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Il telescopio James Webb: un occhio su un universo infinito nel tempo e nello spazio

di David García Colín e Vincent Angerer

Trent’anni dopo il lancio del telescopio Hubble, è ora operativo il suo successore, il telescopio James Webb. I cosmologi del Big Bang si aspettavano che mostrasse le giovani galassie poco dopo l’“inizio” dell’universo. Ma dopo aver scrutato in profondità nel cosmo, il telescopio James Webb sta inviando immagini che sfidano la cosmologia consolidata e indicano un universo che è infinito nel tempo e nello spazio. [1]

Le immagini inviate dal James Webb Space Telescope hanno stupito il mondo. Sono le immagini dell’universo più nitide e di più vasta portata mai ottenute dall’umanità. Come ci si potrebbe aspettare, un astronomo gesuita che lavora presso l’osservatorio del Vaticano ha descritto queste immagini come “la rivelazione della creazione di Dio, dove possiamo vedere sia il suo potere sorprendente che il suo amore per la bellezza.” [2]

Tuttavia, lungi dall’esaltare la creazione di Dio, il telescopio James Webb sta ora cominciando a restituire dati che pongono serie difficoltà al moderno mito della creazione: la teoria del Big Bang. Scrutando più in profondità lo spazio, sta cominciando a sfidare i pregiudizi di lunga data sull’origine e sullo sviluppo dell’universo e a gettare una luce brillante su profonde e importanti questioni scientifiche e filosofiche.

Il telescopio James Webb è stato messo in orbita a 1,5 milioni di chilometri dal nostro pianeta proprio lo scorso dicembre, e dopo circa sei mesi di calibrazione e solo 12 ore di piena operatività, ha prodotto immagini strabilianti. Con il suo potente occhio di 25 metri quadrati, in grado di rilevare un’ampia gamma di luce infrarossa con una potenza cento volte superiore al suo predecessore (il telescopio Hubble), promette di rivoluzionare la nostra comprensione dell’universo e del nostro posto al suo interno.

In una conferenza stampa, la NASA ha mostrato cinque incredibili immagini. In una di queste immagini osserviamo la Nebulosa della Carena, situata a 7.500 anni luce dalla Terra: una massa di gas e polvere che è un vivaio per nuove stelle. Qui gli scienziati potranno studiare con precisione il processo di nascita delle stelle. Come ha spiegato la scienziata della NASA Amber Straughn: “Vediamo un vasto numero di stelle in cui si osservano scogliere cosmiche e un mare infinito. Stelle piccole sono visibili nella Nebulosa della Carena, dove la radiazione ultravioletta e i venti stellari formano colossali pareti di polvere e gas. Possiamo vedere centinaia di nuove stelle. Esempi di bolle e getti creati da stelle appena nate, con molte galassie che si vedono sullo sfondo.

Un’altra immagine sbalorditiva è quella della Nebulosa NGC 3132, nota come “Nebulosa anello del sud”. Mostra una stella nei suoi momenti morenti, a circa 2.500 anni luce dal nostro pianeta, circondata da una gigantesca sfera di gas che sembra una colossale ameba con al centro una stella luminosa in lenta agonia. Nella Carena gli scienziati possono studiare le stelle nella loro nascita, qui le vediamo nella loro morte.

Davvero sorprendente è l’immagine del telescopio James Webb del “Quintetto di Stephan”, a circa 300 milioni di anni luce da noi. Vengono catturate nell’inquadratura cinque galassie, di cui quattro in orbita l’una intorno all’altra, il primo insieme compatto del suo genere mai osservato. La colossale danza cosmica è apparentemente collegata all’esistenza di un buco nero, che emette gas con un’energia pari a circa 40 miliardi di volte la luminosità del Sole. Secondo l’astronoma dell’ESA Giovanna Giardino: “Non possiamo vedere il buco nero stesso, ma lo vediamo consumare il materiale che gli vortica intorno.” Usando questi ultimi dati, gli scienziati sperano di scoprire il tipo di interazioni che si verificano tra le galassie e il ruolo che tali danze turbolente giocano nella nascita delle entità cosmiche.

A soli 1.150 anni luce dalla Terra, osserviamo un gigantesco pianeta gassoso chiamato WASP-96b, circa la metà della massa di Giove, ma 1,2 volte più largo; all’interno della sua atmosfera sono state trovate tracce di acqua. Il vapore acqueo, un prerequisito primario per l’emergere della vita così come la conosciamo, potrebbe essere abbondante nell’universo. Dal 1995 sono stati scoperti circa 5.000 esopianeti (pianeti al di fuori del nostro sistema solare). Il telescopio James Webb aiuterà a studiarli e determinare se alcuni di essi possiedono le condizioni per la vita. Le nuove immagini mostrano la spettacolare varietà della materia in tutti i tanti incredibili momenti della sua evoluzione. Rivelano un universo che è teatro di colossali processi di nascita e distruzione, di tensioni inimmaginabili che generano stelle e galassie, e da cui emergono le condizioni per la vita; panorami mozzafiato che mostrano la complessità in evoluzione della materia nel suo sviluppo dialettico.

Il Big Bang 

 Forse la fotografia più spettacolare e ampiamente diffusa è stata quella di una vista straordinaria di galassie lontane nota come Webb’s First Deep Field (il primo campo profondo del James Webb). Secondo Bill Nelson, amministratore della NASA, rappresenta “una minuscola porzione dell’Universo, delle dimensioni di un granello di sabbia tenuto sul dito di un braccio teso”. In questa porzione di cielo che svanisce si possono osservare innumerevoli galassie di ogni forma immaginabile: allungate, appiattite, rotonde; altre così luminose da oscurare quelle vicine. “L’universo ci travolge”, ha detto Nelson. “Non siamo in grado di concepirlo e immaginarne l’immensità. Meglio con una fotografia? Non c’è immagine che possa rappresentarlo in tutta la sua grandezza, ma da questa settimana abbiamo la cosa che più si avvicina. Per tutta la settimana abbiamo guardato con emozione la prima foto che il telescopio James Webb ha catturato. Come sorriderebbe Carl Sagan oggi se avesse potuto vedere questa immagine!

Le più distanti di queste galassie – che appaiono come archi all’infrarosso a causa del loro cosiddetto “redshift” (spostamento verso il rosso), e del lensing gravitazionale, che ne distorce la forma apparente – hanno emesso la loro luce più di 13 miliardi di anni fa, secondo calcoli preliminari: solo poche centinaia di milioni di anni dopo il momento in cui l’intero universo sarebbe stato creato 13,8 miliardi di anni fa, secondo la teoria del Big Bang. L’osservazione di un numero sempre maggiore di galassie in tempi che riescono a malapena a seguire la presunta origine dell’universo solleva seri interrogativi sulla sensatezza della teoria del Big Bang. Come potrebbero esistere galassie luminose e completamente formate in quello che in termini cosmologici sarebbe considerato un attimo dopo la nascita dell’universo? È come guardare un adulto emergere completamente formato appena dopo il parto. Secondo i modelli più ampiamente accettati di formazione delle galassie, le galassie giganti sono formate da nubi piccole e deboli che gradualmente si uniscono attraverso fusioni cosmiche. Questo processo richiede miliardi di anni.

In un momento in cui l’universo era presumibilmente agli inizi, la teoria prevede solo le galassie nane più piccole, così piccole e deboli che a malapena ci aspetteremmo di vedere qualcosa. Solo più tardi le galassie giganti si sarebbero formate con fusioni cosmiche. Eppure qui, nelle primissime immagini inviate dal telescopio James Webb, ci troviamo già di fronte a colossi galattici: giganti che semplicemente non avrebbero potuto formarsi nel tempo loro assegnato nella teoria consolidata del Big Bang.

Le osservazioni precedenti a quelle del telescopio James Webb stavano già dando ad alcuni astronomi dubbi fastidiosi. Nel 2016 è stata scoperta la galassia GN-z11. Secondo le teorie accettate, la sua luce sarebbe stata emessa 13,4 miliardi di anni fa, appena 400 milioni di anni dopo la presunta origine dell’universo. In termini astronomici, 400 milioni di anni non sono che un secondo. Nel 2020 è stato scoperto il buco nero più antico mai osservato, a 12,8 miliardi di anni. Ma come potrebbe sorgere un buco nero in un momento in cui la materia era presumibilmente ancora troppo diffusa per causare il collasso gravitazionale? Becky Smethurst, ricercatrice presso l’Università di Oxford e specialista in buchi neri, afferma: “Supponiamo che le primissime stelle abbiano formato buchi neri circa 200 milioni di anni dopo il Big Bang. Dopo che sono collassate, ci sono circa tredici miliardi e mezzo di anni per far crescere il buco nero fino a miliardi di volte la massa del Sole. È un tempo troppo breve per diventare così grande solo accrescendosi.” [3]

Inoltre, solo nel 2021 è stata scoperta la galassia BRI 1335-0417, una galassia a spirale di 12,4 miliardi di anni, circa un miliardo di anni prima del tempo ritenuto possibile per formare questo tipo di galassia complessa, secondo la teoria del Big Bang. “Abbiamo scoperto i ‘mammut’ nell’universo in un momento in cui sembrava che non dovessero esistere. Ora abbiamo bisogno di più dati per sapere come sono arrivati lì”, ha dichiarato il fisico Guillermo Barro dell’University of the Pacific. [4] Il telescopio James Webb promette di fare ulteriore luce su queste domande. Ma prevediamo che i nuovi dati creeranno solo ulteriori problemi ai sostenitori della teoria del Big Bang.

Siamo ancora agli inizi ed è necessaria un’analisi molto più rigorosa per confermare le osservazioni iniziali, ma alcuni credono già che il telescopio James Webb abbia fotografato le galassie più antiche mai scoperte: GLASS-z11 e GLASS-z13, soprannominate “Glassy”. [5] Secondo un’analisi preliminare, queste galassie si sono formate appena 300 milioni di anni dopo il Big Bang. Per confronto, il nostro pianeta ha 4,5 miliardi di anni e la nostra galassia, la Via Lattea, impiega 200 milioni di anni per completare una sola rotazione! La teoria classica dello sviluppo delle galassie non può spiegare come queste galassie possano essersi formate in così poco tempo. E questo è solo l’inizio. Altri documenti precedenti alla pubblicazione affermano di aver identificato galassie ancora più antiche. Nelle parole di un giornalista scientifico:

In effetti, gli astrofisici stanno già scoprendo che l’universo primordiale potrebbe essere molto più affollato di quanto si aspettassero. Le stelle potrebbero aver iniziato a formarsi a un ritmo molto più veloce di quanto previsto da alcuni modelli. In che modo la materia si è fusa e ha cominciato inizialmente a formare queste galassie ? Non lo sappiamo ancora. Ma il telescopio Webb, a quanto pare, sta già riscrivendo ciò che pensavamo di sapere sull’inizio di, beh, tutto.” [6]

Riferendosi a “Glassy”, continua lo stesso articolo, “gli astronomi si crogiolano nella possibilità che Glassy, oltre a essere un potenziale record, sia anche molto più strana di quanto avessero immaginato. Gli astronomi hanno sempre pensato che le galassie non sarebbero potute diventare molto grandi così presto nella storia dell’universo e che avrebbero iniziato ad ammassare stelle a circa 500 milioni di anni dal Big Bang. Ma Glassy è estremamente luminosa, suggerendo che contenga un’abbondanza di stelle, che insieme sono 1 miliardo di volte più enormi del nostro sole.” [7]

Non è solo la dimensione di queste galassie che pone un problema alla teoria consolidata, ma anche la loro composizione. La materia di cui sono generalmente composte suggerisce che sia stata riciclata nel corso di molte generazioni di formazione stellare. I teorici del Big Bang calcolano che, dopo l’esplosione iniziale che ha creato l’universo, esistevano solo idrogeno ed elio e piccole quantità di elementi più pesanti. Ma troviamo già una sorprendente abbondanza di elementi più pesanti e polvere, prodotti nelle stelle precedenti, in queste prime galassie. Ancora una volta, nelle parole di uno scienziato che studia queste prime galassie: “Da studi precedenti, abbiamo capito che galassie così giovani sono povere di polvere. Tuttavia, troviamo che circa il 20% delle galassie che si sono riunite durante questa prima epoca sono già piene di polvere e una frazione significativa della luce ultravioletta delle stelle appena nate è già nascosta da questa polvere.” [8]

La questione della formazione delle galassie – enormi agglomerati di gas vorticoso, polvere e stelle – è solo la punta dell’iceberg. L’astronomia basata sulle osservazioni, e non solo su modelli teorici, ha scoperto strutture molto molto più grandi che confondono completamente i cosmologi del Big Bang. Secondo le ipotesi che fanno parte della cosmologia del Big Bang, nessun oggetto cosmico può essere più largo di 250 milioni di anni luce. [9] Eppure, ogni anno gli astronomi scoprono megastrutture sempre più grandi, larghe miliardi di anni luce.

Nel 2021, gli astronomi hanno identificato una struttura soprannominata “l’arco gigante”. Sebbene sia troppo debole per essere visto ad occhio nudo, copre una regione del cielo che si estende per una lunghezza di 20 diametri di luna piena. Eppure questa enorme striscia di galassie si trova a un’incredibile distanza di 9 miliardi di anni luce ed è lunga 3,3 miliardi di anni luce. Non c’è dubbio che il telescopio James Webb continuerà a scoprire altre strutture mastodontiche, e forse alcune che sembrano persino più grandi dell’“arco gigante”. [10]

La luce stessa impiegherebbe miliardi di anni per attraversare una tale struttura. Il collasso in caduta libera della materia sotto questa gravità avrebbe richiesto eoni.

Queste scoperte stanno incrinando la teoria del Big Bang. Rimane poco tempo ai difensori della teoria per continuare a cambiarne le ipotesi, come hanno fatto per decenni, per forzare le osservazioni ad adattarsi alla loro visione preconcetta.

La vera scienza progredisce con lo sviluppo progressivo di teorie che spiegano le nostre osservazioni. Un accumulo di osservazioni inspiegabili a un certo punto richiede la revisione della teoria. Certamente c’è uno stato d’animo di sconcerto tra gli astronomi. “Panico!” [11] recita il titolo di un articolo ancora in fase di pre-pubblicazione. “In questo momento mi ritrovo sveglia alle tre del mattino e mi chiedo se tutto quello che ho fatto è sbagliato”, ha twittato Alison Kirkpatrick dell’Università del Kansas.

La coscienza del vertice della comunità scientifica è tuttavia piuttosto conservatrice. Pertanto, piuttosto che mettere in discussione la teoria più diffusa – la cosmologia del Big Bang – stanno negando alle galassie la loro infanzia. Dato l’emergere di galassie vecchie quasi quanto l’universo stesso, i sostenitori del Big Bang presumono che le prime galassie si siano formate più velocemente di quanto inizialmente teorizzato.

Non c’è motivo di presumere che la storia di un settore dell’universo non sia stata punteggiata da periodi di sviluppo improvviso. Potrebbero esserci stati uno o più boom di formazione di galassie. L’universo abbonda di processi dialettici bruschi e improvvisi. I tentativi di adeguare le velocità di formazione delle galassie, tuttavia, hanno poco a che fare con la spiegazione della nascita delle galassie e molto con il salvataggio di una teoria che sta rapidamente frantumandosi alla luce di nuove scoperte.

L’effetto Doppler 

La cosmologia del Big Bang ha subito molti di questi “aggiustamenti” nella sua storia. Questa teoria cosmologica nasce forse dall’estrapolazione più assurda nella storia della scienza. Negli anni ‘20, l’astronomo Edwin Hubble scoprì che più una galassia è lontana da noi, più appare rossa. Questo processo può essere spiegato facendo riferimento all’effetto Doppler, per cui gli spettri luminosi degli oggetti che si allontanano da noi appaiono più rossi. Da ciò, gli astronomi hanno concluso che l’universo osservabile sembra espandersi. Tuttavia, questo è stato portato alla sua conclusione estrema e assurda: se tutto si sta allontanando da tutto il resto, a un certo punto della storia dell’universo, tutta la materia deve essere stata concentrata in un unico punto, che i difensori del Big Bang chiamano “singolarità”, non più grande di un singolo atomo di idrogeno. In quel momento non solo sono nate tutta la materia e l’energia, ma sarebbe nato anche il tessuto stesso dello spazio e del tempo.

Ma l’effetto Doppler è, nella migliore delle ipotesi, la prova dell’espansione di un settore dell’universo, non di un inizio unico e assoluto del tempo e dello spazio. Qui abbiamo uno sfortunato esempio di un fatto che viene spinto al suo limite assurdo e fa letteralmente un salto cosmico. Il Big Bang non è tanto una questione di prove scientifiche, ma di interpretazione filosofica delle prove. Che una parte dell’universo all’interno del nostro ristretto orizzonte appaia in espansione non ci autorizza ad affermare che l’intero universo lo sia. Ancor meno possiamo estrapolare da questo fatto che tutto ciò risulta da una singolarità in cui lo spazio e il tempo sono venuti misticamente alla luce.

Alcuni negano che il Big Bang significhi l’inizio del tempo. Affermano che la cosmologia del Big Bang si limita a postulare che l’universo sia esistito in passato in uno stato caldo e denso. Eppure eminenti cosmologi moderni difendono di fatto l’inizio del tempo. “[L’] universo non esiste da sempre”, ha spiegato Stephen Hawking. “Piuttosto, l’universo, e il tempo stesso, hanno avuto inizio con il Big Bang… L’inizio del tempo reale sarebbe stata una singolarità, in cui le leggi della fisica sarebbero crollate”. [12] Francamente, teorie del Big Bang alternative che tentano di evitare la singolarità (il “grande rimbalzo”, collisioni di membrane, ecc.) non sono meno speculative o assurde della nozione di singolarità.

L’astronomo che per primo propose l’ipotesi del Big Bang negli anni ‘20, Georges Lemaître, non aveva certamente problemi con l’idea che il redshift cosmico in qualche modo prova che l’universo è stato creato ex nihilo. Questo perché, essendo un sacerdote, gli era ovvio come un universo possa essere creato dal nulla e cioè da Dio creatore onnipotente. Lemaître è stato portato in palmo di mano dal Vaticano per questo contributo alla fede.

Tuttavia, sorprende che questa teoria, proposta per la prima volta negli anni ‘20, sia sopravvissuta alla prova delle osservazioni astronomiche per tutto un secolo. Ma la teoria del Big Bang che c’è oggi ha solo una vaga somiglianza con l’ipotesi originale di Lemaître, proprio a causa della sua ripetuta incapacità di corrispondere ai risultati dell’osservazione. L’unico “successo” osservativo della cosmologia del Big Bang nel secolo scorso è stata la scoperta, nel 1965, della cosiddetta radiazione cosmica di fondo, la radiazione che permea lo spazio e ha una temperatura di 2,7° K.

Tuttavia anche questa scoperta non corrispondeva alle previsioni. Dopotutto, se l’universo è in espansione, la luce che ci raggiunge da una parte del cielo è stata emessa da una sorgente che non avrebbe mai potuto essere in contatto causale con la regione che emette luce nella parte direttamente opposta del cielo. Eppure, in qualche modo, hanno la stessa temperatura. Per tenere conto di questa e di altre osservazioni inspiegabili, è stata inventata la cosiddetta “inflazione cosmica”: un periodo di espansione rapidissima nella storia primordiale dell’universo. Non esiste un meccanismo noto per una tale fase di espansione miracolosa, è stato semplicemente inventato per salvare la teoria. È uno di una serie di strumenti puramente matematici, per i quali non ci sono prove fisiche, che i cosmologi hanno inventato per salvare la teoria. Inoltre vi sono la materia oscura e l’energia oscura, che i cosmologi non hanno mai osservato, ma che secondo loro costituiscono il 95% di ciò che esiste. L’ultima idea sulle galassie e sulla loro improbabile infanzia mancata è solo l’ultima aggiunta matematica a una teoria che sta cominciando a scricchiolare sotto il peso delle sue contraddizioni.

L’idea del tempo, dello spazio, della materia e dell’energia che nascono dal nulla è completamente incompatibile con una visione materialista della natura. Tutta l’esperienza dell’umanità dimostra che nemmeno una singola molecola di materia può essere creata o distrutta dal nulla. La materia è la sua stessa causa: combinandosi, disperdendosi e ricombinandosi per tutta l’eternità. Postulare un atto di creazione pone la domanda: qual è la sua causa? Se non è un fattore materiale (e, secondo la cosmologia del Big Bang, non avrebbe potuto essere un fattore materiale poiché la materia stessa è venuta a esistere con il Big Bang), allora deve esserci un creatore: Dio.

La data della creazione può anche essere spostata indietro da 6.000 anni a 13,8 miliardi di anni fa, ma ciò non diminuisce la sua assurdità. No, come materialisti rifiutiamo l’idea che la materia venga creata dal nulla. L’universo materiale è infinito e sempre in evoluzione. Certamente questo pone nuovi problemi: per definizione un universo infinito conterrà sempre altro da scoprire. Man mano che i vecchi problemi vengono risolti, ne vengono posti di nuovi e più elevati. Proprio come il mito della creazione della Genesi sembrava “risolvere” il problema dell’origine della Terra, un problema che era insolubile fino a quando le origini fisiche della Terra non furono scoperte nel XVIII secolo, così l’atto di creazione del Big Bang sembra “risolvere” problemi come l’effetto Doppler e la radiazione cosmica di fondo.

Non siamo cosmologi. Non pretendiamo in alcun modo di offrire soluzioni complete a tali problemi. Ma siamo fiduciosi che nuove scoperte e osservazioni – come quelle del telescopio James Webb – confermeranno la visione materialista e capovolgeranno l’idea di un atto della creazione.

 Una rivoluzione copernicana 

Facendo un passo indietro ed esaminando lo stato attuale della cosmologia moderna, viene in mente la crisi che ha distrutto la concezione geocentrica del XV secolo. Come l’odierna teoria del Big Bang, la visione geocentrica dell’universo esisteva da molto tempo – molto più a lungo, in effetti, della teoria del Big Bang! Anassimandro fece propria questa teoria nel VI secolo a.C. Aristotele gli diede una forma più elaborata nel 350 a.C., con il sole, la luna, le stelle e i pianeti che orbitano attorno alla Terra lungo percorsi circolari. Ma fu l’astronomo alessandrino Tolomeo, che diede alla teoria un’espressione completa, anche formalmente elegante, nel II secolo d.C.

In questo universo “tolemaico”, il sole, la luna e le stelle erano fissati a sfere di cristallo che ruotavano attorno alla Terra. Il moto dei pianeti era sempre più artificioso. Per spiegare il loro moto retrogrado, venivano posti su sfere celesti, dette epicicli, all’interno di altre sfere, dette deferenti.Nonostante tutti i suoi elementi artificiosi, questo modello dell’universo ha svolto un ottimo lavoro nel descrivere le osservazioni che erano state fatte fino a quel momento. Tuttavia, nuove osservazioni più accurate si sono accumulate nei secoli. Un eccellente lavoro astronomico fu condotto sulla base di questa vecchia cosmologia ormai ossificata, ma la vecchia teoria faticava a incorporarne i risultati.

Invece di buttare via la vecchia teoria, gli astronomi hanno inventato nuove sfere all’interno di altre sfere. Eccentrici, epicicli e deferenti si sono moltiplicati in modo sempre più artificioso per adattare i nuovi fatti alla teoria, proprio come oggi si fa con l’“inflazione”, la “materia oscura” e l’“energia oscura”. Nel XV secolo, la vecchia teoria era in uno stato di crisi e attendeva il colpo di grazia, che fu debitamente dato da Copernico nel 1543, quando sul letto di morte pubblicò la sua opera, De Revolutionibus Orbium Coelestium (Sulle rivoluzioni delle sfere celesti).

Secondo Copernico, la Terra lungi dall’essere il punto centrale fisso dell’universo, si muoveva insieme a tutti gli altri pianeti, lungo orbite quasi circolari attorno al Sole. Questa fu una profonda rivoluzione nell’astronomia e il vero punto di partenza della scienza moderna in Europa. Ma la negazione della vecchia teoria non ha comportato la sua completa distruzione. In effetti, la teoria di Copernico non era affatto dissimile matematicamente dall’antica concezione tolemaica, come dimostrò in seguito l’astronomo danese Tycho Brahe nella sua lotta di retroguardia contro il copernicanesimo. Infatti, ogni volta che una teoria scientifica soppianta una teoria più antica, incorporerà sempre ciò che è razionale nella vecchia teoria, in un processo dialettico di negazione, che non significa mai il completo annientamento del vecchio a favore del nuovo.

Anche la vecchia visione tolemaica ossificata si rifiutò di morire spontaneamente ed ebbe molti sostenitori potenti per molto tempo dopo la morte di Copernico. Era diventata parte integrante della visione del mondo ufficiale della Chiesa, per cui la Terra (e l’uomo) sedeva al centro della creazione di Dio, circondata da perfette sfere celesti. Questi cieli ospitavano una gerarchia completa di angeli, arcangeli e, naturalmente, nella più alta sfera celeste oltre le stelle, Dio stesso. Il vecchio establishment respinse la nuova teoria con il terrore dell’Inquisizione, che fece tacere Galileo e mise al rogo Giordano Bruno.

Curiosamente oggi l’establishment scientifico ha un fedele alleato nella Chiesa cattolica in difesa della cosmologia del Big Bang. Vecchi nemici riconciliati! Fortunatamente, i critici della teoria del Big Bang non affrontano il rischio del rogo, ma affrontano ostacoli forse ancora più potenti. La scienza accademica è un grande affare: miliardi di dollari vengono investiti in teorie e istituzioni. Una teoria può essere sull’orlo della fine, ma se incorpora investimenti per miliardi, non sarà accantonata facilmente. Agli albori della rivoluzione scientifica, il capitalismo era una forza rivoluzionaria. Oggi ostacola il progresso scientifico. La teoria del Big Bang sopravvive oggi perché è “troppo grande per fallire”.

Ci sono molti scienziati tecnicamente molto capaci che hanno dato diversi contributi alquanto sofisticati al campo della cosmologia del Big Bang. Non mettiamo in discussione le loro capacità, ma la loro interpretazione filosofica delle prove. La maggior parte degli scienziati non possiedono una filosofia cosciente. Inevitabilmente, quindi, tendono ad adottare i brandelli di filosofia che predominano nella società, che riflettono gli interessi di una classe dominante decrepita, che nella sua senescenza sta facendo rivivere un misticismo secolare.

L’accademia tende nella direzione dell’idealismo filosofico, guidata dalla classe dominante, che si aggrappa alla “mano di Dio”, e da un baronato universitario che difende ferocemente i propri interessi, il prestigio, i fondi e le borse di studio. La gestione delle scienze non fa eccezione alla natura di classe della società. La conclusione logica dell’idealismo è la creazione del mondo: la materia che viene all’esistenza dal puro nulla. Nella forma di cosmologia del Big Bang, questa visione si è fatta strada nei rispettabili luoghi del mondo accademico.

Questa però è solo una tendenza. In opposizione ad essa, ci sono molti scienziati che desiderano opporsi alla corrente dell’idealismo e del misticismo nelle scienze. Degno di nota è Eric Lerner, che è stato ostracizzato dalla comunità scientifica per la sua coraggiosa presa di posizione contro il Big Bang. Consigliamo vivamente il suo articolo Il Big Bang non è accaduto, che commenta i risultati del telescopio James Webb.

I marxisti sanno che la battaglia contro il capitalismo in decadenza consiste non solo in una lotta politica ed economica, ma anche in una lotta ideologica. Come spiegò Lenin, in questa lotta i marxisti devono stringere alleanza con “i rappresentanti delle moderne scienze naturali che inclinano verso il materialismo e non temono di difenderlo e propagandarlo contro i tentennamenti filosofici in direzione dell’idealismo e dello scetticismo, di moda nella cosiddetta ‘società colta’”. [13]

 

Note

[1] L’articolo è incluso nel numero 39 della rivista In Defence of Marxism. 

[2] Catholic News Service, Jesuit astronomer on Webb telescope photo: ‘This is God’s creation being revealed to us.”, America: the Jesuit Review, 14 luglio 2022.

[3] Barss, The mysterious origins of Universe’s biggest black holes, BBC, 23 agosto 2021.

[4] Hallados los “mamuts” galácticos del universo joven, La Vanguardia, 14 maggio 2019.

[5] P. Naidu et al., Two Remarkably Luminous Galaxy Candidates at z≈11−13 Revealed by telescope James Webb, Cornell University, Preprint, 19 luglio 2022.

[6] Ryan, The Webb Space Telescope Might Have Already Smashed Its Own Record, Cnet, 26 luglio 2022.

[7] Ibidem

[8] Editorial, Galaxies in the Infant Universe Were Surprisingly Mature, National Radio Astronomy Observatory, 27 ottobre 2020.

[9] K. Yadav, J. S. Bagla, N. Khandai, “Fractal dimension as a measure of the scale of homogeneity”, Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, 405 (3), 25 febbraio 2010.

[10] Wood, Cosmologists Parry Attacks on the Vaunted Cosmological Principle, Quanta Magazine, 13 dicembre 2021.

[11] Ferreira et al., Panic! At the Disks: First Rest-frame Optical Observations of Galaxy Structure at z>3 with JWST in the SMACS 0723 Field, Cornell University, 19 luglio 2022.

[12] Hawking, The Beginning of Time, lezione, 1996.

[13] Lenin, “Sul significato del materialismo militante”, in Lenin Opere scelte, Edizioni Progress, 1973, p. 685.

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