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Gli Stati Uniti stringono il cappio attorno al Venezuela: il colpo di stato può vincere?

Gli sforzi di Washington per rovesciare il governo venezuelano, un tentativo di golpe imperialista, procedono rapidamente. Il 26 gennaio, gli Stati Uniti hanno annunciato sanzioni contro PDVSA e hanno sequestrato beni dell’azienda petrolifera venezuelana. Questo è un duro colpo per l’economia e il governo venezuelano. È chiaro che l’amministrazione Trump pensa che sia il momento giusto e andrà fino in fondo.

Tuttavia, finora, il tentativo di colpo di stato non è riuscito a ottenere alcun sostegno dalle forze armate e l’ultima protesta dell’opposizione nelle piazze è stata un fallimento. Quali sono le prospettive per questa aggressione imperialista e come può essere combattuta efficacemente?

L’annuncio da parte del Tesoro statunitense riguardo a ulteriori sanzioni a PDVSA e al sequestro dei suoi beni negli Stati Uniti è stato un passo importante nella campagna per rovesciare il governo venezuelano. Questa è una misura che fino ad ora Washington aveva respinto, a causa del suo impatto negativo sulle industrie di raffinazione statunitensi. Gli Stati Uniti importano circa 500.000 barili di petrolio al giorno dal Venezuela. Le nuove sanzioni vietano alle persone fisiche e alle società statunitensi di fare affari con PDVSA, se lo fanno, i pagamenti andranno a un conto di garanzia al di fuori del suo controllo. Considerando che la produzione totale di petrolio è di 1,1 milioni di barili al giorno (b/g), l’impatto è molto serio. È possibile che del petrolio grezzo venezuelano continui ad arrivare alle raffinerie negli Stati Uniti per mezzo di terzi, ma almeno 200-300.000 b/g dovranno trovare altri acquirenti. Per questo il costo stimato è di circa 11 miliardi di dollari fino alla fine del 2019. Inoltre, gli Stati Uniti hanno sequestrato beni della PDVSA negli Stati Uniti per un valore di 7 miliardi di dollari. Hanno anche chiarito che questi beni verrebbero messi a disposizione del “legittimo presidente ad interim” da loro riconosciuto, Juan Guaidó.

Morire di sanzioni

Le sanzioni sono progettate per causare il massimo danno, “per fare urlare l’economia”, come disse Nixon quando ordinò alla CIA di preparare il rovesciamento di Allende in Cile. Gran parte delle esportazioni di petrolio della PDVSA, soprattutto verso la Cina e la Russia, non sono pagate in contanti ma piuttosto come rimborsi di prestiti da questi paesi. Pertanto, tra l’80 e il 90 percento delle entrate monetarie della PDVSA proviene dalle vendite negli Stati Uniti. Già la PDVSA ha annunciato che tutti i clienti che sono in attesa vengano caricate le proprie navi cisterna con destinazione Stati Uniti, devono pagare in anticipo, altrimenti gli ordini non verranno soddisfatti. Questa è una misura difensiva, che dovrà essere seguita nei prossimi giorni e settimane, dal trasferire le vendite di petrolio ad altri clienti. Questo è un processo che richiederà tempo. Il Venezuela produce principalmente petrolio ultra-pesante, che non tutte le raffinerie possono gestire.

In aggiunta all’impatto delle sanzioni, il 30 gennaio, John Bolton, il Consigliere per la sicurezza nazionale, ha rilasciato una provocatoria dichiarazione che implica che le sanzioni approvate dagli Stati Uniti si applicano oltre i confini statunitensi, una dichiarazione che tecnicamente non ha appigli giuridici:

“Il mio consiglio a banchieri, mediatori, commercianti, spedizionieri e altre imprese: non trattate oro, petrolio o altri prodotti venezuelani rubati al popolo venezuelano dalla mafia di Maduro. Siamo pronti per continuare nelle nostre azioni.”

Viene riportato che aziende come la spagnola Repsol, che non sono direttamente interessate da queste sanzioni, stanno riconsiderando le loro scelte. Negli ultimi tre mesi del 2018, Repsol aveva importato 53.000 b/g con un accordo per petrolio in cambio dei debiti. Il FT ha riferito che “Alcuni sospettano che il Tesoro degli Stati Uniti abbia intenzionalmente intorbidito le acque per spaventare acquirenti alternativi per il petrolio venezuelano mentre Washington aumenta le pressioni su Maduro”.

Significativamente, Bolton era presente alla conferenza stampa in cui sono state annunciate le sanzioni, con in mano un taccuino su cui era scarabocchiata la scritta “5.000 truppe in Colombia”. Alcuni hanno detto che questo dimostra quanto sia stupido. Sebbene questo sia certamente un elemento dell’equazione, la spiegazione più plausibile è che il taccuino sia stato mostrato deliberatamente allo scopo di inviare un messaggio minaccioso a Maduro: dimettiti o sarà peggio per te. Il messaggio era rivolto anche all’esercito venezuelano, il che implica che, se continua a sostenere il presidente, potrebbe trovarsi ad affrontare l’invasione degli Stati Uniti. Nello stesso momento in cui Bolton, durante la conferenza stampa, stava sventolando il suo taccuino, c’è stato il rapporto riguardante la visita in Colombia del maggiore generale Mark Stammer, comandante dell’esercito americano del Sud, dove avrebbe dovuto esaminare i piani per affrontare “minacce reciproche ” sul confine con il Venezuela.

La provocazione militare e la pressione imperialista

Rapporti dal Venezuela fanno riferimento a un piccolo numero di agenti paramilitari dalla Colombia che hanno già oltrepassato il confine. Sebbene questi rapporti non possano essere confermati, sono perfettamente plausibili. Tutti sanno che qualsiasi provocazione o aggressione militare contro il Venezuela è probabile provenga dalla Colombia, dove si ha un governo di destra completamente allineato con Trump, dove ci sono basi militari statunitensi e che per lungo tempo ha dimostrato un atteggiamento estremamente bellicoso nei confronti della rivoluzione bolivariana.

L’intervento militare non è certamente la prima opzione all’ordine del giorno di questo colpo di stato e, se fosse attuato, non sarebbe senza gravi rischi. Washington sta procedendo secondo un piano prestabilito, che inizia con la pressione diplomatica e continua con sanzioni economiche volte a paralizzare l’economia. Alle sanzioni statunitensi, dobbiamo aggiungere la ritenuta alla fonte (di fatto un sequestro) di 1,2 miliardi di dollari in oro attuato dalla Banca d’Inghilterra, una decisione che ora sappiamo essere stata presa dopo le pressioni di Mike Pompeo e John Bolton settimane fa, molto prima che Guaidó si autoproclamasse presidente. Ora Guaidó ha esercitato pressioni sul governo del Regno Unito per mettere queste risorse a sua disposizione.

Oggi, il Parlamento europeo ha votato a favore di una mozione (presentata congiuntamente dai conservatori, dai “socialisti” e dai liberali) che riconosce Juan Guaidó come legittimo presidente del Venezuela. C’è voluta solo una settimana perché la politica estera della Ue si allineasse pienamente al colpo di stato di Trump-Bolsonaro. Non è certo una soprpresa: l’Ue ha sempre sostenuto ogni singola avventura imperialista statunitense, dall’Iraq alla Libia.

2 febbraio – I compagni di Lucha de clases alla marcia contro il golpe a Caracas

Il voto è stato preceduto da un ultimatum scandaloso, emanato dal Primo ministro spagnolo Pedro Sanchez, secondo il quale, se Maduro non indicesse elezioni presidenziali entro otto giorni, la Spagna riconoscerebbe Guaidó come presidente, ben sapendo che non sarebbe legale. La posizione di Sanchez è particolarmente scandalosa. È arrivato al potere promettendo di tagliare le vendite di armi all’Arabia Saudita, per poi rinnegare la promessa una volta eletto. Naturalmente non è stata fatta alcuna richiesta di elezioni libere al sanguinario regime saudita.

Inoltre, mentre Sanchez chiede nuove elezioni presidenziali in Venezuela, in Spagna, il capo dello stato non è mai stato eletto. Felipe VI occupa l’ufficio in virtù del fatto di essere il figlio di Juan Carlos I, che venne nominato dal generale Franco, il dittatore, prima della sua morte! Ovviamente, niente di tutto ciò infastidisce Sanchez, a capo di un partito che è nominalmente “socialista” e “repubblicano”. Gli interessi delle multinazionali spagnole prevalgono su ogni altra considerazione e così Sanchez si è unito al coro dei partiti di destra e di estrema destra spagnoli (PP, Cs e Vox).

Quasi contemporaneamente, la Francia, il Regno Unito e la Germania si sono unite all’ultimatum della Spagna, un sotterfugio per giustificare una politica che era già stata decisa, probabilmente sulla base di una serie di telefonate con la Casa Bianca. Il riconoscimento di Guaidó da parte della Ue, sarà probabilmente seguito da un intensificarsi delle sanzioni economiche, in linea con la posizione del Tesoro statunitense.

Guaidó ha anche nominato i suoi rappresentanti negli Stati Uniti, in Argentina, in Colombia e in altri paesi che lo hanno riconosciuto come “presidente”. Oltre agli Stati Uniti, tutti questi paesi hanno ancora relazioni diplomatiche con il Venezuela e il suo presidente eletto, Maduro, che mantiene ambasciate e consolati completamente funzionanti. Non possiamo escludere una situazione in cui i manifestanti dell’opposizione provino a sopraffarli. I paesi dell’Unione Europea potrebbero assecondare questo tentativo.

Tutta questa pressione ha un obiettivo chiaro: costringere Maduro a dimettersi o convincere le forze armate che è nel loro interesse rimuoverlo. Finora, non c’è stato alcun segnale pubblico che indichi che la strategia sta funzionando, ma possiamo essere sicuri che gli incontri dietro le quinte ci sono e le discussioni si svolgono.

L’esercito tiene, l’opposizione lotta

Finora, le Forze armate nazionali bolivariane (FANB) hanno mostrato pubblicamente la loro lealtà al presidente eletto Maduro e hanno respinto fortemente qualsiasi interferenza straniera. Le FANB per molti anni sono state epurate dagli elementi più reazionari in seguito al fallito colpo di stato (2002) e ai tentativi di complotto. La Rivoluzione Bolivariana ha anche avuto l’effetto di politicizzare le fila dell’esercito, così come uno strato di ufficiali. Ciò, tuttavia, non è una garanzia della loro lealtà. Non dimentichiamo che Pinochet è stato nominato capo delle forze armate come ufficiale costituzionalista, dal presidente Allende dopo il fallito golpe dei carri armati (il tanquetazo) nel giugno del 1973. Meno di tre mesi dopo, ha guidato il golpe che ha rovesciato il governo.

Uno dei motivi principali della lealtà dei capi dell’esercito venezuelano è dovuto alle concessioni che hanno ricevuto negli ultimi anni. Gli ufficiali militari gestiscono non solo l’importazione e la fornitura di generi alimentari, ma anche molte delle aziende statali e la stessa PDVSA. Inoltre, la creazione di CAMIMPEG ha permesso loro di accedere a contratti lucrativi nel settore del petrolio, del gas e minerario. Da queste posizioni, derivano il potere e la ricchezza, con mezzi legali e anche attraverso la corruzione e il furto. Finché il governo Maduro garantirà loro questi privilegi saranno leali. Se raggiungono la conclusione che sta per essere cacciato, faranno la fila per abbandonare la nave. Guaidó ha annunciato di aver “avuto incontri clandestini con membri delle forze armate e delle forze di sicurezza”. Sicuramente ci sono stati incontri, ma non organizzati dal facchino dell’imperialismo USA. Questi incontri sono stati organizzati direttamente dalla CIA e dal Dipartimento di Stato, le forze motrici del colpo di stato.

L’opposizione reazionaria ha fallito nel suo tentativo precedente di prendere il potere nel 2017 perché non riusciva a penetrare la classe operaia e i quartieri poveri. Erano in grado di mobilitare centinaia di migliaia di sostenitori, ma non sono usciti in modo significativo dai quartieri della classe media e alta per entrare nei barrios.

La situazione economica oggi è molto peggiore di quella del 2017. il tenore di vita ha continuato a diminuire e il potere d’acquisto dei salari è stato polverizzato dall’iperinflazione e dalla svalutazione. Tuttavia, non ci sono state proteste significative nei quartieri della classe operaia e in quelli povere. Dopo l’auto-proclamazione di Guaidó, il 23 gennaio, ci sono stati scontri in molti barrios a Caracas, ma si trattava principalmente di gruppi molto piccoli di rivoltosi a pagamento, reclutati dagli elementi criminali e usando pistole, granate e altre armi. Sono stati rapidamente schiacciati dalle forze d’élite del FAES e CONAS.

Persino le proteste dell’opposizione del 30 gennaio, organizzate appositamente da Guaidó, hanno fatto fiasco. I piccoli gruppi di manifestanti che sono scesi in strada hanno scontentato le forze dei mass media di tutto il globo che si erano riunite, desiderose di mostrare le immagini della “mobilitazione di massa” di Guaidó. I media non hanno ovviamente riportato nei loro notiziari nessuna delle manifestazioni bolivariane che si sono svolte nelle ultime settimane in diverse parti del paese, in quanto non si adatta alla propaganda di un “governo che ha perso il sostegno popolare”.

Il fallimento della protesta dell’opposizione del 30 gennaio rivela che il settore delle masse che sostiene l’opposizione non è disposto a partecipare a manifestazioni di forza che non portano direttamente al rovesciamento del “regime”. Queste persone sono estremamente critiche nei confronti di tutti i leader dell’opposizione, che li ha traditi nel 2017 e che hanno deluso le loro speranze di “cambiamento”. Ciò crea uno stato d’animo in cui i sostenitori dell’opposizione ripongono tutte le loro speranze nell’intervento imperialista straniero, che si tratti di pressioni e sanzioni diplomatiche o persino di aggressioni militari. Questo è pericoloso dal punto di vista della reazione in quanto lascia Guaidó sospeso a mezz’aria, facendolo apparire sempre più come quello che realmente è: una pedina negli obiettivi di Trump.

L’ambiente antimperialista non viene sfruttato da Maduro

Non dovremmo sottovalutare il sentimento forte e antimperialista che esiste in Venezuela, che va oltre le fila di coloro che sostengono il governo in modo più o meno critico. Tale ambiente esiste anche all’interno delle forze armate.

Infine, c’è il fattore del sostegno straniero per il governo di Maduro. Finora, la Russia e la Cina, così come la Turchia e l’Iran, sono state chiare nella loro opposizione al colpo di stato, ma lo hanno espresso principalmente in termini di opposizione a interferenze straniere. Questa è un’indicazione che potrebbero essere disponibili a una “soluzione” all’interno del Venezuela: una sorta di “transizione” negoziata, forse guidata dall’esercito.

La Russia ha due interessi principali in Venezuela. Fino ad ora ha difeso il governo Maduro, perché gli garantisce contratti molto redditizi nella vendita di petrolio, miniere e armi. La Russia ha anche prestato ingenti somme di denaro al Venezuela negli ultimi anni, forse fino a 17 miliardi di dollari. Tutto ciò andrebbe perso se Maduro fosse sostituito da Guaidó. Allo stesso tempo, in termini geostrategici è conveniente che la Russia abbia un alleato nel cortile di casa degli Stati Uniti.

Tuttavia, la Russia, come ogni altra potenza, non ha alleati permanenti ma interessi permanenti. Non dimentichiamoci che Mosca ha provato a tenere i piedi in più scarpe all’inizio della crisi siriana e si è schierata decisamente a favore di Assad quando è stato chiaro che non sarebbe stato rovesciato immediatamente e che gli Stati Uniti non erano disposti a mettere delle truppe di terra.

Anche la Cina ha molte joint-ventures in Venezuela, molto più della Russia. Negli ultimi anni ha prestato a Caracas più di 50 miliardi di dollari e le aziende cinesi hanno investito oltre 20 miliardi di dollari nel paese dei Caraibi. Tuttavia, in termini pratici, c’è ben poco che i cinesi possano fare per difendere Maduro se non porre il veto sulle risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’ONU.

In realtà, l’unico modo per combattere efficacemente questo colpo di stato imperialista è adottare misure rivoluzionarie e appoggiarsi alle masse rivoluzionarie. Finora Maduro non ha fatto nessuna delle due cose. In tutte le sue apparizioni pubbliche ha tenuto a sottolineare che sarebbe disposto a parlare e impegnarsi in un dialogo con l’opposizione: con Trump e persino il sanguinario Elliot Abrams che gli Stati Uniti hanno nominato responsabile della “transizione verso la democrazia”.

Certamente, in guerra come nella lotta di classe, si preferisce nascondere le proprie mosse in termini difensivi. Questo è diverso. Maduro non sembra agire seriamente per rispondere all’aggressione imperialista.

Juan Guaidó si è autonominato presidente, tentando di usurpare il potere; ha nominato ambasciatori in paesi stranieri, applaudito le potenze straniere che si impadroniscono delle proprietà venezuelane, che egli tenta di gestire. Nonostante tutto ciò non è ancora stato arrestato. Solo due giorni fa il procuratore di stato ha preso alcune (deboli) misure contro di lui (vietandogli di lasciare il paese).

Gli Stati Uniti hanno sequestrato proprietà venezuelane e imposto sanzioni. La risposta proporzionata sarebbe stata quella di sequestrare tutte le proprietà delle multinazionali statunitensi in Venezuela. Niente di tutto questo è stato fatto. La Banca d’Inghilterra ha rubato 14 tonnellate d’oro del Venezuela. Il Venezuela avrebbe ogni giustificazione per sequestrare beni per lo stesso importo da società britanniche in Venezuela. Nulla è stato fatto.

Le masse rivoluzionarie devono resistere al colpo di stato!

Il 28 gennaio, mentre gli Stati Uniti annunciavano sanzioni economiche e sequestri patrimoniali, finalmente Maduro ha annunciato la creazione di 50.000 “unità di difesa popolare” per preparare il paese all’invasione militare e ha promesso di trasformare il Venezuela in un altro Vietnam. Questo passo è il benvenuto, ma le parole devono essere trasformate in fatti. Troppe volte in passato si è parlato di rafforzare la milizia, ma gli ufficiali dell’esercito sono sempre stati molto riluttanti a trasformarla in una vera milizia popolare operaia e contadina.

Per far fronte al colpo di Stato imperialista, il Venezuela deve adottare le politiche seguite dai cubani nel 1959-62 di fronte alla crescente aggressione imperialista: l’espropriazione di tutte le proprietà multinazionali e la costruzione di un esercito di operai e contadini. È così che l’invasione della Baia dei Porci è stata sconfitta.

Invece, Maduro sembra seguire in guerra (perché è di questo che stiamo parlando) la stessa politica fallimentare che ha seguito durante la pace: appelli per i negoziati, concessioni ai capitalisti e un lento e costante indebolimento delle conquiste della rivoluzione. Questa è la strada per il disastro.

Il risultato di questa lotta non è ancora deciso. È uno scontro tra forze vive. L’imperialismo ha un piano chiaro e procede lentamente ma senza esitazioni, avanzando in modo inesorabile.

L’unico modo per sconfiggerlo è affidarsi al popolo rivoluzionario, colpire la classe dominante e fare un chiaro appello agli operai e ai contadini di tutto il continente e non solo, per venire in soccorso della rivoluzione bolivariana. Per mobilitare le energie rivoluzionarie degli operai e dei contadini è necessaria una politica che ponga i loro bisogni al primo posto: ripudiare il debito estero, espropriare la catena della distribuzione alimentare, dare la terra ai contadini e armarli per difenderla. Pianificare l’economia democraticamente sotto il controllo dei lavoratori e dei contadini per soddisfare i bisogni delle masse. Questa è la linea che i compagni della corrente marxista, Lucha de Clases, stanno portando avanti in Venezuela.

La Tendenza Marxista Internazionale è totalmente contraria a questo colpo di stato imperialista e stiamo mobilitando le nostre modeste forze a livello internazionale per costruire un potente movimento di solidarietà per contrastarlo.

31 gennaio 2019

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