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11 Gennaio 2020Iran: l’uccisione di Qassem Soleimani – Opponiamoci all’aggressione dell’imperialismo USA!
Venerdì mattina all’alba (3 Gennaio 2020), in un atto di suprema arroganza l’amministrazione Trump ha portato avanti l’uccisione del generale iraniano Qassem Soleimani, e pure del capo paramilitare iracheno Abu Mahdi al-Mohandes all’aeroporto di Baghdad. Ancora una volta l’imperialismo statunitense sta aumentando l’instabilità del Medioriente.
Trump ha provato a dipingere l’attacco, che ha anche ucciso altri 8 iraniani e iracheni, come misura difensiva. Ma non è che l’esecuzione capitale dei capi di due stati su terreno straniero, che è stato eseguita senza cercare l’approvazione del Congresso.
Secondo Donald Trump, Soleimani stava pianificando un attacco imminente, che sarebbe costato centinaia di vite statunitensi. L’unica prova a sostegno è che Soleimani avrebbe visitato milizie appoggiate dall’Iran in Libano, Siria e Iraq, seguito da una visita al Ayatollah Khamenei in Iran. Quale parte di questo si traduce in un attacco imminente all’Usa è ancora un mistero.
Oltretutto, Soleimani era il massimo generale del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie iraniane all’estero. Non era operativo sul campo e quindi ucciderlo non avrebbe sicuramente fermato alcun piano di attacchi imminenti. Coloro che adesso stanno provando, dopo il fatto, a giustificare questo atto di aggressione imperialista sono gli stessi che ci hanno raccontato menzogne spudorate riguardo le cosiddette “armi di distruzione di massa” di Saddam e hanno fabbricato una così detta “minaccia imminente” al fine di giustificare il lancio dell’occupazione devastante dell’Iraq.
Trump, e quasi tutti i repubblicani come pure qualche democratico nel congresso, sostengono pure che l’attacco sia giustificato poiché Soleimani era dietro “all’uccisione di oltre 600 americani”. Ma si scordano di dire che Soleimani stava appoggiando milizie sciite che hanno combattuto contro le forze di occupazione statunitensi. Quell’occupazione ha finora portato alla perdita di almeno 1,5 milioni di vite irachene!
Inoltre, quelle stesse milizie erano allineate agli Usa nella guerra contro lo Stato Islamico. Infatti, alcune di queste sono ancora schierate a fianco delle truppe statunitensi.
Uno sfacciato attacco imperialista
Trump sostiene che Soleimani ha anche giocato un ruolo chiave nella repressione di movimenti di protesta in Iraq, Iran e Libano. Questo può anche essere vero, ma come possiamo vedere dall’affettuosa relazione tra Trump, la monarchia Saudita e il regime d’Israele, i diritti democratici dei manifestanti (o di chiunque altro se per questo) non sono mai stati una sua priorità. Infatti, i manifestanti iracheni in Piazza Tahrir hanno giustamente condannato l’attacco statunitense.
Questo non è altro che un sfacciato attacco imperialista che ha l’obiettivo di piegare due nazioni sovrane. È dovere di tutti i combattenti di classe, degli attivisti sindacali e dei rivoluzionari opporsi con forza a questo attacco e a qualsiasi altro aggressore imperialista in Medio Oriente. Dobbiamo svelare i veri interessi alla base di questa azione, che non ha nulla a che fare con la condizione dei poveri e degli oppressi in Medio Oriente, né con la tutela dei lavoratori e dei poveri occidentali, ma ha tutto a che fare con gli interessi ristretti della classe capitalista
L’unico fattore decisivo dietro la scelta di Trump è stato puramente il proprio interesse, come sempre. In particolare Trump è interessato a deviare l’attenzione dalla procedura di impeachment nei suoi confronti ma anche di mostrarsi come un uomo d’azione davanti ai suoi amici e ai nemici. Tentando di rifarsi dopo l’umiliazione frutto della sua passività dopo l’abbattimento di un drone a giugno e l’attacco agli stabilimenti di petrolio sauditi a settembre, Trump ha deciso di dare all’Iran una lezione.
È stato pungolato da un settore dei repubblicani e da elementi all’interno dell’apparato di sicurezza, che sono fermi nell’intenzione di provocare un conflitto con l’Iran al fine di ripristinare il prestigio dell’esercito statunitense dopo anni di battute d’arresto umilianti. Ma questa estrema miopia, una caratteristica chiave della classe dominante oggi, adesso rischia di gettare ancora più benzina sul fuoco in una regione che è già molto instabile. E il risultato finale non sarà a favore degli interessi di Trump o dell’imperialismo statunitense.
La pressione sta già crescendo per far ritirare le truppe statunitensi dall’Iraq. Le forze speciali americani sono state ritirate dalle posizioni di prima linea per difendere le basi statunitensi. Il parlamento iracheno sta compiendo dei passi per concludere gli accordi militari fra i due paesi al fine di far ritirare gli Usa dall’Iraq. Questo sarebbe un grave colpo all’imperialismo statunitense.
Ma proprio come un giocatore d’azzardo dopo una serie di perdite sul tavolo da gioco, Trump sta raddoppiando la sua puntata. Ha minacciato di bombardare 52 siti in Iran, alcuni dei quali sarebbero importanti siti culturali. Al piano del parlamento iracheno di espellere le forze statunitense dal paese, ha risposto minacciando di imporre sanzioni o peggio sull’Iraq. La classe dominante Usa sosteneva che l’invasione dell’Iraq fosse una maniera per introdurre democrazia e pace, eppure ora sta lanciando apertamente minacce serie contro le decisioni del parlamento iracheno. Quello che vediamo è l’imperialismo statunitense smascherato.
È vero che qualche democratico, guidato da Nancy Pelosi, si è opposto all’azione di Trump. Ma la loro obiezione non è contro la politica imperialista in Iraq, ma piuttosto come la stessa viene portata avanti! Il Partito Democratico, spesso presentato come il volto moderato del capitalismo Usa, ha gestito un massiccio aumento di campagne di bombardamenti all’estero durante la presidenza di Obama. Non sono meno imperialisti di Trump. La loro preoccupazione è che le azioni di Trump non siano vantaggiose per l’imperialismo americano.
Fare il gioco di Teheran
Su questo, potrebbero avere ragione. Nonostante Soleimani fosse una figura chiave nel regime iraniano, il suo assassinio ha soltanto fatto il gioco di Teheran. Nei mesi passati, l’Iran e i suoi alleati in Libano e Iraq sono stati attraversati da movimenti di massa potenti con potenzialità rivoluzionarie. Particolarmente in Iraq, ciò che è conosciuta come la Rivoluzione d’Ottobre ha preso di mira la povertà, la disoccupazione, la corruzione oltre che la quasi totale onnipresenza iraniana negli apparati statali.
In Libano, il governo guidato da Hezbollah è pure stato messo sotto pressione da un movimento rivoluzionario iniziato a settembre. Ma il regime non è stato capace di stabilizzare la situazione né in Libano né in Iraq. Infatti, Soleimani stava viaggiando freneticamente tra Beirut, Baghdad e Teheran al fine di coordinare l’impegno contro-rivoluzionario con gli alleati e marionette iraniani.
Nello stesso Iran, due giorni di proteste violente sono esplose dal nulla dopo tagli al sussidio ai carburanti a novembre. Molto rapidamente, queste proteste partite da rivendicazioni economiche, sono arrivate alla richiesta della caduta del regime. Quest’ultimo è stato soltanto salvato da un totale oscuramento dei media e una repressione che ha ucciso almeno 1500 persone, ne ha ferito migliaia e arrestate 10mila. Questa è stata una delle sfide più dure alla Repubblica Islamica nella sua storia quarantennale e ha lasciato il regime severamente indebolito.
In quei giorni, il regime ha fallito miseramente a organizzare una contro-manifestazione, riuscendo a raccogliere solo qualche decina di migliaia di persone. Ora il funerale di Soleimani ha raccolto milioni di persone da tutto l’Iran negli scorsi giorni. Scene simili sono state viste pure in Iraq dove 500mila persone hanno partecipato alle processioni funerarie. Gli attacchi di Trump e le minacce di un escalation hanno rafforzato il regime iraniano e indebolirà i movimenti rivoluzionari nel prossimo periodo.
Gli iraniani adesso stanno passando all’offensiva. In Iraq, dove lo scontro tra Usa e Iran per l’apparato statale iracheno sta covando da diversi anni, gli iraniani stanno premendo per una totale espulsione degli Usa, espellendo le loro truppe e epurando i suoi consiglieri dall’apparato statale. Stanno anche mettendo pressione sugli americani in Afghanistan, mentre si sono completamente ritirati dal trattato sul nucleare, ciò significa che probabilmente inizieranno lo sviluppo di armi nucleari.
E c’è ben poco che gli Usa possono fare a riguardo. Ci sono stati molti discorsi sugli scenari di guerra negli scorsi giorni, ma la possibilità che la situazione attuale porti a un’invasione americana dell’Iran è da escludere.
La popolazione statunitense è molto stanca di guerre, ed è perciò che una della promesse chiave della campagna di Trump nel 2016 era di ritirarsi dal Medioriente. Inoltre, il debito statale statunitense è a più di 23 migliaia di miliardi di dollari. Una nuova guerra che costi 5-10 migliaia di miliardi di dollari è fuori questione. Una nuova guerra importante degli Usa avrebbero ripercussioni sociali e politiche senza precedenti.
17 anni dopo l’invasione dell’Iraq, gli Usa hanno perso le guerre in Iraq e Afghanistan. L’Iran sarebbe un nemico ancora più formidabile. Il paese ha terreno montuoso, un esercito esperto e forte e una popolazione che è fortemente anti-imperialista. Possiede anche missili a lungo raggio e milizie armate alleate nella regione, che potrebbero colpire le decine di migliaia di truppe americane stanziate nell’area. Può anche chiudere le stretto di Hormuz, che è un passaggio obbligato per il petrolio verso il mercato globale. Questa sarebbe una grave minaccia alla fragile economia mondiale.
Contro l’imperialismo!
Gli eventi degli scorsi giorni sono stati più che altro un segno della debolezza dell’imperialismo statunitense piuttosto che della sua forza. Non c’è nessuna potenza simile forte come l’imperialismo Usa eppure in termini relativi questa stessa potenza non è forte come un tempo. Con lo svilupparsi degli eventi ciò diventerà più evidente. Come un terremoto che rivela le contraddizioni che si stavano accumulando sotto la superficie, il comportamento imprevedibile di Trump porterà allo scoperto il nuovo equilibrio di forze che si sta sviluppando nel Medioriente. In questa nuova situazione, l’imperialismo americano sarà obbligato a giocare un ruolo minore. Ma questo non significherà maggiore stabilità o un miglioramento delle condizioni per le masse della regione.
Il nostro compito è di opporci all’imperialismo. Solo rovesciando il capitalismo possiamo assicurare la pace e la stabilità mettendo fine a un regime marcio che significa guerra, miseria e sfruttamento per le masse.