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6 Novembre 2017La rivoluzione d’Ottobre e… chi la vuole imbalsamare
8 Novembre 2017
Gli storici borghesi hanno generalmente descritto l’Ottobre come un colpo di Stato, abile complotto di una minoranza decisa che sfrutta il caos generato dalla guerra per imporre la propria dittatura. Che i bolscevichi cospirassero alle spalle delle masse è tuttavia una tesi ridicola. La loro politica fu dibattuta in scritti e discorsi innumerevoli lungo gli otto mesi che separarono la rivoluzione di febbraio da quella di ottobre.
Il giornale francese di Pietrogrado Entente, il 15 novembre 1917 scriveva: “Il governo di Kerenskij discute ed esita. Il governo di Lenin e Trotskij attacca e agisce.
Quest’ultimo viene chiamato un governo di cospiratori, ma è sbagliato. Governo di usurpatori, sì, come tutti i governi rivoluzionari che trionfano sui loro avversari. Cospiratori, no!
No! Essi non hanno cospirato. Al contrario, apertamente, audacemente, senza moderare i termini, senza dissimulare le loro intenzioni, hanno moltiplicato la loro propaganda nelle fabbriche, nelle caserme al fronte, nel paese, dappertutto, fissando persino in anticipo la data in cui avrebbero preso le armi, la data della loro presa del potere…
Essi cospiratori? Mai…” (citato da John Reed).
Il Comitato militare rivoluzionario
Il punto è che la borghesia basandosi sui ricordi di febbraio e di luglio, si attendeva le masse in piazza, scontri armati e fiumi di sangue. Ma ciò che in febbraio si era compiuto nel corso di cinque giornate di sciopero generale, con manifestazioni e scontri tra le truppe e gli operai, ossia il passaggio dei soldati dalla parte del governo a quella degli insorti, in ottobre si compie prima dell’insurrezione, pacificamente, attraverso la stessa struttura del Soviet di Pietrogrado.
Ai primi di ottobre il Soviet si è dotato di un proprio Comitato militare rivoluzionario (Cmr); il Quartier generale dell’esercito sta tentando per l’ennesima volta di disperdere e inviare al fronte la guarnigione di Pietrogrado, circa 150mila soldati largamente conquistati dalle idee rivoluzionarie, che della guerra non ne vogliono più sapere. Il Cmr nasce, ironicamente su proposta dei menscevichi, per verificare se gli ordini del comando abbiano o meno un carattere antirivoluzionario. Parrebbe l’ennesima, sterile istituzione di quel “dualismo di potere” che da febbraio in poi ha impantanato le potenzialità rivoluzionarie dei Soviet. Ma a capo del Soviet di Pietrogrado ormai da un mese ci sono i bolscevichi, che hanno conquistato la maggioranza eleggendone Trotskij a presidente. Nelle loro mani il Cmr diventa un comando alternativo, un contropotere attraverso il quale le diverse unità militari, inviando i propri delegati e accreditando i commissari del Soviet, affermano già la loro obbedienza al Soviet e non al Governo provvisorio o al Quartier generale.
Nei suoi Dieci giorni che sconvolsero il mondo John Reed descrisse le tumultuose assemblee nel corso delle quali i soldati dibattevano, si scontravano con gli ufficiali patrioti, si precipitavano in masse sempre più compatte dalla parte del Soviet.
È questo possente movimento che permette al Soviet, diretto da Trotskij di elaborare il piano insurrezionale del 24-25 ottobre. La conquista politica della guarnigione, unita alla formazione della Guardia rossa con 20-30mila operai armati, dà all’insurrezione quasi il carattere di una operazione di polizia: per il Governo Kerenskij non ci sono più truppe disposte a battersi.
Soviet e partito
Il 1917 mostra nel modo più chiaro qual è il vero rapporto che intercorre tra soviet e partito. Senza la decisione e l’azione soggettiva, consapevole e del partito, ossia di una minoranza organizzata, la rivoluzione non si sarebbe mai compiuta. Senza gli anni di preparazione politica e teorica del bolscevismo, senza le innumerevoli battaglie condotte dal partito e nel partito, non ci sarebbe mai stata la chiarezza politica necessaria a compiere il passo decisivo. Ma senza i soviet, senza le decine di milioni di operai, contadini, soldati, marinai raggruppati nella struttura consiliare sovietica, la volontà del partito non avrebbe mai potuto connettersi alle masse che furono, in fin dei conti, le vere protagoniste della rivoluzone.
Più volte nella storia in campo socialista, anarchico e a volte persino borghese, si è detto: “Sì, i soviet erano buoni e democratici, ma i comunisti – o i bolscevichi – li hanno rovinati.” Questo discorso nega o finge di non sapere che soviet “senza comunisti”, o dove i comunisti erano una netta minoranza, sono esistiti più volte nella storia. E con quali risultati? I soviet russi dal febbraio al settembre 1917 erano saldamente in mano ai partiti riformisti. Non seppero in quei mesi affrontare nessuno dei problemi fondamentali della rivoluzione: non la pace, non la questione della terra, non la questione delle nazionalità, o della forma dello Stato. Si consumarono nell’appoggio al Governo provvisorio e nella coalizione con la borghesia fino a perdere ogni credibilità.
Consigli degli operai e dei soldati si crearono in tutta la Germania un anno dopo, quando ci fu il crollo militare e la rivoluzione di novembre 1918 depose il Kaiser e proclamò la repubblica. Come nei soviet del febbraio 1917 in Russia, nei consigli tedeschi furono i riformisti, i socialdemocratici a predominare senza rivali; ma non c’era un partito comunista, e quei soviet in mano ai riformisti dapprima permisero la repressione sanguinosa dell’insurrezione del gennaio 1919 a Berlino, con l’assassinio di Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, per poi deperire e lasciare il posto alla repubblica di Weimar, uno spettro di democrazia borghese che alla crisi successiva lasciò il passo al nazismo.
Embrioni di soviet furono anche i Consigli di fabbrica del biennio rosso 1919-20 in Italia. Ma anche in questo caso, privi di una direzione politica conseguente non furono in grado di portare la classe operaia al potere e dopo la sconfitta dell’occupazione delle fabbriche (settembre 1920) i consigli morirono e a prendere piede fu la reazione fascista. Non a caso lo stesso Gramsci fece una onesta autocritica, nel 1923-24, per avere all’epoca, lui e il gruppo dell’Ordine nuovo, sottovalutato l’importanza di costruire, assieme al movimento consiliare, una corrente politica rivoluzionaria che rompesse nettamente con i massimalisti che dirigevano il Partito socialista.
Nascita del potere sovietico
Ad insurrezione ancora in corso si riunirono i delegati del II congresso dei soviet. “L’aspetto esteriore del congresso ne rivelava la composizione. I galloni degli ufficiali, gli occhiali e le cravatte degli intellettuali del primo congresso erano scomparsi quasi del tutto. (…) Volti rudi provati dalle intemperie, grosse mani screpolate, dita ingiallite dalla sigaretta di cattiva qualità (…). La nazione plebea aveva inviato per la prima volta una rappresentanza genuina, non adulterata, fatta a sua immagine e somiglianza.” (Trotskij, Storia della rivoluzione russa).
Fu questo “parlamento plebeo” ad approvare i primi, decisivi tre decreti. Il decreto sulla pace proclamava una tregua immediata di tre mesi, annunciava la pubblicazione di tutti i trattati segreti stipulati dallo zar con le potenze alleate (e confermati dal governo borghese), il loro annullamento e faceva appello “ai popoli e ai governi” ad avviare trattative per una pace democratica.
Il decreto sulla terra aboliva la grande proprietà dei latifondisti, nazionalizzava la terra assegnandola ai contadini e assumendo come base di legge le “Istruzioni” approvate nei mesi precedenti dai comitati contadini, aboliva il lavoro salariato nelle campagne. In un colpo solo si tagliava il nodo di una questione agraria secolare. L’ultimo decreto approvò la formazione del governo bolscevico, che pochi mesi dopo si sarebbe allargato al partito socialrivoluzionario di sinistra.
Nuove e gigantesche prove attendevano il potere rivoluzionario: la guerra civile, la carestia, l’intervento straniero, lo sviluppo della rivoluzione in Europa e la sua sconfitta… ma quel 25 ottobre sancì un punto fermo che le contraddizioni e le sconfitte successive non possono cancellare. Era la fine, scritta non nelle opere dei teorici ma dalla sollevazione delle masse, di una battaglia cominciata molto tempo prima. Quanto tempo? Si potrebbe forse dire il 4 aprile, quando Lenin aveva enunciato le sue Tesi e prefigurato la presa del potere. O forse più indietro, quando nella rivoluzione del 1905 il proletariato aveva creato i primi soviet, presentandosi a bandiere spiegate come classe rivoluzionaria d’avanguardia. O forse ancora prima nel 1889, quando il fondatore del marxismo russo Plekhanov aveva proclamato per la prima volta in un congresso socialista internazionale, “la rivoluzione russa vincerà come rivoluzione operaia, o non vincerà affatto”…
Cento anni dopo, calunniata e falsificata dalla borghesia e dai suoi intellettuali, sfigurata dalla degenerazione stalinista, la rivoluzione d’ottobre è ancora viva, spaventa ancora, è ancora considerata dalla classe dominante come il “peccato originale” del XX secolo. Nostro compito è riscoprirla, riscattare il suo vero contenuto di liberazione e di emancipazione, e studiarne attentamente le lezioni più che mai attuali per chiunque lotti contro questo sistema marcescente.
(9 – fine)