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18 Dicembre 2025Introduzione all’edizione brasiliana di “Storia della filosofia – una prospettiva marxista”
di Alan Woods
“Senza teoria rivoluzionaria, non può esistere alcun movimento rivoluzionario” (Lenin, Che fare?)
Un viaggio di scoperta
La notizia della pubblicazione in Brasile del mio libro, Storia della filosofia – Una prospettiva marxista, è stata per me un momento di grande soddisfazione. Dimostra che si sta costruendo la sezione brasiliana dell’Internazionale Comunista Rivoluzionaria su solide basi.
[Il libro ‘Storia della filosofia, una prospettiva marxista’ può essere acquistato in traduzione italiana qui]
Ciò indica chiaramente che i compagni brasiliani sono desiderosi di studiare la teoria marxista e, in particolare, la filosofia, che è la base del metodo marxista, il materialismo dialettico.
Nel presentare questo libro, vi invito a seguirmi in un viaggio di scoperta. È un viaggio che intrapresi molto tempo fa e che ancora non è giunto a termine. Si tratta di un viaggio entusiasmante nelle idee, che ci porterà in terre lontane e ci metterà di fronte a numerose idee strabilianti ed originali.
Ci ritroveremo in presenza di alcuni dei pensatori più brillanti e originali che il mondo abbia mai visto. Come ogni viaggio, non sarà sempre facile.
Ma posso promettervi una cosa. Se persevererete fino alla fine, uscirete arricchiti da questo viaggio. Dopo di esso, la vostra comprensione del mondo e della società sarà molto più profonda di prima.
E sarete molto meglio equipaggiati con quelle armi ideologiche che sono un prerequisito indispensabile per portare a termine la trasformazione rivoluzionaria della società.
Questo grande viaggio non è altro che la storia della filosofia.
Una visione scientifica del mondo
Il marxismo è prima di tutto una visione scientifica del mondo. Si tratta di un’arma potente che ci fornisce gli strumenti necessari per analizzare e comprendere il mondo in cui viviamo. Solo se ci basiamo su una tale comprensione, saremo in grado di cambiare il mondo. Limitarsi a reagire alle ingiustizie del capitalismo senza fornire una spiegazione e un’analisi delle sue cause fondamentali non ci porterà da nessuna parte.
L’idea che possiamo fare a meno di un certo grado di conoscenza è in palese contraddizione con l’esperienza quotidiana. Infatti, la teoria è un elemento necessario in numerosi aspetti dell’esistenza umana, non solo in politica.
Qualsiasi ambito specifico dell’attività umana richiede una certa conoscenza teorica. Ciò è vero per qualsiasi campo dell’esistenza umana immaginabile: dalla falegnameria alla neurochirurgia all’ingegneria aerospaziale. Perché, allora, le cose dovrebbero essere diverse quando si tratta della lotta di classe?
I rivoluzionari hanno forse il diritto di affrontare l’importante questione della rivoluzione con un approccio dilettantesco, che non richieda uno studio diligente e preparazione teorica?
Per qualsiasi persona seria, questa domanda si risponde da sé.
Nonostante questo, ci sono alcuni, persino alcuni che si considerano “marxisti”, che negano o sminuiscono sistematicamente il ruolo della teoria.
Negano l’importanza della lotta ideologica, riducendola al campo della sfera di azione degli intellettuali piccolo borghesi. Queste cose, insistono, non hanno nulla a che vedere con la lotta di classe, che essi definiscono “la politica pratica”, e pertanto non rivestono alcun interesse per i lavoratori.
Un pregiudizio piccolo-borghese
È vero che i lavoratori non sono interessati alla teoria, che il campo delle idee è monopolio degli intellettuali piccolo-borghesi?
Questa idea non solo è falsa, ma è una squallida calunnia nei confronti della classe operaia. Tutta la mia esperienza ha dimostrato al di là di qualsiasi dubbio che i lavoratori sono affamati di teoria e di idee. Non si accontentano di una vuota agitazione. Non hanno bisogno che si ripetano loro costantemente cose che già sanno: che sono sfruttati dai padroni, che vivono in case fatiscenti, che la società è divisa in ricchi e poveri, e così via.
Essendo originario di una famiglia operaia del Galles del Sud, mi riempie di rabbia sentire questo tipo di frasi, che tradiscono esattamente la mentalità dello snob piccolo-borghese che non ha assolutamente alcuna conoscenza dei lavoratori, di cosa pensino e a cosa aspirino.
Uno snobismo così disgustoso è del tutto estraneo al comunismo e non trova alcun posto nelle fila di un’organizzazione autenticamente proletaria e rivoluzionaria.
I lavoratori seri chiedono una spiegazione di tutte queste cose e di molte altre. I lavoratori vogliono sapere.
E una volta che un lavoratore comincia a sviluppare un interesse sincero per la teoria marxista, diventerà un teorico molto più serio di qualsiasi dilettante piccolo-borghese proveniente dall’università.
“L’ignoranza non ha mai aiutato nessuno”
L’argomento per cui i lavoratori non sarebbero interessati alla teoria non è nuovo. Anche prima che scrivessero il Manifesto del Partito Comunista, Marx e Engels (i quali, ricordiamocelo, cominciarono la propria vita da rivoluzionari come studenti della filosofia hegeliana) condussero una lotta contro quei leader “proletari” che veneravano l’arretratezza e i metodi primitivi di lotta e resistevano cocciutamente all’introduzione della teoria scientifica nel movimento.
Lo scrittore russo Annenkov, che si trovava a Bruxelles durante la primavera del 1846, ci ha lasciato un resoconto molto interessante di una riunione durante la quale si accese un accalorato alterco tra Marx e Weitling, il comunista utopico tedesco.
Ad un certo punto, Weitling, che era un lavoratore, si lamentò che gli “intellettuali” (Marx e Engels) scrivessero di argomenti oscuri di nessun interesse per i lavoratori.
Accusò Marx di scrivere “analisi da tavolino elucubrate lontane dal mondo che soffre e dagli affanni del popolo”. A quel punto, Marx, che era solitamente molto paziente, si indignò. Annenkov scrive:
“Queste ultime parole, fecero infine sbottare Marx che, furibondo, batté un pugno sul tavolo facendo tremare la lampada e gridò balzando in piedi: ‘L’ignoranza non ha mai giovato a nessuno’.” (Colloqui con Marx ed Engels, p. 54, Einaudi 1977, corsivo nostro).
Weitling era ostile alla teoria e ad un lavoro di propaganda paziente. Come Bakunin, sosteneva che i poveri fossero sempre pronti alla rivolta.
Questo difensore della “azione rivoluzionaria”, contrapposta alla teoria, credeva che in presenza di capi risoluti, una rivoluzione potesse essere architettata in qualsiasi momento. Troviamo l’eco di queste idee primitive pre-marxiste anche oggi tra i marxisti.
Tuttavia, Marx, Engels, Lenin e Trotskij impiegarono moltissimo tempo a difendere e a sviluppare la teoria marxista, che consideravano correttamente come un’arma essenziale nella lotta rivoluzionaria per il socialismo.
In difesa del marxismo!
Alcuni anni fa, la tendenza rappresentata da Ted Grant ruppe con il gruppo settario guidato da Peter Taaffe. A seguito della scissione in Gran Bretagna, ci ritrovammo in una situazione molto difficile.
La scissione si consumò in coincidenza del crollo dello stalinismo in URSS e di una feroce offensiva ideologica della borghesia contro il marxismo e il comunismo. Il compito che ci si parava davanti era estremamente impegnativo.
Non avevamo una sede, avevamo pochi fondi e il nostro apparato consisteva in una macchina da scrivere. Ci mancava tutto, tutto tranne la cosa più importante di tutte: le idee corrette.
Ci domandammo quale fosse il nostro compito più importante in quel momento. Discussi di questo con Ted Grant e decidemmo che il nostro compito principale fosse cominciare una seria lotta ideologica in difesa del marxismo.
L’inizio di ciò fu la pubblicazione del libro La rivolta della ragione, scritto da Ted Grant e da me stesso.
Questo libro, che nel corso degli anni ha suscitato un grande effetto a livello internazionale, fu, che io sappia, il primo (e forse l’unico) tentativo di fornire una giustificazione teorica al materialismo dialettico, e in particolare alle idee del grande capolavoro filosofico di Engels, La dialettica della natura.
I nostri vecchi compagni del Militant, com’era prevedibile, non furono per nulla colpiti da questo. Al contrario, lo trovarono abbastanza divertente. Perché qualcuno dovrebbe perdere tempo a scrivere di questi argomenti al giorno d’oggi? Il capo di quella cricca di volgarizzatori [del marxismo, ndt] sogghignò: “Alan e Ted hanno abbandonato la politica rivoluzionaria per scrivere un libro di filosofia!”.
Questo piccolo aforisma ci dice davvero tutto quello che dobbiamo sapere sulla bancarotta di questi personaggi. E, alla fine, è stato il potere delle idee a garantire il nostro successo.
L’importanza della dialettica
Perché questa gente considerava superfluo scrivere del materialismo dialettico? Non è difficile coglierne la ragione.
Queste persone “intelligenti” si danno arie di possedere una conoscenza della dialettica ripetendo questa parola ad ogni frase. Certo! Tutti conosciamo le leggi fondamentali della dialettica! Ci sono così familiari che possiamo ripeterle a comando e applicarle meccanicamente ad ogni situazione data.
Non molto tempo fa, ebbi la sfortuna di leggere un lunghissimo documento che menzionava la parola dialettica ad ogni pagina, se non ad ogni frase. Eppure, non vi era un briciolo di dialettica dalla prima all’ultima pagina. Questo tipo di “marxismo” non vale nulla.
Fin troppo spesso, le persone che si considerano marxiste si accontentano di ripetere semplicemente alcuni assiomi elementari, senza preoccuparsi di studiarli in tutta la loro profondità.
Ripetono la parola “dialettica” come se fosse la formula incomprensibile di un incantesimo, esattamente come un vecchio prete cattolico ripete l’Ave Maria, senza soffermarsi un momento sul significato delle parole che sta bofonchiando.
Sono colpevoli di una sorta di pigrizia mentale, limitandosi ad indugiare sulla superficie, ripetendo inconsapevolmente quei pochi slogan e citazioni fuori contesto che hanno imparato a memoria e il cui autentico contenuto rimane per loro un libro chiuso.
Col tempo, hanno familiarizzato con alcune idee fondamentali. Ma Hegel spiegava che ciò è familiare non è compreso proprio perché è familiare (“Aber was bekannt ist, ist darum noch nicht erkannt”). In realtà, questo metodo è formalismo, uno schematismo molto ristretto e arido, che non ha assolutamente nulla a che spartire con il metodo scientifico del marxismo.
La lotta di Lenin contro la deviazione economicista
La battaglia di Lenin per la teoria ebbe inizio già nella prima fase della sua attività rivoluzionaria, quando criticò aspramente le teoria della cosiddetta tendenza economicista.
Questa gente si considerava “pragmatica”, in contrapposizione ai “puri teorici”. Pretendevano che i rivoluzionari si dovessero concentrare solo sulle questioni pratiche e quotidiane che interessavano i lavoratori, principalmente la lotta economica.
Rispondendo a queste idee sbagliate, Lenin sottolineò che ci sono tre tipi di lotta: economica, politica e ideologica. In tutta la sua vita, egli diede enorme risalto alla lotta ideologica, cui diede inizio con la sua battaglia contro la tendenza “operaista” rappresentata dagli economicisti russi.
Già nel 1902, Lenin spiegava nel Che fare?:
“Senza teoria rivoluzionaria non vi può essere movimento rivoluzionario. Non si insisterà mai troppo su questo concetto in un periodo in cui la predicazione opportunistica venuta di moda è accompagnata dall’esaltazione delle forme più anguste di azione pratica” (corsivo nostro).
Egli aggiunse che “solo un partito guidato da una teoria di avanguardia può adempiere la funzione di combattente di avanguardia”.
Queste idee sono altrettanto vere oggi di quanto non lo fossero quando Lenin scrisse queste righe, e altrettanto necessarie. I lavoratori e i giovani coscienti stanno cercando le idee del socialismo rivoluzionario, cioè del marxismo.
Ed è per questo che, al fianco della lotta quotidiana per il socialismo, riserviamo grande attenzione alla produzione del lavoro teorico. Ci opponiamo a tutti i tentativi di disfarsi della teoria marxista, di annacquare le idee e di abbassare il livello del movimento al minimo comune denominatore dell’“attivismo” privo di ragionamento.
Esso rappresenta un allontanamento fondamentale dal marxismo. Abbandonare o trascurare la teoria, la ricerca di una scorciatoia verso le masse, conduce inevitabilmente o nella palude dell’opportunismo o nel vicolo cieco dell’estremismo.
Lenin prendeva così seriamente la lotta ideologica che era pronto a rompere con l’intera direzione della fazione bolscevica sulla base di differenze filosofiche.
La rottura avvenne nel 1909, quando Lenin decise di rompere con Bogdanov e Lunacharsky piuttosto che fare la minima concessione al loro revisionismo in filosofia, al loro formalismo settario e alla loro linea politica estremista. Ciò avvenne dopo quasi due anni di lotta interna.
Tuttavia, quando si produsse la scissione, Lenin era riuscito a conquistare la maggioranza del partito alle posizioni del materialismo dialettico.
Questa vittoria sul piano ideologico non era nient’altro che la precondizione per la vittoria finale del proletariato russo nella Rivoluzione d’Ottobre.
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Il pensiero dogmatico
Il marxismo è l’opposto del pensiero dogmatico. L’esempio più chiaro di questo tipo di pensiero lo si trova nella religione. È impossibile discutere con un cristiano convinto, che risponderà con le parole di Tertulliano: “Credo quia absurdum est” (“credo perché è assurdo”).
Non è possibile rispondere a questa affermazione, dal momento che si fonda sul rifiuto del pensiero razionale in generale. Infatti, tutte le religioni si fondano sulla fede, non sulla logica, ed è impossibile discutere con la fede cieca, proprio perché è cieca.
Sfortunatamente, a volte si ritrova la stessa mentalità in molti gruppi settari che, per qualche ragione, si camuffano dietro il nome del marxismo o persino del trotskismo.
Questi settari, che somigliano straordinariamente ai fanatici religiosi, scavano nei testi di Marx, Lenin e Trotskij, finché, dopo essersi imbattuti in una qualche idea che si confà ai loro pregiudizi preconcetti, la estrapolano dal contesto e la presentano come una verità assoluta, immutabile e indiscutibile.
Quando lo si distorce in uno schema rigido e sclerotizzato, il marxismo si trasforma nel suo contrario: da metodo scientifico e profondo in un dogma senza vita che può essere applicato meccanicamente su richiesta a qualsiasi situazione o contesto.
Per citare un esempio che potrebbe risultarvi familiare: il capitalismo è incapace di sviluppare le forze produttive in qualsiasi circostanza.
Pertanto, la Cina non può aver sviluppato le forze produttive.
Pertanto, la Cina è una semi-colonia arretrata, sottosviluppata, dominata e controllata interamente dagli Stati Uniti.
Pertanto, il presunto conflitto tra la Cina e l’imperialismo americano è semplicemente un’invenzione o il frutto dell’immaginazione.
La logica di questo ragionamento sembra impeccabile e, in effetti, segue fedelmente le leggi della logica formale. Una volta che si accetta l’asserzione iniziale, il resto ne segue come la notte segue il giorno.
Per esempio:
Tutti gli scienziati hanno due teste.
Einstein era uno scienziato.
Pertanto, Einstein aveva due teste.
È ridicolo? Ovviamente lo è, perché non corrisponde ai fatti conosciuti. Ma come esempio di logica formale, esso è un esempio perfettamente valido di sillogismo aristotelico e, in quanto tale, deve essere considerato corretto.
Il problema, ovviamente, è che l’asserzione iniziale è falsa e, pertanto, il tutto crolla su se stesso.
Lo stesso si può dire dell’affermazione che il capitalismo non è capace di sviluppare le forze produttive in nessuna circostanza, dal momento che lo ha fatto in numerose occasioni, ad esempio, nel periodo successivo alla Seconda Guerra Mondiale.
La teoria per cui, nell’epoca dell’imperialismo, non sia possibile alcuno sviluppo delle forze produttive, viene considerata come valida in ogni momento, una chiave magica che apre tutte le porte.
Essa si basa su un’interpretazione fallace di quanto scrisse Trotskij nel 1938 nel Programma di Transizione, dove spiegava che le forze produttive avevano smesso di crescere.
Questo era corretto in quel momento ma Trotskij non affermò mai che questa era una verità che aveva un’applicazione universale, indipendente dal tempo e dallo spazio.
In effetti, egli già avvertiva di questo pericolo:
“Ma una previsione in politica non ha il carattere di uno schema perfetto; è un’ipotesi di lavoro… Non bisogna tuttavia inebriarsi con schemi fatti e finiti, ma fare continuamente riferimento al corso del processo storico e aggiustarli secondo le sue sollecitazioni” (Trotskij, 1930).
Trasformando una previsione condizionale in un’affermazione assoluta, valida in ogni momento e applicabile a qualsiasi circostanza, i settari hanno trasformato l’analisi scientifica di Trotskij in una totale insensatezza.
Il capitalismo non è eterno o stabile. In effetti, è meno stabile di qualsiasi altro sistema socioeconomico nella storia. Come ogni altro organismo vivente, cambia, si evolve e attraversa così varie fasi più o meno chiaramente distinguibili.
Nel corso del dibattito al Terzo Congresso dell’Internazionale Comunista nel 1921, Trotskij intervenne contro gli estremisti che rifiutavano l’idea che il capitalismo non avrebbe mai avuto una ripresa economica.
E Lenin insistette che non esisteva qualcosa come una crisi finale del capitalismo. A meno che non sia rovesciato dal proletariato, il capitalismo troverà sempre una via d’uscita anche dalla più profonda crisi economica.
E questo è stato chiaramente dimostrato dalla rivitalizzazione del sistema dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, quando le forze produttive videro una crescita che superò persino quella della Rivoluzione Industriale.
Non è questo il luogo per sviluppare una tesi che abbiamo già esposto in modo esauriente altrove. Basti dire che tutto il metodo usato per “dimostrare” che la Cina non ha sviluppato le forze produttive è falso dall’inizio alla fine.
Ma discutere con questa gente è abbastanza inutile, visto che per quanti fatti tu possa produrre per dimostrare che sono in errore, essi continueranno sempre ad affermare senza esitazione che due più due fa cinque e non quattro.
E dato che il loro dogma è corretto, se esso viene contraddetto dalla realtà, allora è la realtà, per definizione, a dover essere sbagliata.
Non serve dire che qualsiasi somiglianza tra questo metodo e il metodo dialettico del materialismo dialettico marxista è una semplice coincidenza.
Costruire sulla sabbia
A coloro che immaginano di poter costruire un movimento rivoluzionario serio senza teoria, possiamo rispondere soltanto con una rassegnata scrollata di spalle. Dovremmo anche ricordare loro le parole della Bibbia:
“Simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande.”
I veri comunisti devono costruire una casa su solide fondamenta:
“Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia.”
La roccia di cui parla la Bibbia è la roccia della fede religiosa. Naturalmente, questa non ci serve a nulla. La roccia su cui costruiamo la nostra organizzazione è la roccia granitica della teoria marxista.
Oggi siamo orgogliosi di dire che l’Internazionale Comunista Rivoluzionaria è l’unica tendenza al mondo che abbia coerentemente difeso la teoria marxista.
Senza teoria, non abbiamo ragione di esistere come una tendenza politica separata. È questo che ci distingue da un lato dai riformisti, tanto della varietà di sinistra quando di quella di destra, e dall’altro lato dai settari confusionari.
Libri come La rivolta della ragione sono diventati una pietra di volta per la difesa del materialismo dialettica, nello specifico nel campo delle scienze moderne, laddove esso segue da vicino le impronte dei grandi lavori teorici di Engels: l’Anti-Dühring e la Dialettica della natura.
E la Storia della filosofia rappresenta un simile avanzamento nella difesa della teoria marxista.
Perché studiare la storia della filosofia?
Per giungere ad una piena comprensione del materialismo dialettico, è necessario uno studio lungo e accurato.
Ma esiste una difficoltà insita nello studio della filosofia in generale, e della filosofia marxista in particolare, e che riveste un aspetto centrale nel libro che oggi vi presento.
Quando Marx ed Engels scrivevano del materialismo dialettico, potevano presupporre una conoscenza basilare della storia della filosofia da parte del pubblico dei lettori istruiti di allora.
Oggi, sfortunatamente, è impossibile partire da un tale assunto. Mi sento molto dispiaciuto per gli studenti di filosofia di oggi.
I giovani studenti che entrano con gli occhi luccicanti nei dipartimenti di filosofia, pieni di grandi speranza di venire illuminati, incorrono in un brusco disincanto oppure vengono trascinati nel velenoso letamaio dei farfugliamenti postmoderni, da cui non è possibile fuggire. In ogni caso, ne usciranno senza aver imparato alcunché di valido dai grandi pensatori del passato.
Non paghi di riempire le menti dei giovani con la spazzatura postmodernista, hanno l’audacia di introdurre la stessa immondizia nello studio della storia della filosofia.
Questi pigmei postmoderni hanno l’audacia di trattare i grandi pensatori del passato con disprezzo, visto che non si accordano al loro delirio.
Questo non è un caso.
La decadenza senile della moderna filosofia borghese
Evidentemente, agli alti prelati del postmodernismo non piace che venga loro ricordato il fatto che esisteva un tempo in cui i filosofi avevano davvero qualcosa di profondo e di importante da dire sul mondo reale.
Ci sono molti esempi del genere. In passato, i filosofi erano ribelli ed eroi.
Socrate venne costretto a bene un bicchiere di cicuta perché aveva sfidato le idee stabilite della società
Giordano Bruno venne condannato al rogo dalla Santa Inquisizione per le sue idee eretiche, che si rifiutò di ritrattare.
I filosofi materialisti dell’Illuminismo spianarono la strada alla Rivoluzione Francese. Ma oggi la situazione è abbastanza diversa.
L’atteggiamento della maggior parte delle persone verso la filosofia è di disprezzo o, piuttosto, di completa indifferenza. Ed è meritato. La moderna filosofia borghese presenta uno spettacolo davvero lamentevole, per citare Shakespeare:
“Infine l’ultimo atto, la vecchiaia,
che conclude questa curiosa storia così piena di strani accadimenti,
l’età chiama la seconda infanzia, l’età del puro oblio:
senza più denti, senza più vista, gusto, senza tutto.”
Ecco un epitaffio adatto da affiggere sulla tomba della moderna filosofia borghese.
Il significato della storia della filosofia
Eppure, è una vera disgrazia che nel volgere le spalle all’attuale deserto filosofico, la gente trascuri i grandi pensatori del passato che, al contrario dei moderni dilettanti, erano dei giganti del pensiero umano.
Nella storia della filosofia, abbiamo avuto numerose scuole di pensiero e non poche di esse spiccatamente originali, che aiutano ad illuminare questo o quell’aspetto della verità. Tuttavia, nessuno di questi sistemi filosofici, preso separatamente, è stato in grado di rivelare la verità intera.
La genialità di Hegel fu quello di concepire l’intera storia della filosofia come un unico processo del pensiero, che chiama Autocoscienza.
Hegel trattò la storia della filosofia, non come una sequenza priva di significato di idee sconnesse elaborate dai singoli pensatori, bensì come un tutto organico, in cui ogni fase nega la precedente, preservando allo stesso tempo tutto ciò che è necessario e valido nel suo contenuto reale, innalzandolo ad un livello superiore.
A ciò giunsero infine Marx ed Engels che, partendo da una analisi materialista della dialettica hegeliana, compirono una grande rivoluzione, che segnò l’emergere della filosofia dall’atmosfera oscura e stagnante della scrivania, verso l’alba luminosa, l’aria e la luce del giorno.
Fu questa grande rivoluzione filosofica a fornire le basi reali per la futura vittoria della rivoluzione proletaria. Essa non cadde dal cielo, ma fu il prodotto finale di numerose generazioni dei più avanzati e brillanti pensatori nella storia del mondo.
Il marxismo ha il dovere di fornire un’alternativa complessiva alle vecchie idee screditate. Tuttavia, non abbiamo il diritto di volgere le spalle ai grandi pensatori del passato, a quegli eroi che aprirono la strada a tutti i grandi avanzamenti della scienza moderna.
Abbiamo il dovere di riscattare tutto ciò che ha valore nella storia della filosofia, mentre scartiamo tutto ciò che è falso, obsoleto e inutile.
Si può imparare moltissimo dai filosofi greci, da Spinoza, dai materialisti francesi dell’Illuminismo e soprattutto da Hegel.
Essi furono pionieri eroici, che prepararono la strada per le brillanti conquiste della filosofia marxista e possono a buon diritto essere considerati come una parte importante della nostra eredità rivoluzionaria.
L’algebra della rivoluzione
Il rivoluzionario russo Alexander Herzen descrisse una volta la dialettica di Hegel come l’algebra della rivoluzione. Un’affermazione giusta.
Al fine di risolvere i problemi più urgenti della società, è necessario rovesciare l’intero edificio del capitalismo.
Ma per velocizzare la demolizione di questo sistema marcio, è necessario pulire il terreno demolendo l’ideologia putrida che lo sostiene.
Ciò mostra l’importanza vitale della comprensione delle idee che sono state modellate nel corso di un lungo periodo storico.
Ancora oggi, la filosofia rimane un campo di battaglia sul quale le due scuole antagonistiche e reciprocamente incompatibili del materialismo e dell’idealismo continuano a combattersi.
Proprio come dedichiamo un’attenzione scrupolosa alle lezioni che traiamo dalle grandi lotte di classe del passato, così abbiamo il dovere di studiare le grandi battaglie per le idee che costituiscono il significato essenziale della storia della filosofia.
Esattamente come la Rivoluzione di Ottobre, la Comune di Parigi e l’assalto della Bastiglia hanno mostrato la strada alla futura rivoluzione socialista che trasformerà il mondo intero, così le grandi battaglie filosofiche del passato hanno posto le basi per il materialismo dialettico, la filosofia del futuro.
È per questa ragione che ho scritto il presente libro. Esso è dedicato ad una nuova generazione di giovani rivoluzionari desiderosi di studiare e apprendere le idee dell’autentico comunismo.
Una parte importante della formazione dei nostri giovani quadri è lo studio scrupoloso della storia della filosofia. Se il mio libro può aiutare a stimolare e incoraggiarvi a farlo, avrò raggiunto il mio scopo.
Vi auguro un viaggio piacevole e proficuo.
Bon voyage!
Londra, 15 ottobre 2025
