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Il marxismo e gli Stati Uniti – terza parte

di Alan Woods

 

Il movimento operaio negli Stati Uniti

Il capitalismo americano nel XIX secolo era una forza storicamente progressiva, la vittoria del Nord pose le basi per l’espansione economica e il dominio degli Stati Uniti su scala mondiale. Liberò un enorme bacino di forza lavoro per l’impresa capitalista e permise il dominio di una manciata di industriali, aprendo la strada per enormi concentrazioni e monopoli a partire dagli anni ’90 del XIX secolo. Mentre la classe operaia combatteva e moriva nella guerra contro la schiavitù, i futuri monopolisti si stavano alacremente arricchendo nella lucrosa industria bellica. Le fortune iniziali di Carnegie, Mellon, Armour, Gould, Rockefeller, Fisk, Morgan, Cooke, Stanford, Hill e Huntington furono accumulate durante questo periodo.

Fino al 1860 il governo degli Stati Uniti fu in gran parte nelle mani dei proprietari terrieri del Sud. Dal 1865, gli oligarchi capitalisti del Nord li misero da parte e presero il potere. L’atteggiamento di questi uomini si esprimeva nelle parole di Cornelius Vanderbilt: “Legge! Che me ne frega della legge? Non ho il potere?” Sì, i Vanderbilt e i loro simili avevano il potere e ce l’hanno ancora.

Il trionfo del capitalismo negli Stati Uniti significava uno sviluppo senza precedenti delle forze produttive, come dimostrato dalla crescita esplosiva delle ferrovie:

    • nel 1860 c’erano 30mila miglia di ferrovie negli Stati Uniti;
    • nel 1880 ce n’erano il triplo – 90mila miglia;
    • nel 1930 la cifra era di 260mila miglia.

 

Il progresso fu enorme, ma i frutti del progresso non venivano goduti in egual misura da tutti. Nel 1892 il Partito Popolare scrisse nella sua piattaforma:

“I frutti della fatica di milioni sono nettamente rubati per costruire una ricchezza colossale per pochi […] La ricchezza appartiene a chi la crea, ogni dollaro preso dall’industria senza un corrispettivo è un furto. Chiunque non lavori, non mangerà […] Crediamo che siamo arrivati al momento in cui o le compagnie ferroviarie possiedono il popolo o il popolo debba possedere le ferrovie. Dato che i trasporti sono mezzi di scambio e una necessità pubblica, il governo dovrebbe possedere e gestire le ferrovie nell’interesse del popolo. Il telegrafo ed le linee telefoniche, come tutti i servizi delle poste, essendo un bene di prima necessità per la circolazione delle notizie, dovrebbero essere posseduti e gestiti dal governo nell’interesse di tutti i cittadini”

La crescita del potere economico degli Stati Uniti significava una crescita simultanea del potere delle grandi concentrazioni economiche. Nel 1904 la Standard Oil Company controllava oltre l’86% dell’olio raffinato usato per le illuminazioni del paese. Nel 1890, gigantesche società avevano una posizione dominante in ognuno dei principali settori industriali. La società Aluminum produceva il 100% dell’alluminio grezzo degli Stati Uniti. La Ford Motor Company e la General Motors Corporation insieme producevano tre auto su quattro. La Bell Telephone Company possedeva quattro telefoni su cinque negli Stati Uniti. La Singer Sewing Machine Company realizzava almeno tre macchine da cucire su quattro di quelle vendute negli Stati Uniti. E così via di seguito.

L’enorme polarizzazione tra lavoro e capitale, tra ricchi e poveri, è stata la vera base su cui si è sviluppata la lotta di classe in terra americana. Nei primi tempi, la differenza tra ricchi e poveri era così piccola che un uomo come de Tocqueville poteva considerarla insignificante. Ma negli ultimi cento anni o più, il divario tra ricchi e poveri, tra ricchi e non, si è allargato fino a diventare una voragine.

Le radici del movimento operaio erano già ben piantate fin dal XIX secolo. William Sylvis, uno dei primi attivisti sindacali, fondò l’Unione sindacale degli stampatori di ferro battuto e aiutò a fondare l’Unione Nazionale del Lavoro, che voleva far aderire all’Associazione Internazionale dei Lavoratori fondata da Marx. Era molto avanti rispetto ai tempi sulle questioni che riguardavano i diritti dei lavoratori neri e delle donne. Li voleva nei sindacati, scontrandosi con una notevole opposizione a questa sua proposta. Questo grande sostenitore dell’unità della classe operaia, contro tutte le linee artificiali create per evitarla, morì in estrema povertà all’età di 41 anni.

I tentativi dei lavoratori di difendersi da datori di lavoro senza scrupoli venivano avversati con estrema brutalità. Come scrisse un dirigente sindacale dell’epoca: “Estremo astio veniva propagato contro le organizzazioni sindacali e gli uomini che ne facevano parte veniano emarginati in una misura che non si è quasi mai più vista.” In risposta i lavoratori formarono un sindacato clandestino – Il nobile ordine dei cavalieri del lavoro – fondato nel 1869 a Philadelphia.

I Cavalieri del Lavoro avevano un programma molto avanzato che rivendicava la giornata lavorativa di otto ore, uguale retribuzione per uguale lavoro per le donne, l’abolizione del lavoro forzato e minorile, la proprietà pubblica dei servizi e la creazione di cooperative. Le terribili condizioni e la brutalità dei padroni a volte provocavano una risposta violenta. La Molly Maguires era una società segreta, di minatori del carbone (immigrati irlandesi) che lottavano per migliori condizioni di lavoro nelle miniere di carbone della Pennsylvania nordorientale. Tacciati di essere assassini e accusati ingiustamente, 14 dei loro dirigenti furono imprigionati e dieci di loro furono impiccati nel 1876.

In risposta al movimento sindacale, i padroni mandarono le loro truppe d’assalto, la Pinkerton Detective Agency – odiati poliziotti privati dei padroni, crumiri, mercenari e assassini – per combattere i lavoratori. I padroni inoltre avevano al loro fianco le forze dello Stato. I lavoratori venivano imprigionati, picchiati e uccisi per essersi macchiati del “crimine” della lotta per i loro diritti. Perseguitati per interessi privati, in particolare dal fondatore di Lehigh Valley Railroad, Asa Packer, così come da Franklin Gowen di Philadelphia e Reading Railroad e da tutti i padroni della società del carbone che volevano reprimere le nascenti organizzazioni del lavoro.

Nel 1892 lo sciopero di Homestead, proclamato alle acciaierie Carnegie dal sindacato che riuniva le associazioni dei lavoratori del ferro, dell’acciaio e dello stagno finì con la morte di molti lavoratori e agenti della Pinkerton. Lo sciopero si concluse con una sconfitta e gli operai furono licenziati dalla maggior parte degli stabilimenti nell’area di Pittsburgh in Pennsylvania. Due anni dopo, uno sciopero dell’Unione ferroviaria americana, guidata da Eugene V. Debs, contro la Pullman Co., fu sconfitto con l’uso delle precettazioni e con l’invio di truppe federali mandate nell’area di Chicago. Debs e altri furono incarcerati per aver violato alle precettazioni e il sindacato fu sconfitto.

I martiri di Chicago e il Primo maggio

La lista dei martiri del movimento operaio americano è infinita e quelli più ricordati sono i martiri di Chicago del primo maggio 1886, da cui trae origine la festa internazionale dei lavoratori.

È ironico che negli Stati Uniti la festa dei lavoratori si tiene all’inizio di settembre, a debita distanza dalla data ben più significativa del primo maggio. Così in America la festa dei lavoratori viene generalmente vissuta come un ultimo fine settimana estivo, con un sacco di grigliate e birra a volontà. I cortei sindacali nelle principali città sono stati progressivamente sminuiti, con l’intento di ridurre l’importanza del Primo Maggio, spostandolo a settembre e facendone un fine settimana di svago. In questo modo, la classe dominante negli Stati Uniti fa tutto il possibile per far dimenticare alla classe operaia la propria storia e le proprie tradizioni.

Il 1 maggio 1886, Albert Parsons (Lucy, sua moglie, fu un attivista instancabile che condusse la campagna perché fosse assolto), il capo dei Cavalieri del Lavoro di Chicago, guidò una manifestazione di 80mila persone attraverso le strade della città a sostegno della giornata di lavoro di otto ore. Nei giorni successivi si unirono, a livello nazionale, 350mila lavoratori (che dichiararono sciopero in 1.200 fabbriche) di cui 70mila solo a Chicago.

Il 4 maggio, Spies, Parsons e Samuel Fielden sindacali stavano parlando a una manifestazione di 2.500 persone venute a protestare contro il massacro della polizia di tre giorni prima, quando arrivarono 180 poliziotti, guidati dal capo della polizia di Chicago. Mentre questi chiedeva che l’adunata si disperdesse, esplose una bomba, uccidendo un poliziotto. La polizia a quel punto fece una rappresaglia. Nel fuoco incrociato rimasero uccisi sette uomini della polizia stessa, più altri quattro; i feriti furono in totale quasi duecento. L’identità di colui che lanciò la bomba rimane a tutt’oggi sconosciuta.

Naturalmente l’occasione venne colta al volo per evocare un altro Spettro Rosso, “il Comunismo a Chicago!”, quando gli operai erano in mobilitazione per la giornata di otto ore. Il 21 giugno 1886, otto leader sindacali, tra cui Spies, Fielden, e Parsons andarono sotto processo, accusati di essere responsabili del lancio della bomba. Il processo era pieno di ogni sorta di falsità e contraddizione e il procuratore federale fece un esplicito appello alla giuria: “Condannate questi uomini, fatene un esempio, impiccateli, e salverete le nostre istituzioni.”

Anche se solo due erano presenti al momento del lancio della bomba (Parsons era andato in una taverna lì vicino), sette furono condannati a morte, uno a quindici anni di carcere. Il tribinale di Chicago condannò il processo e ne mise in discussione la regolarità e diversi anni dopo, il governatore John P. Altgeld assolse tutti e otto i condannati, rilasciando i tre sopravvissuti (due di loro avevano già visto le loro pene tramutate da impiccagione a ergastolo).

Purtroppo, gli eventi riguardanti l’esecuzione dei martiri di Haymarket hanno alimentato lo stereotipo degli attivisti radicali come dei violenti e alieni dal resto della classe, favorendo la repressione nei loro confronti. L’11 novembre 1886 furono impiccati quattro capi anarchici; Louis Lingg (un anarchico americano di origine tedesca che si suicidò mentre era in prigione, condannato come elemento di una cospirazione criminale dietro l’attentato di Haymarket Square, ndt) si era suicidato alcune ore prima. Duecentomila persone parteciparono alla processione funebre, sia lungo le strade che sfilando dietro i carri funebri.

Con lo sviluppo della crisi, i lavoratori devono dotarsi di un programma in grado di rispondere alle loro esigenze e aspirazioni. Nel farlo, devono rivendicare le tradizioni di lotta che sono all’origine del Primo Maggio. Il Primo Maggio è nato dalla lotta: la lotta per la giornata lavorativa di otto ore negli anni ’80 del XIX secolo negli Stati Uniti è stata il fattore scatenante che ha dato alla luce il Primo Maggio come Giornata internazionale dei lavoratori.

Nel 1884 il congresso della Federazione dei Mestieri Organizzati votò una risoluzione che doveva fungere da ispirazione per tutta la classe operaia: che le otto ore avrebbero costituito la giornata di lavoro legale dalla data del primo maggio 1886 in poi. Questo appello fu raccolto dal movimento operaio con la creazione di leghe per le otto ore, che strapparono importanti concessioni ai padroni e videro raddoppiare l’adesione al sindacato.

Poco dopo la tragedia di Chicago del primo maggio 1886, che divenne poi nota come giornata internazionale dei lavoratori, i rappresentanti del movimento operaio nel mondo fondarono la seconda Internazionale – socialista – nel 1889, sotto la bandiera dell’internazionalismo dei lavoratori. Una risoluzione chiave del primo Congresso fu che ogni primo maggio i lavoratori avrebbero scioperato e manifestato per la giornata di 8 ore. Il 1 maggio 1890 i lavoratori scioperarono in tutta Europa, con 100mila manifestanti a Barcellona, 120mila a Stoccolma, 8mila a Varsavia, mentre in migliaia rimasero a casa in Austria e Ungheria, dove le manifestazioni erano state vietate. Gli scioperi si diffusero anche in Italia e in Francia. Dieci lavoratori furono uccisi nel nord della Francia. Nelle parole del leader socialdemocratico austriaco Adler: “Interi strati della classe operaia con cui altrimenti non avremmo avuto contatti, sono stati scossi dal loro letargo.”

In Gran Bretagna e Germania, la domenica successiva al primo maggio si tennero grandi manifestazioni. L’importanza di questi sviluppi non sfuggì agli occhi di Friedrich Engels, compagno di Karl Marx, che aveva vissuto il lungo periodo di calma piatta nel movimento laburista britannico, dopo le grandi lotte del cartismo [movimento nato grazie a un gruppo di operai e di artigiani londinesi che rivendicano, nella propria carta del popolo un programma politico per tutto il movimento operaio – ndt] negli anni ’40. Scrive entusiasticamente Engels a proposito del primo maggio: “Il 4 maggio 1890 il proletariato inglese, risvegliandosi da quarant’anni di ibernazione, è tornato ad unirsi al movimento internazionale della sua classe. I nipoti dei vecchi cartisti stanno entrando nel campo di battaglia. Ancora una volta, una grande tradizione del movimento internazionale è stata prodotta negli Stati Uniti.”

Il sindacato di mestiere

L’ascesa del capitalismo americano come potenza mondiale negli ultimi decenni del XIX secolo è stata caratterizzata da una brusca ascesa delle forze produttive, con industrie in espansione e alti profitti che permisero alcune concessioni allo strato superiore della classe operaia, tra i mestieri più qualificati. Questa “aristocrazia operaia” ha formato la base del sindacato di mestiere della AFL (American Federation of Labor) .

Nel 1881, sei sindacati di spicco, gli stampatori, gli operai del ferro e dell’acciaio, i forgiatori del metallo, i lavoratori delle manifatture di tabacco, i carpentieri ed i vetrai si unirono ad altri gruppi per lanciare la FOTLU – Federation of Organized Trades and Labor Unions, guidata da Samuel Gompers e Adolph Strasser.

Con soli 45mila membri, fu inizialmente un’organizzazione debole e oscurata dai Cavalieri del Lavoro. Ma sulla base del boom dell’economia, la tendenza verso la collaborazione di classe cominciava a prendere il sopravvento. Negli anni ’80 la tendenza al “sindacalismo pratico” o al “sindacalismo puro e semplice” guadagnò terreno a spese dei Cavalieri del Lavoro che, nel 1890, avevano solo 100mila membri.

La forza della AFL – come si chiamò successivamente – risiedeva principalmente nei settori sopra citati. Cominciò con un’affiliazione di circa 138mila membri nel 1886 e, lentamente, raddoppiò quel numero nei dodici anni successivi. Samuel Gompers, un vero e proprio uomo al servizio dei padroni, fu eletto primo presidente e mantenne quella posizione fino alla sua morte nel 1924.

L’ascesa di questo cosiddetto “sindacalismo puro e semplice” non fu casuale, ma scaturiva dalle condizioni materiali dell’epoca. Nella posizione eccezionalmente privilegiata del capitalismo americano, che stava già cominciando a sfidare le posizioni della Gran Bretagna come principale potenza industriale all’inizio del XX secolo, potevano essere elargite concessioni per comprare gli elementi dell’aristocrazia operaia.

Presupposti simili hanno portato alla degenerazione nazional-riformista delle organizzazioni sindacali e socialdemocratiche in Gran Bretagna, Francia e Germania negli anni prima del 1914. Dal 1900 al 1904, le iscrizioni all’AFL passarono da mezzo milione a un milione e mezzo, fino a due milioni alla vigilia della Prima Guerra Mondiale. Durante e subito dopo la guerra, l’adesione aumentò rapidamente di nuovo a più di quattro milioni nel 1920. Durante questo periodo, si stima che il 70-80 per cento di tutti i lavoratori sindacalizzati negli Stati Uniti erano nell’AFL.

Tuttavia, la grande forza dei sindacati è stata accompagnata da un processo di degenerazione burocratica al vertice. In questo periodo si gettarono le basi per le politiche di collaborazione di classe e per un sindacalismo “apolitico” o giallo che caratterizza la leadership della AFL fin da allora. Leader come Gompers e Meany si sono adattati al capitalismo, predicando la convergenza di interessi tra Capitale e Lavoro – che è come predicare l’unità di interesse tra cavallo e cavaliere. Nel frattempo, la stragrande maggioranza dei lavoratori americani rimase disorganizzata, non rappresentata e oppressa.

Inoltre, la politica di collaborazione di classe dei leader della AFL non era in realtà affatto condivisa dai padroni, che vedevano comunque la crescita del sindacalismo con allarme. Caroll Dougherty, scrive nel suo libro “Problemi del lavoro nell’industria americana”:

La maggior parte dei grandi datori di lavoro, credendo che il sindacalismo stesse crescendo troppo forte e temendo ulteriori minacce al loro controllo dell’industria, decisero di rompere le relazioni, e gli anni dal 1912 alla prima guerra mondiale, furono caratterizzati da una lotta contro il sindacalismo. [… ] In molti impianti furono introdotti sistemi di gestione scientifica e di efficienza, con grande disagio di molti sindacati specializzati di mestiere. I datori di lavoro adottarono una serie di tattiche per schiacciare i sindacati. Gruppi di vigilanti e comitati di cittadini venivano usati per ostacolare le attività di sindacalizzazione. Le decisioni della Corte di Giustizia di norma confermavano la maggior parte delle pratiche imprenditoriali contro i sindacati. Di fronte a queste nuove difficoltà, le iscrizioni alla AFL in un primo momento calarono un po’ e poi ricominciarono a crescere ad un ritmo molto più lento rispetto a prima del 1902.

Questa è l’eterna contraddizione della politica riformista in generale: che produce risultati esattamente opposti a quelli voluti. L’atteggiamento incline al compromesso dei leader sindacali porta sempre ad un inasprimento degli atteggiamenti da parte dei datori di lavoro: la debolezza invita all’aggressione.

Gli IWW

Se mai visiterete Mosca e farete una passeggiata intorno alle mura del Cremlino, troverete, tra le tombe dei famosi rivoluzionari russi, le tombe di due americani eccezionali: Big Bill Haywood e John Reed, il celebre scrittore e giornalista americano che è il personaggio centrale del film Reds. John Reed, che era attivo nel movimento socialista americano prima della prima guerra mondiale, è ricordato fondamentalmente per il suo meraviglioso libro I dieci giorni che sconvolsero il mondo, che Lenin stesso ha descritto come la cronaca più aderente ai fatti della rivoluzione di ottobre. Dopo la monumentale Storia della Rivoluzione Russa di Trotskij, è il miglior libro che si possa leggere su questo argomento.

Ma John Reed non era affatto un’eccezione. Negli anni burrascosi prima e dopo la prima guerra mondiale, il movimento operaio negli Stati Uniti era vivo e vibrante. Questo fu un periodo di giganti, come Eugene Debs, il “grande vecchio uomo” del movimento operaio americano. Nato a Terre Haute in Indiana, Debs lasciò casa a 14 anni per lavorare nelle officine ferroviarie. Come fuochista di locomotiva, divenne uno dei primi sostenitori del sindacalismo industriale, e fu eletto presidente dell’Unione sindacale dei ferrovieri nel 1893. Il suo coinvolgimento nello sciopero alla Pullman gli costò sei mesi di carcere nel 1895.

Nel 1898 contribuì a fondare il Partito socialista americano, di cui fu il candidato alle elezioni presidenziali per cinque volte (dal 1900 al 1920). Nel 1905 contribuì alla fondazione degli Industrial Workers of the World (Iww). Debs fu accusato di sedizione nel 1918 dopo aver denunciato la legge sullo spionaggio del 1917; condusse la sua ultima campagna presidenziale dalla prigione, ottenendo 915mila voti, prima di essere rilasciato per ordine presidenziale nel 1921.

Lo sviluppo più significativo di questo periodo, tuttavia, fu la formazione degli IWW (Industrial Workers of the World). Nel 1905, alcune delle figure politiche e sindacali più radicali della nazione riunirono a Chicago. Con Big Bill Haywood della Federazione Occidentale dei Minatori e Eugene V. Debs del Partito Socialista, il gruppo mirava ad accendere dal basso il fuoco di una rivolta che potesse espandersi in tutta la nazione e abbattere un sistema malvagio e ingiusto, pietra dopo pietra.

All’inizio del 1900, le industrie di produzione di massa erano aumentate rapidamente. La maggior parte dei lavoratori di queste industrie mancava di una rappresentanza sindacale. L’AFL si opponeva alla sindacalizzazione di questi lavoratori, in gran parte non qualificati o semi-qualificati, sostenendo che tali tentativi sarebbero falliti. Questa visione venne messa in discussione, con successo, da uno dei movimenti sindacali militanti più straordinari mai visti in qualsiasi paese. Gli IWW, meglio conosciuti con il loro soprannome di Wobblies, si sarebbero dimostrati il movimento più radicale e militante nella storia sindacale della nazione.

Gli IWW svilupparono azioni militanti negli anni prima della guerra. Guidata da veri e propri giganti come Joe Hill e Big Bill Haywood, i Wobblies riuscirono a organizzare strati della classe operaia che non erano mai stati organizzati. Erano scevri da ogni routine, dai pregiudizi riformisti e dalla ristrettezza di vedute dei sindacati di mestiere; si avvicinavano alla lotta di classe con entusiasmo e verve. Appena scagionato dall’accusa di omicidio in Idaho, Bill Haywood divenne presto un elemento propulsore per gli IWW. Convinto che la Federazione dei Minatori Occidentali non fosse la risposta più corretta, Haywood voleva che gli IWW rappresentassero tutti i lavoratori in un unico grande sindacato e che portasse quel sindacato ad uno scontro frontale con i centri del potere in America.

Le idee degli IWW erano una miscela particolare e variopinta di anarco-sindacalismo e marxismo. Al loro congresso di fondazione nel 1905, adottarono un preambolo che era una commovente testimonianza di lotta di classe:

La classe operaia e la classe capitalista non hanno nulla in comune. Non ci può essere pace finché tra milioni di lavoratori dilagano la fame e il bisogno mentre pochi individui, che costituiscono la classe che dà loro lavoro, hanno per sé tutte le cose migliori. Tra queste due classi la lotta deve continuare fino a quando tutti i lavoratori si riuniranno sul piano politico così come sul terreno industriale per prendere (e mantenere) quello che producono con il loro lavoro, attraverso un’organizzazione economica della classe operaia senza affiliazione a nessun partito politico.

Gli IWW dichiararono guerra al sindacalismo di mestiere asfittico rappresentato dalla AFL:

Il rapido accumulo di ricchezze e la concentrazione della gestione delle industrie in sempre meno mani rendono i sindacati incapaci di far fronte al potere sempre crescente della classe padronale, visto che i sindacati promuovono uno stato di cose tale da mettere i lavoratori gli uni contro gli altri nella stessa fabbrica, portandosi così a sconfiggersi l’un l’altro nelle lotte salariali.

La risposta degli IWW era di lottare per il principio dell’unità del sindacalismo industriale sotto il loro famoso slogan “One Big Union”. Lottando contro la limitatezza dell’azione del sindacato di mestiere e lottando per l’organizzazione di tutti i lavoratori in un unico sindacato, essi erano senza dubbio sulla buona strada e, sebbene le loro politiche fossero distorte da alcuni pregiudizi anarco-sindacalisti, aprirono la strada a una politica militante e di classe. Nel 1908 approvarono un altro preambolo, che si concluse con un appello per l’abolizione del capitalismo:

Al posto del motto conservatore ‘Una giusta paga giornaliera per un giusto lavoro giornaliero’, dobbiamo iscrivere sul nostro vessillo la parola d’ordine rivoluzionaria: ‘abolizione del sistema salariale’. Eliminare il capitalismo è la missione storica della classe operaia. L’esercito della classe operaia impegnato nella produzione deve essere organizzato, non solo per la lotta quotidiana con i capitalisti, ma anche per portare avanti la produzione quando il capitalismo sarà stato rovesciato. Organizzandoci a livello industriale stiamo formando la struttura della nuova società all’interno della vecchia.

In realtà, le organizzazioni del movimento operaio negli Stati Uniti e in ogni altro paese sono proprio questo: l’embrione della nuova società che prende forma e matura lentamente nel grembo della vecchia. è per questo che i capitalisti hanno storicamente mostrato una così aspra ostilità verso i sindacati e cercano di distruggere, in un modo o nell’altro, qualsiasi tentativo degli operai di organizzarsi in difesa dei loro interessi di classe. Gli IWW, unendo nei loro ranghi gli elementi più avanzati, risoluti e rivoluzionari della classe operaia americana, condussero una serie di scioperi militanti prima della Prima Guerra Mondiale, tra le maglie della più feroce repressione da parte dei datori di lavoro e del loro Stato. Tra le altre azioni di massa compiute, organizzarono uno sciopero degli operai tessili, portato brillantemente al successo, a Lawrence nel Massachusetts, nel 1912. I Wobblies hanno usato molte armi nella loro lotta contro il Capitale, tra cui arte, poesia e musica. Uno dei partecipanti allo sciopero Lawrence ha ricordato:

È il primo sciopero in cui ho visto gente cantare. Non dimenticherò mai il curioso passaggio, lo strano e improvviso incendio delle nazionalità mescolate alle assemblee durante lo sciopero quando hanno fatto irruzione col linguaggio universale del canto. E non solo alle riunioni cantavano, ma anche nelle mense e nelle strade. Ho visto un gruppo di donne in sciopero, che sbucciavano patate nei punti di ristoro, irrompere all’improvviso col canto dell’Internazionale. Hanno un intero libro di canti messi su con melodie popolari: La canzone delle otto ore, Le bandiere dei lavoratori, I padroni ci governeranno? Ma il preferito era l’Internazionale” (Ray Stannard Baker, The Revolutionary Strike, in The American Magazine, maggio 1912).

Gli IWW usavano anche l’arma operaia più devastante, particolarmente importante negli Stati Uniti, l’umorismo. Quanto segue ne è un buon esempio:

Una volta un uomo non iscritto al sindacato entrò nel negozio di un macellaio per comprare la testa di un vitello. Mentre il macellaio stava per incartarlo, il cliente notò la tessera del sindacato. ‘Dica, è quella una testa di vitello sindacalizzata?’, chiese. ‘Sì, signore’, rispose il macellaio. ‘Beh, io non sono un uomo del sindacato e non voglio carne del sindacato’, replicò il cliente. ‘Posso renderla non sindacalizzata’, disse il macellaio, raccogliendola e ritirandola nella stanza sul retro del negozio. Tornò in pochi minuti e mise la testa sul bancone esclamando: ‘Ora va tutto bene’. ‘Che cosa ha fatto per renderla non sindacalizzata?’, chiese il potenziale acquirente. ‘Ho solo tolto il cervello’.

Joe Hill

Domani mi aspetto di fare un viaggio sul pianeta Marte e, in tal caso, inizierò immediatamente a organizzare i lavoratori del pianeta di Marte negli IWW e impareremo a cantare le belle vecchie canzoni così forte che i dotti osservatori stellari sulla terra, una volta per tutte, avranno finalmente la prova provata che il pianeta Marte è davvero abitato. […] Non ho nulla da dire se non che ho sempre cercato di rendere questa terra un posto migliore per la classe lavoratrice, e posso passare nel mondo sconosciuto dell’aldilà con l’orgoglio di sapere che nella mia vita non ho mai tradito un uomo, una donna o un bambino” (Joe Hill al direttore Ben Williams, Solidarity, 9 ottobre 1915).

Il 19 novembre 1915, uno scrittore di 33 anni fu giustiziato da un plotone d’esecuzione nel cortile del penitenziario dello Stato dello Utah, accusato di omicidio. Finiva così la vita di una delle figure più straordinarie della storia del movimento operaio americano, Joe Hill.XXX

Joe Hill, nato a Gavle, in Svezia, il 7 ottobre 1879, noto anche come Joseph Hillstrom e Joel Hagglund, era un cantautore e martire americano che emigrò a New York, via Ellis Island, in Bowery Street, nella parte sud-est della città, nel 1902. Il suo ingenuo idealismo sulla società americana fu molto presto fatto a pezzi dall’osservazione delle condizioni dure e dello sfruttamento a cui erano sottoposti i lavoratori immigrati. Divenne un operaio che passava da un posto di lavoro all’altro, operaio nelle miniere, nell’industria del legname e come scaricatore di porto. Imparò anche a sopravvivere come un vagabondo, viaggiando su treni merci e vivendo di quello che trovava qua e là nel suo vagabondaggio.

Si unì agli IWW intorno all’anno 1910 e divenne il cantore dei Wobblies, mostrando enorme abilità come poeta e cantautore. Fu l’autore di decine di canzoni dei Wobblies, che furono pubblicate in libretti di canzoni, sull’Industrial Worker, Solidarity (il quotidiano pubblicato dalla IWW) e nel piccolo libretto rosso delle canzoni degli IWW.

Le sue canzoni si basavano sulla sua esperienza personale della vita dei lavoratori del suo tempo. Le più famose, tra cui “The rebel girl” (La ragazza ribelle, Ndt), “The preacher and the slave” (Il predicatore e lo schiavo, Ndt) e Casey Jones, sono diventate famose in tutto il mondo e venivano cantate nelle spedizioni per andare ad organizzare i lavoratori e nelle manifestazioni di sostegno agli scioperi. Non erano state scritte solo per intrattenimento, erano strumenti di lotta.

Joe Hill arrivò nello Utah nel 1913 e trovò lavoro nelle miniere di Park City conoscendo la comunità svedese a Murray, Utah. Nel 1914 fu accusato dell’omicidio di un negoziante di Salt Lake City, John A. Morrison, e condannato sulla base di prove indiziarie. Ne seguì una battaglia internazionale per impedire la sua esecuzione da parte dello Stato dello Utah. I sostenitori di Hill sostenevano che gli interessi commerciali del West, in particolare i padroni del rame dello Utah, avevano cospirato per eliminarlo. Quello che è successo esattamente non potrà mai essere appurato. I padroni hanno usato tutti i metodi sporchi possibili e immaginabili contro il movimento operaio ma sono stati sempre ben attenti a nascondere le loro tracce. Ciò che è innegabile è che l’opinione pubblica nel West e nello Utah era decisamente ostile agli IWW e a Joe Hill che per questo non ha mai ottenuto un processo equo. Secondo le leggi di oggi, Joe Hill non sarebbe stato giustiziato sulla base delle prove presentate al suo processo. Il presidente Woodrow Wilson intervenne due volte nel tentativo di impedire l’esecuzione, ma Hill fu giustiziato nella prigione di Stato dello Utah a Sugar House il 19 novembre 1915.

Dopo l’esecuzione, Hill è diventato un eroe popolare e martire del movimento operaio, un simbolo della tradizione rivoluzionaria americana per la ricerca di giustizia economica e sociale per le persone più svantaggiate della società. Una delle sue ultime dichiarazioni, “Non piangete, organizzatevi!” è diventata un grido di lotta.

Il suo testamento, scritto mentre stava aspettando l’esecuzione della condanna nella sua cella, è uno dei documenti più commoventi della letteratura mondiale:

Le mie volontà sono facili da decidere, perché non c’è niente da decidere.

La mia famiglia non ha bisogno di lamentarsi e gemere – Il muschio non attecchisce su pietra che rotola.

Il mio corpo? – Oh! – Se potessi scegliere, lo ridurrei in cenere, e lascerei che le leggere brezze portassero la mia polvere dove crescono i fiori.

Forse allora un fiore appassito prenderebbe vita e fiorirebbe ancora.

Questo è il mio ultimo testamento. Buona fortuna a tutti voi.

Joe Hill

 

Ci sono stati molti tentativi di ritrarre la vita di Hill in diversi modi nel corso degli anni: biografie, romanzi, canzoni, opere teatrali e film sono stati scritti su di lui. “I Dreamed I Saw Joe Hill Last Night” (Ho sognato di vedere Joe Hill la scorsa notte, Ndt) di Alfred Hayes e Earl Robinson è diventata una canzone popolare americana di grande fama. Oggi le canzoni di Joe Hill, Wobbly, combattente di classe e martire del movimento operaio americano, sono conosciute, amate e cantate in tutto il mondo.

Letteratura e Rivoluzione

Joe Hill dimostrò come la musica e la poesia potessero essere armi potenti nella lotta di classe. Il suo esempio fu seguito da altri, tra cui il grande Woody Guthrie. L’amato cantante folk delle “Dust bowl ballads” (le ballate della tempesta di sabbia) e della “Hobo’s Lullaby” (la ninnananna del vagabondo) creò un nuovo genere di canzone popolare radicale che sposava le migliori tradizioni delle canzoni del West americano con la politica rivoluzionaria di classe. Fu un portavoce della classe operaia, uno dei più grandi cantautori americani di ogni genere, che ha continuato ad influenzare le successive generazioni di musicisti fino ad oggi, soprattutto i cantautori come Bob Dylan. Anche se la maggior parte degli americani conoscono la canzone “This Land is Your Land” (Questa terra è la tua terra), pochi sanno che si tratta di una canzone socialista. Come dice la canzone “questa terra è stata fatta per noi”!

È un peccato che molti giovani americani oggi non sappiano dell’esistenza di una grande tradizione americana di scrittori di sinistra, a cominciare da Jack London, un socialista impegnato e attivo. Jack London, al suo apice, era il più pagato e popolare tra tutti gli scrittori contemporanei. È per lo più conosciuto come autore di romanzi sulla natura come “Il richiamo della foresta” e “Zanna Bianca”, che rimangono molto popolari tra i giovani lettori. Ma quanti hanno letto le sue opere più ispirate come “Lotta di classe”, “Rivoluzione” e “Come sono diventato socialista”. Uno dei suoi scritti più interessanti è il ritratto autobiografico intitolato “Il senso della vita (secondo me)”:

“Così tornai alla classe lavoratrice nella quale ero nato e alla quale appartenevo. Non mi interessava più arrampicarmi. L’edificio della società che incombeva sul mio capo non conteneva alcuna gioia per me. Sono le fondamenta dell’edificio che mi interessano. Poiché lì sono contento di lavorare, palanchino in mano, a fianco di intellettuali, idealisti e lavoratori con una coscienza di classe, per usare ogni tanto un bel piede di porco con cui far traballare tutto l’edificio. Un giorno, quando avremo più braccia e palanchini per lavorarci, capovolgeremo l’edificio e con esso rovesceremo tutti quei morti insepolti, la vita marcia, il mostruoso egoismo e l’ottuso materialismo.

Dopodiché, ripuliremo la cantina e costruiremo una nuova abitazione per l’umanità nella quale non ci saranno i piani con i salotti e dove le stanze saranno tutte luminose e arieggiate e l’aria limpida, nobile e viva.

Questo è il mio orizzonte: attendo con ansia il tempo in cui l’uomo compirà un progresso verso qualcosa che valga e che sia più importante dello stomaco, il tempo in cui l’uomo sarà spinto all’azione da un incentivo migliore di quello odierno, lo stomaco. Continuo a credere nella nobiltà e nell’eccellenza. Credo che la dolcezza spirituale e la generosità conquisteranno la volgare golosità odierna. Infine, la fede nella classe lavoratrice. Come disse un francese, ‘la scala del tempo riecheggia sempre con il suono dello zoccolo che sale e dello stivale lucido che scende’.”

Una delle opere più notevoli di Jack London è il suo romanzo “Il tallone di ferro”, molto ammirato sia da Lenin che da Trotskij. In esso egli prevedeva l’ascesa del fascismo e raffigurava l’eroica lotta degli operai americani per il socialismo, molto prima che la rivoluzione russa prima e l’ascesa di Hitler dopo dimostrassero quanto fosse spaventosamente preciso.

“Leggendolo – afferma Trotskij nella sua introduzione – non si crede ai propri occhi: è proprio l’immagine del fascismo, della sua economia, della sua tecnica di governo, della sua psicologia politica! Il fatto è incontestabile: nel 1907 Jack London aveva già previsto e descritto il regime fascista come l’inevitabile risultato della sconfitta della rivoluzione proletaria. Qualunque siano le singole imprecisioni del romanzo – e ce ne sono – non possiamo fare a meno di inchinarci di fronte alla potente intuizione dell’artista rivoluzionario.”

John Steinbeck fu autore di romanzi che descrivevano le vite e le lotte dei comuni lavoratori americani durante la Grande Depressione: “Furore”, “Cannery Row”, “Uomini e topi”. “Furore” fu pubblicato nel 1939, quando l’America non era ancora uscita dalla Grande Depressione e milioni di persone vivevano in estrema povertà. La toccante descrizione di John Steinbeck delle condizioni degli affamati e degli oppressi e la loro lotta per mantenere la dignità umana, gli valsero il premio Pulitzer nel 1940. In questo romanzo, Steinbeck descrive vividamente la spietatezza delle grandi corporations che mandavano le ruspe a demolire le piccole fattorie e le case che rappresentavano tante speranze e tanti anni di lavoro, con uomini, donne e bambini sfrattati durante la notte e trasformati da piccoli agricoltori in vagabondi nullatenenti. La cosa più notevole di questo romanzo è che non sembra essere una descrizione delle masse dall’esterno. L’autore è riuscito ad entrare sotto la pelle degli “oakies” (così venivano chiamati gli immigrati poveri dell’Oklahoma negli anni ’30, NdT) e ad esprimere, con le loro parole e con il loro linguaggio, i pensieri, i sentimenti e le aspirazioni più intimi delle persone. Ecco, per esempio, come vedevano la polizia:

‘Che cosa ha detto il vicesceriffo?’, domandò Huston.

‘Be’ il vicesceriffo ha dato di matto. ‘Voi maledetti rossi state sempre lì a mettere zizzania’ gli fa. ‘E ora farai meglio a venire con me.’ E così s’è portato via il piccoletto e gli hanno dato sessanta giorni di cella per vagabondaggio.’

‘Come hanno fatto se aveva un lavoro?’, chiese Timothy Wallace.

Il grassone rise. ‘Che razza di domande’, disse. ‘Non lo sai che per essere un vagabondo basta stare sulle scatole a uno sbirro? È per questo che odiano il nostro campo. Qui gli sbirri non ci possono entrare. Qui siamo negli Stati Uniti, non in California.’

Tom Joad diede voce ai poveri diavoli: ‘Stanno minando il nostro spirito. Stanno cercando di farci tremare e strisciare come una puttana frustata. Stanno cercando di farci crollare. Ma, Gesù Cristo, arriva un momento in cui il solo modo in cui un uomo può mantenere la sua dignità è quello di prendere a pugni un poliziotto. Stanno minando la nostra dignità.’

 

Ci furono molti altri grandi romanzi socialisti americani. Il romanzo di Upton Sinclair “La giungla” è una vivida esposizione delle condizioni negli allevamenti e nei mattatoi d’America, che termina con un messaggio socialista senza compromessi. Contiene una condanna radicale del capitalismo che raggiunge il suo scopo ancora oggi e la descrizione delle spaventose condizioni dei lavoratori nei macelli:

“Il riscaldamento era scarso in tutto l’edificio e solo nei reparti dove la carne si cuoceva o bolliva o veniva trattata in qualche modo con il calore o con il fuoco, c’era calore. Erano gli operai di questi reparti a correre i rischi più gravi, passando da una stanza all’altra, dal caldo al gelo lungo i corridoi, magari con indosso solo la canottiera. Ai banchi di macellazione, comunque eri sempre coperto di sangue che ti si rapprendeva e congelava addosso. Se t’appoggiavi a una colonna, ci rimanevi attaccato; se toccavi la lama di un coltello, ti si staccava un lembo di pelle. Gli operai avvolgevano i piedi in sacchi e giornali, ma s’inzuppavano di sangue e congelavano, s’inzuppavano ancora e ancora, e allora, giunta la sera, si vedevano quegli uomini camminare con questi grossi blocchi grandi come una zampa di elefante, fatti di sacchi, giornali e sangue rappreso e congelato. Quando il capo-reparto non guardava, lesti infilavano i piedi in una carcassa fumante di qualche manzo, o correvano dall’altra parte dello stanzone dove vi erano gli sfiati dell’acqua calda. Poi, c’è da dire, che fra quelli che nel reparto lavoravano con i coltelli, quasi nessuno poteva far uso di guanti. Se le braccia diventavano dello stesso colore della neve, a causa del gelo, le mani diventavano insensibili, ed è per questo che capitavano incidenti. Si verificavano in gran numero perché l’aria satura di vapore creata dall’acqua bollente e il sangue caldo che fumava rendevano difficoltoso distinguere qualcosa a più di due metri di distanza. Con tutto il movimento, l’andirivieni per lo stanzone, tutto il caos provocato dai ritmi spinti che venivano richiesti ai banchi di macellazione, tutti i coltelli affilati che, come rasoi, guizzavano di qua e di là… davvero era un miracolo se non venivano affettati più operai che bestie!”

Ultimo, ma nient’affatto per importanza, abbiamo John Dos Passos con la sua magistrale trilogia sugli Stati Uniti, formata dai romanzi “Il 42esimo parallelo”, “1919”, e “Un mucchio di quattrini”. Il secondo di questi romanzi esprime con straordinaria vivacità la natura e l’atmosfera del periodo che seguì la Rivoluzione russa. Si tratta di un lavoro straordinario, scritto in una forma particolarmente originale, che unisce titoli di giornale ed episodi telegrafici con storie di vita reale e di fantasia, in grado di dare davvero un assaggio di quei tempi. Facciamo un paio di esempi. Il famigerato trattato di Versailles, che suggellò la sconfitta della Germania nel 1919, fu redatto dagli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna e dalla Francia. Come esempio di cinica politica di potere e di rapina imperialista è forse senza eguali. Con la sicurezza del tocco di un artista di prim’ordine, Dos Passos esprime l’essenza degli intrallazzi delle grandi potenze e l’ipocrisia distillata del “mondo cristiano civilizzato”.

 

… Clemencau, Lloyd George, Woodrow Wilson. Tre vecchi che facevano il mazzo e distribuivano le carte: la Renania, Danzica, il corridoio polacco, la Ruhr, l’autodecisione delle piccole nazioni, la Saar, la lega delle Nazioni, i mandati, la Mesopotamia, la libertà dei mari, la Transgiordania, lo Shantung, Fiume e l’isola di Yap: mitragliatrici e incendi, fame, pidocchi, colera, tifo; il petrolio era la briscola. […] Il 28 giugno il trattato di Versailles era pronto e Wilson dovette tornare a casa per spiegare ai politicanti, che intanto si erano coalizzati contro di lui nel Senato e alla Camera, e alla sobria opinione pubblica, e al Dio dei padri, quanto si fosse lasciato giocare e sin dove fosse riuscito ad assicurare al mondo la democrazia e la Nuova Libertà.

Che si tratti della Germania nel 1919 o dell’Iraq nel 2002, i rappresentanti diplomatici delle grandi potenze non ammettono mai che le loro attività sono dettate da grossolani interessi economici (il petrolio era, ed è, la briscola), ma le loro motivazioni sono sempre pure e nobili (“assicurare al mondo la democrazia”). E proprio come il mostruoso trattato di Versailles, che avrebbe dovuto assicurare al mondo la pace, ha reso il mondo molto più insicuro e creato i presupposti per la Seconda guerra mondiale, così le attuali guerre intraprese dagli Stati Uniti in Afghanistan e Iraq per “rendere il mondo un posto più sicuro” finiscono solo per renderlo molto più instabile, insicuro e pericoloso di prima. Anche George W. Bush crede con fervore nel Dio dei suoi padri, al quale rivolge preghiere mentre ordina il bombardamento delle città irachene e infligge il fuoco delle mitragliatrici, gli incendi, la fame e le malattie a milioni di persone. Nel frattempo, dietro tutta la retorica, il petrolio è ancora la briscola.

La descrizione della lotta di classe negli Stati Uniti, negli anni burrascosi dopo la Prima guerra mondiale, è eccezionale nel suo realismo grezzo e senza compromessi. Questi sono stati gli anni in cui i padroni e il governo, temendo l’effetto della rivoluzione russa sulla classe operaia americana, fecero ricorso ai linciaggi da parte della folla per schiacciare il movimento operaio. La vera storia del brutale linciaggio di Wesley Everett, un veterano e un wobbly (membro dell’IWW, NdT), è uno degli episodi più commoventi del libro.

L’anniversario dell’armistizio fu una giornata aspra e fredda; la nebbia saliva da Puget Sound e gocciolava dai neri rami degli abeti e dalle lucenti vetrine delle città. Warren O’ Grimm comandava la sezione di Centralia della parata. I reduci erano in divisa. Quando la parata passò davanti alla sede del sindacato senza fermarsi, i taglialegna all’interno tirarono il fiato, ma sulla via del ritorno la parata si fermò davanti alla sede. Qualcuno si mise le dita in bocca e fischiò. Qualcuno gridò: ‘forza ragazzi, addosso!’ Si precipitarono contro la sede dei wobbly. Tre uomini abbatterono la porta a spallate. Un fucile parlò. Fucilate crepitarono sulle colline retrostanti la città, ruggirono nel retro della sede.

Grimm e un reduce furono colpiti.

La parata si sciolse in disordine, ma quelli che erano armati di fucile si rimisero in formazione e si lanciarono contro la sede. Trovarono alcuni uomini disarmati nascosti in una vecchia ghiacciaia, un ragazzo sulle scale con le mani in alto. Wesley Everest vuotò il caricatore del suo fucile, gettò via l’arma e fuggì verso i boschi. Nel correre si aprì un varco tra la folla dietro la sede, la tenne a bada con una pistola automatica, scavalcò una staccionata, infilò un viale e poi la strada secondaria. La folla lo inseguì, lasciando le corde che avevano portato per linciare Britt Smith, il segretario dell’IWW. Fu l’intervento di Wesley Everest che impedì a quella gente di linciare sul posto Britt Smith.

Fermandosi una volta o due per tenere a bada la folla con qualche colpo sporadico, Wesley Everest corse verso il fiume e cominciò a guadarlo. Quand’ebbe l’acqua alla vita, si fermò e si voltò. Wesley Everest si voltò ad affrontare la folla con un sorriso stranamente calmo. Aveva perso il cappello e dai capelli gli colavano addosso acqua e sudore. Fecero per piombargli addosso. ‘State indietro!’ gridò lui. ‘ Se ci sono poliziotti nella folla mi sottometto all’arresto.’

La folla era su di lui. Sparò quattro colpi di fianco, poi l’arma gli s’inceppò. Premette ancora il grilletto e, prendendo freddamente la mira, colpì a morte il primo di loro. Era Dale Hubbard, un altro reduce, nipote di uno dei grandi tagliaboschi di Centralia. Poi buttò via l’arma scarica e lottò a mani nude. La folla ebbe ragione di lui. Uno gli spaccò i denti con il calcio di un fucile. Qualcuno portò una corda e si accinsero ad impiccarlo. Una donna si fece largo a gomitate tra la folla e gli tirò via la corda dal collo.

‘Non avete il coraggio di impiccare un uomo alla luce del giorno’ fu quello che disse Wesley Everest.

Lo portarono in prigione e lo buttarono per terra. Intanto sottoponevano gli altri taglialegna al terzo grado.

Quella notte le luci della città furono spente. Una folla abbatté la porta d’ingresso del carcere. ‘Non sparate, ragazzi, ecco qui il vostro uomo’ disse il guardiano. Wesley Everest li affrontò in piedi. ‘Dite ai ragazzi che ho fatto del mio meglio’ bisbigliò agli occupanti delle altre celle.

Lo portarono in un’automobile chiusa al Chealis River Bridge. Mentre Wesley Everest giaceva stordito sul fondo della macchina, un uomo d’affari di Centralia gli tagliò con un rasoio pene e testicoli. Wesley Everst lanciò una grande grido di dolore. Qualcuno ha ricordato che dopo un po’ sussurrò: ‘Per l’amor del cielo, gente, sparatemi… non fatemi soffrire così.’ Poi lo impiccarono al ponte, al bagliore dei fari.

Dopo aver descritto questo sanguinoso linciaggio con precisione impietosa, Dos Passos ritorna ad una fredda ironia disarmante:

Il medico legale ha pensato che la sua inchiesta fosse un grande scherzo. Ha riferito che Wesley Everest era evaso di prigione e si era diretto al Chehalis River Bridge, si era legato una corda intorno al collo e si era buttato; trovando la corda troppo corta, si era arrampicato e legato con una più lunga; si era buttato di nuovo, rotto il collo e riempito da solo di fori di proiettile. Ficcarono i resti straziati in una scatola da imballaggio e la seppellirono. Nessuno sa dove hanno sepolto il corpo di Wesley Everest, ma i sei taglialegna catturati sono sepolti nel Penitenziario di Walla Walla.”

Il CIO e i sit-down strike

“Il Piano Americano; la prosperità del settore auto che discende dall’alto; venne fuori che c’erano dei vincoli. Ma quei cinque dollari al giorno pagati a bravi e puliti operai americani che non bevevano o fumavano sigarette o leggevano o pensavano, e che non commettevano adulterio e le cui mogli non accettavano pensionati, hanno fatto dell’America ancora una volta lo Yukon dei lavoratori sudati di tutto il mondo; hanno fatto tutte le Lizzies [vecchie automobili Ford, NdT], l’era automobilistica e, per inciso, hanno reso Henry Ford, il grande produttore di auto, l’ammiratore di Edison, l’amante degli uccelli, il grande americano dei suoi tempi.”

I cosiddetti “golden twenties” (dorati anni’20) sperimentarono un boom molto simile al boom degli anni ’90, che ci siamo appena lasciati alle spalle. La produzione salì ad altezze vertiginose, la borsa ancora più in alto. Il 1 settembre 1929, notando con soddisfazione che il numero di scioperi negli Stati Uniti era sceso dai 3.789 del 1916 ai 629 del 1928, il presidente di AFL William Green affermava che “la contrattazione collettiva veniva accettata sempre di più come deterrente ai conflitti nel mondo del lavoro”.

è un dato di fatto che il boom degli anni ’20, come qualsiasi altro boom sotto il capitalismo, era basato sul super-sfruttamento della classe operaia. I lavoratori delle industrie di produzione di massa – acciaio, auto, gomma, tessile, petrolio, prodotti chimici, etc. – erano disorganizzati, atomizzati e in balìa dei datori di lavoro. Erano privi di qualsiasi diritto e alla mercé delle più feroci forme di sfruttamento.

Furono anni di violenta lotta di classe negli Stati Uniti. Come Art Preis ha ricordato nel suo libro, “Labor’s Giant Step”:

“Quasi tutti i picchetti venivano spezzati con sanguinosa violenza da poliziotti, ausiliari, soldati e da stronca-scioperi di professione ben armati.”

Le manifestazioni di massa dei lavoratori disoccupati organizzate dal Partito comunista venivano violentemente disperse dalla polizia, con molti arrestati, feriti o morti. Il 7 marzo 1932, una manifestazione di disoccupati che chiedevano lavoro davanti alla Ford Rouge Plant (stabilimento della Ford in Michigan, NdT) fu dispersa con le mitragliatrici, provocando quattro morti e molti feriti. Su ordine diretto del presidente Hoover, il generale Douglas MacArthur, in sella ad un cavallo bianco alla testa delle sue truppe, attaccò una manifestazione di 25mila persone, reduci disoccupati assieme ai loro famigliari, con gas lacrimogeni, fucilate e baionette. Tali “incidenti” erano comuni durante gli anni ’30, anche durante il “New Deal” di Roosevelt. Nel Memorial Day del 1937, ad esempio, dieci persone furono uccise e 80 ferite in uno scontro tra la polizia e i membri del Comitato Organizzatore dei Lavoratori dell’Acciaio presso uno stabilimento della Republican Steel Co a South Chicago.

Dopo il grande crollo del 1929, i padroni lanciarono un programma di tagli salariali selvaggi. L’AFL rispose annunciando accordi che prevedevano la sospensione degli scioperi. Questo doveva essere il risultato di un accordo tra gentiluomini tra i sindacati e i padroni, ma in pratica i sindacati concedevano tutto e i padroni niente. Tra giugno e luglio del 1930, 60 aziende e industrie annunciarono tagli salariali e la AFL non fece nulla al riguardo. Il risultato fu un rapido declino degli iscritti al sindacato. Nel 1931 l’AFL perdeva 7mila iscritti alla settimana e, da un massimo di 4.029.000 iscritti nel 1920 calò fino a 2.127.000 nel 1933. Questo è un giusto e meritato epitaffio per le presunte politiche “realistiche” del “sindacalismo puro e semplice”.

Diversi sindacati affilati all’AFL, tuttavia, istituirono il CIO, Committee for Industrial Organization (Comitato per l’Organizzazione Industriale), per organizzare i settori industriali non sindacalizzati. Questo sforzo di organizzazione ebbe grande successo nell’industria della gomma, dell’acciaio e dell’auto. I conflitti interni sull’organizzazione di queste industrie continuò e, nel 1938, la AFL decretò l’espulsione dei sindacati che avevano formato il CIO. I sindacati espulsi istituirono una loro federazione, che cambiò il suo nome in Congress of Industrial Organizations (Congresso delle Organizzazioni Industriali). John L. Lewis, del sindacato dei minatori, ne divenne il primo presidente.

La formazione del CIO rappresentò un passo da gigante per il movimento operaio. Dalla sera alla mattina i lavoratori che non erano organizzati, lo diventarono. Generalmente viene ignorato che i trotskisti – soprattutto a Minneapolis – contribuirono a dirigere i grandi scioperi dei Teamsters (il sindacato degli autotrasportatori, NdT) che portarono alla formazione del CIO. Farrell Dobbs giocò un ruolo chiave, tanto più straordinario dal momento che aveva precedentemente votato repubblicano. Come risultato dell’esperienza della lotta di classe, passò direttamente dal repubblicanesimo alla rivoluzione. Questo piccolo dettaglio mostra come gli stati d’animo possono cambiare velocemente.

La maggior parte della gente crede che furono gli operai francesi a sperimentare per primi il metodo dell’occupazione delle fabbriche negli anni ’30, ma non è così! I lavoratori americani nei primi anni ’30 svilupparono potenti mobilitazioni, note negli Stati Uniti come sit-down strike, in cui i dipendenti si recavano sul posto di lavoro e si rifiutavano di lavorare. Era occupazioni delle fabbriche in tutto tranne che nel nome. Il primo sit-down strike di successo ebbe luogo a Flint, nel Michigan, nel 1937, quando il sindacato United Auto Workers fermò la produzione in una fabbrica della General Motors. Questo metodo difficilmente definibile si dimostrò efficace e creò numerosi scontri tra il management delle fabbriche e i dirigenti sindacali.

Nel primo grande sit-down strike il sindacato dei lavoratori della gomma, United Rubber Workers (affiliato al CIO) conquistò sul campo il riconoscimento da parte della Goodyear Tire e Rubber Co. Ma non tutti gli scioperi si concludevano vittoriosamente. Le cinque settimane di sciopero del “Little Steel Strike” (sciopero organizzato dal CIO nel 1937 in tante piccole acciaierie, NdT) venne spezzato quanto i lavoratori della Inland Steel tornarono al lavoro, senza nemmeno aver ottenuto il riconoscimento del sindacato da parte dell’azienda.

I sindacati dopo il 1945

Le tradizioni del CIO nei suoi primi anni sono qualcosa che la nuova generazione di giovani americani dovrebbero prendersi il tempo di studiare. Sono state rappresentate molto malamente nel grande film di Hollywood Hoffa (in italiano distribuito come Hoffa – Santo o mafioso?, NdT) e molto meglio nel film precedente e meno noto, intitolato F.I.S.T., l’unico film decente che Sylvester Stallone abbia mai girato. Il punto principale è che non si tratta di storia antica. La lotta di classe non è finita negli anni ’30, ma da allora è continuata, con flussi e riflussi. Gli operai americani hanno sempre avuto una buona tradizione sindacale ed è un dato di fatto che il numero degli scioperi è aumentato negli anni successivi alla Seconda guerra mondiale. Dal 1936 al 1955, ci fu un numero strabiliante di 78.798 scioperi negli Stati Uniti, con il coinvolgimento di 42.366.000 scioperanti. I dati ripartiti sono i seguenti:

 

Numero di scioperi e scioperanti (per decenni):

 periodo  numero di scioperi  numero di scioperanti
 1923-32  9.658  3.952.000
 1936-45  35.519  15.856.000
 1946-55  43.279 26.510.000

 

 

Nel 1949 ci furono grandi scioperi nelle industrie del carbone e dell’acciaio; il 1952 è stato un anno di scioperi nel settore del carbone e dell’acciaio; il 1959 fu l’anno dello sciopero siderurgico di 116 giorni, il più grande sciopero di tutti i tempi negli Stati Uniti in base al numero di lavoratori coinvolti e di giorni di sciopero. Al fine di frenare l’ascesa della militanza sindacale, nel 1947 i padroni e il governo introdussero una legislazione anti-sindacale, il Taft-Hartley Act.

Le grandi corporations e il loro Stato sono sempre state, e rimangono, accanitamente ostili all’attività sindacale. Anche se i sindacati non sono più illegali, lo Stato non esita a invocare la legislazione anti-sindacale ogni volta che conviene ai padroni. Il meccanismo nazionale di emergenza previsto dal Taft-Hartley Act per indagare sui conflitti che minacciano “di mettere in pericolo la salute e la sicurezza nazionale” è stato invocato dai vari presidenti in 23 occasioni dal momento della sua emanazione nel 1947 fino al 1963.

Questa non è storia antica. Il Taft-Hartley Act è vivo e vegeto ed è ancora usato per colpire i sindacati negli Stati Uniti. Il presidente Ronald Reagan licenziò la maggior parte dei controllori di lavoro per aver scioperato illegalmente e revocò il riconoscimento giuridico del loro sindacato, la Professional Air Traffic Controllers Association. 13mila controllori di volo sfidarono la precettazione e in seguito 400mila iscritti al sindacato parteciparono alla più grande manifestazione sindacale nella storia americana, che si svolse a Washington in protesta contro le politiche dell’amministrazione Reagan. Più di recente, George W. Bush ha usato il Taft-Hartley Act contro i portuali.

Bisogna aggiungere che ci sono altre leggi che vengono regolarmente invocate dalle istituzioni per impedire ai lavoratori di esercitare il loro legittimo diritto di sciopero. Nella guerra tra il Lavoro e il Capitale, lo Stato non è più imparziale oggi rispetto al passato! La lotta per i diritti sindacali e contro le ingiuste leggi anti-sindacali, è una necessità impellente per la classe operaia americana. Questo fatto dimostra anche la totale inutilità del tentativo di separare l’attività sindacale da quella politica.

Se qualcuno crede che la lotta di classe sia morta negli Stati Uniti, gli consiglio di guardare all’esperienza di scioperi importanti come quello dei minatori del 1989. Nell’aprile di quell’anno lo United Mine Workers (UMW) convocò uno sciopero contro il Pittston Coal Group per via delle sue pratiche di lavoro scorrette. Questi minatori avevano lavorato 14 mesi senza un contratto prima che l’UMW si decidesse a convocare lo sciopero. Tra le pratiche elencate dall’UMW, figuravano l’interruzione delle prestazioni sanitarie per pensionati, vedove e invalidi; il rifiuto di contribuire ad un fondo istituito nel 1950 per i minatori andati in pensione fino al 1974; la cattiva fede nella conduzione delle trattative. I minatori in Virginia, Kentucky e West Virginia scioperarono contro Pittston.

I minatori e le loro famiglie si impegnarono in una campagna di disobbedienza civile di grande impatto contro l’azienda. Nella lunga tradizione dei padroni americani, lo sciopero venne affrontato con violenza deliberata, mobilitando i soldati per arrestare i minatori in sciopero. I minatori contrattaccarono coraggiosamente utilizzando la dinamite. Nonostante l’enorme importanza di questo sciopero, la “stampa libera” degli Stati Uniti non ne fece praticamente menzione, preferendo invece dare vasta copertura ad un altro sciopero dei minatori – in Russia!

Il movimento della classe operaia americana in difesa dei propri interessi continua, come mostrano molto chiaramente le recenti lotte dei lavoratori UPS e dei portuali. Se non ci sono stati più scioperi e se il tenore di vita e le condizioni dei lavoratori non hanno tenuto il passo con l’aumento enorme dei profitti, è stato a causa del fallimento della direzione dei sindacati, non dei lavoratori. Negli ultimi anni i sindacati sono andati incontrato a difficoltà a causa di questo. Come in altri paesi, i sindacati negli Stati Uniti si sono pesantemente burocratizzati e i dirigenti hanno perso il contatto con i problemi dei lavoratori comuni.

Il tracollo delle industrie pesanti nel Nord e nell’Est – la base tradizionale del movimento operaio – ha portato ad un calo nel numero di iscritti. Eppure la direzione si è dimostrata incapace di rispondere alla sfida posta dal grande capitale al movimento sindacale. Con lo sviluppo di nuove industrie nel Sud e nell’Ovest, oggi milioni di lavoratori negli Stati Uniti non sono sindacalizzati. Il compito di organizzarli sindacalmente è forse la necessità più urgente dei nostri tempi. Per risolvere questo problema, i sindacati devono tornare alle loro radici, alle tradizioni militanti del CIO quando organizzò i lavoratori non sindacalizzati nei burrascosi anni ’30. Quando ciò accadrà, scopriremo che i settori precedentemente passivi e “arretrati” saranno tra i più militanti e rivoluzionari di tutto il movimento sindacale.

I sindacati sono sempre stati le organizzazioni di base della classe. Sono come la prima linea nella difesa dei diritti più elementari della classe operaia. Senza la lotta quotidiana per avanzare sotto il capitalismo, la trasformazione socialista della società sarebbe utopia. Pertanto la lotta per trasformare i sindacati, per democratizzarli a tutti i livelli e perché si facciano davvero interpreti delle speranze e delle aspirazioni dei lavoratori, per trasformarli in veri organi di lotta, è una condizione preliminare per la lotta per un’America socialista, in cui i sindacati svolgeranno il ruolo che era stato immaginato per loro dai pionieri del movimento operaio e cioè quello di organizzazioni di base per la gestione dell’economia in un contesto di democrazia operaia.

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