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Pomigliano torna a scioperare!

Alla FCA di Pomigliano sono ripresi gli scioperi. Quando a fine febbraio è arrivata la comunicazione della nuova turnistica per lo stabilimento, gli operai dello stampaggio, reparto che conta circa 400 lavoratori, hanno incrociato le braccia per due giorni di fila per protestare contro l’introduzione nel loro reparto dei 18 turni, cioè tre turni al giorno su sei giorni (nel montaggio invece si passa da 10 a 12). Il cambio della turnistica serve a produrre 900 Panda in più al giorno, arrivando dalle attuali 4500 a 5400 vetture. Il picco produttivo è dovuto, a quanto pare, ad ordini di società di autonoleggio che rinnovano il proprio parco auto.

Il contratto collettivo specifico di lavoro (CCSL) di FCA prevede la possibilità dei 18 turni, che possono essere introdotti senza contrattazione, ma per i lavoratori si tratta di un peggioramento delle condizioni di lavoro evidente, considerando che si può arrivare a lavorare fino a 10 giorni consecutivi. Il sabato e la domenica sono pagate come giornate lavorative ordinarie, mentre in altri giorni durante la settimana si può essere a casa perchè in cassa integrazione.

È pienamente legittima quindi di la rabbia dei lavoratori. L’adesione allo sciopero è stata altissima, dall’87% al 95%, il reparto si è bloccato e l’azienda ha dovuto ricorrere al lavoro di capi e team leader sulla linea per attenuare il danno.

Una situazione di conflitto di queste proporzioni a Pomigliano, per quanto circoscritta ad un reparto, non si vedeva da tempo, precisamente dai tempi della lotta contro il piano Marchionne e l’accordo sulla Panda del 2010.

Col conflitto è ritornata tutta l’arroganza padronale: la direzione dell’azienda ha utilizzato ogni mezzo per instaurare un clima di tensione e intimorire i lavoratori, dalle telefonate minatorie alle pressioni dei capi e del direttore, godendo dell’immancabile sostegno dei sindacati firmatari che si sono prodigati per riportare l’ordine. Con un comunicato scandaloso in cui si chiedeva ai lavoratori di essere responsabili e non opporsi ai 18 turni per saturare gli impianti, questi si sono accodati alla direzione aziendale, ai capi e ai vigilanti, scortando i delegati Fiom per bloccare lo sciopero. Prima del turno notturno i sindacati firmatari si sono presentati in massa davanti ai cancelli volantinando contro lo sciopero. È utile ricordare che parecchi degli scioperanti sono iscritti proprio ai sindacati firmatari, ma con questo atteggiamento i “garanti del contratto” hanno dimostrato di essere interessati solo a tutelare la produzione e i profitti. L’effetto della loro azione è stata quella di compattare gli scioperanti, indignati di vederli fuori ai cancelli dall’altra parte della barricata!

Nei giorni immediatamente successivi agli scioperi l’azienda ha provato a mettere i lavoratori dello stampaggio contro gli altri lavoratori, sostenendo di non poter produrre il lunedì mattina (il 4 marzo) per mancanza di materiale per via dello sciopero, addossando agli operai che avevano scioperato le responsabilità sul futuro produttivo di tutta l’ FCA di Pomigliano.

La campagna contro lo sciopero e contro la Fiom, che lo sciopero lo ha organizzato – non essendo firmataria del contratto specifico di FCA ha potuto tra l’altro convocare gli scioperi senza preavviso – ha raggiunto livelli incredibili dentro e fuori la fabbrica; la tesi non è originale, si sostiene che se a Pomigliano si lavora bisogna obbedire e ringraziare: un inno alla schiavitù!

Attorno a questa litania sia FCA che i sindacati firmatari hanno costruito il loro sostegno in fabbrica, i privilegi di questi ultimi sono fondati sull’idea che i sacrifici dei lavoratori siano giustificati dal lavoro e dalla produzione fatta arrivare a Pomigliano. È stato possibile che in questi anni i lavoratori potessero essere di volta in volta divisi, con la speranza che la saturazione degli impianti potesse prima o poi assorbire tutti. Sono passati quasi 10 anni di peggioramento delle condizioni di lavoro, di riduzione dei diritti e aumento dei ritmi senza che questo sia avvenuto. Oggi gli stessi cantano vittoria per gli investimenti per il nuovo modello Alfa nonostante non si conoscano i tempi per l’avvio dei lavori sulle linee né se finalmente si arriverà a coinvolgere tutti i lavoratori nella produzione.

A Pomigliano oggi ci sono quasi 1800 lavoratori in cassa integrazione. Proprio per questo non si possono accettare i 18 turni nello stampaggio mentre il lavoro potrebbe essere diviso tra più lavoratori. Il reparto presse consta di 9 linee di produzione, di queste se ne utilizzano solo 7 a pieno regime ed una al 50%. Con il pieno utilizzo di questi impianti e quindi utilizzando più lavoratori suddividendoli su più linee, calerebbe la saturazione delle linee più utilizzate e si potrebbe fare più produzione in meno giorni ma ovviamente con più forza lavoro. Questa rivendicazione va a cozzare con l’idea di fare efficienza riducendo il personale utile. Cosa che l’azienda fa in tutti i reparti nonostante il regime di cassa. Lavorare di più lavorare in meno, è lo slogan che utilizza l’azienda ribaltando quello storico del movimento operaio!

La Fiom ha ceduto alla pressione, sospendendo gli scioperi in attesa di un’apertura che non c’è stata, né prima né dopo gli scioperi. Dall’altro lato FCA, ha messo in piedi la propria reazione, con l’aiuto dei sindacati firmatari è riuscita a rinviare le assemblee della Fiom, che alla fine si sono tenute tra l’8 e il 9 di marzo, in un clima ormai di smobilitazione e poca partecipazione, effetto del pesante clima repressivo a cui sono stati sottoposti i lavoratori. Non è detto che con la continuazione degli scioperi la lotta si sarebbe estesa agli altri reparti, probabilmente la paura e il controllo dei sindacati firmatari avrebbe comunque prevalso, ma era giusto tentare. Va dato atto ai lavoratori dello stampaggio di aver aperto una prima crepa. Da ogni parte proveranno a chiuderla, ma ora c’è e se ne discuterà. Non siamo ancora alla battaglia decisiva, ma le contraddizioni prima o poi si estenderanno all’intero stabilimento, così come agli altri siti in Italia.

Chiunque conosca un po’ la storia della lotta di classe del nostro Paese sa che piegare la Fiat non è facile, la reazione incattivita dell’azienda agli scioperi dei giorni scorsi lo dimostra. A tutto questo non si risponde senza avere una strategia. Pochi giorni fa è stato firmato il rinnovo del contratto specifico di FCA, senza la firma della Fiom, nonostante il tentativo dei metalmeccanici della Cgil di sedersi al tavolo (separato) della trattativa. La cosa non dovrebbe sorprendere, ma sancisce la fine del tentativo da parte della Fiom di rientrare nei giochi, una strategia che si è rivelata impraticabile. Vedremo se questi scioperi saranno una scintilla isolata o l’inizio di una nuova stagione di conflitto. Certo è che se ritorna la disponibilità a lottare la partita in FCA si può sul serio riaprire. Dopo anni di difficoltà c’è stata da parte dei lavoratori un’apertura di credito importante che bisogna saper cogliere. Serve però rilanciare il conflitto per porre tutte le questioni ancora aperte sulle prospettive degli stabilimenti e sulla strategia generale del gruppo in Italia e nel mondo.

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