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I trotskisti nei campi di concentramento di Stalin – Un testimone oculare dello sciopero a Vorkuta

Il 27 ottobre 1936 nel Gulag di Vorkuta cominciava uno dei più importanti scioperi della fame del XX secolo, che si concluse con una vittoria, pagata però, poche settimane dopo, con le esecuzioni sommarie di centinaia di prigionieri politici comunisti.
A 80 anni di distanza vorremmo ricordare tutte quelle migliaia di veri comunisti che perirono nei campi di Stalin, macellati solo per aver difeso le idee di Lenin e Trotskij. Vecchi bolscevichi come Zinoviev, Kamenev e Bucharin furono costretti a confessare crimini che non avevano commesso. Queste vittime famose erano solo la punta di un iceberg. Ignorati da tutti, migliaia di trotskisti furono sepolti in condizioni terribili nei campi di concentramento. Coraggiosi e temerari fino alla fine. La differenza quando trattavano con i trotskisti per gli agenti di Stalin è che non potevano fargli confessare falsi crimini, quindi non potevano processarli con false accuse, ma solo ucciderli senza pietà e seppellirli nei rifiuti. Pubblichiamo la traduzione italiana di un articolo apparso su www.marxist.com nel 2004.
Sono passati 68 anni dalle famose purghe staliniane del 1936. Vecchi bolscevichi famosi come Zinoviev, Kamenev e Bucharin furono spezzati e costretti a confessare crimini che non aveva commesso. Ma queste vittime famose erano solo la punta di un iceberg. Non ricordati sono le migliaia di trotskisti che languivano nei campi di concentramento brutali in aree remote della Russia. Coraggiosamente, organizzarono a partire dal 27 ottobre 1936 un clamoroso sciopero della fame attraverso tutti i campi sparsi che costrinse le autorità a fare concessioni. La differenza con i trotskisti era che gli agenti di Stalin non potevano fargli confessare falsi crimini. Sapevano che la confessione era necessaria solo per rendere l’esecuzione “legale”, in modo che non potevano essere portati in giudizio, potevano solo ucciderli vergognosamente e seppellirli nei rifiuti.
L’articolo che segue è un estratto da una testimonianza oculare di questi eroici oppositori, una storia tragica comparsa per la prima volta nel numero di ottobre/novembre 1961 della pubblicazione menscevica in emigrazione  Sotsisalistichesky Nestnik (“messaggio socialista”) e firmato solo “MB”.

di MB

 

Durante la metà e la fine degli anni 30, i trotskisti formavano un gruppo molto variegato a Vorkuta; una parte di essi  manteneva il suo vecchio nome di “bolscevico-leninisti.” Ce n’erano quasi 500 presso la miniera, quasi 1.000 nel campo di Ukhta-Pechora, e certamente diverse migliaia complessivamente intorno al quartiere Pechora. I trotskisti ortodossi erano determinati a rimanere fedeli fino alla fine al loro programma e ai loro leader. Nel 1927, a seguito delle risoluzioni del 15° congresso del partito, sono stati espulsi dal Partito Comunista e, allo stesso tempo, arrestati. Da quel momento in poi, anche se erano in carcere, hanno continuato a considerarsi comunisti e caratterizzavano Stalin e i suoi sostenitori come “burocrati”, rinnegati del comunismo. Tra questi “trotskisti” ‘era anche chi non aveva mai formalmente aderito al PC e nemmeno all’Opposizione di Sinistra, ma aveva legato il proprio destino ad essa fino alla fine – anche quando la lotta dell’opposizione era più acuta.

Arrivo a Vorkuta

Oltre a questi veri e propri trotskisti, nei campi di Vorkuta e altrove c’erano più di 100.000 prigionieri, membri del partito e della gioventù comunista, che avevano aderito all’opposizione trotskista in tempi diversi e per diversi motivi (di cui i principali erano evidentemente la repressione, la disoccupazione, le persecuzioni, l’esclusione dalle scuole e dalle strutture universitarie, ecc) e furono costretti a “ritrattare i propri errori” e lasciare l’opposizione.
I trotskisti ortodossi arrivati alla miniera durante l’estate del 1936 vivevano come una massa compatta in due grandi caserme. Rifiutavano categoricamente di lavorare nei pozzi; lavoravano solo in superficie, e solo per otto ore, non dieci o dodici come richiesto dalla normativa, come gli altri prigionieri erano costretti a fare. Lo facevano di propria volontà, in modo non organizzato, violando apertamente le norme del campo. Per lo più avevano già scontato quasi dieci anni di deportazione.
In principio, sono stati inviati in isolamento e poi dopo esiliati a Soiovka. Alla fine sono arrivati a Vorkuta. I trotskisti formavano l’unico gruppo di prigionieri politici che criticavano apertamente la “linea generale” stalinista e offrivano una resistenza organizzata ai carcerieri.
Tuttavia, c’erano notevoli divergenze all’interno di questo gruppo. Alcuni si considerano discepoli di Timothy Sapronov (ex-segretario del Soviet supremo) e insistevano per essere chiamati “sapronovisti” o “centralisti democratici”. Sostenevano di essere più a sinistra dei trotskisti e ritenevano che la dittatura staliniana avesse già raggiunto la fase di degenerazione borghese alla fine degli anni 20 e che il riavvicinamento di Hitler e Stalin era molto probabile. Tuttavia, in caso di guerra, i “sapronovisti” si dichiaravano per la difesa dell’URSS. Tra i “trotskisti” c’erano anche sostenitori della destra, vale a dire di Rykov e Bucharin, così come seguaci di Shljapnikov e della sua piattaforma di “opposizione dei lavoratori”. Ma la grande maggioranza del gruppo era composta da trotskisti autentici, sostenitori di Lev Trotskij.
… Nonostante le loro differenze, tutti questi gruppi presso la miniera vivevano in modo abbastanza amichevole sotto un unico comune denominatore “i trotskisti”. I loro capi erano Socrates Gevorkian, Vladimir Ivanov, Melnais, VV Kossior e l’ex-segretario di Trotskij Poznansky.

Gevorkian era un uomo tranquillo, molto equilibrato, ragionevole, pieno di buon senso. Parlava senza fretta, pesando le parole, senza gesti teatrali. Fino al momento del suo arresto, aveva lavorato in qualità di esperto per l’Associazione russa dei Centri di Ricerca Scientifica dell’Istituto di Scienze Umane. Era un armeno e all’epoca, aveva almeno quaranta anni. Suo fratello minore era stato imprigionato con lui. Melnais, un lettone, era un po’ più giovane di Gevorkian. Dopo essere stato membro del Comitato Centrale dei Giovani Comunisti, aveva studiato presso la Facoltà di Fisica e Matematica dell’Università di Mosca, dove, nel 1925-27, dirigeva un gruppo molto importante (diverse centinaia di persone) di studenti dell’Opposizione…
Alla fine del 1927, Melnais è stato uno dei primi membri dell’Opposizione presso l’università ad essere arrestato…
Melnais era in prigione da allora. In celle di isolati politici e in esilio, ha speso molto  tempo a lavorare su problemi economici e ben presto si è rivelato essere un economista eminente e di talento.

Le notizie sui processi farsa raggiungono i campi

Vladimir Ivanov era un uomo cordiale, con un viso rotondo e la faccia piena del mercante di successo, con grandi baffi neri e occhi grigi intelligenti. Nonostante i suoi cinquant’anni, si percepiva in lui una forte volontà e la forza di un orso. Un vecchio bolscevico e membro del Comitato Centrale, Ivanov, fino al suo arresto, aveva diretto la Ferrovia Orientale Cinese. Lui, così come sua moglie, aveva militato nel gruppo “centralismo democratico” ed era stato tra i sostenitori di Sapronov. Quando il 15° Congresso ha deciso che l’appartenenza alla opposizione era incompatibile con l’appartenenza al partito, Ivanov era uscito dalle fila dell’opposizione, ma questo non lo ha salvato; è stato arrestato dopo l’assassinio di Kirov…
Kossior era un uomo di mezza età, molto basso (quasi un nano), con una grande testa. Prima del suo arresto, occupava un posto di primo piano nella gestione del settore petrolifero. Suo fratello, Stanislas Kossior, poi entrò nel Politburo, e, allo stesso tempo, è stato segretario del Comitato Centrale del Partito comunista ucraino (In seguito è stato liquidato da Stalin. Il suo caso è stata menzionato da Krusciov nel suo rapporto al XX Congresso)…

Poznansky, un bell’uomo di circa trentacinque-trentotto anni, era molto interessato alla musica e agli scacchi. Il secondo segretario di Trotskij, Grigoryev, finì anche lui a Pechora. Nell’autunno del 1936, subito dopo i processi farsa contro i leader dell’opposizione; Zinoviev, Kamenev e gli altri, l’intero gruppo di trotskisti “ortodossi” nella miniera si riunirono per discutere.
Aprendo la riunione, Gevorkian rivolto ai presenti disse: “Compagni! Prima di iniziare il nostro incontro, vi chiedo di onorare la memoria dei nostri compagni, guide, dirigenti che sono morti da martiri per mano dei traditori stalinisti della rivoluzione”.
L’intero gruppo si alzò in piedi. Poi, in un discorso breve e molto tagliente, Gevorkian spiegò che era necessario esaminare e risolvere il problema fondamentale: che cosa si doveva fare e come comportarsi da lì in poi.
“È ormai evidente che il gruppo di avventurieri stalinisti ha completato il golpe nel nostro paese. Tutte le conquiste progressive della nostra rivoluzione sono in pericolo. Non ombre crepuscolari, ma una profonda notte nera avvolge il nostro paese. Nemmeno Cavaignac ha versato tanto sangue della classe operaia come ha fatto Stalin.”
“Dopo aver annientato fisicamente tutti i gruppi di opposizione nel partito, Stalin ha proceduto verso la dittatura personale totale. Il partito e il popolo furono sottoposti a sorveglianza e a giustizia sommaria da parte dell’apparato di polizia. Le previsioni e le più atroci paure della nostra opposizione sono pienamente confermate. La nazione scivola irresistibilmente nella palude termidoriana. Questo è il trionfo delle forze piccolo-borghesi di centro, di cui Stalin è l’interprete, il portavoce, e l’apostolo”.
“Nessun compromesso è possibile con i traditori stalinisti carnefici della rivoluzione. Rimanendo rivoluzionari proletari fino alla fine, non dobbiamo nutrire alcuna illusione sulla sorte che ci attende. Ma prima di distruggerci, Stalin cercherà di umiliarci più che può. Mettendo i prigionieri politici con i criminali comuni, si sforza di disperderci tra i criminali e li incita contro di noi. Ci rimane un solo mezzo di lotta in questa battaglia impari: lo sciopero della fame. Con un gruppo di compagni, abbiamo già stilato un elenco delle nostre richieste, di cui molti di voi sono già informati. Pertanto, ora propongo che li discutiamo insieme e prendiamo una decisione”.
L’incontro durò poco; la questione dello sciopero della fame e delle esigenze concrete si discuteva già da alcuni mesi tra i i trotskisti. Anche alcuni gruppi trotskisti in altri campi (stazione Usa, Chib-Yu, Kochmes, ecc) stavano discutendo la questione e avevano mandato il loro accordo per sostenere le richieste e l’adesione allo sciopero della fame. Queste richieste furono ratificate all’unanimità dai presenti. Esse prevedevano:

1. Abrogazione della decisione illegale del NKVD (la futura Gpu, ndt) concernente il trasferimento di tutti i trotskisti dai campi amministrativi ai campi di concentramento. Le questioni legate all’opposizione politica al regime non devono essere giudicate da tribunali speciali NKVD, ma in assemblee giudiziarie pubbliche.

2. La giornata di lavoro nel campo non deve superare le otto ore.3. La quota cibo dei prigionieri non deve dipendere dalla propria produzione individuale. Come incentivo alla produzione si può usare un bonus in denaro, non la razione di cibo.

4. Separazione, al lavoro così come nelle caserme, di prigionieri politici e criminali comuni.

5. I vecchi, i malati, e le donne prigionieri devono essere spostati dai campi vicini al Circolo polare artico in campi dove le condizioni climatiche sono più favorevoli.

Si discusse nella riunione, di non far partecipare i malati, gli invalidi, e i vecchi allo sciopero della fame; tuttavia, tutti i soggetti in questione respinsero energicamente questa proposta.
Tre settimane più tardi, il 27 ottobre 1936, cominciò  lo sciopero della fame di massa dei prigionieri politici, uno sciopero senza precedenti e un modello nelle condizioni di prigionia dei campi sovietici. Al mattino, al risveglio, in quasi ogni caserma i prigionieri annunciavano di essere in sciopero. Le baracche occupate dai trotskisti partecipavano al 100 per cento. Anche gli inservienti scioperavano. Circa 1.000 prigionieri, di cui la metà lavorava nella miniera, partecipò a questa iniziativa drammatica, che è durata più di quattro mesi.
I primi due giorni, gli scioperanti sono rimasti nei loro luoghi di residenza abituali. Poi l’amministrazione del campo si diede da fare isolandoli dal resto dei prigionieri, spaventata che questi ultimi seguissero il loro esempio. Nella tundra, a 40 chilometri dalla miniera, sulle rive del fiume Syr-Yaga, c’erano caserme mezze distrutte, che in precedenza erano state utilizzate durante la costruzione delle miniere. In gran fretta, queste caserme furono adattate in condizioni di fortuna; furono chiamati gli abitanti della regione per aiutare a trasportare, con le slitte trainate dalle renne, gli scioperanti che ben presto erano diventati circa 600. Gli altri furono riuniti non lontano da Chib-Yu.
Dopo aver isolato gli scioperanti, la GPU prese misure per impedire che il movimento si diffondesse nel paese e diventasse conosciuto oltre frontiera. I prigionieri vennero privati del diritto di corrispondere con le loro famiglie; i lavoratori dipendenti del campo persero le ferie e il loro diritto di licenziarsi. Fu tentato di tutto per incitare gli altri prigionieri contro gli scioperanti.
Alla fine del primo mese di sciopero, uno dei partecipanti morì di stenti; altri due morirono durante il terzo mese. Lo stesso mese, due scioperanti, che non erano trotskisti, si arresero volontariamente. Infine, pochi giorni prima della fine dello sciopero, morì un altro scioperante.
Essendo iniziato alla fine dell’ottobre 1936, lo sciopero della fame durò 132 giorni, terminò infatti a marzo 1937 e culminò con la vittoria completa degli scioperanti che ricevettero un radiogramma dalla sede della NKVD, con queste parole: “informare tutti gli scioperanti delle miniere Vorkuta che tutte le loro richieste saranno accolte”.
I trotskisti vennero collocati di nuovo in miniera, ricevettero cibo speciale per i malati e, dopo un periodo di tempo, furono di nuovo accettati al lavoro, ma solo in superficie; alcuni di loro lavoravano nell’ufficio del direttore della miniera, in qualità di lavoratori retribuiti, contabili, economisti, ecc., la loro giornata lavorativa non superava le otto ore; la loro razione di cibo non era basata sulla produzione individuale.
Ma l’interesse degli altri prigionieri per lo sciopero a poco a poco cominciò a diminuire. L’interesse di tutti era ora focalizzato sul nuovo processo di Mosca, che veniva trasmesso via radio; Inoltre, cominciarono ad affluire nuovi prigionieri dalla fine del mese di giugno. Raccontavano storie di arresti di massa, attentati, esecuzioni senza processo dietro le mura del NKVD, e questo in tutto il paese. All’inizio, nessuno voleva crederci, soprattutto perché i nuovi arrivati ne parlavano a malincuore e in modo piuttosto enigmatico. Ma a poco a poco, i legami tra di loro si facevano più stretti e le conversazioni più franche. Senza sosta, dalla Russia arrivavano nuovi prigionieri; vecchi amici e conoscenti si ritrovavano: non era più possibile ignorare le loro storie.

Esecuzioni nella tundra

A dispetto di questi fatti evidenti, un certo numero di prigionieri aspettava con impazienza l’autunno del 1937 e il ventesimo anniversario della Rivoluzione d’Ottobre; speravano che, in questa occasione, come nel 1927, il governo avrebbe dichiarato un’amnistia su larga scala, in particolare dato che da poco era stata promulgata la “costituzione stalinista”. Ma arrivò l’autunno e portò un’amara disillusione. Il regime dei campi, già duro, divenne bruscamente peggiore. I sergenti e i loro assistenti all’ordine – criminali comuni – in base agli ordini del direttore del campo, giravano con dei bastoni e picchiavano i prigionieri senza pietà. Le guardie, i guardiani vicino alla caserma, tormentavano i i prigionieri. Per divertirsi durante la notte  sparavano su chi andava in bagno. Oppure, davano ai prigionieri l’ordine “sulla  pancia” e li costringevano ad allungarsi per ore sulla neve. Presto si moltiplicarono gli arresti. Quasi ogni notte, gli agenti della GPU arrivavano in caserma, chiamavano qualcuno e lo portavano via.
Alcuni trotskisti, tra cui Vladimir Ivanov, Kossior, e il figlio di Trotskij, Sergei Sedov, un giovane modesto e simpatico, che si era incautamente rifiutato di seguire il padre in esilio nel 1928, furono inviati su un convoglio speciale per Mosca. Possiamo solo immaginare che Stalin non fosse soddisfatto di farli marcire semplicemente nella tundra; la sua natura sadica non era assetata solo di sangue; voleva prima umiliarli e poi torturarli brutalmente, costringendoli a false accuse.
Verso la fine dell’autunno, circa 1.200 prigionieri si trovano nel vecchio campo di mattoni; almeno la metà di questi erano trotskisti. Erano alloggiati in quattro caserme; la loro razione alimentare era 400 grammi di pane al giorno e non tutti i giorni. Le baracche erano circondate da un recinto di filo spinato. Quasi 100 guardie appena reclutate, con armi automatiche, li sorvegliavano notte e giorno.
I prigionieri arrestati presso la miniera e in campi vicini vennero portati alla vecchia fornace. Gli arrestati nei campi più distanti, Pechora, Izhma, Kozhma, Chib-Yu, ecc. vennero lasciati vicino a Chib-Yu.
Per tutto l’inverno del 1937-38 alcuni prigionieri, accampati in casermoni alla fabbrica di mattoni, morivano di fame aspettando una decisione sul loro destino. Infine, nel mese di marzo, arrivarono direttamente da Mosca a Vorkuta in aereo tre ufficiali dell’NKVD, con Kashketin alla loro testa. Vennero alla fornace per interrogare i prigionieri. Ne chiamavano trenta-quaranta ogni giorno, interrogandoli superficialmente per cinque, dieci minuti ciascuno, li insultavano brutalmente, li costringevano ad ascoltare insulti e oscenità. Alcuni venivano presi a pugni in faccia; Kashketin stesso ne picchiava diversi tra cui il vecchio bolscevico Virap Virapov, un ex membro del comitato centrale dell’Armenia. Alla fine di marzo, fu annunciata una lista di venticinque nomi, tra i quali Gevorkian, Virapov, Slavin, ecc. A ognuno venne consegnato un chilo di pane e l’ordine di prepararsi per una marcia. Dopo addii affettuosi ai loro amici, lasciarono la caserma e il gruppo partì. Quindici o venti minuti più tardi, non molto lontano, a circa mezzo chilometro, sulla riva scoscesa del piccolo fiume Verkhnyaya Vorkuta (Alta Vorkuta), risuonò una raffica improvvisa, seguita da colpi isolati e disordinati; poi tornò tutto tranquillo. Presto, la scorta ritornò nei pressi della caserma e divenne chiaro a tutti che tipo di viaggio avevano affrontato i prigionieri.
Due giorni dopo, ci fu una nuovo appello, questa volta di quaranta nomi. Ancora una volta c’era una razione di pane. Alcuni, per la stanchezza, non riuscivano a muoversi; gli era stato promesso un giro in un carro. Trattenendo il respiro, i prigionieri rimasti in caserma sentivano il rumore della neve sotto i piedi della scorta in partenza. Per lungo tempo non si sentì alcun suono; ma tutti ascoltavano attentamente. Passò quasi un’ora in questo modo. Poi, ancora una volta, nella tundra risuonarono dei colpi; questa volta, da molto più lontano, in direzione della ferrovia stretta che passa a tre chilometri dalla fornace. Il secondo “convoglio” convinse che tutti erano irrimediabilmente condannati.
Le esecuzioni nella tundra durarono tutto il mese di aprile e parte di maggio. Di solito un giorno su due, o un giorno su tre, venivano chiamati trenta o quaranta prigionieri. È interessante notare che ogni volta ci mettevano in mezzo anche alcuni criminali comuni, recidivi. Per terrorizzare i prigionieri, la GPU, di tanto in tanto, rendeva pubblicamente noto per mezzo di radio locale, l’elenco di quelli uccisi. Di solito le trasmissioni iniziavano così: “Per agitazione contro-rivoluzionaria, sabotaggio, brigantaggio nei campi, il rifiuto di lavorare, i tentativi di fuga, i seguenti nomi sono stati fucilati …” seguito da un elenco di nomi di alcuni prigionieri politici mescolati a un gruppo di criminali comuni.

Ribelli fino alla fine

Una volta portarono via un gruppo di quasi un centinaio di prigionieri, principalmente trotskisti, per essere fucilato. Mentre marciavano si misero a cantare “L’Internazionale”, seguiti dalle voci di centinaia di prigionieri rimasti nel campo.
All’inizio di maggio furono fucilate un gruppo di donne. Tra loro c’erano la comunista ucraina Chumskaya, moglie di Smirnov, bolscevico dal 1898 e commissario del popolo (un anno prima a Mosca era stata uccisa Olga, la figlia di Smirnov, una giovane ragazza, apolitica, appassionata di musica); le mogli di Kossior, di Melnais … una di queste donne camminava con le stampelle. Quando veniva decisa la condanna a morte di un prigioniero di sesso maschile, la moglie in prigione era automaticamente passibile di pena capitale, e quando si trattava di membri noti dell’opposizione, questa regola si applicava ugualmente ai figli di età superiore ai dodici anni.
A maggio, quando rimanevano appena un centinaio di prigionieri, le esecuzioni terminarono. Ci furono due settimane tranquille; poi tutti i prigionieri furono condotti in convoglio alla miniera. Li si scoprì che Yezhov era stato cacciato e che il suo posto era stato preso da Beria…

Ottobre/novembre 1961

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