PRIDE – La dignità si conquista con la lotta

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PRIDE – La dignità si conquista con la lotta

di Daphne Di Bartolo

La condizione delle persone LGBT in Italia non è mai stata così tanto colma di orrore, rabbia e disgusto verso lo status quo del capitalismo. Bulletti reazionari ipocriti gridano alla “censura del politicamente corretto” mentre sono davanti a plotoni di giornalisti un giorno sì, e l’altro anche; mentre ciò accade, le voci delle persone che loro offendono sono puntualmente censurate e derise.

Il diritto di due (o più) adulti di vivere nella privacy e nella sicurezza una relazione consenziente non è mai stato così lontano; nel frattempo, viene celebrato il fantasma della cosiddetta “famiglia tradizionale”, dove avviene il 75% dei femminicidi (Istat, Ministero della Giustizia). Il diritto alla salute delle persone transgender non è garantito, così come accade per l’aborto, a causa di medici bigotti e retrogradi; ma anche a causa di politici altrettanto “bravi”, che rendono più difficile l’accesso ai trattamenti ormonali per adulti e minacciano l’esistenza dei trattamenti bloccanti (e cioè reversibili) per minorenni, spingendo centinaia di persone verso il mercato “grigio” degli ormoni fai-da-te.

E non si tacerà del diritto all’incolumità fisica: in tutta Italia i “crimini d’odio” sono in costante aumento, benché perlopiù non denunciati, poiché spesso i carnefici sono proprio coloro che avrebbero il dovere di individuare chi li compie. È questa la situazione che si presenta al Pride 2024.

Bisogna ricordarlo: Pride è il ricordo di giornate di lotta, nate dallo scontro con i poliziotti bigotti e macisti che stavano intimidendo (per l’ennesima, sebbene ultima, volta) le persone che frequentavano lo Stonewall Inn di New York; è il ricordo del fatto che solo la lotta politica rivoluzionaria restituisce dignità e libertà alle persone queer. Questo giugno il ricordo insurrezionale del Pride verrà disinnescato, come ogni anno, dai gruppi politici lgbt riformisti, che a cortei politicizzati e agli slogan inequivocabili e avanzati sostituiscono la festa sfrenata e la leggerezza spensierata; queste due cose non sono negative in sé, anzi, sono preziose, ma non servono a cambiare la grave situazione che stiamo vivendo. Le persone LGBT non sono satiri e ninfe al cospetto di Bacco, ma persone in carne ed ossa che trovano sempre più difficile e ingiusta la vita in questo paese.

Non c’è più tempo per i collettivi queer che ad una fraseologia lambiccata e talvolta radicale fanno corrispondere una militanza politica che a volte è controproducente, ma nella maggior parte dei casi è particolarmente inutile. Non ci porteranno da nessuna parte gli elaborati workshop sulla “decostruzione delle narrative”: per decenni, i teorici della filosofia queer ci hanno insegnato che per cambiare la realtà dobbiamo cambiare i modi con i quali la realtà viene raccontata. Ovvero, per liberarci delle rigide imposizioni sul genere sessuale dobbiamo “decostruirlo”, per liberarci dal patriarcato dobbiamo ridicolizzarlo e così scomparirà il suo potere. Queste filosofie (o meglio, queste superstizioni) sono quasi insultanti per la loro inconsistenza, e certamente superate dall’esperienza dei giorni di un’epoca come la nostra: ad esempio non vediamo gerarchi del regime israeliano che “decostruiscono” le narrazioni concernenti droni e missili iraniani. Costoro preferiscono infatti chiedere agli USA altri soldi per ampliare il loro sistema di difesa antimissile. Allo stesso modo, dobbiamo capire come liberarci dei nostri oppressori in termini concreti.

Per emanciparsi e poter vivere liberamente, bisogna lottare e vincere; per vincere bisogna organizzarsi: non solo in giugno, ma tutto l’anno. Ecco perché alle persone oppresse in lotta per la propria emancipazione proponiamo di partecipare alla costruzione del Partito Comunista Rivoluzionario. Gli stalinisti hanno per anni alimentato l’idea che il comunismo sia una forma vermiglia di maschilismo, ed è vero per ciò che li riguarda, perché lo stalinismo è una caricatura grottesca e rozza del marxismo. Nel concreto, la Russia sovietica fu il primo paese a decriminalizzare l’omosessualità e legalizzare il divorzio e l’aborto, dopo la rivoluzione del 1917; conquiste che poi vennero abolite sotto Stalin. Inoltre, il primo uomo gay e dichiarato che fece parte di un governo non era né un elegante ministro di qualche democrazia borghese liberale, né un losco burocrate di una dittatura stalinista, ma Georgij Cicerin, un bolscevico, un vero comunista, un rivoluzionario russo.

Dobbiamo studiare la storia delle lotte, e dobbiamo imparare come rovesciare i bigotti che ci governano; dobbiamo unirci a tutti coloro che condividono la necessità della lotta rivoluzionaria contro il capitalismo e costruire il Partito Comunista Rivoluzionario, per mettere fine a tutte le oppressioni.

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