Bologna, zona arancione rafforzata – Il trionfo del profitto sulla salute
26 Febbraio 2021Campagna per un congresso straordinario del Labour: il controllo del partito deve tornare agli iscritti!
2 Marzo 2021Ci sono persone che sostengono che, vivendo nel 21esimo secolo, non ci sia più bisogno di lottare; queste persone, che sono chiaramente scollegate dalla realtà che hanno intorno, usano esempi come la vicepresidenza di Kamala Harris (prima donna di colore a ricoprire questo ruolo negli Usa) per dimostrare quanto ormai il sistema sia progressista e quanto la condizione della donna sia avanzata rispetto al secolo scorso.
Eppure basta guardarsi intorno per capire che la realtà è ben diversa, anche nel nostro paese.
Nel giugno scorso abbiamo assistito all’ennesimo attacco alla legge 194 quando in Umbria c’è stato il tentativo di vietare la somministrazione della pillola abortiva in day hospital, tentativo naufragato a causa delle lotte che si sono scatenate in risposta.
Ancora, a dicembre abbiamo visto il caso di una maestra di Torino letteralmente umiliata, derisa e punita col licenziamento per un crimine commesso da altri: il revenge porn, un vero e proprio abuso sessuale tramite immagini mediante la condivisione di immagini o video intimi di una persona senza il suo consenso.
Nei giorni passati si è visto l’ennesimo esempio di come la condizione della donna sia ancora arretrata.
A Pisa un professore è stato sospeso per un anno in seguito ad abusi fisici e psicologici rivolti ad una sua alunna appena quindicenne dopo la denuncia da parte dei genitori.
Gli episodi, risalenti all’inizio dell’anno scorso, non sono un fenomeno isolato; sono innumerevoli i casi di abusi sessuali da parte di professori verso i propri alunni. Molto spesso questi episodi si risolvono con condanne al limite del ridicolo, come i domiciliari o appunto la sospensione dall’insegnamento per un anno.
È anche da notare come in diversi articoli pubblicati l’episodio di abuso verso la quindicenne sia stato minimizzato sottolineando che il perpetratore non fosse titolare di alcuna cattedra o ruolo all’interno dell’organigramma scolastico e che gli abusi non siano avvenuti all’interno di un edificio scolastico.
Queste “attenuanti” vorrebbero salvaguardare l’immagine della scuola come porto sicuro per i ragazzi e le ragazze.
Il mondo scolastico, però, non è che una riproduzione della società in scala ridotta.
Rapporti autoritari, abusi, corruzione… In questo ambito non può che inserirsi anche il ruolo della donna nella società.
La scuola non è dunque immune al maschilismo e alla mercificazione del corpo femminile che permeano la società capitalistica.
La donna è sottopagata, schernita, abusata e punita se osa ribellarsi all’ordine vigente.
Lo dimostrano i due pesi e due misure usati in questi due casi: a Torino licenziamento e umiliazione pubblica, a Pisa solo un anno di sospensione.
Questi sono solo due dei casi più recenti, ma gli esempi di abusi e soprusi nei confronti delle studentesse e delle donne nell’organico scolastico sono molteplici.
Basti pensare ai risultati di un questionario anonimo sottoposto alle studentesse universitarie torinesi il marzo scorso dal collettivo dell’ateneo: il 40,2% delle studentesse dichiara di aver subito violenze, molestie o discriminazioni legate al genere nell’ambiente universitario.
Le stesse istituzioni scolastiche che vogliono rendere la scuola un posto inclusivo e aperto a tutti, rispondono in modo tiepido a queste problematiche; anzi, si è visto più e più volte come si tenti di mascherare queste vicende con bigottismo e perbenismo.
Nessuna misura seria viene messa in atto: le soluzioni più radicali sono l’istituire giornate farsa contro il bullismo o, in alcuni casi, prendere di mira le ragazze per una gonna troppo corta o per una maglietta troppo scollata.
Troppe volte nelle scuole da un lato si vive l’ipersessualizzazione delle studentesse che sono messe alla gogna semplicemente per la volontà di esprimersi attraverso l’abbigliamento, dall’altro ogni discussione sulla sessualità viene bandita dalle classi e dalle assemblee.
E’ il caso del liceo Giulio Cesare di Roma dove si è vista la totale censura da parte della preside nei confronti di corsi sull’aborto e sull’identità di genere che erano stati organizzati per la Settimana dello Studente.
La formazione per quanto riguarda l’educazione sessuale è pressochè inesistente nella scuola, dove si preferisce lasciare lo spazio che potrebbe essere dedicato alla discussione sulla prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili e di gravidanze indesiderate, all’insegnamento della religione cattolica.
La presenza della Chiesa nella scuola, istituzione che è da sempre un freno per l’emancipazione femminile (si prenda ad esempio in considerazione la posizione contraria alla contraccezione o all’aborto), fa capire bene quale sia la corrente di pensiero che sta alla base delle istituzioni scolastiche.
Ma l’Italia non è l’unico paese nel quale vivere ed insegnare una visione della sessualità come libera e informata, nella scuola ma del resto anche nella società tutta, è considerato un taboo.
L’Argentina, un paese che fino a qualche mese fa vedeva l’aborto come un atto illegale, è un perfetto esempio di come si possa lottare contro questo tipo di oppressione. La lotta della Marea Verde per la rivendicazione dei diritti delle donne, che ha portato alla storica vittoria del dicembre 2020 con la legalizzazione del diritto di aborto, non si è fermata alle lavoratrici ma ha visto una larga partecipazione degli studenti, con proteste ed occupazioni per rivendicare il diritto all’aborto ma anche l’educazione sessuale nelle scuole e la fine della violenza di genere.
Tutte queste rivendicazioni si devono però accompagnare ad una serie di misure molto più generali, quali una rete capillare ed efficace di consultori e la fornitura gratuita di metodi contraccettivi.
Queste rivendicazioni però rimarranno tali se non saranno supportate da un movimento di lavoratori e studenti uniti per combattere l’oppressione di genere e dell’umanità tutta.
Per raggiungere questo obbiettivo non resta che organizzarsi nelle scuole, discutere e mobilitarsi a fianco delle oppresse e degli oppressi.
Un primo momento di discussione sarà il Convegno Femminile “Libere di lottare!” nel quale saranno trattate svariate tematiche dell’oppressione di genere; e se è vero che per combattere contro qualcosa bisogna conoscerlo, non esitate a iscrivervi!