Nel mondo si muore di fame, ma ci sarebbe abbondanza di cibo per tutti
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19 Novembre 2021Le immagini di migliaia di migranti che cercano disperatamente di varcare il confine tra polonia e Bielorussia hanno fatto il giro del mondo. Sono prevalentemente curdi, siriani e afgani ma anche provenienti dall’Africa; circa una metà di loro sono minori, molti bambini. Ammassati alla frontiera, già almeno dieci di loro sono morti, di fame, di freddo e di stenti.
Per i governi di Varsavia e Minsk sono invece solo pedine di una partita a scacchi che vede l’Unione europea e la Russia spettatori interessati.
Per i mass media c’è un solo colpevole: è il presidente Lukashenko, un vero e proprio “genio del male” manovrato naturalmente da Putin. È la Bielorussia che ha organizzato i voli e il trasporto di uomini, donne a bambini dal Medioriente nel cuore dell’Europa.
La questione ha radici molto più profonde. Ci sono milioni di profughi che scappano dalle guerre e dalla miseria provocate dalle guerre imperialiste e dalla crisi del capitalismo. Ogni anno oltre centomila di loro attraversano il Mediterraneo verso le coste di Italia e Spagna in cerca di fortuna.
In Turchia ad oggi vivono ben 4 milioni di profughi, di cui 3,6 milioni siriani. Da anni sono bloccati ai confini, frutto di un accordo tra Ankara e Bruxelles: solo per quest’anno, il 2021 sono previsti 3 miliardi di euro dall’Ue per tenere chiusi i confini.
Davanti alla minaccia di “un’invasione” di milioni di disperati, Erdogan non è più un dittatore, ma un capo di Stato con cui fare affari. Tali sono anche i signori della guerra libici, a cui l’Unione europea ha versato oltre 660 milioni di euro solo nel 2020 per impedire le traversate verso le coste siciliane.
Tuttavia, chiusa la rotta del Bosforo e resa sempre più difficile quella del canale di Sicilia, i migranti hanno cercato altre strade.
Lukashenko, come Erdogan un dittatore senza scrupoli, cerca in maniera cinica di sfruttare “l’emergenza profughi”. Mettiamo queste parole fra virgolette perché i numeri attuali parlano di tutt’altro. Sono circa 4mila i profughi che premono al confine polacco. Un numero che un continente come l’Europa potrebbe facilmente accogliere, ma che i governi dell’Ue decidono coscientemente di sfruttare a fini propagandistici.
Propaganda che si trasforma in azioni concrete e brutali. Il governo polacco di destra ha subito inviato 15mila soldati a controllare il confine. Ogni giorno una media di 700 persone vengono ricacciate in Bielorussia: vengono usati cannoni che sparano acqua gelida, gas lacrimogeni, granate stordenti. Davanti agli ultimi tentativi di sconfinamento dei profughi, armati solo di pietre, le forze armate polacche non hanno escluso l’uso delle armi da fuoco. A dare manforte all’esercito sono accorse milizie neofasciste da tutto il paese, mentre nessun giornalista o organizzazione umanitaria è ammesso nella “zona rossa” attorno al confine di Kuznica.
Subito l’Unione europea è intervenuta a portare la sua solidarietà… non ai migranti, ma al governo polacco! “Dobbiamo aiutare Varsavia” commenta la Von Der Leyen. “Il governo polacco sta agendo bene” aggiunge il ministro della interni tedesco Horst Seehofer. “L’Europa delle restare unita” conclude Angela Merkel. Subito sono partite le immancabili sanzioni contro la Bielorussia.
La “Fortezza Europa” deve restare intatta e così la Polonia, fino a pochi giorni fa sotto accusa della Commissione europea per violazione dello Stato di diritto, diventa il baluardo della libertà e dei “valori europei”. Viene giustificato anche il muro che la Polonia (e la Lituania) vogliono costruire sul confine, la Commissione Ue ha semplicemente precisato che “non verranno usati fondi comunitari”.
D’altra parte la Polonia non è un caso isolato. “Il centro studi ‘Transnational Institute’ ha calcolato che solo dal 1990 al 2019 i Paesi Ue dell’area Schengen si sono dotati di oltre mille chilometri di recinzioni. E presto saranno più del doppio. La spesa totale ha sfiorato il miliardo di euro.” (Avvenire, 16 novembre 2021)
I migranti sono lo spauracchio da agitare per fare dimenticare a milioni di lavoratori, polacchi e non solo, gli effetti della crisi. L’economia polacca fatica a uscire dalla recessione del 2020, mentre il tasso di disoccupazione ufficiale è cresciuto dal 3,2% di inizio 2020 al 5,8 del settembre scorso. La sfiducia nel governo è in crescita: solo il 38% dei polacchi si fida della gestione della pandemia da parte dell’esecutivo, una percentuale tra le più basse in Europa
Inoltre, lo scontro fra Polonia e Bielorussia fa parte di uno scontro più complessivo tra Russia da una parte e Unione europea dall’altra. Il confine fra i due paesi è anche il cuscinetto fra due sfere d’influenza: quella della Germania (e della Nato) e quella russa. La Polonia è un paese chiave per l’imperialismo tedesco come la Bielorussia lo è per Mosca.
Il conflitto ormai è a tutto campo: la recentissima sospensione temporanea da parte di Berlino del gasdotto NordStream2, a capitale in maggioranza del colosso russo Gazprom, è un altro tassello di questa partita. Le ragioni addotte sono un distillato di protezionismo: “Sarebbe possibile certificare un operatore del gasdotto solo se tale operatore fosse organizzato in una forma giuridica secondo il diritto tedesco” (il Sole 24ore, 16 novembre 2021)
Sull’aumento delle bollette delle famiglie dei lavoratori europei e soprattutto sulla pelle di migliaia di essere umani si gioca dunque la partita delle grandi potenze.
Condanniamo sia la politica della Bielorussia sia quella degli stati membri dell’Unione europea. La solidarietà e la dignità umana valgono zero per questi signori.
Le possiamo riportare al centro solo tramite un programma che preveda il diritto di asilo per tutti coloro che vogliano entrare in Polonia, l’abolizione dei trattati di Schengen e di Dublino e la libera circolazione per tutti.
Tali rivendicazioni possono essere raggiunte solo attraverso l’unità di tutti gli oppressi, al di là dell’etnia o della religione e la messa in discussione di questo sistema capitalista: un sistema che semina razzismo e odio per mantenere il suo dominio e approfondisce la barbarie quotidiana che vediamo oggi a Kuznica, sulle isole greche o al largo del Mediterraneo.