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11 Marzo 2025
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12 Marzo 2025In Romania, la commissione elettorale ha respinto la candidatura di Calin Georgescu alle elezioni presidenziali, annullate a dicembre e riconvocate per il maggio prossimo.
Nell’articolo che riproponiamo, pubblicato su Rivoluzione n°114, prevedevamo già questo esito e denunciavamo tutta l’ipocrisia riguardo la difesa dei cosiddetti “valori democratici” dell’Unione Europea.
di Claudio Bellotti
Una crisi politica senza precedenti si è aperta in Romania quando il 6 dicembre la Corte costituzionale ha annullato il primo turno delle elezioni presidenziali tenute il 24 novembre e sospeso il ballottaggio previsto per l’8 dicembre.
L’annullamento ha impedito l’elezione, pressoché certa, di Calin Georgescu, candidato di estrema destra sbucato letteralmente da “sotto i radar” dei sondaggi e vincitore a sorpresa del primo turno.
La Corte ha motivato la sua decisione con alcuni rapporti dei servizi segreti che hanno accusato la Russia di avere interferito nella campagna elettorale, promuovendo su TikTok dei video di sostegno a Georgescu. Lo stesso social è stato poi accusato di avere favorito Georgescu nelle scelte dell’algoritmo, amplificandone il messaggio e violando le regole elettorali.
Georgescu ricalca il profilo di tanti candidati e movimenti di estrema destra ormai comuni in molti paesi. Personaggio ignoto fino a poco prima, estraneo al sistema politico, mescola una identità reazionaria e bigotta (comprese le lodi al leader del fascismo rumeno degli anni ’30 Codreanu) a una demagogia “sociale” contro la povertà e a una decisa opposizione al sostegno all’Ucraina nella guerra contro la Russia e in generale alla NATO e all’UE.
La litania sul cattivo candidato amico di Putin è stata entusiasticamente rilanciata da tutti i media europei e dalle istituzioni dell’UE, salvo poi far calare un silenzio di tomba sulla vicenda.
La Russia ovviamente nega le accuse, ma è stato lo stesso presidente uscente Iohannis a dichiarare che l’interferenza russa è “quasi impossibile” da dimostrare…
Ma ancora più impossibile è spiegare perché i partiti che governano il paese da decenni, con una campagna elettorale massiccia e costosa, sarebbero stati sbaragliati da un investimento tutto sommato modesto (381mila dollari, pare) e dai fantomatici bot russi su un social media cinese…
“Né i miei sostenitori, né il popolo rumeno sono interessati a Putin o all’Ucraina (…). Il nostro problema è il nostro paese. Più del 20% del popolo vive in povertà. Sapete quanti ragazzini di 13-14 anni usano droghe nel nostro paese? Questi sono i problemi veri. Il 10% – un gran numero.” (6,5 milioni di visualizzazioni).
“Insistete molto su questo [su Putin]. Perché non insistete sui problemi del popolo rumeno, sul problema della povertà, degli invalidi, sui problemi di quelli che sono costretti a vendere un rene in cambio di denaro?” (5,7 milioni).
È questo il tenore dei messaggi di Georgescu che sono entrati in sintonia con buona parte dell’elettorato. La Romania rimane uno dei paesi più poveri dell’UE, con una popolazione in declino, una forte emigrazione, un reddito mediano pari al 32% della media europea, un sistema scolastico e sanitario sottofinanziato, forti diseguaglianze sociali e territoriali, corruzione… Come sorprendersi se i partiti che hanno governato tutto questo sono stati castigati nelle urne?
Niente di tutto questo interessa i palazzi del potere, siano a Bucarest o a Bruxelles. Interessa invece che la Romania è un paese di prima linea per la NATO, dove si addestrano sugli F-16 i piloti ucraini, che ospita i sistemi missilistici USA e una base americana di prima importanza e che potrebbe trovarsi ulteriormente trascinato nel conflitto anche a causa delle crescenti tensioni nella vicina Moldavia.
Le elezioni sono state infine riconvocate per il 4-18 maggio e a quanto pare i tre principali partiti (socialdemocratici, liberali e destra “tradizionale”) intendono ora coalizzarsi contro Georgescu, sempre che questo non venga escluso dalla corsa con mezzi giudiziari. Un nuovo e più drammatico scontro è quindi alle porte.