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11 Luglio 2019Nuova democrazia, il partito tradizionale della borghesia greca, ha vinto le elezioni politiche di domenica scorsa, con il 39,8% dei voti. Grazie al premio di maggioranza di 50 seggi, governerà con la maggioranza assoluta. Syriza ottiene il 31,5% dei voti, una percentuale superiore a quella raggiunta alle europee del 26 maggio (23%).
Questo risultato è stato commentato dalla sinistra italiana ( o da ciò che resta di essa) in maniera che non esitiamo a definire imbarazzante. Il titolo de “il Manifesto” del 9 luglio, “Smemorandum”, incolpa i greci di avere la memoria corta e di aver votato ancora il partito che aveva trascinato il paese nella crisi. L’editoriale a fianco inizia così: “Tsipras, una anomalia che non poteva durare a lungo”.
I lavoratori e giovani greci la memoria ce l’hanno fin troppo buona,e il governo di Tsipras non è stato affatto un’anomalia rispetto ad altri governi al servizio del capitale. Syriza è responsabile di un tradimento storico delle lotte di massa che sconvolsero la Grecia tra il 2010 e il 2015, e particolarmente del voto “Oxi” (No) del luglio 2015, in cui il 62% dell’elettorato respinse l’austerità della troika. Quei medesimi diktat, in forma ancor più peggiorata, Tsipras li accettò solo una settimana dopo.
È bene ricordare, alla sinistra riformista italiana dalla falsa coscienza, alcuni dati. Tsipras ha adottato misure di austerità pari a 65 miliardi di euro di tagli alla spesa pubblica. Le privatizzazioni avviate dai governi di Pasok e Nd, sono continuate, dai porti del Pireo e di Salonicco, agli aeroporti fino alla società elettrica DEH e alle raffinerie ELPE, il tutto per un’entrata nelle casse statali non superiore a 15 miliardi di euro.
I servizi sanitari sono stati tagliati del 75%. Almeno un lavoratore su tre ha un lavoro precario e guadagna appena 391,32 euro al mese, mentre il 60% dei lavoratori del settore privato non arriva ai 1000 euro al mese. E la Grecia è il paese dell’Ue dove si lavora più ore!
Tali misure draconiane non hanno affatto diminuito il debito pubblico. Nel 2015 era al 175,9% del Pil, oggi è al… 181,9%. Nè Tsipras ha reso più libero il paese dalle istituzione internazionali: il commissariamento continuerà fino al 2059!
La sconfitta di Syriza, dunque, è la sconfitta del riformismo e la conseguenza di una delusione di massa rispetto alle aspettative che il governo Tsipras aveva suscitato.
Le elezioni del 7 luglio indicano anche una grande polarizzazione del voto tra ND e Syriza, all’interno di un’astensione record (42%) la più alta nelle politiche dal 1974. Tale astensione riflette la disillusione rispetto alla politica di una fetta significativa di lavoratori ma soprattutto di giovani greci.
Nuova democrazia saccheggia i consensi delle formazioni di centro e di destra rispetto alle ultime politiche e alle recenti europee. Si avvantaggia dalla scomparsa dei Greci indipendenti (Anel) alleato di governo di Tsipras, dal crollo di altri partiti di centro e, parzialmente, di Alba dorata. Con 2 milioni e 250mila voti, Mitsotakis, il leader di ND e nuovo primo ministro, ha l’appoggio del 22% dei greci ed è lontano dai massimi storici del partito (si colloca ai livelli del 2009, quando fu sconfitto di misura dal Pasok).
Non c’è uno spostamento a destra della società greca. Alba dorata ottiene solo il 2,9% (aveva il 7% nel settembre del 2015) e non entra in Parlamento. Una debacle di proporzioni importanti. A destra di ND elegge deputati solo Soluzione greca, una lista elettorale fondata da un presentatore televisivo, Velopoulos, che fa del razzismo verso gli immigrati e della becera retorica nazionalista i suoi marchi di fabbrica.
Più che una vittoria di ND è stata dunque una sconfitta di Syriza.
Il partito di Tsipras ha tuttavia raccolto oltre 437mila voti in più rispetto alle elezioni europee. Una parte significativa di giovani e lavoratori lo ha votato come la maniera più facile per sbarrare la strada alla destra, nonostante una campagna elettorale rivolta soprattutto alla conquista del voto della classe media (che invece ha votato in gran parte ND). Syriza è il primo partito nei quartieri popolari di Atene e al Pireo. Vince anche tra i giovani tra i 17 e i 24 anni, dove ottiene secondo gli analisti il 38% dei consensi.
Tale appoggio elettorale contro la destra non sposterà automaticamente Syriza a sinistra. Nel discorso fatto poco dopo la chiusura delle urne, Tsipras ha detto di voler “trasformare SYRIZA in un partito grande e moderno, un movimento progressista e di sinistra“. Già in questi anni all’interno di Syriza sono entrati fuoriusciti dal Pasok o dalle diverse scissioni di “sinistra”, come Dimar. A livello europeo vi era già una crescente sintonia tra Syriza e i governi socialdemocratici. Come ci informa Castellina: “L’ultimo atto da primo ministro di Alexis è stato la delega mandata a Pedro Sánchez perché votasse per lui a Bruxelles alla riunione del consiglio dei ministri europeo”. (il manifesto, 9 luglio)
A sinistra di Syriza, eccetto il Kke, le formazioni delle origini più svariate subiscono un tracollo senza appello. Le due formazioni uscite da Syriza a seguito della firma del memorandum nel luglio del 2015 ottengono rispettivamente l’1,4 per il partito di Zoe Kostantopoulou, ex presidente del Parlamento (il Cammino della libertà, Plefsi Eleftherias), e lo 0,28% per Unità popolare.
Ambedue pagano l’incapacità di costruire una vera alternativa alle posizioni di Syriza. La Kostantopoulou ha improntato una campagna elettorale rivendicando di essere “nè di destra nè di sinistra”
Unità popolare riesce a perdere metà dei voti assoluti nel giro di 40 giorni (era allo 0,56 alle europee), restando lontanissima dal 2,87 del settembre 2015. La retorica sull’uscita dall’euro (restando nel capitalismo) e i cedimenti al nazionalismo greco rispetto all’accordo di Prespa del giugno 2018, con il quale la Grecia ha risolto il contenzioso sul nome della Macedonia del Nord, non hanno pagato.
Altrettanto fallimentare il risultato di Antarsya: 23mila voti (0,4%); nel 2015 ne aveva presi il doppio (46mila).
Questi risultati della sinistra confermano la correttezza della posizione della Tendenza comunista, la sezione greca della Tendenza marxista internazionale, che aveva invitato a sostenere il Partito comunista greco, con un programma rivoluzionario e di classe.
Il Kke, con il 5,3% mantiene gli stessi voti del 2015, grazie alle radici storiche che mantiene all’interno del movimento operaio organizzato, nel proletariato urbano e nella gioventù. Paga ancora l’atteggiamento settario mantenuto nei primi mesi del governo di Syriza e soprattutto nel referendum del 2015, quando si rifiutò di unire le proprie forze alla campagna dell’Oxi.
La direzione del partito accusa la “logica del bipartitismo” e la svolta a destra della società greca per il risultato dei comunisti. Una giustificazione errata. La svolta a destra non c’è stata e la logica del voto ai partiti più forti, inevitabile nel sistema parlamentare borghese, non giustifica il Kke rispetto alla totale mancanza di una tattica per avvicinare le masse dei lavoratori che mantengono ancora illusioni in Syriza o si sono astenuti.
Tanto più che in queste elezioni c’è stata una formazione che ha raccolto i voti di protesta in uscita da Syriza (3,4%). È il MeRA 25 (acronimo di Fronte di disobbedienza realista europeo) di Varoufakis , che ha attratto un settore di giovani con una propaganda d “rottura” e contro la conciliazione con l’Europa, che sembrava più fattibile di una lotta per il socialismo in un futuro imprecisato, tratto caratteristico della propaganda del Kke.
Il governo appena insediatosi dispone di un programma molto chiaro: la privatizzazione totale del sistema pensionistico e degli ospedali, la totale precarizzazione dei contratti di lavoro e l’introduzione della settimana lavorativa di sette giorni, insieme agli sgravi fiscali per la media borghesia, suo tradizionale bacino elettorale.
L’Unione europea ha già chiarito che non farà sconti: “L’avanzo primario è la pietra miliare per la sostenibilità del programma in corso e rappresenta la precondizione per eventuali altre misure di sollievo sul debito”, ha detto il direttore del Fondo Salvastati Klaus Regling. (il sole 24 ore, 8 luglio)
La borghesia greca ha le idee altrettanto chiare. Kathimerini, uno dei principali quotidiani della borghesia greca, delinea il programma per il prossimo governo ad Atene;
“Con il debito pubblico al 180% del prodotto interno lordo e il paese sotto supervisione straniera fino al 2059, per far muovere l’economia e stimolare la speranza ci vorranno anni di duro lavoro. (…) Ma il cambiamento dovrà anche arrivare rapidamente, se Mitsotakis sfrutta la finestra di opportunità offerta dalla sua convincente vittoria (…) se Tsipras sceglie di seguire una politica responsabile all’opposizione, sapendo che il suo partito può contribuire alla stabilità tanto necessaria, questo potrebbe fornire alla Grecia l’opportunità per entrare in una nuova era.”
La borghesia greca vuole la continuazione dell’austerità e usare Tsipras come alternativa a Nuova democrazia quando la rabbia dei lavoratori esploderà di nuovo, per cercare di controllarla.
È infatti alquanto improbabile che le masse lascino carta bianca ai capitalisti.
Le elezioni hanno mostrato che le nuove generazioni, da 17 a 24 anni, hanno votato a maggioranza per i partiti di sinistra. Sono giovanissimi che non sono bruciati dalle sconfitte e dai tradimenti del recente passato. L’ingresso di questa generazione nella scena politica cambierà lo scenario politico e fornirà la scintilla per il ritorno delle lotte della classe operaia greca che con le sue grande tradizioni di lotta spazzerà via sia la destra di Nd sia i riformisti. C’è da esserne sicuri!
*sulla base del materiale pubblicato dalla Tendenza comunista, sezione greca della Tmi (www.marxismos.com)