Colpo di stato in Myanmar: un altro chiodo sulla bara del liberalismo
10 Febbraio 2021
Rivoluzione n° 75
12 Febbraio 2021
Colpo di stato in Myanmar: un altro chiodo sulla bara del liberalismo
10 Febbraio 2021
Rivoluzione n° 75
12 Febbraio 2021
Mostra tutto

La battaglia per la scuola è iniziata!

Sui principali giornali italiani negli ultimi mesi si sprecano i riferimenti alla “generazione perduta” o “dispersa”. Sarebbe più corretto parlare di una generazione abbandonata. Dall’inizio della pandemia tre milioni di studenti hanno avuto difficoltà a seguire le lezioni a distanza per mancanza di mezzi (al Sud il 20% degli studenti tra i 16 e i 17 anni) e 34mila ragazzi hanno già abbandonato la scuola o sono sul punto di farlo. Secondo un recente sondaggio Ipsos il 6% degli studenti dichiara che non andrà all’università a causa delle difficoltà economiche della propria famiglia e il 3% sta valutando di lasciare la scuola per aiutarla economicamente.

I continui provvedimenti di apertura, chiusura, riapertura, nazionali e regionali, compongono un quadro grottesco. Le prime regioni a riaprire tra il 7 e l’11 gennaio sono le prime a chiudere di nuovo i cancelli (Abruzzo, Trentino Alto Adige) e in Toscana alcuni Comuni hanno già previsto la chiusura. In Puglia il governatore Emiliano lascia scegliere alle famiglie tra didattica a distanza o in presenza e a Bari quasi nessun istituto raggiunge il 50% di studenti in classe. In Campania, tra le ultime regioni a riaprire le scuole (il 1° febbraio), il governatore De Luca parla già di “situazione fuori controllo” ci si aspetta una nuova ordinanza di chiusura.

Ogni regione va per la sua strada, ma ogni strada porta allo stesso identico risultato: a scuola si torna a pezzi, caoticamente, senza adeguate misure di sicurezza e a tempo determinato. Si discute solo se aprire o chiudere, ma nulla di serio è stato fatto, né si prevede, per garantire la sicurezza. Di fronte a un tale disastro la “generazione dispersa” ha deciso di concentrare le forze e unire le voci.

Centinaia di studenti sono stati protagonisti di occupazioni, presidi e scioperi della didattica. La protesta è partita da Milano, si è estesa a Roma, ha raggiunto Napoli. La spinta iniziale dopo le feste è stata alla riapertura, ma non certo alla cieca. Si lotta soprattutto per rompere l’inerzia e l’abbandono. La rabbia che percepiamo e le voci che sentiamo sono le stesse in ogni città. Gli studenti che sono scesi in piazza e hanno occupato le scuole parlano per sé e per i loro compagni che non lo hanno ancora fatto ma condividono i loro stessi disagi e le loro stesse richieste. Parlano anche per i loro compagni che hanno paura di tornare a scuola e ad oggi preferiscono restare a casa. Il grido è uno: “A scuola sì, ma non così!”. Sanno benissimo che se non si prendono provvedimenti seri e repentini, il rischio rimane alto. Non parlano solo di scuola ma attaccano l’intera gestione della pandemia e le scelte politiche che negli ultimi anni hanno corroso il sistema sanitario, oltre che quello scolastico.

Col cambio di governo i privilegiati di questo paese hanno trovato il loro più adatto portavoce. Anche loro parlano tanto dei “giovani” ma solo per immaginare in che modo possono usarli per soddisfare i loro appetiti: ci si lamenta che le competenze dei giovani sono troppo basse per le esigenze del mondo del lavoro, che le aziende non dispongono del “capitale umano” adatto e si invoca che dal “miracoloso” Recovery Plan giungano incentivi per garantire “un link stretto con le aziende, a cui riconoscere un solido ruolo educativo” (il Sole24 ore, 6 febbraio).

Le richieste degli studenti sono ben altre. C’è bisogno di portare avanti la lotta iniziata a gennaio, di rivendicare un massiccio piano di investimenti per mettere le scuole in sicurezza, riducendo il numero di alunni per classe, precettando gli spazi inutilizzati pubblici e privati per ricavare nuove aule, assumendo docenti, raddoppiando i trasporti, garantendo tamponi rapidi per gli studenti. C’è bisogno di rivendicare la fine dell’autonomia scolastica e di lottare per una scuola pubblica e di qualità. La lotta è appena iniziata: scendiamo in piazza, formiamo collettivi, coordiniamoci a livello locale e nazionale. Concentriamo le nostre forze, uniamo le nostre voci!

9 febbraio 2021

Condividi sui social