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15 Febbraio 2019Ancora una volta le strade della Sardegna sono bloccate dalla lotta dei pastori sardi.
In questi giorni, stretti nella morsa della crisi, per rispondere alla miseria che le aziende casearie sono disposte a pagare per il loro latte i pastori si sono organizzati e, sostenuti dalla totalità della popolazione isolana, hanno dimostrato tutta la loro forza. Con manifestazioni e blocchi stradali hanno paralizzato le principali arterie della regione, gettando in strada per protesta migliaia di litri di latte frutto del loro duro lavoro.
Una lotta dura fatta di scioperi, cortei, presìdi, picchetti fuori le aziende casearie e blocchi stradali che hanno sfidato il decreto sicurezza recentemente approvato dal governo che punisce penalmente i blocchi stradali. Una dimostrazione di compattezza, forza e determinazione che dimostra che davanti alla lotta di classe nessuna legge repressiva può fermare le lotte dei lavoratori.
In queste mobilitazioni i giovani sono stati in prima fila animati da una rabbia e una voglia di riscatto che è la musica del futuro. Tutto l’orgoglio del popolo sardo e le sue migliori tradizioni di lotta sono tornate a scaldare le strade. La regione è nelle mani dei pastori e la classe lavoratrice ha dimostrato ancora una volta la sua forza quando lotta compatta e organizzata.
Le crisi industriali che hanno falcidiato la regione in questi anni e la crisi dello stesso turismo rendono la pastorizia un elemento ancora più vitale dell’economia sarda ed il pecorino romano un prodotto chiave, visto che su 12000 aziende pastorali 10093 producono latte per il romano. La maggioranza di queste imprese sono a base familiare e il 50% è fatto di cooperative in cui i pastori sono soci lavoratori. Ciò fornisce un carattere di classe a questa protesta che non è una protesta di piccoli imprenditori ma prevalentemente di lavoratori. Gli addetti del settore infatti sono 35mila e l’indotto di circa 10mila persone
Il latte destinato al romano è una vera e propria monocultura, anche se di grande qualità visto che rappresenta l’81.54% dei pecorini Dop prodotti in Italia e il 52% di quelli dell’ Ue.
In questi anni grazie all’utilizzo di latte francese, spagnolo e di latte prodotto in Lazio e Toscana il prezzo del latte sardo è passato da essere pagato 1.2 € nel 2015 agli attuali 0.6€.
Certamente i fattori di crisi sono molteplici, non ultima la crisi del commercio mondiale. Il pecorino romano infatti è destinato al 42% agli Usa, il 39% in Italia, il 12% verso l’Ue e il 7% verso altri paesi.
Ma al netto di questo resta il fatto che per un prodotto che viene commercializzato a circa 10€ al kg ai pastori sardi va circa un terzo (visto che per produrre un chilo di formaggio ci vogliono circa 6 litri di latte) mentre il resto riempe le tasche dei grandi imprenditori dell’industria casearia.
Il punto è proprio questo: sono le leggi del mercato capitalista, determinate dai grandi gruppi industriali e della grande distribuzione, a determinare la crisi del settore.
Oggi la rivendicazione dei pastori sardi è che il latte arrivi a 1€ più Iva al litro ma la questione è come ottenere questa sacrosanta rivendicazione.
Questa lotta sta dimostrando grande radicalità e determinazione ma non può risolversi esclusivamente chiedendo altri aiuti altri alle imprese attraverso nuovi fondi regionali o nazionali.
Sarebbe un ulteriore regalo ai padroni che non risolverebbe il problema. Sarebbero sempre i lavoratori a pagare attraverso le tasse e la fiscalità generale, fino alla prossima crisi.
Oggi i principali gruppi della grande distribuzione (Coop, Conad, ecc) piangono lacrime da coccodrillo, schierandosi a parole, in maniera ipocrita, “dalla parte dei pastori”! Da parte del centrosinistra e dei vertici sindacali si invoca un “patto di filiera tra industria casearia e pastori”. Ma finché gli industriali avranno il coltello dalla parte del manico, un simile patto sarebbe un inganno a svantaggio dei pastori!
Quello che il movimento dovrebbe rivendicare è una industria casearia nazionalizzata nella quale il movimento dei pastori abbia un ruolo protagonista nella gestione. In questa logica rivendicare aumenti salariali per avere una vita degna. Ciò garantirebbe anche maggiori investimenti ed un miglioramento delle condizioni di lavoro: solo così si può garantire un futuro certo ai pastori e alle loro famiglie.