
No al piano Trump! Fuori i sionisti e gli imperialisti dalla Palestina!
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13 Ottobre 2025di Internazionale Comunista Rivoluzionaria
A Gaza e in Israele sono partiti i festeggiamenti, dopo l’annuncio da parte di Trump sul social Truth per il raggiungimento di un accordo di pace tra i negoziatori israeliani e quelli di Hamas in Egitto. I festeggiamenti sono comprensibili, soprattutto per i gazawi che fino a questo momento hanno affrontato un futuro di morte certa per bombardamento o fame. Tuttavia, dobbiamo dire la verità, per quanto spiacevole possa essere.
In primo luogo, ciò che Israele e Hamas hanno concordato, come ha ammesso lo stesso Trump, non è la piena attuazione del suo piano, ma solo la sua prima fase. In secondo luogo, se ciò segna il primo passo verso la piena attuazione del “piano di pace” di Trump, non avrà risolto nulla di fondamentale nel lungo periodo.
In cosa consiste questa “prima fase”?
- Un cessate il fuoco entrerà in vigore entro 24 ore;
- Israele inizierà un ritiro graduale dell’IDF, conservando il controllo del 53% della Striscia di Gaza;
- Il resto degli ostaggi israeliani ancora in vita e un certo numero di prigionieri palestinesi saranno in seguito rilasciati entro una finestra di 72 ore;
- 400 camion di aiuti umanitari al giorno saranno autorizzati ad entrare a Gaza.
La prima cosa da dire è questa: un simile accordo – cessate il fuoco e scambio di ostaggi – avrebbe potuto essere stipulato in qualsiasi momento dal 7 ottobre 2023. Hamas aveva già accettato. Non è stato fatto perché l’amministrazione Biden, le potenze imperialiste europee e l’amministrazione Trump fino a questo momento hanno appoggiato fino in fondo l’aggressione israeliana.
La seconda cosa da dire è che questa è una sconfitta umiliante per Netanyahu, a livello personale, e per il suo governo. Netanyahu sta cercando di farla passare per una vittoria. Ma tutti possono vederla per quello che è: un’imposizione contro Netanyahu da parte di Trump e un cedimento totale rispetto alla posizione del suo gabinetto, che prevedeva la pulizia etnica completa e l’occupazione permanente di Gaza. La sua esistenza politica dipendeva da questa guerra.
Questo dimostra l’enorme pressione a cui è sottoposto, non solo da Trump, ma soprattutto dall’enorme peso dell’opinione pubblica israeliana che sostiene l’accordo.
Il tutto potrebbe ancora crollare. Non è stato raggiunto alcun accordo su quando l’IDF si ritirerà da Gaza. E Hamas non si è impegnata al disarmo delle milizie e a un suo scioglimento effettivo, come richiesto dal piano Trump.
Netanyahu potrebbe contare sul rifiuto di Hamas di procedere al disarmo, ad esempio, come pretesto per riprendere la guerra. Potrebbe ottenere ciò che vuole.
Un piano mostruoso
Se questo accordo poteva essere firmato due anni fa, all’inizio del conflitto, perché ci si è arrivati solo ora?
La spietata prosecuzione dell’assalto di Israele contro i palestinesi di Gaza stava indebolendo la posizione dei suoi sostenitori imperialisti. Questa guerra ha alimentato il malcontento sociale nei Paesi arabi e in Europa, culminato nello sciopero generale che abbiamo visto in Italia la scorsa settimana. Ha reso politicamente molto difficile per le potenze imperialiste europee fornire il loro pieno appoggio a Israele, rimasto sempre più isolato a livello internazionale.
Dal punto di vista dell’imperialismo statunitense, la guerra ha messo a dura prova le sue alleanze nella regione e ha rischiato di isolarlo ulteriormente a vantaggio dei suoi rivali, come la Cina e la Russia.
Il punto di svolta in questo senso è stato il tentativo di assassinare i negoziatori di Hamas da parte di Israele, quando ha bombardato gli edifici di Doha, in Qatar. Questo ha lasciato gli Stati reazionari del Golfo con la domanda: possiamo contare sul sostegno militare degli Stati Uniti?
Netanyahu è un esperto manovratore, ma ha esagerato e Trump è stato costretto a passare all’azione.
Il “piano di pace in 20 punti” di Trump, tuttavia, lungi dall’essere una garanzia di pace, è una mostruosità che garantirà ulteriori conflitti, mentre il quadro della condizione del popolo palestinese rimarrà desolante.
Se attuato con successo, porrebbe Gaza sotto la dittatura di un consiglio di amministrazione che comprende Donald Trump e Tony Blair, il macellaio dell’Iraq. Le truppe dell’IDF verrebbero sostituite – in un momento imprecisato del futuro – da un’occupazione composta da truppe di paesi arabi e musulmani.
Ci sono state molte promesse sulla ricostruzione, ma nessun dettaglio su chi la pagherà. Di fatto, Gaza rimarrebbe un campo profughi permanente sotto un’occupazione straniera. L’annessione sionista della Cisgiordania continuerebbe senza sosta. L’autodeterminazione palestinese è definitivamente esclusa.
Migliaia di gazawi stanno comprensibilmente festeggiando anche solo questa tregua temporanea e la ripresa degli aiuti, che rappresentano un briciolo di speranza rispetto alla morte certa.
Ma a lungo termine questo accordo non risolve assolutamente nulla. Sebbene Trump lo abbia salutato a gran voce come l’inizio di una “pace forte, duratura ed eterna”, il suo piano preparerà inevitabilmente nuovi conflitti, nuove guerre, nuovi genocidi e nuove sofferenze per il popolo palestinese.
Gaza ridotta in macerie
La situazione di Gaza in questo momento ci ricorda le parole di Tacito: “Dove fanno il deserto, lo chiamano pace”.
Il 78% di tutti gli edifici della Striscia di Gaza è stato danneggiato. Più della metà è stato completamente distrutto. La maggior parte delle scuole è stata distrutta, non rimane nemmeno un’università. Non c’è un solo ospedale funzionante. La maggior parte della popolazione vive oggi nelle tende nel centro di Gaza e lungo la costa meridionale. Il 98,5% dei terreni agricoli è stato distrutto. Tutte le infrastrutture sono scomparse: non c’è acqua corrente, né rete fognaria, niente.
Ogni angolo di Gaza è disseminato di ordigni inesplosi. È stata davvero trasformata in una terra desolata e inadatta alla vita umana. Se si iniziasse a ricostruire seriamente, ci vorrebbero molti decenni per riportare Gaza a condizioni vivibili. Ma non esistono piani di ricostruzione di questo tipo. Gaza ha quindi un futuro come un enorme campo profughi permanente, che dipenderà completamente dagli aiuti stranieri.
L’area sarà afflitta da enormi problemi sociali e il risentimento continuerà a ribollire. Pertanto, anche se Hamas accettasse di procedere al disarmo e a uno scioglimemto effettivo, non mancheranno reclute per i gruppi di resistenza armata che riempiranno il vuoto lasciato da Hamas.
Hamas stessa è il frutto delle condizioni atroci createsi a Gaza dopo gli accordi di Oslo, trent’anni fa. Oggi le condizioni sono ancora più atroci e costituiscono un terreno fertile per nuovi gruppi di resistenza simili ad Hamas.
Anche gli obiettivi dell’espansionismo israeliano non cambieranno di una virgola. Non ci sono dubbi che i sionisti provocheranno nuove guerre.
Dal 1948, l’atteggiamento dei sionisti è stato “quello che abbiamo, lo teniamo”. Espandersi, occupare nuovi territori, spingere le cose al limite, e poi ritirarsi temporaneamente, firmare un accordo, comportarsi in modo “ragionevole”, con la convinzione, tenuta per sé, di poter rompere quell’accordo temporaneo quando sarà il momento giusto.
Gli accordi di Oslo erano un accordo di questo tipo. L’idea di uno Stato palestinese si è sorretta sulla base di un’Autorità palestinese che governasse Gaza, Gerusalemme Est e la Cisgiordania. Che cosa è successo? L’Autorità palestinese è stata sistematicamente minata a Gaza. In Cisgiordania, l’accordo è stato minato da una costante costruzione di insediamenti sionisti. Infine, il tutto è stato messo da parte dopo il 7 ottobre 2023.
Ora c’è un nuovo “accordo”. Israele continuerà a mantenere un’area cuscinetto e, nel frattempo, l’espansione degli insediamenti in Cisgiordania continuerà. I sionisti sperano che le condizioni di invivibilità del territorio incoraggino i palestinesi ad andarsene. E si presenteranno nuove opportunità per occupare di nuovo la Cisgiordania.
Nel frattempo, l’imperialismo continua a destabilizzare l’intera regione, nella quale si preparano nuovi conflitti.
Abbattere il sionismo! Rovesciare l’imperialismo!
Gli effetti della guerra di Gaza saranno di lunga durata. Se questa pace reggerà, sarà molto più onerosa della “pace” che esisteva prima del 7 ottobre 2023. La pace sotto l’imperialismo è solo un periodo di preparazione a nuove guerre imperialiste, di cui possiamo già vedere i contorni.
Ma questa guerra reazionaria ha portato anche altri cambiamenti. Ha anche lacerato il tessuto della società israeliana. Prima del 7 ottobre 2023, la classe dominante israeliana era in uno stato di quasi guerra civile al suo interno. La guerra ha temporaneamente mascherato queste contraddizioni e la sua fine le farà tornare ancora una volta in luce, solo aumentate all’ennesima potenza.
Questa guerra ha scosso enormemente la fiducia di un ampio settore di cittadini israeliani rispetto alla capacità della classe dominante sionista di “proteggerli”.
Se il “piano di pace” di Trump sarà realizzato, i soldati egiziani, turchi e sauditi avranno il compito di sorvegliare la Striscia di Gaza per conto degli israeliani, tenendo a freno la resistenza palestinese. Ciò renderà la questione palestinese ancora più esplosiva all’interno di questi paesi.
Al di fuori della regione, la guerra genocida ha agito da catalizzatore, portando alla superficie la rabbia di milioni di lavoratori e giovani e dandole un punto di riferimento nel movimento di solidarietà. Questa rabbia, in milioni di menti, ha collegato il sionismo e l’imperialismo alla crescita del militarismo e all’austerità in patria.
Lo sciopero generale politico in Italia in solidarietà con la Palestina, e in particolare l’azione diretta dei lavoratori portuali per bloccare il commercio con Israele, è stato il punto più alto di questo movimento. Non può essere cancellato: ha rappresentato un risveglio della classe operaia che ha assaporato la propria forza. Ha rappresentato un progresso qualitativo nella lotta di classe, con l’emergere di metodi molto avanzati.
Se l’ingresso della classe operaia sulla scena non è stato l’unico fattore, è stato chiaramente un fattore molto palpabile che ha alimentato le ansie della classe dominante in Occidente, costretta infine a esercitare una seria pressione su Israele.
Qualunque sia l’esito di questo negoziato di “pace”, dobbiamo fare nostre queste lezioni. Che la classe operaia ha il potere di abbattere la macchina della guerra. Che combattere il sionismo e la guerra imperialista significa rovesciare la nostra classe dominante in patria. Che, in ultima analisi, gli orrori in Medio Oriente sono il prodotto del capitalismo e dell’imperialismo e che la lotta per la liberazione della Palestina è una lotta per l’abbattimento del capitalismo, per la creazione di una una Federazione socialista del Medio Oriente e per sradicare l’imperialismo in tutto il mondo.