo, allora non avrai alcuna possibilità di conoscere alcunché.
L’accesso ad un’istruzione di alta qualità è chiaramente un altro diritto basilare. Comunque, dobbiamo capire che “la storia è scritta dai vincitori”, e che le idee dominanti in qualunque società sono quelle della classe dominante. La classe dominante usa l’istruzione per giustificare e abbellire il proprio dominio, per trasformare milioni di bambini in “piccoli bravi lavoratori” e per preparare una piccola élite a governarli. Non è, quindi, una sorpresa, se la vera storia della classe lavoratrice americana e del movimento operaio, della lotta dei neri, del genocidio dei nativi americani, delle guerre contro il Messico e la Spagna, e di molto altro, è insegnata in modo eviscerato, o non menzionata affatto. Per cambiare le idee dominanti dobbiamo cambiare la classe dominante. Nuovamente, il programma della Wil è un esempio di come una tale rivendicazione possa essere resa molto più concreta:
“Istruzione di qualità per tutti. Sovvenzionare pienamente ed espandere le nostre scuole e università pubbliche. No all’invasione dei privati nella scuola pubblica. No alle verifiche del reddito, ai voucher, alle sovvenzioni delle scuole private, e alle privatizzazioni. No alla ‘Race to the top’, e a ‘No child left behind’ (due fra le principali campagne governative, ndt) Abolizione delle tasse scolastiche e universitarie e estinzione dei prestiti per gli studenti. Garantire sovvenzioni e tirocini retribuiti a tutti gli studenti. Nazionalizzare le università private ed unificarle in un unico sistema pubblico di istruzione superiore. Per un ciclo di istruzione permanente durante tutta la vita”.
6. Vogliamo la sanità completamente gratuita per tutti i neri e gli oppressi
Crediamo che il governo debba fornire, gratuitamente, al popolo, strutture sanitarie che non solo curino le nostre malattie, la maggior parte delle quali derivano dalla nostra oppressione, ma che sviluppino anche programmi medici di prevenzione per garantire la nostra sopravvivenza futura. Crediamo che istruzione medica di massa e programmi di ricerca debbano essere sviluppati per dare a tutti i neri e a tutte le persone oppresse accesso ad informazioni scientifiche e mediche avanzate, cosicché potremo essere in grado di fornire alla comunità cure mediche appropriate.
Anche qui, le motivazioni all’origine di questa rivendicazione sono interamente corrette, ma sfortunatamente essa non è formulata nel modo più chiaro possibile. Ecco come il programma della Wil pone la rivendicazione di una sanità universale e di qualità:
“Per un sistema sanitario pubblico e nazionale. Liberare la ricerca scientifica dalla ricerca del profitto. Pieno accesso per tutti alle ultime tecnologie, cure e scoperte mediche. Sovvenzionare massivamente la ricerca di cure e trattamenti per l’AIDS, il cancro e altre malattie. Nazionalizzare le compagnie di assicurazione medica, le attrezzature mediche, le industrie farmaceutiche, i sistemi dei mega-ospedali e le cliniche correlate, ed integrarli in un unico fornitore sanitario statale gestito e amministrato democraticamente”.
7. Vogliamo la fine immediata della brutalità e degli omicidi di neri e altre persone di colore, e di tutti gli oppressi, da parte della polizia negli Stati Uniti.
Crediamo che il governo razzista e fascista degli Stati Uniti usi le sue forze dell’ordine nazionali per portare avanti il suo programma di oppressione dei neri, delle altre persone di colore e dei poveri negli Stati Uniti. Crediamo che sia nostro diritto, quindi, difenderci da tali forze armate, e che tutti i neri e gli oppressi dovrebbero essere armati per l’autodifesa delle nostre case e delle nostre comunità, da queste forze di polizia fasciste.
Come spiegato in precedenza, l’attuale governo degli Stati Uniti difende gli interessi dei ricchi. Nella guerra di classe fra ricchi e poveri, lo stato è uno degli strumenti principali utilizzati dalla minoranza capitalista per tenere sottomessa la maggioranza. L’unico modo per cambiare questo stato di cose è porre fine al capitalismo, un sistema che si è basato sulla brutalità e sull’omicidio dalla sua nascita. Con il suo pungente senso dell’ironia, ecco come Marx descrisse i primi giorni del capitalismo:
“La scoperta dell’oro e dell’argento in America, lo sradicamento, riduzione in schiavitù e seppellimento in miniere della popolazione indigena, l’inizio della conquista e del saccheggio delle indie orientali, la trasformazione dell’africa in un dedalo per la caccia commerciale di neri, hanno segnato l’alba dorata dell’era della produzione capitalista. Questa idilliaca successione di eventi rappresenta il culmine dell’accumulazione iniziale… Se il denaro, secondo Augier, viene al mondo con una macchia di sangue sulla guancia, il capitale nasce grondante sangue e fango dalla testa ai piedi..”
Un leone non può diventare vegetariano. Il capitalismo può provare a presentare una faccia più “gentile e simpatica” in televisione, dal pulpito di una chiesa, su riviste appariscenti, sui cartelloni, ma la realtà per milioni di americani e per la maggioranza del pianeta è alquanto diversa.
Man mano che la maggioranza che lavora è sempre più raggruppata e potenzialmente sempre più forte, la minoranza ha bisogno sempre più di strumenti e di concentrare la repressione per sottometterci. Da qui, per esempio, l’accresciuta militarizzazione della polizia. Ma questo, in realtà, è un segno di debolezza, non di forza. Se fossero in grado di mantenere la fiducia nel loro regime solo attraverso riforme e concessioni minori, potrebbero fare a meno di queste spese e trattarci con i guanti. Ma in questa epoca di crisi, austerità, controriforme e reazione da parte dei lavoratori, i guanti vengono tolti e i borghesi stanno preparando lo scontro finale aperto contro la classe lavoratrice.
Insieme all’intimidazione, alla forza bruta, e alle leggi che favoriscono i ricchi e legano le mani dei lavoratori dietro la schiena, la tattica del “divide et impera” è un altro strumento vitale nell’arsenale della classe dominante. Usano il razzismo, la misoginia, l’omofobia, la xenofobia, la lingua, la religione, e qualunque altra cosa possono inventarsi per mettere uno strato della classe lavoratrice contro l’altro. Le lotte dei lavoratori contro tutte queste forme di oppressione e divisione sono interconnesse e formano una parte della più vasta lotta di classe contro i capitalisti. Non dovrebbe quindi sorprendere che la polizia sia una parte integrale della realizzazione di questa tattica da parte dei padroni. Questo vuol dire che ogni singolo poliziotto è razzista? Per niente. Molti poliziotti sono neri o sudamericani o asiatici ecc… molti vengono dalla classe lavoratrice o anche da famiglie sindacalizzate e vivono nelle condizioni della classe lavoratrice. Molti sono anche loro stessi membri di sindacati di polizia.
Ma come forza organizzata, la polizia è al fronte della lotta di classe fra lavoratori e capitalisti. Come parte dell’apparato repressivo dello stato gli viene fatto un addestramento speciale e gli vengono dati poteri per porli “al di sopra” del resto della società. Il loro vero ruolo sociale è di “servire e proteggere” gli interessi della proprietà privata.
Quando i marxisti parlano di “proprietà privata”, quello che intendono è la proprietà privata dei mezzi di produzione, le leve chiave dell’economia. Quelli che posseggono e controllano i mezzi di produzione sono i veri padroni della società. Decidono sostanzialmente chi ha un lavoro, chi ha una casa, chi ha cure mediche, chi ha l’istruzione, e chi no. La maggior parte della proprietà privata, inclusa la proprietà commerciale e industriale, appartiene alle banche e alle grandi società per azioni. Le più grandi 500 compagnie da sole, raggiungono il 75% del PIL statunitense. Un quantitativo enorme di potere economico, e per estensione politico, è concentrato nelle loro mani. La grande maggioranza della popolazione non possiede proprietà privata; al massimo ha delle proprietà personali.
In una società basata sulla scarsità per alcuni e sulla sovrabbondanza per pochi, compaiono molte forme di “file per il pane”. Serve una forza speciale per mantenere l’ordine in queste situazioni. Ma chi controlla la polizia? Che la polizia si avvantaggi del suo potere e della sua posizione non può essere negato. Gli infiniti episodi, documentati e non, di brutalità della polizia, di uso eccessivo della forza, corruzione, montatura di sospetti, e intimidazione nei quartieri poveri ne sono prova sufficiente. Ma cosa ci si può fare?
All’indomani dell’omicidio di Michael Brown, sono stati rinnovati gli appelli per il “controllo da parte delle comunità” e perché le minoranze vengano meglio rappresentate nelle forze di polizia. La motivazione di questa rivendicazione è chiara. È la comprensione che la polizia non rappresenta gli interessi della maggioranza, e il desiderio che il cittadino comune controlli i suoi abusi di potere. Il problema con queste rivendicazioni è che lasciano lo stato esistente delle cose al suo posto. Ancora una volta, vediamo che la sola soluzione è la fine del capitalismo, che è la radice della disuguaglianza crescente e organica, che richiede in primo luogo una forza speciale che stia al di sopra del resto di noi.
Cambiare semplicemente gli individui o portare più neri o sudamericani nelle forze speciali repressive, non cambierà il loro carattere fondamentale o gli interessi di classe che difendono. Anche se molte persone vogliono “fare qualcosa ora”, non c’è nessuna soluzione semplice o veloce a questo o a qualunque altro problema fondamentale sotto il capitalismo. Il compito della rivoluzione socialista è quello di cambiare totalmente il carattere dello stato. Dallo stato espressione della dominazione di una minoranza sulla maggioranza, vogliamo costruire un nuovo tipo di stato, che rappresenti gli interessi della grande maggioranza, uno stato dei lavoratori. Un tale stato difenderebbe gli interessi della maggioranza e non richiederebbe i tipi di legge e gli apparati repressivi che sono richiesti dallo stato della minoranza capitalista.
Col tempo, mentre le “file per il pane” della società di classe sparirebbero sulla base di una crescente sovrabbondanza per tutti, sotto il socialismo, il bisogno dello stato svanirebbe. Qualunque funzione di “mantenimento della pace” formalmente svolta dalla polizia, sarebbe responsabilità dei lavoratori stessi, una sorta di sorveglianza dei quartieri allargata, con tutti gli ufficiali direttamente eletti, revocabili e responsabili davanti a chi rappresentano. Se tutti sono poliziotti, nessuno è un poliziotto. Alla fine anche lo stato dei lavoratori si dissolverebbe nella società stessa, che non sarebbe più divisa in classi.
La forza reale della classe lavoratrice risiede nel fatto che siamo in grado di mettere le mani sui mezzi di produzione. Siamo noi che facciamo funzionare il sistema dei trasporti e le centrali elettriche, che raccogliamo l’immondizia, costruiamo le strade, insegniamo ai bambini nelle scuole, costruiamo le infrastrutture, facciamo funzionare gli ospedali, manuteniamo le reti di comunicazione, e così via. Se milioni di lavoratori smettessero di lavorare, fermassero la produzione, e occupassero fabbriche, strade e punti strategici in tutto il paese, la società si fermerebbe. I capitalisti sarebbero assolutamente incapaci di far funzionare i luoghi di lavoro da soli. Non si troverebbe una quantità di poliziotti o soldati armati sufficiente da obbligarci a tornare a lavorare e l’esercito si spaccherebbe su linee di classe. Un tale sciopero generale rivoluzionario porrebbe chiaramente la questione: chi ha il vero potere nella società e chi la dovrebbe governare?
Così mentre i marxisti sono d’accordo al 100% sui diritti dei lavoratori ad armarsi e difendersi dagli attacchi dello stato borghese, le nostre prospettive per l’esercizio del potere dei lavoratori comportano molto più che portare con sè in pubblico delle armi e marciare provocatoriamente per le strade. Le immagini delle pantere nere, vestite di pelle che brandiscono coraggiosamente pistole e fucili per le strade di Sacramento, sono diventate un’icona: avevano tutti i diritti di farlo. Ma dobbiamo chiederci: era la tattica migliore per guadagnare l’appoggio di settori sempre più ampi di lavoratori?
Innanzitutto, deve essere chiaro che piccoli gruppi armati non possono sostituirsi al potere organizzato di milioni di lavoratori. Piccoli gruppi non possono sconfiggere il potere combinato e centralizzato dello stato borghese e dei suoi strumenti di repressione. Inoltre, mentre queste azioni hanno certamente portato molta attenzione sulle Pantere nere, sono state anche usate dai media, dalla polizia, e dal Fbi come un modo per marginalizzare e isolare le Pantere stesse dai settori più ampi della classe lavoratrice. Lungi dal portare all’unità di classe, quella tattica a quel tempo ebbe gli effetti opposti. Riconosciamo il coraggio e la capacità di sacrificio degli attivisti del partito delle Pantere nere, che volevano tentare tutto per una causa in cui credevano. Comunque, il nostro compito non è quello di organizzare azioni eclatanti, per quanto guidate da principi corretti. Piuttosto, dobbiamo costruire pazientemente legami solidi e duraturi fra i diversi settori della classe lavoratrice. Questo sottolinea ancora l’importanza dell’unità di classe, e del sostegno costante e aperto di tale unità, senza la quale la classe lavoratrice non può sperare di sconfiggere il nostro nemico di classe.
Per quanto riguarda la parola “fascismo” in versioni posteriori del programma, non dobbiamo giocare a tira e molla con la terminologia per scopi di agitazione; dobbiamo essere molto attenti a come usiamo certi termini. La società è un fenomeno complesso. Per questo, il marxismo non è una scienza esatta assoluta. Ma non è chiamato “socialismo scientifico” a caso. Per i marxisti, fascismo ha un significato ben preciso. Il fascismo è un fenomeno sociale molto specifico, in cui una dittatura militare ha una base sociale di massa che la sostiene, nella forma della “piccola borghesia inferocita”, che è usata come ariete per distruggere le organizzazioni dei lavoratori, i sindacati e i partiti politici. In Italia, Germania e Spagna, i commercianti della classe media rovinati, i contadini ricchi, i professionisti, i figli dei ricchi, gli strati più elevati degli ufficiali militari e il clero, fornirono a Mussolini, Hitler e Franco le truppe della controrivoluzione. Questo fu possibile solo dopo la sconfitta di un movimento rivoluzionario dopo l’altro in questi paesi, in cui i lavoratori furono traditi dai leader dei loro partiti tradizionali.
Negli anni ’20 e ’30, c’erano ancora una grande classe contadina, arretrata e conservatrice e una vera “classe media” in questi paesi. Questa non è la situazione attuale negli Stati Uniti, né lo era negli anni ’60. La stragrande maggioranza della popolazione fa parte della classe lavoratrice. La cosiddetta “classe media” americana è fatta per lo più di lavoratori salariati pagati meglio degli altri. Avranno anche una qualità della vita migliore di un lavoratore dei fast food, ma sono comunque lavoratori salariati. Più dell’80% degli americani oggi vive in aree urbane. Il presunto peso sociale della più conservatrice popolazione rurale, è gonfiato artificialmente sia politicamente che socialmente. La classe dominante si appoggia su questi elementi spesso confusi e arretrati per controbilanciare il potere concentrato dei lavoratori nelle città. Ma anche la popolazione rurale, nell’America moderna, è per lo più proletaria nelle sue condizioni di vita fondamentali.
Che ci siano individui criminali e reazionari, e anche gruppi organizzati con simpatie e tendenze fasciste, è fuori dubbio. Ma la realtà è che la base sociale di massa per il fascismo non esiste più negli Stati Uniti (o in qualunque altro paese del pianeta). Se i lavoratori vengono sconfitti di volta in volta, e non è presente nessuna leadership rivoluzionaria che aiuti ad assicurare il completamento della rivoluzione socialista, allora la reazione aperta potrebbe ben arrivare al potere. In tale scenario, dittature militari, sospensione dei diritti base, legge marziale, terrorismo di destra, e pogrom furiosi da parte di teppisti e mercenari pagati dai capitalisti sarebbero possibili. Ma senza una base sociale di massa fra la piccola borghesia, questa dittatura non sarebbe fascismo. La chiarezza teorica e terminologica non deve quindi essere sacrificata nell’interesse dell’impatto emotivo. Non ci sono scorciatoie nella nostra formazione politica e nell’educare gli altri alle idee del marxismo, e il nostro programma deve sforzarsi di essere il massimo della chiarezza.
8. Vogliamo la fine immediata di tutte le guerre di aggressione.
Crediamo che i vari conflitti che esistono nel mondo derivano direttamente dal desiderio aggressivo del circolo dominante degli Stati Uniti e del governo, di forzare il proprio dominio sui popoli oppressi del mondo. Crediamo che se il governo degli Stati Uniti o i suoi lacchè, non interrompono queste guerre aggressive, sia diritto dei popoli di difendersi con qualunque mezzo necessario dai loro aggressori.
I marxisti concordano con tutto il cuore con l‘opinione espressa in questo punto del programma. Comprendiamo che la politica estera sia un’estensione della politica interna. Come spiegava Clausewitz, “la guerra è una mera prosecuzione della politica con altri mezzi”. Come la politica interna della borghesia è quella di fare profitti “con qualunque mezzo necessario”, questo è anche il suo obiettivo all’estero. Quindi, la lotta contro la guerra imperialista è intimamente connessa con la lotta per porre fine al regime predatorio dei capitalisti qui a casa. Per cambiare la natura della politica estera dello stato dobbiamo cambiare la natura dello stato che porta avanti quella politica.
Dovrebbe essere notato che questo punto del programma originalmente includeva il seguente: “vogliamo che tutti i neri siano esentati dal servizio di leva”. Mentre le motivazioni sono di nuovo comprensibili, il modo in cui il punto era presentato poteva portare solo alla confusione. Per esempio, è probabile che molti, a quel tempo, avrebbero interpretato questo nel senso che solo i poveri proletari bianchi o latino americani avrebbero dovuto essere chiamati alle armi e mandati in Vietnam. Questo avrebbe ovviamente lavorato contro la costruzione della solidarietà della classe lavoratrice nella lotta per sostituire il governo guerrafondaio dei capitalisti con un governo dei lavoratori. Fortunatamente, avendo riconosciuto l’errore, questo punto fu rimosso nelle versioni successive del programma.
9. Vogliamo la libertà per tutte le persone nere e oppresse che sono detenute nelle prigioni federali, statali, di contea, cittadine e militari degli Stati Uniti. Vogliamo processi tenuti da una giuria di pari per tutte le persone accusate di cosiddetti crimini sotto le leggi di questo paese.
Crediamo che i molti neri e poveri oppressi che sono ora detenuti nelle prigioni degli Stati Uniti non abbiano ricevuto un processo giusto e imparziale, a causa di un sistema giudiziario razzista e fascista, e dovrebbero essere liberi. Crediamo nell’eliminazione definitiva di tutti gli istituti penali squallidi e inumani, perché le masse di uomini e donne detenute negli Stati Uniti o dai militari degli Stati Uniti sono vittime delle condizioni oppressive che sono la vera causa della loro detenzione Crediamo che quando le persone vengono portate a giudizio, gli devono essere garantiti, dagli Stati Uniti, giurie di pari, avvocati di loro scelta e non siano detenute per la durata del processo.
Il sistema “giudiziario” criminale negli Stati Uniti fornisce giustizia solo ai ricchi. La sua adesione al “dominio della legge” è basata sul dominio e sulle leggi dei capitalisti. Il sistema penale è una parte componente dello stato, insieme alla polizia, alle corti, ai giudici, e così via. Anche se i marxisti difendono e lottano per il massimo dei diritti democratici che possiamo ottenere sotto il sistema attuale, non dovremmo avere alcuna illusione in queste leggi o istituzioni. Appellandosi a processi con giurie di pari, con avvocati liberamente scelti, che dovrebbero essere garantiti dallo stato, si manca il punto chiave, che è il bisogno di liberarsi dello stato capitalista. Non ci può essere alcuna giustizia per gli sfruttati e gli oppressi all’interno dei vincoli di un quadro giuridico intrinsecamente contro i lavoratori e contro i poveri.
10. Vogliamo terra, pane, case, istruzione, vestiario, giustizia, pace e il controllo della comunità del popolo sulla tecnologia moderna.
Quando, nel corso degli eventi umani, diventa necessario, per un popolo, dissolvere i legami politici che lo hanno tenuto connesso con un altro, ed assumere, fra le potenze della terra, il ruolo, separato e uguale, che le leggi della natura e il Dio della natura gli attribuiscono, un rispetto decoroso per le opinioni dell’umanità richiede che esso dichiari le cause che lo spingono alla secessione. Riteniamo queste verità essere auto-evidenti, che tutti gli uomini sono creati uguali; che sono dotati dal loro creatore di alcuni diritti inalienabili; che fra questi ci siano la vita, la libertà, e la ricerca della felicità. Che per assicurare questi diritti, i governi siano istituiti fra gli uomini, derivando i loro giusti poteri dal consenso dei governati; che, in qualunque momento una forma di governo diventi distruttiva di questi fini, è diritto del popolo alterarla o abolirla, e istituire un nuovo governo, gettando le sue fondamenta su tali principi, e organizzando i suoi poteri in una forma tale che possa più facilmente perseguire la sua sicurezza e la sua felicità. La prudenza, in effetti, suggerirà che governi che esistono da lungo tempo non vengono cambiati per cause leggere o fugaci; e di conseguenza, l’esperienza ha dimostrato che l’umanità è disposta a soffrire, finché è sopportabile, piuttosto che farsi giustizia abolendo le forme di governo a cui è abituata. Ma, quando una lunga serie di abusi e usurpazioni, perseguendo sempre lo stesso fine, rivela il disegno di ridurre gli uomini sotto l’assoluto dispotismo, allora è loro diritto e loro dovere, rovesciare tale governo, e fornire nuovi custodi per la loro sicurezza futura.
Questa clausola finale onnicomprensiva pone molte richieste importanti aggiuntive, come le case e l’istruzione (anche se queste sono già menzionate in precedenti punti separati). Sfortunatamente, anche stavolta non c’è nessuna indicazione su come tutto ciò possa essere conquistato. Come minimo, il programma di un partito dovrebbe dare almeno qualche idea concreta su come si proponga di raggiungere i suoi obiettivi, in particolare per la sua conclusione finale.
Il programma si conclude poi con citazioni estese della dichiarazione d’indipendenza. Scritta nel 1776 da Thomas Jefferson (che, tra l’altro, era un proprietario di schiavi), la dichiarazione fu uno dei documenti programmatici chiave della rivoluzione borghese americana. Usando il linguaggio aulico della libertà e dell’illuminismo, dichiarava coraggiosamente il diritto delle colonie di rovesciare il dominio britannico e seguire il proprio destino. Le masse si radunarono intorno alla richiesta di libertà e alla fine sconfissero l’impero più potente del mondo. Ma il risultato politico ed economico fu che una nuova minoranza di proprietari prese il controllo. Al posto della monarchia britannica e dei suoi governatori coloniali, le tredici colonie che sarebbero diventate gli Stati Uniti erano ora dominate da un’oligarchia di ricchi mercanti, banchieri, avvocati e proprietari di piantagioni con schiavi.
Forse l’intento di includere questi passaggi era di sottolineare il diritto di un popolo di cambiare il suo governo se non rappresenta più gli interessi della maggioranza, un’opinione che i marxisti condividono con tutto il cuore. O forse era di illustrare gli ideali traditi della rivoluzione americana, usando il linguaggio su cui questo paese fu fondato per puntare alle sue origini e promesse rivoluzionarie. Qualunque fosse l’intento, questi punti avrebbero potuto di certo essere scritti o sviluppati in un linguaggio nuovo e originale, collegato organicamente ai bisogni della nuova epoca rivoluzionaria e ai compiti della rivoluzione della classe lavoratrice. Le condizioni sociali ed economiche cambiano costantemente, e anche le nostre forme di espressione e la nostra organizzazione sociale devono cambiare. L’economia americana e la società sono cambiate drammaticamente da quando sono state scritte le righe della Dichiarazione. La società si è sviluppata oltre i limiti ristretti del capitalismo, che impediscono qualunque sviluppo ulteriore. L’economia di mercato e lo stato nazionale sono due dei grandi ostacoli allo sviluppo della società; solo la trasformazione socialista della società può spazzarli via e gettare le fondamenta per una libertà vera.
Non c’è alcun dubbio che la Dichiarazione di indipendenza sia un capolavoro di eloquenza. Tuttavia, rappresenta la voce della nascente classe borghese, una visione e una giustificazione storica per il suo dominio. In un documento programmatico per il 1966, quello di cui si aveva bisogno era la visione e la giustificazione storica del governo della classe lavoratrice e del socialismo. Questa osservazione è veramente solo un dettaglio, ma l’inclusione, senza specificarne la provenienza, del documento fondativo dei capitalisti americani, mostra un po’ l’ingenuità degli estensori del programma del partito delle pantere nere, nonostante la loro intuito e istinto rivoluzionario.
Imparare le lezioni
Il programma del partito delle Pantere nere era sicuramente audace e focalizzò l’attenzione sui molti problemi che dovevano affrontare i neri americani e le altre minoranze oppresse. Il suo linguaggio e la sua visione radicali furono un importante punto di partenza per aprire un dialogo sulla via da seguire per i lavoratori e i giovani neri. Alla fine, comunque, il programma era limitato e non sufficiente per eseguire i compiti che si era prefisso: la liberazione degli oppressi dai ceppi dello sfruttamento e dell’oppressione.
Un programma di transizione socialista rivoluzionario deve essere sia esauriente che coinciso. Nonostante i molti punti importanti portati avanti dal programma del partito delle pantere nere, ci sono molti elementi mancanti. Dati l’esperienza e il campo d’azione limitati degli autori, questo è comprensibile. Ma ciononostante è stato un difetto fatale.
Per esempio, non si parla affatto dei sindacati, che sono uno strumento indispensabile nella lotta dei lavoratori contro i padroni. Per dirla tutta, molti sindacati, specialmente negli anni ’60, erano all’estrema destra ed includevano molti razzisti. Ma questo non assolve i rivoluzionari dal dovere di combattere per le nostre idee all’interno delle organizzazioni di base della classe lavoratrice, e di portarle a tutti i settori di lavoratori.
E anche se le pantere nere consideravano se stesse un partito, avevano un campo d’azione molto limitato. Non si parla affatto nel programma al bisogno di una rappresentazione politica più ampia della classe lavoratrice, di un partito del lavoro. Anche se il partito delle Pantere nere fosse arrivato a un milione di membri, sarebbe ancora stato una goccia nel mare in un paese grande come gli Stati Uniti. Le masse di lavoratori non capiscono le piccole organizzazioni. La grande maggioranza non abbandonerà i suoi precedenti pregiudizi politici per unirsi a un piccolo gruppo con nessuna reale prospettiva di vittoria.
Ad oggi, la classe lavoratrice americana manca di un suo partito politico. Siamo lasciati a “scegliere” fra i democratici dei grandi affari e i repubblicani dei grandi affari, o ad astenerci del tutto dalla politica elettorale. Un partito del lavoro, basato sui numeri e le risorse dei sindacati, trasformerebbe la politica americana. Fornirebbe un campo esteso ai marxisti rivoluzionari per portare avanti le loro idee nella più vasta classe lavoratrice, per combattere per un programma socialista, e per lottare fianco a fianco nelle lotte quotidiane della nostra classe. Una tale rivendicazione è una leva cruciale per incunearsi nei sindacati pro partito democratico, e dare ai lavoratori un’ampia prospettiva di partecipazione alla politica sulla base dell’indipendenza di classe.
Non c’è niente nel programma anche riguardo la solidarietà della classe lavoratrice e l’internazionalismo. Mentre fa riferimento al diritto dei popoli dei paesi coloniali a combattere contro l’imperialismo, non prende come suo punto di partenza la natura internazionale della lotta di classe. Un programma veramente rivoluzionario deve essere socialista nei contenuti, e il socialismo dev’essere veramente internazionale oppure non è socialismo. Il piano democratico di produzione deve alla fine abbracciare l’intero pianeta. Non è una questione sentimentale, ma ha ragioni concretamente economiche e politiche. Nel suo capolavoro In difesa del marxismo, scritto nel 1939-40, Leon Trotsky lo spiegava concisamente nel seguente modo:
“Anche gli economisti borghesi hanno calcolato che con un’economia pianificata sarebbe possibile elevare rapidamente il reddito nazionale degli Stati Uniti a 200 miliardi di dollari l’anno, e quindi assicurare all’intera popolazione non solo il soddisfacimento dei suoi bisogni primari, ma veri generi di conforto. D’altro canto, la rivoluzione mondiale toglierebbe di mezzo il pericolo esterno come causa supplementare della burocratizzazione. L’eliminazione del bisogno di spendere una parte enorme del reddito nazionale in armamenti, innalzerebbe anche più in alto il livello di vita e culturale delle masse. In queste condizioni, il bisogno di un potere centrale che distribuisce risorse svanirebbe da solo. L’amministrazione come una gigante cooperativa soppianterebbe molto velocemente il potere dello stato. Non ci sarebbe alcun posto per una nuova classe dominante o un altro regime di sfruttamento”.
Questo sarebbe possibile solo sulle basi di una federazione socialista delle Americhe, come parte di una federazione socialista mondiale.
Il partito delle Pantere nere ha anche guadagnato molta attenzione per il suo attivismo nelle comunità, i suoi programmi per l’istruzione di base, e quelli per la nutrizione dei bambini. Sono tutti obiettivi lodevoli, ed era importante far notare il vuoto che esisteva (e ancora esiste!) nella fornitura di questi servizi essenziali. Comunque, il compito del partito rivoluzionario non è quello di riempire questo vuoto, ma di combattere per il potere politico ed economico per porre fine a queste disparità una volta per tutte. Quello di cui si ha bisogno sono posti di lavoro per tutti a salari decenti, con il controllo sindacale sulle assunzioni e sui licenziamenti e uffici di collocamento controllati dai sindacati in ogni quartiere, più scuole e di qualità migliore, case, trasporto pubblico, parchi, giardini, centri di ricreazione e ginnastica per i giovani, teatri e cinema. Una piccola organizzazione non può soddisfare questi bisogni. Solo l’avvento al potere di un governo dei lavoratori potrebbe gettare le basi per risolvere veramente questi problemi.
Il ruolo dei marxisti
Alcuni potrebbero pensare che siamo troppo duri con i compagni del partito delle Pantere nere. Potrebbero dire: “almeno era un inizio! Almeno hanno fatto qualcosa!” senza dubbio, i fondatori e gli attivisti del partito delle Pantere nere meritano la nostra ammirazione per aver gettato il guanto di sfida alla società capitalista. Ma un inizio non è un prodotto finito. Dobbiamo imparare dall’esperienza della nostra classe e migliorare a partire dalle lotte passate. Malcolm X e le Pantere nere hanno fatto appello alla lotta “con ogni mezzo necessario”. In ogni caso, per i marxisti, il criterio definitivo è: quali metodi funzionano concretamente per costruire l’unità, la coscienza e la fiducia di classe?
Il compito dei marxisti all’epoca in cui le Pantere nere nacquero, era quello di lavorare in solidarietà con loro per fornire idee e prospettive per trasformare il partito delle Pantere nere e il suo programma in strumenti rivolti all’intera classe lavoratrice, per combattere e vincere contro il capitalismo. Quello che serviva era una critica amichevole, costruttiva e da compagni, lavorare fianco a fianco per conquistare la fiducia dei militanti delle pantere nere.
Sfortunatamente, il Socialist Workers party, l’organizzazione trotskista più grande degli Stati Uniti al tempo in cui nacquero le pantere nere, non vide le cose in questo modo. Dopo l’assassinio di Trotskij nel 1940, persero la loro bussola teorica, ed andarono alla deriva in una direzione dopo l’altra, come una nave senza timone in un mare in tempesta. Certo, introdussero alcune idee marxiste di base all’interno del movimento delle Pantere nere, non restarono fermi su una chiara posizione di classe. Invece di spiegare pazientemente, innalzando il livello politico, e conquistando i migliori elementi al marxismo rivoluzionario, cercarono scorciatoie per costruire la loro organizzazione, e finirono per assumere una posizione codista rispetto al nazionalismo nero.
Nel prossimo periodo, potrebbero nascere movimenti simili. Alcuni attivisti a sinistra stanno anche auspicando un “nuovo movimento per la liberazione dei neri”, ma è questo veramente quello di cui i lavoratori e i giovani neri hanno bisogno? La Wil è completamente solidale con tutti i lavoratori sfruttati e oppressi. Noi non “riduciamo tutto alla classe”. Siamo pienamente consapevoli dell’interconnessione complessa di razza, genere, sessualità, e classe, e di come l’oppressione sia vissuta da individui diversi e da diversi strati della popolazione. Ma crediamo fermamente che l’esperienza delle Pantere nere mostri che quello che serve siano l’unità, l’indipendenza e l’organizzazione della classe lavoratrice, e un programma socialista.
Senza un programma chiaramente rivoluzionario, guidato dalla teoria marxista, un’organizzazione o un movimento possono finire nell’opportunismo o nel riformismo da un lato, o nell’ultra sinistra e avventurismo, inclusi il terrorismo e il crimine individuale, dall’altro; e alcune volte in entrambi. Dobbiamo combattere queste tendenze a far deragliare il movimento dei lavoratori e tenere gli occhi sull’obbiettivo: la costruzione di un partito marxista rivoluzionario. Non ci sono scorciatoie per questo compito storico e difficile.
Il lascito
Molti membri delle Pantere nere alla fine sono andati oltre i limiti del programma iniziale, orientandosi verso una concezione di classe più chiara del problema del razzismo. Per esempio, nel 1972, Huey Newton voleva aggiungere la rivendicazione della sanità gratuita per tutti, il che portò tensioni all’interno del partito. Nel 1970, Bobby Seale trasse la seguente conclusione:
“il razzismo e le differenze etniche permettono alla struttura di potere di sfruttare le masse di lavoratori in questo paese, perché quella è la chiave con cui mantengono il loro controllo. Dividere le persone e conquistarle è l’obiettivo della struttura di potere…nella realtà è la piccola, minoritaria classe dominante che comanda, sfruttando e opprimendo i lavoratori…Quindi essenzialmente non è per niente una lotta di razza…dal nostro punto di vista è una lotta di classe fra la massa della classe lavoratrice proletaria e la piccola, minoritaria classe dominante. I lavoratori di tutti i colori devono unirsi contro la classe dominante che sfrutta e opprime. Quindi lasciatemi sottolinearlo ancora, crediamo che la nostra lotta sia una lotta di classe e non una lotta di razza”.
Ad ogni modo, era troppo tardi. Queste nuove concezioni di una più vasta unità di classe non furono sviluppate sistematicamente e accettate da tutto il partito. Il quadro definito nelle prime versioni del programma era la base su cui la maggior parte dei compagni delle Pantere nere fu formata. Molti insistevano sul fatto che fosse un movimento “di soli neri” e non volevano lavorare con bianchi o sudamericani o chiunque altro. Inoltre, molte delle idee socialiste che entrarono nel partito, furono distorte dalla nuova sinistra, dallo stalinismo e dal maoismo, che includevano elementi di nazionalismo e un approccio burocratico alla politica rivoluzionaria. Ciononostante, furono in grado di conquistare alcuni lavoratori bianchi. Il pericolo di unire con successo le lotte dei lavoratori bianchi e neri era effettivamente un pericolo mortale per i capitalisti, e questi raddoppiarono i loro sforzi per distruggere e dividere le pantere nere.
Comunque, nonostante il COINTELPRO e e tutte le azioni volte a distruggere le pantere nere, dobbiamo capire che la repressione da sola non può distruggere un’idea o un movimento per il quale è giunto il tempo. Prendiamo l’esempio del partito bolscevico in Russia. Hanno sofferto di repressione e tormento anche peggiori, con decine di migliaia di attivisti arrestati, imprigionati, deportati, torturati e uccisi. Ma il programma dei bolscevichi racchiudeva tutti i bisogni dei lavoratori e dei contadini dell’impero russo e riuscirono ad unirli in una lotta di massa contro lo zarismo e il capitalismo. “Spiegando pazientemente”, e attraverso una presentazione chiarissima delle prospettive e dei compiti della rivoluzione, i bolscevichi riuscirono a conquistare la maggioranza al loro programma e a rovesciare con successo il capitalismo, nonostante la feroce repressione. Una volta che le loro idee catturarono l’immaginazione delle masse e diventarono forza materiale, fu la fine per i sostenitori del vecchio sistema.
Conclusione
Possiamo trarre molte lezioni dall’esperienza delle pantere nere. Si dice che “la storia non butta via niente”. La magnifica lotta dei compagni del partito delle pantere nere per combattere lo status quo della supremazia dei bianchi non fu vana. Ma i problemi fondamentali che la maggioranza dei neri americani deve affrontare, rimangono. Insieme ai loro fratelli e sorelle di classe di tutti i retroterra etnici e razziali, giovani neri americani stanno ancora cercando una via d’uscita dal vicolo cieco della povertà, della disoccupazione, della mancanza di opportunità. C’è sete di idee e organizzazione, e una ricerca inconscia per un programma che possa effettivamente guidare le loro azioni. Il compito dei marxisti è quello di dare forma concreta a queste aspirazioni inconsce.
Una vera liberazione dei neri è possibile solo sulla base della rivoluzione socialista. Come abbiamo spiegato in La lotta dei neri e la rivoluzione socialista:
“I problemi che affrontano i lavoratori neri sono i problemi della classe lavoratrice nel suo insieme, solo, in una forma molto più acuta. Rappresentano un settore della classe lavoratrice particolarmente oppresso. Ma non è una questione di chiedere agli strati super oppressi della classe, semplicemente di aspettare finché lil resto della classe lavoratrice non sia pronta a lottare. Come marxisti siamo in prima linea nella lotta quotidiana contro il razzismo e la discriminazione. Il desiderio bruciante di combattere contro l’oppressione dev’essere connesso all’unità e alla coscienza di classe, per separare tutti i lavoratori dal partito democratico, per costruire un partito dei lavoratori di massa che possa rappresentare gli interessi di tutti i proletari La lotta contro la doppia oppressione dei neri e delle altre minoranze, dev’essere collegata alla lotta della classe lavoratrice nel suo insieme. In ultima analisi, l’unico modo in cui i neri e le altre minoranze degli Stati Uniti possono raggiungere la loro emancipazione è attraverso la trasformazione socialista della società”.
19 Settembre 2014
St. Louis, Missouri