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Strage del 2 agosto 1980 – Mano fascista, regia della P2 e dello stato borghese!

Nel quarantesimo anniversario della strage alla stazione di Bologna, quando il 2 agosto 1980 l’esplosione di una bomba posta nella sala d’aspetto di fronte al primo binario fece 85 morti e 200 feriti, nuovi documenti, acquisiti agli atti dell’inchiesta tutt’ora in corso sembrano gettare luce sui possibili mandanti di questa immonda barbarie.

Per la strage sono già stati condannati definitivamente Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, ai quali si sono aggiunte le condanne di Luigi Ciavardini (2007, definitiva) e Gilberto Cavallini (2020, in primo grado), terroristi appartenenti ad un’organizzazione fascista chiamata NAR (nuclei armati rivoluzionari), attiva tra gli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta.

Secondo notizie di stampa degli ultimi giorni, l’inchiesta giudiziaria ha riscontrato che almeno cinque milioni di euro, sottratti al Banco Ambrosiano, transitarono, nei momenti immediatamente precedenti e successivi all’attentato, dalla disponibilità di Licio Gelli, capo della loggia massonica P2, a determinati personaggi, alcuni anche con un ruolo di vertice nelle istituzioni dello stato, notoriamente in rapporti con i dirigenti delle principali organizzazioni neofasciste attive all’epoca in Italia e coinvolti, secondo diverse testimonianze, nell’organizzazione della strage.

In particolare, oltre al giornalista e deputato dell’MSI Mario Tedeschi,ex appartenente alla Decima Mas della Repubblica Sociale Italiana1, che si sarebbe occupato principalmente dei depistaggi, Federico Umberto D’Amato, capo dell’ufficio Affari riservati del ministero degli interni, che risulta essere stato in contatto con Stefano Delle Chiaie (per altro conosciuto direttamente anche dallo stesso Gelli) ed altri organizzatori di gruppi fascisti dediti anche ad attentati e omicidi. Il vice di D’Amato era Vincenzo Parisi, che negli anni 80/90 del Novecento diventerà capo della polizia. Anch’egli fu oggetto di intimidazioni da parte di Gelli a quanto riporta l’Espresso del 26 luglio 2020, le quali portarono gli inquirenti ad occultare i collegamenti tra i movimenti bancari del capo piduista e l’organizzazione della strage. Tutte queste persone sono decedute negli scorsi anni.

Inoltre,”Le nuove indagini ora identificano il quinto presunto complice, anche lui neofascista, sospettato di aver portato a Bologna l’esplosivo: Paolo Bellini, ex pilota d’aereo e killer della ‘ndrangheta, misterioso personaggio collegato a militari dei servizi segreti, magistrati massoni, boss di Cosa Nostra e terroristi neri, compresi gli stragisti dei Nar.” (Fonte: L’Espresso).

Tra i militari dei servizi segreti coinvolti si possono citare il capo del servizio segreto militare (Sismi) Pietro Musumeci e il suo vice Giuseppe Belmonte; tra i magistrati proprio il procuratore della Repubblica di Bologna dell’epoca, Ugo Sisti, ed il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura Ugo Zilletti, intimo amico del factotum finanziario di Gelli, Mario Ceruti. Inoltre Bellini ha conosciuto Antonino Gioè, il quale ebbe “un ruolo preminente nell’attentato di Capaci del 23 maggio 1992 contro Giovanni Falcone”. (Fonte: Antonella Beccaria, Dossier Bologna, PaperFirst, 2020)

Con il passare del tempo e la scomparsa della maggior parte dei protagonisti, e soprattutto grazie alla determinazione dell’ associazione tra i familiari delle vittime, diviene man mano evidente il coinvolgimento dei cosiddetti “apparati dello stato” e segnatamente strutture di polizia o dei servizi segreti militari, con il ruolo di cinghia di trasmissione tra i ricchi borghesi e membri della classe dominante, di cui Gelli è espressione, e figure criminali pagate profumatamente per seminare il terrore indiscriminato tra la popolazione, con gli attentati e le stragi.

Tutto ciò non è sicuramente una novità.

La cosiddetta ‘strategia della tensione’, portata avanti a partire dal 1969 da settori della classe dominante con la strage di Piazza Fontana a Milano, proseguita con le stragi Piazza della Loggia a Brescia e del treno Italicus (1974), della stazione di Bologna (1980) e del Rapido 904 a San Benedetto val di Sambro (1984) oltre ad altri episodi minori e nella quale per alcuni aspetti, come il ricorrere in determinati casi del coinvolgimento delle stesse persone, si possono includere le stragi del 1992-93 (Falcone, Borsellino, attentati a Roma e Milano), è stata utilizzata in Italia per bloccare l’avanzamento della lotta di classe e scongiurare, dal punto di vista della borghesia, il rischio di una rivoluzione, oltre a spostare e ridefinire i rapporti di forza tra settori della classe dominante stessa, anche in questo caso a spese della vita di lavoratrici e lavoratori.

Ma non bisogna cadere nell’errore di considerare la presenza attiva dello Stato in queste vicende come la conseguenza di una degenerazione morale di alcune persone o gruppi di persone. La logica dei “servizi segreti deviati “ non regge più.

Come si può desumere dallo studio delle vicende storiche, e come sostengono i marxisti, lo Stato non è altro, in ultima analisi, che un insieme di apparati e di corpi armati al servizio della classe dominante, che lo usa come strumento di oppressione nei confronti delle classi subalterne.

Concretamente, ciò significa che è nella natura e nell’ambito del funzionamento normale dello stato borghese il fatto di potersi servire di organizzazioni criminali come la ‘ndrangheta o Cosa Nostra, o di manovalanza fascista, se questo serve a mantenere il dominio della borghesia in situazioni in cui dalla stessa è ritenuto necessario o conveniente il ricorso alla violenza.

Anche se la democrazia liberale è il sistema politico preferito dalla grande borghesia, che le permette di dedicarsi ai propri interessi, vale a dire l’accumulazione dei profitti e lo sfruttamento della classe lavoratrice, in relativa tranquillità, questa gente non esita a mettere da parte ogni apparente scrupolo morale e senso di umanità non appena si sente direttamente minacciata dall’ avanzata delle lavoratrici e dei lavoratori, ricorrendo a qualsiasi mezzo possibile per arrestarla e perpetuare il proprio potere. Proprio ciò che è avvenuto in Italia dalla fine degli anni Sessanta all’inizio degli Ottanta.

Neppure il fatto che in Italia sia in vigore dal 1948 una delle costituzioni più avanzate del mondo, comunque frutto di un compromesso tra gli interessi della grande maggioranza della popolazione e quelli dei capitalisti, ha impedito il verificarsi di questi crimini, né che solamente dopo decenni si stia lentamente scoprendo come siano effettivamente andate le cose.

Esistono teorie alternative sulla strage di Bologna, che fanno riferimento a scenari internazionali e lotte di potere nell’ambito mediterraneo come motivazioni dell’eccidio. Questi scenari vengono strumentalizzati in maniera vergognosa dalle destre, che si accingono a scendere in piazza il 2 agosto in una manifestazione separata, con lo scopo di assolvere i neofascisti.

I fatti che stanno emergendo sembrano ridimensionare queste teorie a depistaggi creati appositamente per coprire le reali responsabilità.

Ma, paradossalmente, se anche ci fosse qualcosa di vero in tali elucubrazioni, ciò non scalfirebbe minimamente la validità della nostra analisi.

Solamente con un cambiamento radicale nella società, solamente con una rivoluzione socialista e con la presa del potere da parte dei lavoratori, avremo la garanzia che simili fatti non si possano più ripetere e potremo fare piena luce sugli aspetti più oscuri della nostra storia.

 

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