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La caduta di Avdiivka

di Alan Woods

 

L’annuncio del ministro della Difesa russo, che ha comunicato che le sue truppe hanno preso pieno controllo della città ucraina di Avdiivka, rappresenta un colpo devastante per l’Ucraina e quasi sicuramente un punto di svolta decisivo nella guerra.

Avdiivka (Avdeyevka in russo) ha vissuto un decennio di guerra. Venne occupata nel 2014 dalle forze della Repubblica di Donetsk. Quando gli ucraini ricatturarono la città, vi costruirono imponenti fortificazioni.

Da allora, è stata considerata una roccaforte virtualmente imprendibile, la cui cattura si sarebbe rivelata difficile, se non impossibile, per i russi. Inoltre, il governo ucraino aveva insistito continuamente sul fatto che si trattasse di una posizione vitale strategica, la cui perdita avrebbe inferto un pesante colpo alla speranza di una vittoria ucraina.

Per tutte queste ragioni, la caduta di Avdiivka avrà gravissime ripercussioni sul morale della popolazione ucraina in generale, e delle forze armate ucraine in particolare.

Quella che veniva considerata come una delle posizioni più solide e fortificate sulla linea di difesa ucraina è caduta. Ancora si possono udire sporadiche sparatorie, ma la battaglia per Avdiivka è ormai essenzialmente terminata.

Eppure, questi sviluppi sorprendenti che, si direbbe, dovrebbero occupare di diritto le prime pagine della stampa occidentale, sono state avvolte in quello che si può solo descrivere come un silenzio assordante.

La morte di Navalny

Alexei Navalny (immagine: Evgeny Feldman, Wikimedia Commons).

Al contrario, tutta l’attenzione dei media occidentali è stata assorbita da un’altra questione: la morte di Alexei Navalny in un campo di prigionia russo. Poiché egli era il principale leader in Russia dell’opposizione borghese-liberale, sostenuta dall’Occidente, la sua morte era abbastanza prevedibile, come hanno prontamente sentenziato i leader occidentali.

Il presidente americano Joe Biden e tutti gli altri si sono subito precipitati a dire che è stato ucciso su ordini diretti di Vladimir Putin. Ebbene, ciò potrebbe essere vero ed è perfettamente plausibile. D’altra parte, potrebbe non esserlo. Al momento, è impossibile dirlo con certezza.

Ma c’è qualcosa di molto sospetto nella premura indecente con la quale i leader del mondo occidentale si sono precipitati, con incontenibile soddisfazione, a unirsi al coro assordante che condanna l’uomo del Cremlino (che viene accusato regolarmente di ogni cosa, persino dell’andamento del meteo), dicendo che questa è una prova ulteriore, se di una tale prova ci fosse bisogno, della “barbarie russa”.

Certo, la morte di qualsiasi uomo o donna può essere considerata una tragedia. Eppure, i toni e i volumi assordanti del coro di condanna sembrano in qualche modo fuori luogo. Danno l’impressione che il mondo intero sia sceso in strada per protestare la morte di un uomo in Russia, sebbene sia improbabile che la maggioranza delle persone in Occidente sia a conoscenza di chi fosse costui.

Per quanto riguarda le manifestazioni in Russia, è difficile farsi un’idea accurata della loro ampiezza. Ma per svariate ragioni, è difficile che esse abbiano coinvolto qualcosa di più di un numero di persone relativamente piccolo. È, tuttavia, abbastanza evidente che questi manifestanti hanno dovuto fronteggiare arresti e brutalità da parte della polizia, che è la normalità nell’odierna Russia di Putin.

Ciò che colpisce è il fatto che la brutalità della polizia in Russia nei confronti dei manifestanti a favore di Navalny abbia dovuto ricevere una copertura mediatica così sproporzionata, mentre la violenza della polizia nei confronti dei manifestanti filo-palestinesi, che sta diventando sempre più brutale, viene a malapena considerata degna di menzione.

Accettiamo pure che, per ipotesi, in Russia sia stato ucciso un uomo su ordine del capo di Stato. Ciò viene considerato un crimine odioso contro tutti i valori dell’umanità.

Il ministro degli Esteri britannico, Lord Cameron, ha avvertito con un tono cupo che ci saranno “conseguenze”.

Ma quale sia la forma che dovrebbe prendere una simile punizione rimane avvolto nel mistero. Dal momento che le nazioni occidentali hanno già esaurito qualsiasi modo concepibile di punire il presidente Putin e la Russia, escluso l’assassinio o una dichiarazione di guerra, si trovano adesso con un arsenale di minacce quasi altrettanto vuoto quanto le proprie riserve di denaro e di armi per l’Ucraina. Le minacce, quindi, valgono poco più di una generosa porzione di aria fritta.

Il presidente degli Stati Uniti ha ripetutamente espresso la sua incrollabile opinione per cui l’uomo del Cremlino dovrebbe essere punito per la morte di un uomo.

Eppure, il buon amico di Joe Biden, Netanyahu, sta uccidendo un numero elevato di uomini, donne e bambini a Gaza ogni giorno da quattro mesi; e tuttavia questo non è stato presentato dalla stampa occidentale come prova di intenti omicidi o di una violazione delle norme di civiltà. Al momento attuale, ciò viene menzionato solo di sfuggita, mentre il massacro continua indisturbato e sicuramente impunito.

E ovviamente, Joe Biden adesso finge di essere molto dispiaciuto per le vittime innocenti a Gaza. Ma mentre è incapace di influenzare le azioni del presidente Putin in Russia, avrebbe tutti i mezzi a sua disposizione per fermare immediatamente le azioni omicide di Israele, interrompendo semplicemente tutti gli aiuti finanziari e militari.

Eppure, non fa nulla del genere. Armi e dollari continuano a fluire nelle casse di Israele e vengono utilizzati per uccidere civili a Gaza. L’uomo della Casa Bianca è così un complice dell’assassinio, non di un uomo, ma di innumerevoli uomini, donne e bambini innocenti.

Quale che sia la verità sulle circostanze della morte di Navalny, il coro della moralità offesa degli imperialisti occidentali può essere liquidato con disprezzo come l’ennesimo esempio della loro ipocrisia e del loro cinismo rivoltanti.

Il fatto è che questa notizia ha fornito loro un’occasione d’oro per oscurare altre notizie più importanti, che non provengono dalla Russia, bensì dall’Ucraina, dove gli eventi hanno preso una
piega molto drammatica negli ultimi giorni.

La caduta di Avdiivka

Il ministro della Difesa russo ha detto che le sue truppe hanno occupato Avdiivka, dopo un bombardamento a tappeto che ha lasciato la città quasi totalmente vuota e ridotta a un cumulo di maceria.

La caduta di Avdiivka è semplicemente una continuazione degli eventi che hanno seguito il fallimento catastrofico della controffensiva ucraina dell’estate scorsa. Esattamente come avevamo previsto, le forze ucraine non sono riuscite a penetrare le linee russe e sono state respinte subendo ingenti perdite.

La tattica impiegata dall’esercito russo ha seguito alla lettera la massima di Clausewitz, che spiegava come il fine della guerra non sia quello di conquistare città o territori, ma quello di distruggere le forze nemiche e renderle così incapaci di resistere.

L’obiettivo centrale è stato quello di sfinire le forze ucraine in una guerra di logoramento brutale. I russi sono stati in questo grandemente aiutati dalla stupidità della direzione politica e militare di Kiev, che insiste ostinatamente in una politica di offensive insensate per riconquistare il territorio perduto e rifiuta di prendere in considerazione qualsiasi idea di arretramento o di ritirata.

È questa la follia che ha segnato davvero il destino di Avdiivka e non, come ora provano a sostenere, la carenza di denaro e armi occidentali. La verità è che gli Stati Uniti, in particolare, hanno riversato miliardi di dollari e ingenti quantità di armi nel pozzo senza fondo della guerra ucraina.

Questo ha portato alla vittoria? Al contrario, ha trascinato l’Ucraina da un’azione insensata all’altra e infine all’inevitabile sconfitta. Eppure, questa verità lampante è del tutto incomprensibile per i leader miopi e testardi di Kiev e per i loro sostenitori imperialisti a Washington e a Londra.

Immagine: Wikimedia Commons.

I disastri al fronte e la stanchezza crescente per la guerra, tanto tra le truppe quanto tra i civili, hanno prodotto tensioni che hanno portato a una crisi politica negli ultimi mesi. Questa si è manifestata in uno scontro aperto tra il presidente Volodymir Zelensky e il suo comandante in capo, Valeryi Zaluzhnyi.

In una mossa che non ha precedenti nel bel mezzo di una guerra, il presidente è stato costretto a nominare un nuovo comandante per condurre la guerra. Questa crisi politica ha avuto un impatto molto pesante anche sul campo di battaglia.

Improvvisamente, sabato mattina, la situazione ha preso una piega drammatica, quando il generale colonnello Oleksandr Syrskyi, che ha preso il comando dell’esercito ucraino a seguito della destituzione teatrale del generale Zaluzhnyi, ha annunciato che le forze ucraine si erano ritirate verso posizioni più sicure fuori dalla città, apparentemente “per evitare l’accerchiamento e preservare le vite e la sicurezza dei soldati”.

Questa affermazione deve essere sembrata crudelmente ironica ai soldati sul campo, che avevano già preso la decisione di preservare le proprie vite e la propria sicurezza senza consultare i propri comandanti a Kiev, mediante il semplice espediente della fuga, per mettersi in salvo dall’avanzata delle truppe russe.

L’ordine di ritirata avrebbe potuto avere senso fino a una settimana prima, quando l’avanzata russa aveva chiaramente raggiunto un punto oltre il quale le truppe assediate nella città devastata sarebbero state esposte al rischio imminente dell’accerchiamento e dello sterminio.

Sarebbe facile incolpare il generale Syrskyi per questo fallimento. Ma sarebbe molto ingiusto. Dopotutto, era al comando da appena una settimana. La sconfitta militare a Avdiivka era interamente prevedibile già da molto tempo.

Circa due mesi fa, l’allora comandante in capo Zaluzhnyi avvertì che i russi avrebbero preso la città nel giro di tre o sei mesi. La previsione era abbastanza accurata, ma la sua tempistica era sfortunatamente inesatta. Le forze russe sono avanzate molto più velocemente e hanno organizzato l’attacco in maniera molto più efficiente di quanto egli avesse calcolato.

Questo fatto in sé rivela pienamente il grado di incompetenza ai più alti livelli del comando militare ucraino e anche l’inettitudine dei suoi servizi di spionaggio. In guerra, il tempismo ha sempre un’importanza decisiva.

In ogni caso, se Zaluzhnyi era convinto che i russi avrebbero inevitabilmente preso Avdiivka, ne consegue che l’insistenza imperterrita nel difenderla a tutti i costi è stato un errore fondamentale che ha messo in pericolo la vita di migliaia di soldati ucraini.

Qualsiasi comandante militare con un minimo di competenza avrebbe, in tali circostanze, preso immediatamente delle misure per evacuare tutte le truppe rimaste, che avevano eroicamente mantenuto le proprie posizioni in condizioni incredibilmente difficili e pericolose, e avrebbe salvato così molte vite – sebbene, a quel punto, una tale ritirata avrebbe comportato inevitabilmente ulteriori perdite. Ma questo ordine non è stato dato. Al contrario.

Lungi dal preparare una ritirata ordinata e sfruttare il tempo disponibile, pur ridotto, per erigere una linea di difesa più solida oltre la quale le forze ucraine potessero ritirarsi, i leader militari a Kiev hanno continuato a ripetere che la difesa di Avdiivka rivestiva un’importanza vitale e che doveva essere sostenuta a ogni costo. Zaluzhnyi non ha dato nessun ordine di ritirata per la semplice ragione che era troppo occupato a condurre la sua lotta di palazzo contro Zelensky per mantenere il suo stesso incarico. Così, quando l’ordine di ritirata è stato inoltrato, era ormai troppo tardi.

Non si è trattato di una ritirata, ma di una disfatta terribile. Immersi in scene di caos e di massacri indescrivibili, migliaia di soldati ucraini traumatizzati si sono arresi o sono fuggiti nel panico attraverso i campi dove sono rimasti preda di un bombardamento senza pietà dall’alto e della ferocia delle mitragliatrici.

Le scene che si stanno consumando adesso dentro e fuori Avdiivka sono scene di un orrore inenarrabile. Non è stata una battaglia, ma un bagno di sangue. Sopraffatti dai numeri, dalla potenza di fuoco e dalle manovre del nemico, i soldati ucraini rimasti a difesa della roccaforte devono affrontare adesso morte certa, a meno che non si arrendano e gettino via le proprie armi.

Si dice che alcune truppe ucraine siano rimaste imboscate nella cokeria di epoca sovietica, un tempo la più grande d’Europa. Il portavoce del ministro della Difesa russo, Igor Konashenkov ha detto:

Sono state prese misure per ripulire la città dai combattenti e per bloccare le unità ucraine che hanno abbandonato la città e si sono trincerate dentro l’impianto chimico e di coke di Avdiivka”.

Ma la televisione statale russa ha mostrato le bandiere giallo-azzurre ucraine tirate giù a Avdiivka e le bandiere tricolore bianche, blu e rosse innalzate anche sopra l’impianto di coke. A tutti gli effetti, la battaglia è terminata.

La domanda che adesso starà occupando le menti di molti ucraini è: a che serve tutto questo? Per cosa stiamo combattendo?

Comincia il gioco dello scaricabarile

La caduta di Avdiivka smaschera la totale falsità dell’atteggiamento con il quale i media occidentali hanno costantemente sottostimato le abilità di combattimento delle truppe russe, la qualità delle armi e dell’equipaggiamento a loro disposizione e la competenza dei loro comandanti.

Biden aveva già avvertito che Avdiivka sarebbe potuta cadere in mano alle forze russe a causa della carenza di munizioni, dopo mesi che l’opposizione repubblicana al Congresso stava bloccando un nuovo pacchetto di aiuti militari americani a Kiev.

Il ministro della Difesa ucraino, Rustem Umerov, ha detto: “Avdiivka ha mostrato la necessità di sistemi di difesa aerea moderni per contrastare i missili guidati e di armi a lungo raggio per distruggere le formazioni nemiche”. Ha anche ribadito la necessità di proiettili di artiglieria.

Questa vecchia storia ripetuta alla nausea suona ora chiaramente come un alibi per la sconfitta – che tale rimane.

Risulta che Biden abbia chiamato Zelensky sabato per riaffermare la continuazione dell’appoggio americano all’Ucraina, che ha collegato alla necessità urgente che il Congresso approvi il nuovo pacchetto di aiuti. La Casa Bianca ha poi additato i repubblicani, affermando che gli ucraini sono stati costretti a ritirarsi a causa dei “rifornimenti in esaurimento come risultato dell’inazione del Congresso”, il che ha portato alla “prima conquista di rilievo della Russia da mesi”.

Il gioco dello scaricabarile è così cominciato e in grande stile. Biden punta il dito contro i repubblicani al Congresso per aver sabotato, a suo dire, la consegna di denaro e armi a Kiev, tradendo così il popolo eroico dell’Ucraina.

La produzione occidentale di armi e munizioni è del tutto insufficiente per rifornire gli ucraini, che hanno continuato per tutto un periodo a sparare proiettili e missili come se non ci fosse un domani. Sfortunatamente, il domani è bruscamente arrivato.

Né la Russia, né l’Ucraina hanno fornito dettagli sulle proprie perdite nell’intensa battaglia per Avdiivka, come non li hanno dati per la guerra in generale. Le stime dei servizi di intelligence occidentali parlano di centinaia di migliaia di uomini che sono stati uccisi o feriti nella guerra da entrambe le parti. Quale che sia il dato veritiero, il fatto è che l’Ucraina non riesce a rimpiazzare queste perdite, mentre la Russia non soffre di alcuna mancanza di uomini, armi o munizioni.

Putin si è congratulato con un telegramma con il comandante russo responsabile delle truppe che hanno preso Avdiivka, il generale colonnello Andrei Mordvichev:

Gloria eterna agli eroi che sono caduti per assolvere ai compiti dell’operazione militare speciale!”.

Le forze russe hanno continuato a avanzare lungo tutta la linea del fronte, catturando una postazione dopo l’altra. Domenica, il giorno stesso della caduta di Avdiivka, le forze ucraine hanno registrato un’offensiva russa sul fronte meridionale nella zona di Zaporizhzhia.

È troppo presto per dire se sarà questo il prossimo obiettivo di quella che è chiaramente un’offensiva russa. Ma è fuori di dubbio che gli ucraini non hanno alcuna possibilità di arrestarla.

La verità sta cominciando a farsi lentamente strada anche nelle teste più dure a Washington e a Londra: le possibilità che l’Ucraina sconfigga la Russia sono adesso praticamente nulle. Sebbene la maggioranza dei politici non possa dirlo in pubblico, in privato si chiedono apertamente: possiamo permetterci di continuare così?

Tradimento

Mentre la battaglia per Avdiivka stava giungendo all’apice della ferocia, i capi di Stato occidentali si stavano riunendo in Germania per la Conferenza per la Sicurezza di Monaco (Munich Security Conference, MSC). Questo raduno di ricchi e di potenti è stato pubblicizzato come il principale forum internazionale per la discussione delle sfide più urgenti alla sicurezza internazionale.

Ma quest’anno lo stato d’animo contrastava nettamente con quello più ottimistico del 2023. Come ha detto Heather Conley, capo del fondo tedesco Marshall:

L’anno scorso è stato molto auto-celebrativo, pieno di speranza rivolta alla controffensiva ucraina”.

Ma la sconfitta umiliante di quella controffensiva ha mandato in frantumi le sciocche illusioni e ha spinto almeno alcuni dei presenti a utilizzare il proprio cervello e a pensare: “Vedremo l’Ucraina soffrire sconfitte sul campo, potremmo vedere avanzate significative dell’esercito russo, mentre gli ucraini sono rimasti senza munizioni”, ha detto Conley.

Il pessimo umore alla conferenza di Monaco è evidente in un report del NY Times:

Lo stato d’animo di amarezza contrastava fortemente con quello di appena un anno fa, quando molti degli stessi partecipanti – capi dei servizi segreti e diplomatici, oligarchi e analisti – pensavano che la Russia si sarebbe potuta ritrovare sull’orlo di una sconfitta strategica in Ucraina. Si dibatteva rispetto a quanti mesi sarebbero serviti a respingere i russi oltre i confini che esistevano prima dell’invasione del 24 febbraio 2022. Adesso, quell’ottimismo appare nel migliore dei casi prematuro, nel peggiore dei casi un po’ delirante”.

Delirante è precisamente la parola giusta per descrivere la bolla artificiale nella quale i leader occidentali si sono assuefatti a vivere. E nonostante tutte le prove accumulate sul campo di battaglia, gli abitanti di questa bolla sembrano abbastanza a proprio agio con i propri deliri.

Tra una festa di ricevimento e l’altra, questi gentiluomini e gentildonne agiati non vedono l’ora di incoraggiare il popolo ucraino, che patisce da tempo grandi sofferenze, a continuare la sua eroica resistenza all’aggressione russa. Come sempre, sono pronti a combattere fino all’ultima goccia di sangue ucraino.

Questo è, sicuramente, un tipo molto comodo di eroismo, a più di mille chilometri di distanza dai veri campi di battaglia inondati di sangue di Donetsk. Qui, la terribile realtà della guerra appare in forte contrasto con gli assurdi deliri che persistono nelle menti dei leader negli Stati Uniti e in Europa – sempre che possiedano qualcosa di simile a una mente.

Jens Stoltenberg, il norvegese con la faccia di pietra che si fa chiamare Segretario Generale della NATO, ha occupato con naturalezza il posto di onore in qualità di riconosciuto promotore di pace, sicurezza, e di tutto ciò che di buono e santo esiste, ma anche della democrazia e di tutti gli altri principi fondamentali dei valori occidentali e cristiani.

Era anche presente la vedova di Alexei Navalny, il cui contributo al mantenimento della sicurezza europea sembra limitarsi alle richiesta che l’Occidente vada in guerra con la Russia.

Questa era musica per le orecchie di Stoltenberg, che non si è risparmiato nel fare pieno uso di queste parole per adornare il suo solito discorso bellicoso e belligerante.

Ha fatto appello alla Russia a rispondere a “importanti domande” sulla morte di Alexei Navalny, sottolineando che la Russia ne sia responsabile in ultima istanza, e che il modo migliore per onorare la memoria di Navalny è di continuare a appoggiare gli ucraini che lottano per la libertà e l’indipendenza. Così, ha messo le carte in tavola.

È stata anche degna di nota la presenza dei rappresentanti del complesso militare-industriale statunitense: il presidente e amministratore delegato della Lockheed Martin, James Taiclet e una delegazione dalla Boeing, incluso il presidente e amministratore delegato della Boeing Defense, Ted Colbert – tutto nella loro apparizione dava l’impressione di uno stormo di avvoltoi affamati che planano sopra i cadaveri sul campo di battaglia.

Una volta, qualcuno disse a Lenin “La guerra è terribile”, al che rispose: “Sì, è terribilmente redditizia”. Oltre all’odio ossessivo della Russia che persiste dai tempi della Guerra Fredda all’interno della Casa Bianca di Biden, ci sono interessi molto materiali che vanno a favore della continuazione più a lungo possibile della spaventosa carneficina in Ucraina.

Stoltenberg si è riferito con orgoglio all’aumento da record delle spese militari e della produzione bellica degli Alleati [NATO, Ndt] come esempi di come l’Alleanza si stia adattando a un mondo più pericoloso rendendolo ancora più pericoloso.

Una nota di preoccupazione è trapelata dal suo discorso, arrivato a questo punto. Profondamente scosso dal commento improvvisato da Trump sul fatto che gli Stati Uniti non sarebbero disposti a accorrere in difesa dei membri della NATO che non hanno rispettato i propri impegni finanziari, il signor Stoltenberg ha rimarcato che gli alleati europei e il Canada stanno incrementando gli aiuti a Kiev e ha avvertito che c’è una “necessità vitale e pressante” che gli Stati Uniti facciano lo stesso.

Stoltenberg stava chiaramente dirigendo le sue osservazioni al Congresso americano in generale e ai repubblicani in particolare. Ma questi ultimi non mostrano al momento alcun segno di allentare la propria opposizione all’invio di altro denaro nel buco nero dell’Ucraina. Che lo stessero ascoltando o no fa poca differenza.

Negli incontri con le delegazioni di entrambi i partiti del senato americano, Stoltenberg ha sottolineato come una NATO forte rientri negli interessi nazionali americani, e ha enfatizzato la necessità del fatto che gli Stati Uniti approvino urgentemente altri aiuti all’Ucraina.

Naturalmente, Volodymir Zelesnky non poteva mancare al raduno dei ricchi e dei potenti, ai quali può fare affidamento per ricevere l’appoggio e il plauso che tanto gli mancano proprio nel suo paese.

Così, in un momento di estrema emergenza nazionale, egli si trovava a Monaco, ancora una volta a una conferenza sulla sicurezza globale, per chiedere altre armi per riparare a quella che ha chiamato una carenza “artificiale” e per sottolineare la necessità imperiosa che gli Stati Uniti sblocchino il loro pacchetto di aiuti.

Si è congratulato con le sue truppe per aver “sfiancato” le forze russe a Avdiivka e ha lasciato intendere che la ritirata fosse stata in parte causata dalla carenza di armi. Non c’era nessun accenno nel suo discorso al fatto che aveva subito una grave sconfitta!

Adesso, [l’esercito, Nda] si rifornirà, aspetteranno le armi decisive, delle quali semplicemente non ce n’era abbastanza, semplicemente non ce ne sono abbastanza”, ha detto. “La Russia ha armi a lunga gittata, mentre noi semplicemente non ne abbiamo abbastanza”.

Quello che il presidente ucraino si dimentica di menzionare è che non è solo l’Ucraina a non averne abbastanza. È l’intera alleanza occidentale, le cui riserve di armi, missili e munizioni sono state così tanto svuotate dai cospicui invii in Ucraina, che non è più in grado di soddisfare le richieste che provengono da lui e dai suoi generali.
L’appoggio nei confronti di Zelensky sta rapidamente evaporando. Sta tentando di fare approvare una nuova grande mobilitazione, ma ciò sta incontrando una crescente resistenza da parte della popolazione che è ormai profondamente stufa della guerra e non crede più a niente di quello che il governo dice sulla prospettiva di una vittoria.

Le notizie dal fronte gradualmente scavano e diffondono un sentimento di scoramento e di disfattismo in mezzo alle truppe e alla popolazione civile.

La caduta di Avdiivka inasprirà enormemente il clima di disaffezione e rabbia, non solo contro Putin, ma in particolare contro i leader politici e militari a Kiev, che vengono incolpati di aver creato l’attuale situazione disastrosa.

Quanto questa situazione possa durare è difficile predirlo. Ma è abbastanza chiaro che il tempo a disposizione dell’Ucraina e dell’Occidente si sta esaurendo velocemente. Una vittoria ucraina sulla Russia è fuori questione. Il fatto è che questa possibilità non è mai esistita.

Il popolo dell’Ucraina è la principale vittima di questo crimine orrendo. Fin dall’inizio, sono stati ingannati con false illusioni e spinti in un conflitto evitabile e catastrofico con un vicino ben più potente.

Zelensky avrebbe dovuto ricevere il consiglio di cancellare il suo biglietto di ritorno a Kiev e di rimanere a Monaco, dove gli sarebbe garantito un pensionamento agiato. Nel suo stesso paese, l’appoggio nei suoi confronti sta crollando di giorno in giorno, se non di ora in ora.

Forse è presto per dire che la disfatta di Avdiivka segna la fine della guerra. Ma è sicuramente l’inizio della fine e niente può cambiarlo adesso.

In realtà, coloro che hanno spudoratamente tradito il popolo ucraino sono personaggi come Joseph Biden Boris Johnson e i loro complici-alleati nella NATO, che hanno spinto deliberatamente l’Ucraina in una guerra che non avrebbe mai potuto vincere e ora stanno cercando di prolungare l’agonia, le sofferenze e la morte di quel popolo i cui interessi dichiarano di difendere.

19 febbraio 2024

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