Marx sulla rivolta indiana, la violenza degli oppressi e l’ipocrisia imperialista
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17 Ottobre 2023La guerra presenta le cose in termini netti e così mette tutte le tendenze politiche alla prova. La guerra in Ucraina ha portato a una serie di spaccature all’interno dei partiti comunisti di numerosi paesi, così come ha provocato divisioni tra di essi. Per avanzare, è necessario ritornare a una autentica politica leninista, su questa questione e su tutte le altre.
Appena la guerra in Ucraina è iniziata, i partiti comunisti di tutto il mondo hanno preso posizioni estremamente differenti. Alla destra del movimento, numerosi partiti hanno adottato una posizione di appoggio più o meno aperto alla classe dominante del proprio paese e dell’imperialismo occidentale. Un esempio particolarmente ipocrita di ciò è la posizione del Partito Comunista Spagnolo (PCE). Il PCE fa parte di un governo di coalizione in Spagna con il Partito Socialista (PSOE). Il vicepresidente spagnolo Yolanda Diaz e il ministro Alberto Garzón sono iscritti al partito e il segretario generale del PCE è anche un segretario di Stato.
Questo governo è saldamente vincolato all’imperialismo Nato e ha inviato armi e aiuti all’Ucraina. Ma allo stesso tempo, il PCE pubblica dichiarazioni che rivendicano lo scioglimento della Nato e condannano la guerra in Ucraina. Persino questa cosiddetta “opposizione” all’imperialismo Nato, puramente verbale, è posta nei termini di una “pace” astratta, della difesa delle “istituzioni internazionali” e del “diritto internazionale”.
Una posizione simile è stata assunta dal Partito Comunista Francese (PCF), che ha condannato l’invasione russa dell’Ucraina, perché è “contraria al diritto internazionale” e viola i “trattati internazionali”. Allo stesso modo, il PCF sostiene l’“indipendenza strategica della Francia”, che è una frase sotto la quale la classe dominante francese avanza la sua pretesa di giocare un ruolo indipendente nullo scenario mondiale. Inoltre, mentre fa appello alla “pace”, il PCF appoggia pienamente le sanzioni dell’imperialismo occidentale alla Russia, come se le sanzioni economiche non fossero anch’esse in qualche modo una parte della guerra attuale. Tutta la loro posizione si riassume nell’accodarsi alla borghesia francese, che nei primi giorni della guerra faceva anch’essa appello a “negoziazioni di pace”, nel tentativo di ritagliarsi un qualche tipo di posizione indipendente da quella dell’imperialismo statunitense.
Un grande numero di cosiddetti partiti comunisti, avendo abbandonato da molto tempo il leninismo, sono affascinati dall’idea di una “pace” astratta e dalla centralità delle “istituzioni internazionali”, per lo più le Nazioni Unite.
Questo si discosta enormemente dalla posizione di Lenin nei confronti della guerra imperialista. Lenin insisteva che i comunisti non sono pacifisti, dal momento che ci sono guerre che consideriamo giuste: le guerre di liberazione nazionale, quelle contro l’imperialismo e le guerre rivoluzionarie. Dal momento che la guerra è la conseguenza dell’imperialismo, l’unico modo coerente di combattere la guerra è di combattere l’imperialismo e il sistema capitalista dal quale esso sorge. Lo slogan di Lenin durante la Prima Guerra Mondiale non era quello della “pace”, bensì quello di “trasformare la guerra in guerra civile”. Cioè, egli faceva appello ai lavoratori a combattere la loro propria classe dominante. Spiegava che la guerra prima o poi sarebbe finita, ma che una “pace” imperialista avrebbe costituito semplicemente un periodo di preparazione per ulteriori guerre future. Inoltre, insisteva Lenin, l’unico modo per ottenere una pace genuina era la lotta per il socialismo.
Per quanto riguarda le “istituzioni internazionali”, Lenin e i bolscevichi erano sferzanti nella loro opposizione al predecessore delle Nazioni Unite, la Società delle Nazioni, che descrivevano come una “covo di banditi” – cioè, come un luogo dove le differenti potenze imperialiste si dividevano i frutti dei propri saccheggi.
Lenin considerava questo punto così importante che incluse l’opposizione alla Società delle Nazioni nelle famose 21 condizioni per aderire all’Internazionale Comunista. Esse erano pensate per ripulire la nuova organizzazione degli elementi opportunisti non degni di appartenervi, che vi aveano aderito sotto la pressione della base: “senza l’abbattimento rivoluzionario del capitalismo nessuna corte internazionale d’arbitrato, nessun accordo per la limitazione degli armamenti, nessuna riorganizzazione “democratica” della Società delle Nazioni, potrà impedire delle nuove guerre imperialiste”.
La posizione dei marxisti rivoluzionari durante la Prima Guerra Mondiale (essi non adottarono il nome di “comunisti” fino a dopo la guerra) era riassunta dalla frase di Karl Liebknecht, “il nemico principale è in casa nostra”.
Questo basilare principio internazionalista è stato abbandonato da molti partiti comunisti in tutto il mondo, non solo in quei paesi che sono membri della Nato o appoggiano l’imperialismo statunitense, ma anche sull’altro fronte della guerra. Infatti, il Partito Comunista della Federazione Russa (KPRF) ha anch’esso assunto una vergognosa posizione sciovinista, difendendo acriticamente Putin e la guerra che sta combattendo nell’interesse della classe dominante russa.
La rottura all’Incontro Internazionale dei Partiti Comunisti e Operai all’Avana
Questa capitolazione umiliante ha portato a un aperto conflitto al 22esimo Incontro Internazionale dei Partiti Comunisti e Operai (in inglese IMCWP, conosciuto anche come Solidnet, ndt), che ha avuto luogo a Avana, Cuba, dal 27 al 29 ottobre 2022. Il IMCWP è una conferenza inizialmente promossa dal Partito Comunista della Grecia (KKE) nel 1998. I partiti comunisti di tutto il mondo si incontrano per discutere e la conferenza solitamente termina con una dichiarazione congiunta, alla quale si giunge per consenso, piuttosto che votarla dopo un dibattito.
Questa volta è andata diversamente. Sebbene sia stata prodotta una dichiarazione congiunta, questa non affrontava la guerra in Ucraina, che è stata solo menzionata di passaggio. La dichiarazione terminava con le parole: “Uniti nella lotta contro l’imperialismo e il capitalismo!”. Ma i quasi 60 partiti che partecipavano sono stati ben lungi dall’essere uniti su questa questione.
La conferenza è stata, infatti, fortemente divisa riguardo alla guerra in Ucraina. Nel suo intervento, il Partito Comunista Operaio Russo (RKRP) ha spiegato che la guerra della Russia è “giusta e difensiva” e che il compito dei comunisti è di appoggiare lo stato borghese russo, dal momento che sta lottando per “sconfiggere il fascismo e aiutare la lotta di liberazione nazionale in Ucraina”.
Il Partito Comunista della Federazione Russa, da parte sua, è stato correttamente accusato dal KKE di appoggiare Putin e il suo partito Russia Unita, e ha risposto che, in realtà, è Putin che li sta appoggiando! “Non è il KPRF che ‘ha espresso solidarietà a Russia Unita e al Presidente Putin’, ma [sono loro che], a causa di imperativi storici, devono percorrere il cammino che il KPRF ha costantemente indicato per più di tre decenni”.
Inoltre, sono state pubblicate due diverse dichiarazioni sulla guerra. Una è stata proposta dal Partito Comunista Operaio Russo (RKRP), dal Partito Comunista della Federazione Russa (KPRF) e dal Partito Comunista dell’Ucraina (KPU), e fondamentalmente ripete gli argomenti della classe dominante russa per giustificare il proprio intervento in Ucraina, pur insaporendo queste giustificazioni con una buona dose di condimento “comunista”, “proletario” e “antifascista”. Non contiene alcun tentativo di analizzare gli obiettivi di guerra della classe capitalista russa, né un singola parola di critica a Putin e al suo regime capitalista reazionario. Che questa dichiarazione sia stata proposta da due partiti russi che si definiscono “comunisti” rappresenta una capitolazione assolutamente scandalosa al social-sciovinismo. Questa dichiarazione è stata firmata da 23 partiti che partecipavano all’Incontro, e da altre 12 organizzazioni che non hanno partecipato.
In risposta, è stata pubblicata una seconda contro-dichiarazione, firmata da 24 partiti che partecipavano all’IMCWP, che in particolare includevano il KKE, più altri 4 partiti. Questa dichiarazione inizia descrivendo la guerra come una guerra capitalista da entrambe le parti. Nega anche qualsiasi affermazione riguardo al fatto che il governo russo possa essere vicino alla lotta anti-fascista o a un sentimento filo-sovietico, sottolineando che la Russia è un paese capitalista, un fatto che alcuni, incredibilmente, non sembrano capire:
“La Federazione Russa, essendo uno stato borghese, è solo nominalmente, nel quadro del diritto borghese, l’erede dell’Urss, ma non ha niente in comune con l’Urss né nella sua base economica né nella sovrastruttura. Durante i 30 anni di “indipendenza” della Federazione Russa, è stato creato il capitale finanziario e monopolistico; i settori dell’industria, dell’istruzione e della sanità sono stati sistematicamente distrutti; la disoccupazione è aumentata e la forbice tra i ricchi e i poveri si è ampliata, i diritti dei lavoratori e le libertà democratiche sono state eliminate”.
Questa seconda risoluzione critica anche, correttamente, “la militarizzazione dell’Ucraina, la promozione di un’ideologia nazionalista estremamente reazionaria, l’incitazione all’odio inter-etnico, la creazione di gruppi nazionalisti aggressivi”, così come la repressione dei diritti politici e sindacali. Ma forse la parte più interessante della risoluzione è il punto cinque, che spiega come porre fine alla guerra in Ucraina:
“Siamo sicuri che solo la classe operaia ucraina unita con il proletariato russo e appoggiata dai lavoratori del mondo è capace di porre fine al massacro imperialista. La borghesia ucraina, russa e mondiale hanno mobilitato e armato i lavoratori. È necessario che queste armi vengano rivolte contro i governi in guerra, per trasformare la guerra imperialista tra i popoli in una guerra civile tra le classi. È solo così che sarà possibile alla classe operaia porre fine all’imperialismo in quanto origine delle guerre e formare organismi di potere operaio, oltre che a trasformare gli stati guerreggianti negli interessi della classe lavoratrice.”
Questo è assolutamente corretto ed è, in effetti, una ripetizione degli argomenti sviluppati da Lenin durante la Prima Guerra Mondiale.
È degno di nota, tuttavia, che nella versione spagnola della dichiarazione, che è stata pubblicata anche sul sito della IMCWP, questa intera sezione manchi e sia stata invece sostituita da un discorso su “trattative di pace immediate”, dal “cessate il fuoco”, e da un’“inchiesta sui crimini di guerra commessi da entrambe le parti del conflitto” (senza dire chi dovrebbe portare avanti una simile inchiesta), etc. Questo è in contrasto con la versione inglese, che spiega correttamente che è compito della classe operaia lottare contro l’imperialismo e la guerra.
La seconda risoluzione, quella internazionalista, si scaglia poi in un attacco corretto, aspro e frontale contro i sostenitori della prima risoluzione filorussa:
“È vergognoso e criminale per i comunisti di tutto il mondo che vadano al rimorchio dei governi dei paesi borghesi e lavorino per gli interessi delle proprie borghesie nazionali, sostenendo uno o l’altro blocco di paesi borghesi. Il nostro compito immutabile è di aiutare i lavoratori di tutto il mondo a comprendere che le guerre imperialiste non conducono all’emancipazione dei lavoratori, ma al contrario li asserviscono ancora di più; che nel conflitto imperialista la classe operaia non ha alleati nelle cricche dominanti, ma solo nemici; che i loro amici sono solo i proletari, non importa di quale nazionalità siano.”
Concordiamo totalmente con ciò. Ci sono, certo, alcune critiche che potrebbero essere fatte alla risoluzione internazionalista. L’analisi delle cause e il carattere della guerra nella prima parte è molto schematica e non molto sviluppata. Non dice nulla sul ruolo dell’imperialismo statunitense e della provocatoria espansione a est della Nato negli ultimi 30 anni; non affronta il movimento reazionario di Maidan del 2014 e il regime cui esso ha dato vita etc. Molti di questi punti sono spiegati nella dichiarazione congiunta dell’incontro di Avana, ma la risoluzione internazionalista sarebbe stata rafforzata dalla loro inclusione.
Come non costruire un’Internazionale
Questo è sintomatico di uno dei problemi principali nel metodo impiegato per costruire l’IMCWP. Il fatto che partiti che sono completamente in disaccordo possano firmare una dichiarazione congiunta, aggirando gli argomenti controversi, anche se questi sono centrali nella situazione mondiale, e poi producano due ulteriori dichiarazioni con punti di vista opposti, rappresenta una farsa dell’idea della costruzione di un’organizzazione comunista internazionale. In effetti, l’IMCWP è basato sulla diplomazia, piuttosto che su una schietta lotta ideologica.
Bisognerebbe anche notare che c’erano numerosi partiti che hanno firmato la dichiarazione finale, pur avendo una posizione meramente pacifista borghese, di fiducia nelle “istituzioni internazionali”, e anche alcuni (come il PCE in Spagna) che fanno parte di governi di paesi membri della Nato, che stanno inviando armi e finanziamenti all’Ucraina. Al PCE e ad altri partiti che condividono una simile posizione è stato così permesso di firmare la dichiarazione congiunta di Avana dell’IMCWP che parlava di lotta per il socialismo, degli interessi del proletariato mondiale, della promozione del marxismo e del leninismo, mentre siedono in un governo filo-imperialista.
Anche tra le organizzazioni che hanno firmato la seconda e più rigorosa dichiarazione, c’è molta ipocrisia. Come si può altrimenti spiegare il fatto che al Partito Comunista Sudafricano (SACP) – che ha avuto per decenni una politica delle due fasi [prima l’alleanza con la “borghesia progressista” per portare a termine lo sviluppo politico e economico del capitalismo, poi in un futuro lontano la rivoluzione socialista, ndt] e ha fatto parte dei governi capitalisti dell’ANC per quasi 30 anni (un governo che ordinò alle forze dell’ordine di sparare sui minatori in sciopero a Marikana, in difesa degli interessi delle multinazionali minerarie) – venga permesso di mettere il proprio nome in una risoluzione che dice “È vergognoso e criminale per i comunisti di tutto il mondo che vadano al rimorchio dei governi dei paesi borghesi e lavorino per gli interessi delle proprie borghesie nazionali”?
Questo sarebbe stato inconcepibile nell’Internazionale Comunista di Lenin. Ci furono molti dibattiti accesi quando Lenin era vivo, e vi furono occasioni nelle quali Lenin stesso si trovò in minoranza. Ma mai gli venne in mente di dire, “bene, possiamo avere una dichiarazione congiunta che eviti gli argomenti della polemiche e poi ogni fazione può avere le sue dichiarazioni separate riguardo agli argomenti sui quali discordiamo”. Una simile procedura si fa beffe dell’idea stessa di un’Internazionale Comunista, che dovrebbe essere basata su principi centralisti democratici, non sull’“unanimità” e sicuramente non sul “consenso”.
L’asprezza della rottura che ha avuto luogo all’incontro dell’Avana è il risultato della guerra in Ucraina, che scoperchia questioni cruciali, ma anche del metodo utilizzato in questi incontri dell’IMWCP aò fine di smussare le differenze.
Ci sono anche numerosi partiti presenti che sembra non abbiano firmato nessuna delle due dichiarazioni sulla guerra in Ucraina, inclusi il Partito Comunista Britannico, il Partito Comunista Francese, il Partito Comunista Spagnolo (PCE) e il Partito Comunista Cubano, tra gli altri.
La polemica all’incontro dell’Avana è proseguita con una serie di attacchi reciproci da parte dei partiti che avevano aderito e dichiarazioni pubbliche da parte del KPRF, l’RKRP, il KKE, etc. La rottura manifestatasi all’incontri dell’Avana ha avuto gravi conseguenze per molti dei partiti coinvolti.
Ciò ha portato a una scissione nell’RKRP, che ha colpito in particolare la sua organizzazione giovanile e il suo fronte sindacale. Il partito si è ridotto all’osso. La posizione social-sciovinista assunta dalla direzione dell’RKRP nei confronti della guerra in Ucraina, in aperta contraddizione con la sua rivendicazione di lottare per i principi marxisti e leninisti, lo ha distrutto. Fino ad ora, la direzione poteva dire di situarsi alla sinistra del KPRF, ma adesso hanno adottato esattamente la stessa posizione sciovinista. L’ipocrisia e la doppiezza della direzione del partito in pubblico e nei confronti dei suoi stessi iscritti è stata finalmente smascherata.
Le divisioni tra i partecipanti dell’IMWCP hanno portato alla fine alla decisione, presa dal KKE, di sciogliere l’Iniziativa dei Partiti Comunisti e Operai d’Europa, l’equivalente europeo dell’IMWCP, e probabilmente porteranno alla dissoluzione dell’ IMWCP stesso al prossimo incontro in Turchia (previsto per il fine settimana del 20-22 ottobre, ndt). Bisogna trarne delle lezioni. Un’internazionale può essere costruita solo sulla base della chiarificazione politica e dell’accordo sui principi, non sulla diplomazia e su una fraseologia vuota.
La cosiddetta PiattaformaMondiale Anti-imperialista
Le divisioni tra i partiti comunisti che sono emerse all’incontro dell’Avana erano state anticipate dalla formazione della cosiddetta Piattaforma Mondiale Anti-imperialista promossa dal Partito Democratico del Popolo della Corea [attivo nella Corea del Sud, ndt] e con la partecipazione di diversi partiti dell’IMWCP,. L’organizzazione della Piattaforma sembra avere molte risorse e ha organizzato cinque incontri internazionali nel corso di un anno, con tutte le spese pagate (due a Parigi, uno a Seoul, uno a Belgrado e uno a Caracas).
La linea politica di questa Piattaforma viene formulata molto chiaramente nella “Dichiarazione di Parigi”, fondativa. I punti principali sono: “non ci sono dati economici per giustificare la caratterizzazione della Cina o della Russia come paesi imperialisti”; “che la Russia, la Cina e la Corea del Nord sono gli obiettivi dell’aggressione imperialista perché rappresentano una grave minaccia all’egemonia mondiale degli imperialisti”; “Dobbiamo sfidare la prassi ingannevole e pericolosa di certe forze che si definiscono “comuniste” e “socialiste”, che hanno dichiarato che la guerra in Ucraina è un conflitto ‘inter-imperialista’ nel quale entrambe le parti sono ugualmente aggressive e deprecabili”, e ancora: “La Russia e la Cina in particolare sono capaci non solo di difendersi dalle angherie imperialiste ma anche di aiutare paesi piccoli o economicamente deboli in via di sviluppo a prendere una posizione indipendente e a liberarsi dalla colonizzazione imperialista e dalla schiavitù del debito”. Come conseguenza di ciò, la Piattaforma sostiene che la gente “dovrebbe essere istruita” su queste questioni e che gli anti-imperialisti dovrebbero battersi per la vittoria della Russia e della Cina: “Vittoria alle forze di liberazione nazionale e della resistenza anti-imperialista!”.
I gruppi coinvolti in questa Piattaforma compongono una strana amalgama di piccole sette maoiste, organizzazioni titoiste, alcuni gruppi italiani marginali, etc. Il Partito Comunista Operaio Russo ha tipicamente fatto il gioco del gatto col topo. Pur partecipando agli incontri e difendendo pubblicamente le principali idee della Piattaforma, si è astenuto dal firmare effettivamente la dichiarazione nel tentativo di crearsi una copertura.
Al fianco di alcuni partiti che possono essere considerati di sinistra in un modo o nell’altro, nella Piattaforma ci sono anche alcune organizzazioni apertamente reazionarie. Tra queste c’è Vanguardia Española, una setta sciovinista spagnola, che mescola l’appoggio alla colonizzazione spagnola dell’America con riferimenti al marxismo. Questo non è troppo sorprendente. Una volta che si abbandona un punto di vista di classe e si adotta una posizione sciovinista, tutto è possibile. In effetti, una delle cause scatenanti della scissione nel RKRP è stato lo spostamento della sua direzione verso un lavoro congiunto con il gruppo di Limonov, il Partito Nazional Bolscevico della Russia, apertamente fascista. Contemporaneamente il Partito “Comunista” di Marco Rizzo (anch’esso parte della PMA) costituiva un’alleanza elettorale con esponenti che aveva avuto legami con il partito fascista Forza Nuova, tutto in nome della “difesa della sovranità nazionale”.
Fa anche parte della Piattaforma il partito al governo del Venezuela, il PSUV, che negli ultimi anni ha condotto una politica contraria a tutto ciò che aveva portato alle conquiste e agli avanzamenti della Rivoluzione bolivariana sotto Chavez. La sua politica ha incluso la privatizzazione delle fabbriche che erano state precedentemente nazionalizzate; la confisca della terra ai contadini per restituirla ai vecchi latifondisti; l’incarcerazione degli attivisti sindacali e la messa in atto di un brutale pacchetto di austerità per fare pagare ai lavoratori il prezzo della crisi capitalista.
Oltre a ciò, negli ultimi mesi, il PSUV ha utilizzato l’apparato dello stato per lanciare un attacco contro il Partito Comunista Venezuelano (PCV), che si è spinto fino a far rimuovere la direzione eletta del PCV dalla Corte Suprema e sostituirla con una direzione -fantoccio composta da gente che non apparteneva al partito. Questo è stato fatto per prendere il controllo delle liste elettorali del partito.
In termini di dimensioni, la cosiddetta Piattaforma Mondiale Anti-imperialista è abbastanza irrilevante. Ma le posizioni che promuove sono più diffuse, soprattutto l’idea che in qualche modo la Cina e la Russia siano anti-imperialisti e giochino un ruolo progressista nelle relazioni mondiali.
La Russia e la Cina sono anti-imperialiste?
Abbiamo affrontato queste questioni in dettaglio altrove (vedi: L’imperialismo oggi e il carattere di Russia e Cina), ma dovrebbe essere chiaro a tutti che entrambi questi paesi sono capitalisti. In Russia, il capitalismo è stato restaurato dopo il 1992 dalla direzione degenerata del Partito Comunista dell’Unione Sovietica – un ceto burocratico che non era contento di derivare i propri enormi privilegi dall’economia statale pianificata, e voleva invece convertirsi in proprietari privati di mezzi di produzione. Ciò è stato fatto attraverso il saccheggio della proprietà dello stato in un processo reazionario, che ha portato a un drammatico crollo del tenore di vita e della cultura che ha rigettato la classe lavoratrice indietro di decenni.
Dopo un periodo nel quale la nuova classe dominante capitalista era completamente sotto il dominio dell’imperialismo occidentale (rappresentato dagli anni di Eltsin), ha in seguito acquisito fiducia in se stessa e ha cominciato a affermare i suoi interessi, prima a livello regionale (Georgia, Ucraina, Caucaso) e poi, sebbene in misura minore, sullo scenario mondiale (Siria, Africa).
In Cina, il processo della restaurazione capitalista ha avuto luogo durante un periodo di tempo protratto nel quale il Partito “Comunista” è rimasto saldamente al potere. Oggi, tuttavia, esso serve dei rapporti di proprietà totalmente differenti: non più quelli dell’economia pianificata, bensì quelli di un’economia capitalista. Inizialmente, questa transizione è avvenuta permettendo al capitale straniero di entrare nel paese. Ma progressivamente, la classe capitalista cinese ha iniziato a affermare i suoi interessi particolari, sotto la protezione dello stato cinese. Sempre di più, la Cina si è trasformata in una potenza imperialista, sebbene in una posizione di relativa debolezza rispetto all’imperialismo statunitense. Essa esporta capitali, che investe all’estero per assicurarsi risorse energetiche e materie prime, per proteggere le proprie rotte commerciali e per controllare settori di investimento e mercati per le sue esportazioni. In questo processo, è entrata in conflitto con l’imperialismo statunitense, la potenza dominante mondiale. Questo è il significato delle tensioni commerciali e militari tra i due.
Tuttavia, dobbiamo avere il senso delle proporzioni. L’imperialismo statunitense è ancora la potenza dominante nel mondo, in ragione del suo peso economico e del controllo del sistema finanziario internazionale. La sua potenza militare deriva dalla sua potenza economica e dalla superiore produttività del lavoro che è in grado di raggiungere. Sì, l’imperialismo statunitense è in un declino relativo, ma soltanto relativo. Sì, la Cina e in misura minore la Russia sono delle potenze imperialiste in ascesa, ma sono ancora molto più deboli degli Stati Uniti.
Il compito dei comunisti non è di appoggiare un blocco contro l’altro, ma invece di difendere ovunque gli interessi della classe lavoratrice contro quelli della classe dominante, prima di tutto della nostra classe dominante a casa nostra.
La scissione del Partito Comunista Brasiliano
La ricaduta politicamente più interessante dello scontro tra i differenti partiti comunisti sulla guerra in Ucraina è la recente scissione nel Partito Comunista Brasiliano (PCB), che è stata provocata direttamente dalla partecipazione della sua direzione a questi incontri della Piattaforma Mondiale Anti-imperialista, una mossa che era contraria alla politica del partito per come era stata discussa nel suo ultimo congresso.
All’interno del PCB, si è formata un’opposizione di sinistra contro la politica di appoggio agli interessi delle classi dominanti della Cina e della Russia. L’ex-segretario generale del PCB, Ivan Pinheiro, era critico della partecipazione del partito agli incontri del PAM e le dichiarazioni lì rilasciate dalla direzione del partito. Dopo che gli è stato impedito burocraticamente di esprimere internamente le sue posizioni critiche, ha deciso di pubblicare un documento pubblico a giugno.
La direzione del PCB ha risposto all’appoggio crescente all’opposizione di sinistra attorno a Pinheiro, particolarmente forte nella gioventù del partito, ricorrendo a misure burocratiche e a espulsioni. L’opposizione di sinistra ha chiesto che il congresso del partito, a lungo rimandato, si riunisse, cosicché tutte le differenze potessero essere discusse democraticamente. Questo era l’ultima cosa che la cricca al vertice desiderava, dal momento che temeva di diventare una minoranza se si fosse tenuto un dibattito democratico nella sua base. Le cose sono precipitate alla fine di luglio, quando la direzione ha deciso di espellere in modo pretestuoso cinque membri del comitato centrale, incluso lo stesso Pinheiro.
Piuttosto che demoralizzarsi, i compagni espulsi sono passati al contrattacco, lanciando un Manifesto per la Ricostruzione Rivoluzionaria del PCB. Con il passare delle settimane, un numero crescente di organizzazioni di partito, locali e regionali, cellule e organizzazioni giovanili (UJC) hanno dichiarato il proprio appoggio all’opposizione di sinistra e si sono espresse in favore del PCB RR. Come spiega Ivan Pinheiro:
“Credo che lo scoppio della guerra in Ucraina sia stata la miccia che acceso un’intensa polarizzazione… ci ha costretto a discutere su questioni che molti di noi erano restii a affrontare, incluso il carattere dello stato cinese e la rilevanza dell’imperialismo, l’illusione della classe nel cosiddetto multipolarismo, il ruolo dei comunisti di fronte alla guerra tra borghesie nazionali che trasforma i proletari in carne da cannone e che è inseparabile dalle contese inter-imperialiste”.
Lo spostamento a destra della direzione del PCB non si è limitato alle questioni internazionali. Come ha sottolineato l’opposizione di sinistra di Pinheiro, essa andava di pari passo con un crescente adattamento alla democrazia borghese e al governo di Lula, che è un governo di aperta collaborazione di classe. Il fatto che il PCB riceva il finanziamento statale ai partiti elettorali aiuta la burocrazia di partito a ritagliarsi uno spazio di indipendenza dalla base del partito, cristallizzando così le sue tendenze riformiste.
Accogliamo con entusiasmo la lotta condotta dall’opposizione di sinistra espulsa del PCB e i loro tentativi di una ricostruzione rivoluzionaria. Ci troviamo in stretto accordo con i compagni sulle questioni chiave della politica internazionale e nazionale, e questo pone le basi per una collaborazione fraterna, così come collaborammo dieci anni fa quando Pinheiro era segretario generale del partito. Questa collaborazione si era estesa alla questione dell’Ucraina e della lotta contro il regime di Maidan nel 2014. Certo, ci sono differenze tra le nostre organizzazioni- inevitabilmente – ma concordiamo su una questione fondamentale: ci schieriamo fermamente in difesa del principio della lotta di classe proletaria contro ogni collaborazione con la borghesia e con ogni forma di “politica delle due fasi”, che rimanda la rivoluzione socialista a un futuro lontano.
Una ribellione della gioventù: torniamo a Lenin!
La polemica sulla posizione riguardo alla guerra in Ucraina non è stato l’unico elemento nella crisi del PCB. C’è un altro elemento, che è comune alla crisi di numerosi partiti comunisti in tutto il mondo.
Nell’ultimo periodo, e in particolare durante la pandemia e il lockdown, un settore di giovani si è unito al partito, attratto dalla denominazione comunista. Questi erano settori nuovi e freschi, pervasi da uno spirito rivoluzionario e si sono scontrati velocemente con la direzione, che era incapace di offrire loro ispirazione e formazione politica. Alcuni di questi nuovi giovani che avevano reclutato sono diventati abbastanza popolari su diverse reti sociali per la loro difesa delle idee del comunismo. La loro popolarità è stata vista come una minaccia alla direzione del partito, e così sono stati i primi a essere colpiti dalle misure burocratiche. L’utilizzo di misure amministrative per risolvere dibattiti politici è un chiaro segnale di una direzione che non ha fiducia nelle proprie idee.
Questo fenomeno, l’afflusso di giovani nei partiti comunisti, attratti dal nome e dai simboli, e il loro rifiuto delle politiche riformiste e del cretinismo parlamentare della direzione e dell’utilizzo di misure burocratiche per reprimerli, è abbastanza diffuso. Il Partito “Comunista” di Rizzo in Italia ha perso la sua organizzazione giovanile. Il Movimento Giovanile Connolly (CYM) ha rotto con il Partito Comunista Irlandese all’inizio del 2021, dopo una serie di rotture e conflitti. In Spagna il PCE ha da poco espulso l’intera direzione della sua giovanile, l’UJCE, e ha nominato una direzione fantoccio, dopo che i giovani avevano sviluppato forti critiche al riformismo dei dirigenti del PCE ed erano stati zittiti nell’ultimo congresso del partito. La lista continua.
In molti di questi casi, i nuovi giovani elementi radicali hanno gravitato attorno alla figura di Stalin, come reazione al riformismo della direzione del partito. Questo è comprensibile, ma è scorretto.
Una veloce analisi delle politiche di Stalin dimostrerebbe che queste rappresentano una rottura fondamentale con Lenin e con il leninismo. Mentre Lenin difendeva fermamente una strategia di sfiducia nei confronti dei liberali borghesi e la necessità della presa del potere da parte della classe operaia, Stalin riprese la teoria menscevica delle “due fasi”, una politica di alleanza con la “borghesia progressista”, che portò al disastro in Cina, in Spagna e altrove. Mentre Lenin si opponeva alle “istituzioni internazionali” come la Lega delle Nazioni, che descrisse come un “covo di banditi”, Stalin portò l’Urss dentro la Società delle Nazioni nel 1934. Mentre Lenin difendeva l’internazionalismo proletario, Stalin corteggiò le differenti potenze imperialiste, e infine sciolse l’Internazionale Comunista nel maggio 1943 come gesto di buona volontà.
Sulla questione dei metodi della democrazia di partito e del centralismo democratico, dobbiamo dire che in molti casi questi giovani sono stati vittime di metodi burocratici, che sono tipici dello stalinismo e non hanno nulla a che vedere con la bandiera limpida del centralismo democratico leninista. Mentre Lenin era vivo, il dibattito fioriva su molte questioni differenti all’interno dell’Internazionale Comunista e del partito russo: le negoziazioni di Brest-Litovsk, la questione sindacale, la Nuova Politica Economica, il fronte unico, la partecipazione al parlamento e ai sindacati, etc. Questo rendeva il partito e l’Internazionale più forti, non il contrario.
Dobbiamo chiedere a quei compagni che sono militanti dei partiti comunisti e che si sono correttamente posti all’opposizione di considerare queste questioni con cura, dal momento che non rivestono semplicemente un interesse storico. Al contrario, sono estremamente rilevanti nella discussione che sta avendo luogo oggi nei partiti comunisti riguardo all’imperialismo, al carattere di Russia e Cina, al ruolo dei BRICS, all’idea di un cosiddetto mondo “multipolare”.
Certo, alcuni diranno: “ma voi siete trotskisti!”. Sì, lo siamo. Difendiamo le idee e le tradizioni di Trotskij, ma pensiamo che queste non siano differenti dalle idee e dalle tradizioni di Lenin. Su tutte le questioni menzionate sopra (indipendenza della classe operaia, opposizione alla collaborazione con la borghesia, internazionalismo proletario, e una forma centralista democratica di organizzazione) non c’era differenza tra Lenin e Trotskij dopo il 1917.
È vero che molti di coloro che si fanno chiamare “trotskisti” hanno di fatto capitolato di fronte alla classe dominante e in relazione alla guerra in Ucraina hanno adottato una posizione di tradimento filo-imperialista. Questo è il caso ad esempio della cosiddetta Quarta Internazionale, il cui slogan scandaloso è “sanzioni alla Russia, armi all’Ucraina”. Sono de facto dalla stessa parte dell’imperialismo Nato, cioè della loro classe dominante, in questa guerra.
Questo non ha nulla a che vedere con le vere idee di Trotskij ed è il risultato dell’aver abbandonato un punto di vista di classe, allo stesso modo di quei partiti “comunisti” il cui appoggio alla propria classe dominante imperialista non ha nulla a che spartire con Lenin o il leninismo, a dispetto di come essi dicano di definirsi.
Siamo fermamente convinti che in tutte queste questioni, che sono cruciali per i comunisti oggi, è necessario rompere con il riformismo, con lo sciovinismo e adottare un punto di vista di classe basato su posizioni di principio. Cioè, è necessario tornare a Lenin. In questo modo, si possono porre le basi per la ricostruzione di una genuina e rivoluzionaria Internazionale Comunista che può solo essere creata attraverso la lotta politica e non attraverso combinazioni diplomatiche.
6 ottobre 2023