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Ricordo di Mario Acquaviva e Fausto Atti, due comunisti autentici

di Alberto Gagliardi

Nella sera dell’11 luglio 1945, a Casale Monferrato nella provincia di Asti, mentre Mario Acquaviva tornava a casa dal lavoro, venne colpito da sei proiettili, di cui tre all’addome che lo ferirono a morte. La mano che impugnava la rivoltella apparteneva ad un sicario inviato dal PCI di Togliatti.

Circostanze (e un destino) simili si erano prodotte mesi prima a Trebbo di Reno nella provincia di Bologna, quando nel pieno della notte del 27 marzo del 1945 degli sgherri del PCI fecero irruzione in casa di Fausto Atti, lo freddarono davanti moglie e figli mentre giaceva infermo nel suo letto.

Mario Acquaviva e Fausto Atti non furono due militanti qualsiasi, entrambi parteciparono alla fondazione del Partito Comunista d’Italia, in seguito aderirono alla Frazione di Sinistra del partito, di ispirazione bordighiana, per poi continuare dal 1944 la loro militanza onesta e rivoluzionaria nelle file del Partito Comunista Internazionalista (PCInt). Abbiamo già affrontato le nostre divergenze con il pensiero di Amadeo Bordiga e della Sinistra Comunista in occasioni passate.

Mario e Fausto dedicarono la loro vita alla lotta per il comunismo, avevano dalla loro parte la stima ed il supporto di diversi operai, militanti e partigiani sinceri che videro in loro una continuità con la svolta di Livorno. Alcuni aderirono alla tendenza bordighista da un lato disgustati dalle politiche del PCI e dai suoi tradimenti verso la classe operaia, dall’altro grazie al lavoro sistematico di Acquaviva ed Atti che portarono alla nascita di nuclei del loro partito. La posizione assunta dal PCInt richiamava la linea del cosiddetto terzo campo o fronte: la Seconda guerra mondiale era considerata soltanto una ripetizione del primo conflitto mondiale (negando che l’esistenza dell’Unione Sovietica staliniana e della Germania nazista introducessero delle varianti) e, dunque, l’internazionalismo del PCInt assunse una forma dottrinaria che negò l’esistenza dell’oppressione nazionale nell’Europa occupata dalle forze dell’Asse e rifiutò per principio la partecipazione ai movimenti della Resistenza, considerata in blocco come forza ausiliaria degli Alleati.

Malgrado ciò, la critica, corretta, alla politica di collaborazione di classe portata avanti dal PCI generava serie preoccupazioni nelle direzioni locali del Partito Comunista Italiano che vedeva negli internazionalisti un nemico da “epurare” e a cui “rompere il grugno”. Nelle “migliori” (si fa per dire) tradizioni dello stalinismo, ciò che il PCInt ricevette dal PCI furono intimidazioni, calunnie ed ingiurie di ogni sorta: vennero distribuiti volantini diffamatori dove Mario Acquaviva veniva accusato d’essere un agente al servizio dell’OVRA fascista e della Gestapo.

“È una spia fascista!” gridava l’omicida di Acquaviva mentre si dileguava, “un regolamento di conti tra fascisti” dichiararono i togliattiani per l’omicidio di Fausto Atti.

Le minacce di morte da parte di Scamuzzi e Navazzotti, due funzionari del PCI della Federazione di Casale, rivolte a Mario Acquaviva dieci giorni prima del suo assassinio furono ben chiare e scandite: “Abbiamo dei tribunali segreti e siamo pronti a farti la pelle”, Mario non era disposto a nessun reintegro nel PCI togliattiano o addirittura ad abiurare le sue idee. Alzò le spalle, e prendendosi gioco dei dirigenti disse: “Così avrete una buona occasione di dire che aveste ammazzato un fascista” probabilmente furono queste parole ad ispirare il sicario da loro inviato. (Battaglia Comunista, n.4, 28 luglio 1945)

Il periodo in cui vennero commessi gli omicidi non fu casuale, Fausto Atti, così come Mario Acquaviva, si dedicò all’agitazione rivoluzionaria contro i reclutamenti ed i rastrellamenti della Repubblica di Salò e della Gestapo, non seguendo del tutto la linea più passiva del PCInt, ed allo stesso tempo lottò contro i tradimenti sistematici delle direzioni del movimento operaio, contro la svolta di Salerno e per la formazione di milizie comuniste autonome dal Comitato di Liberazione Nazionale social-patriottico. In effetti, già nel 1936 Fausto Atti si era schierato con la minoranza della Frazione di Sinistra che, guidata da Enrico Russo e Mario De Leone, riconobbe che in Spagna era in corso un processo rivoluzionario e rigettò la linea di non partecipazione alla guerra civile sulla base dell’idea, falsa, che in Spagna ci fosse un conflitto inter-imperialista. (1)

Quelli di Mario Acquaviva e Fausto Atti non furono casi isolati. L’obiettivo della dirigenza togliattiana fu l’emarginazione politica, ed in alcuni casi l’eliminazione fisica, di tutti quegli elementi “scomodi”, che si opposero all’unità con i partiti borghesi, al social-patriottismo e al tradimento della lotta di classe. È così che si spiega anche la crociata contro il PCInt.

È esemplare un commento da parte del settimanale politico “Il partigiano” di Roma, organo del Movimento Partigiano del socialista Carlo Andreoni, che, dopo aver riprodotto il resoconto dell’omicidio di Mario Acquaviva prodotto da Battaglia Comunista. scrisse:

Noi pur dissentendo dalle ideologie e dalla tattica del partito nel quale l’Acquaviva militava, tuttavia per il rispetto della ‘legalità nella libertà’ a cui la lotta politica deve ispirarsi, chiediamo al Capo del gerarchicamente inquadrato PCI di procedere contro la sezione mandante dell’assassinio e contro quelli tra gli iscritti che ne sono stati gli esecutori materiali. Chiediamo inoltre al Ministro della Giustizia (Palmiro Togliatti) di ‘permettere’ che i tribunali italiani procedano anche contro le sezioni e gli iscritti al ‘suo’ partito. Quantunque senza nessun rapporto con tutto ciò ci torna a mente, e non possiamo non rammemorare, quanto per caso ci è accaduto di leggere in un trafiletto sotto il titolo “Avviso a chi tocca”, nel giornale Montagna, pubblicato da ‘Un gruppo di partigiani del Nord’: – Alcuni nostri compagni che come noi considerano la ‘tattica’ del partito comunista come un autentico tradimento ai danni dei lavoratori italiani, sono stati oggetto di minacce da parte di agenti togliattiani. Teniamo ad avvertire questi signori e i loro padroni che noi ‘non spareremo per primi’, ma che qualsiasi colpo dovesse essere inflitto a uno dei nostri verrà restituito con gli interessi personalmente ai ‘mandanti’, cioè ai dirigenti del PCI.” (2)

Il commento terminava con un’ironia, che in realtà racchiude una rottura del silenzio, una denuncia a una certa tendenza d’omertà politica nei ranghi, alla repressione politica, alla falsificazione e al pressapochismo delle dirigenze staliniste ed ‘ufficiali’ del movimento operaio e del CLN:

Ma, evidentemente, questo trafiletto non ha alcun rapporto con fatti e circostanze presenti e come tutte le cose remote è completamente sprovvisto di interesse.” (3)

Ci sarebbe ancora molto da raccontare e che per motivi di spazio abbiamo dovuto tralasciare, ma vorremmo concludere con le ultime parole di Mario, accasciato a terra e sanguinante, mentre la popolazione di Casale Monferrato viene a prestargli soccorso: “Ecco di che cosa sono capaci i centristi!”, ai suoi compagni disse: “Lavorate, è il momento!”. Ad un medico che gli faceva coraggio rispose: “Coraggio ce ne vuole per vivere, non per morire!” (4)

Il Partito Comunista Rivoluzionario, sezione italiana dell’Internazionale Comunista Rivoluzionaria, ricorda a 80 anni dal loro omicidio non solo Mario Acquaviva e Fausto Atti, ma tutti quei comunisti autentici, tutti i “senza nome”, che ebbero la “colpa” d’essersi macchiati di un crimine gravissimo agli occhi della degenerazione stalinista: l’essere rimasti fedeli alla causa internazionale del proletariato.

Il nostro ricordo non si può limitare alle parole o al formalismo, sosteniamo fermamente che l’unico modo per rendere giustizia ai martiri della classe operaia sia la realizzazione del comunismo internazionalmente.

Note
(1) Si veda, per esempio, quanto Atti scrisse alla moglie nel settembre del 1936: “Ci sono due prospettive, o la borghesia arriva a schiacciare il proletariato spagnolo e farà la guerra (e questo è il più probabile), o il proletariato spagnolo vincerà e allora le ripercussioni dei fatti spagnoli faranno sì che il proletariato del mondo intero impedirà la guerra facendo come in Spagna. Ecco la situazione come la vedo io. Dobbiamo sperare? Io credo di sì, anzi ora più che mai, ché vediamo che su un fronte il proletariato in armi tiene testa alla borghesia, e con vigore”.

(2) Il Partigiano, anno III, n. 52, citato in Battaglia Comunista, n. 9-10, settembre 1945.

(3) Ibidem

(4) riportato in Battaglia Cota, n. 4, 28 luglio 1945

 

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