Assemblea nazionale Rete Kurdistan Italia, Bologna 19-20 Novembre – Bilancio critico e contributo alla discussione
24 Novembre 2022Riguardo alla manifestazione contro la violenza sulle donne a Roma
27 Novembre 2022In occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne e del corteo organizzato da Non Una di Meno a Roma di domani, 26 novembre, abbiamo pubblicato la ristampa del nostro opuscolo “Libere di lottare” (che include i materiali del convegno marxista sulla condizione femminile tenutosi il 6-7 marzo 2021), con una nuova introduzione, che potete leggere di seguito.
L’opuscolo lo troverete domani in piazza a Roma. Potete anche richiederlo ai nostri sostenitori nella vostra città oppure on line a questo indirizzo.
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Introduzione alla prima ristampa dell’opuscolo Libere di lottare
Con la presente pubblicazione riproponiamo il materiale prodotto da Sinistra Classe Rivoluzione in occasione del Convegno marxista sulla condizione femminile del 6-7 marzo 2021, quattro articoli che, a partire dalle basi teoriche sulla teoria marxista, presentano un’analisi delle condizioni e delle mobilitazioni passate e recenti delle donne in una prospettiva rivoluzionaria e anti-capitalista.
Discutere e approfondire questi temi sarà necessario fin quando vivremo sotto il capitalismo e oggi, in Italia, si rende ancora più urgente.
Il programma di FdI sul “sostegno alla natalità e alla famiglia” e le dichiarazioni di Meloni in campagna elettorale sulla difesa del “diritto a non abortire” hanno fatto da apripista a:
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la presentazione in Liguria di una proposta di legge regionale da parte dei consiglieri di FdI per istituire sportelli pro-vita in tutte le strutture ospedaliere in cui si pratica l’Ivg;
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l’istituzione da parte della giunta piemontese, su proposta dell’assessore di FdI, del “Fondo vita nascente” per dissuadere le donne dall’interrompere la gravidanza;
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l’elezione a presidente della Camera di Lorenzo Fontana, che del più bieco e intransigente bigottismo e oscurantismo ha sempre fatto la sua crociata (ricordiamo la sponsorizzazione del congresso delle famiglie di Verona nel 2019);
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la presentazione da parte di Maurizio Gasparri di una proposta di legge per il “riconoscimento della capacità giuridica del concepito”;
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la nomina a ministra della “Famiglia, natalità e pari opportunità” di un’altra acerrima nemica dei diritti delle donne e delle persone lgbt, Eugenia Roccella.
La lista non lascia spazio a dubbi e d’altronde è coerente con quanto già era stato fatto ad esempio nelle Marche (regione a guida FdI), dove la somministrazione della pillola RU486 è già stata vietata all’interno dei consultori e limitata a soli tre ospedali.
L’asticella si alza, non si tratta più “solo” di difendere e potenziare una legge, la 194, che con una media del 70% di obiettori di coscienza a livello nazionale di fatto non è in grado di garantire questo diritto (come analizziamo nell’articolo “Legge 194: storia di una conquista e della sua difesa”), ma di rispondere agli attacchi con cui tenteranno di toglierci quel poco che c’è.
E dobbiamo essere consapevoli che questi attacchi si estenderanno a tutti gli ambiti attraverso i quali si può perseguire il modello di una famiglia in cui la donna sia relegata al ruolo di mamma, moglie, serva (con tagli alla sanità, alla scuola, promozione di campagne ideologiche ad hoc).
Ora, tutto ciò sembrerebbe in contraddizione col fatto che questo governo è il primo in tutta la storia repubblicana ad essere guidato da una donna… cosa che ha mandato in totale confusione i salotti della sinistra per bene, dove le donne si arrovellano sulla mancanza di figure femminili leader a sinistra. Da più parti le abbiamo sentite chiedersi sgomente: “dove abbiamo sbagliato?”.
Nella riunione della direzione del Pd di bilancio di un risultato elettorale disastroso, Roberta Pinotti, ex ministra della difesa del governo Renzi, ha veementemente denunciato la carenza di donne tra i capilista nelle candidature e in generale “quando si tratta di scegliere chi deve ricoprire certe posizioni”.
Qualcuna si è spinta a dire che dopo tutto è positivo che la Meloni diventi primo ministro, perché “normalizza” il concetto di una donna “al potere” agli occhi delle bambine, cosa importa se ci toglierà diritti (!).
Ecco la vera missione del femminismo liberale: garantire posizioni di potere alle donne di potere di questa società.
Come ci si può allora stupire se la Boldrini viene cacciata da una manifestazione di donne in lotta per il diritto all’aborto?! La sua arroganza nei confronti delle ragazze che denunciavano la distanza tra il Partito democratico e la condizione reale delle giovani e delle lavoratrici, “fatevi rappresentare da FdI”, la dice lunga sull’ipocrisia di queste donne. Così come le sue parole in cerca di conciliazione il giorno dopo: “siamo dalla stessa parte”, “io le mie colleghe ci battiamo in parlamento”, “chi sta dentro le istituzioni porta le istanze di chi sta fuori”.
Peccato che il Pd, a parte la breve parentesi del governo Conte 1, al governo c’è stato, e tanto, eppure tutta questa sua presenza nelle istituzioni, a tutti i livelli, non sembra aver risolto molto.
Abbiamo accolto positivamente l’iniziativa della giunta laziale di Zingaretti nel 2017 di bandire un concorso per medici non obiettori, ma si trattava di due posizioni (2!) a fronte di migliaia di obiettori a livello nazionale. Parallelamente il Pd ha avallato tutte le politiche di privatizzazione e smantellamento del sistema sanitario nazionale, tagli alla scuola pubblica, finanziamenti alle scuole private, innalzamento dell’età pensionabile…
Care dirigenti del Pd, la prossima volta che vi viene l’idea di partecipare ad una manifestazione di donne, pensateci due volte prima di presentarvi come paladine delle donne nelle istituzioni!
Come hanno giustamente detto le ragazze che hanno contestato la Boldrini: “ci penseremo noi a difendere i nostri diritti”.
Solo con la lotta potremo farlo, così come abbiamo lottato in questi anni di ascesa del movimento delle donne a livello globale, con gli scioperi contro la violenza che dall’America Latina si sono diffusi in tutto il mondo, le lotte delle donne polacche e argentine per il diritto di aborto, le marce delle donne statunitensi contro l’allora presidente Trump (movimenti ripercorsi nell’articolo “Un mondo di donne in lotta”). Oggi vediamo come dalla lotta straordinaria delle donne iraniane si è scatenato un movimento che sta facendo tremare il regime.
In Italia negli ultimi anni abbiamo visto la ripresa del movimento delle donne sotto la direzione della rete Nonunadimeno (Nudm) che però, come spieghiamo più avanti, non ha saputo dare una prospettiva solida alle centinaia di migliaia di giovani e lavoratrici scese in lotta. Oggi la marea sta montando di nuovo, le piazze per il diritto all’aborto del 28 settembre hanno mostrato una profonda e diffusa determinazione a sbarrare la strada al governo Meloni.
Proprio perché siamo chiamate a far fare al movimento un salto di qualità, è necessario affrontare in modo schietto e costruttivo tutti i limiti che Nudm ha scontato nel porsi come alternativa all’ipocrisia del femminismo liberale di Boldrini e co.
Per poterlo fare è in primo luogo necessario riconoscere che queste donne difendono la tenuta di un sistema, quello capitalista, inconciliabile nemico delle lavoratrici e delle giovani in lotta. Questo nodo non è mai stato affrontato in modo conseguente: proprio all’apice del movimento, durante la stesura del piano contro la violenza nel 2017, il manifesto di Nudm, si optò al contrario per una logica di compromesso. Si scelse di enunciare l’illegittimità dell’obiezione di coscienza per trarne come conclusione una generica richiesta di “pieno accesso a tutte le tecniche abortive per tutte le donne”, decidendo così di espungere dal testo la sacrosanta rivendicazione della abolizione del diritto all’obiezione di coscienza, il primo ostacolo all’applicazione della 194.
Parallelamente, da allora tutta l’enfasi è stata posta sul piano simbolico, dalle grandi manifestazioni e la discussione sullo strumento di lotta dello sciopero, si è passati ai flash mob e alle dimostrazioni estemporanee, sempre più autoreferenziali. Da un programma che si poneva in un’ottica di “trasformazione radicale del sistema” a partire dalle condizioni delle lavoratrici e delle giovani della classe lavoratrice (con proposte su salari, stato sociale, condizioni di lavoro, ecc.) si è passati ad esaltare forme di lotta terminologie, formulazioni e definizioni sempre nuove. La teoria queer ha fornito la base all’idea che l’oppressione di genere sia un costrutto ideologico, che si combatte reinventando il linguaggio, mentre l’intersezionalismo ha esaltato la frammentazione delle esperienze individuali, della solitudine di ognuno nella sua combinazione di oppressioni, additando come privilegiati coloro che ne vivono alcune e non altre.
Una lotta generale di tutte le persone che vivono un’oppressione in questa società, donne, persone lgbt, immigrati, deve in primo luogo chiedersi cosa le unisce, non cosa le divide.
Nel primo articolo, “Dove nasce l’oppressione femminile, un’analisi marxista” oltre ad entrare nel merito di queste teorie, proponiamo il punto di vista marxista sulle origini materiali dell’oppressione femminile, legate alla nascita della proprietà privata dei mezzi di produzione e della divisione in classi della società. E, a partire da queste, prospettiamo una via di uscita da ogni forma di oppressione nell’abbattimento del capitalismo attraverso l’esproprio e l’asservimento delle principali leve dell’economia ai reali bisogni delle persone, invece che alla logica del profitto.
Il capitalismo, pur avendo ereditato il patriarcato dai sistemi economici precedenti, lo fomenta assieme a tutte le discriminazioni per dividere la classe lavoratrice e massimizzarne lo sfruttamento (come spieghiamo nell’articolo “La condizione delle lavoratrici”). Per eliminare l’origine di ogni
oppressione, non solo quella basata sul sesso, ma anche contro le persone lgbt, gli immigrati e in generale tutti i settori più ricattabili della classe lavoratrice, bisogna dunque unirli nella lotta contro questo sistema.
È in questa prospettiva che dobbiamo dotarci oggi di un programma di difesa e rilancio dei diritti per lottare contro il governo, mirando agli interessi materiali dei capitalisti e delle capitaliste che lo stesso difende. I loro profitti, frutto del nostro lavoro, ci servono per avere più consultori, asili, un sistema sanitario e una scuola di qualità, pubblici e gratuiti, pienamente accessibili a tutti.
Le donne iraniane hanno travolto il paese con le proteste contro l’uccisione di una giovane ragazza curda da parte della polizia per come indossava il velo. Da questa scintilla è dilagato un movimento che ha espresso un vero e proprio potenziale rivoluzionario, coinvolgendo gli studenti e il movimento operaio con scioperi che sono andati ben oltre la semplice solidarietà, ponendosi apertamente contro il regime.
Un programma in intransigente difesa dei diritti può velocemente connettersi con un sentimento profondo che in tutti i paesi pervade la società, alimentato in questi anni dalla malagestione della pandemia, la crisi economica, l’inflazione, la guerra.
Questo testo si propone non come un semplice approfondimento, la teoria e l’analisi sono strumenti vivi e necessari per le battaglie che abbiamo di fronte a noi.
Lottiamo contro le nefandezze del governo di destra con la fiducia non solo di poter vincere, ma anche di coagulare da queste lotte le forze necessarie per abbattere il capitalismo e costruire una società in cui sfruttamento e oppressione siano solo un ricordo del passato.
Ottobre 2022