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Cuba, capitalismo regolato o democrazia operaia e internazionalismo proletario?

di Ubaldo Oropeza

Dal 16 al 19 aprile si sono dati appuntamento circa mille delegati nel VII Congresso del Partito comunista cubano (Pcc). L’ambiente precedente al congresso era di grande aspettativa ma anche molto critico. A differenza del congresso precedente, nel quale i documenti sono stati pubblicati e distribuiti ampiamente, in questa occasione solo i delegati hanno avuto accesso ai materiali assieme ad un gruppo ristretto di esperti e rappresentanti di organizzazioni. Nemmeno gli stessi militanti del partito hanno potuto leggerli prima del congresso. Questo ha suscitato un’enorme polemica pubblica. Il famoso intellettuale comunista Esteban Morales ha affermato che era un chiaro passo indietro nella democrazia del partito: “Noi militanti di base, che siamo stati informati che si sta portando avanti il processo di discussione, non abbiamo più informazioni di quelle pubblicate su Granma, o di quelle che ci dicono approvate. Certamente considero deplorevole, per non usare parole più forti, che la militanza di base non abbia informazioni sui documenti così come si era programmato”. Altri hanno chiesto di posticipare il congresso per permettere un dibattito ampio sui documenti. In questa situazione il Granma si è fatto carico delle proteste ed ha pubblicato un articolo provando a giustificare la situazione. Il principale argomento era che i documenti attualizzavano semplicemente quelli del congresso precedente e di conseguenza non meritavano una discussione ampia.
La discussione è stata complessa poiché cercava di riprendere il filo della discussione ed i compiti che si erano proposti nel VI congresso nel Progetto di lineamenti della politica economica e sociale, che includeva 313 lineamenti dei quali solamente il 21% è stato portato avanti. La discussione non era meno importante, e tantomeno ora, dopo che sono stati approvati i nuovi documenti di Concettualizzazione del modello economico e sociale cubano di sviluppo socialista e il Piano nazionale di sviluppo economico e sociale fino al 2030: una proposta di visione della nazione, assi e settori strategici che rendono chiaro che siamo di fronte  non ad una semplice continuazione, ma un approfondimento a tutti i livelli della politica delineata nel VI congresso.
Ora si sa che si propone in forma esplicita il riconoscimento del mercato capitalista e la necessità della proprietà privata come fattore fondamentale per lo sviluppo del socialismo a Cuba, lo snellimento dell’apparato statale e si propone di dare in appalto, con l’amministrazione del governo, le imprese di proprietà dello Stato.

La visita di Obama

Un mese prima del congresso il presidente americano Obama ha visitato l’Avana. È il primo presidente degli Stati Uniti dal 1928 che tocca il suolo cubano ed il primo dopo la Rivoluzione che ha instaurato un dialogo con il governo dell’isola. Questo viaggio è avvenuto dopo l’annuncio, lo scorso 17 dicembre, della normalizzazione delle relazioni tra i due paesi.
Giorni prima del suo arrivo a Cuba, Obama aveva detto che sarebbe andato nell’isola per incontrare il popolo cubano. È stato messo in piedi un vero e proprio “reality show” in cui si è incontrato con i rappresentanti della Chiesa, ha mangiato in un locale per nulla appariscente ed ha avuto una riunione con i presunti “rappresentanti della società civile” nella quale le domande che gli sono state rivolte erano orientate  ad argomentare la necessità di più opportunità di lavoro, la bontà del libero commercio, le iniziative imprenditoriali della gioventù, ecc.
Per intendersi, sarebbe come se Obama invitasse Raul Castro a viaggiare negli Usa, per riunirsi con il movimento dei Black lives matter (il movimento di protesta contro gli assassini dei neri da parte della polizia) e a rivolgersi a tutto il paese dalla televisione.
Il presidente degli Stati Uniti ha annunciato quattro misure per incentivare le relazioni tra i due paesi così come  per “aiutare a ristabilire” le relazioni. Di fatto le relazioni furono chiuse da parte degli Stati Uniti in risposta alla rivoluzione cubana del 1959, quando questa espropriò le proprietà delle imprese imperialiste. L’attuale ristabilimento delle relazioni è un riconoscimento della sconfitta della politica imperialista americana contro Cuba. Certamente l’obiettivo non cambia: restaurare il capitalismo nell’isola, ma adesso ci si propone di farlo usando l’ariete del mercato.
I mezzi presentati sono stati la flessibilità rispetto a certi aspetti del blocco economico; permettere i viaggi diretti dagli Stati Uniti a Cuba; aprire la porta ad investimenti americani nell’isola e permettere che cittadini cubani possano avere conti bancari negli Usa, così come permettere il libero invio delle rimesse estere.
Queste misure e questo comportamento non sono casuali: obbediscono ad un cambiamento di orientamento della politica statunitense verso Cuba. Si è dimostrato in oltre quarant’anni che il brutale embargo economico non è servito a niente, né i tentativi di assassinare Fidel Castro, il sabotaggio sistematico, i tentativi di destabilizzazione, ecc. Questo non vuol dire che ora l’imperialismo americano riconosca la sovranità e il governo cubano, ma significa che ora tenterà, con un sorriso amabile, di penetrare l’isola con i capitali e formare una base di appoggio – che già è presente in particolare all’Avana – per la restaurazione del capitalismo. Misure iniziali per favorire l’iniziativa privata, accentuare le differenze economiche, ecc.
L’impatto del ristabilimento delle relazioni e della visita di Obama a Cuba lo possiamo vedere nel seguente dato sull’interesse e le proposte di investimento per le cosiddette zone speciali del Mariel  (una zona aperta al libero mercato, Ndt) in cui in soli quattro mesi le proposte di investimento sono aumentate del 757 per cento:

Mesi fa nessuno immaginava che l’insperato annuncio delle negoziazioni per il ristabilimento dei rapporti diplomatici tra i governi di Cuba e degli Stati Uniti avrebbe dato un forte impulso alla promettente ma incerta Zona speciale di sviluppo del Mariel (Zedm). Quello che è certo è la differenza rispetto ad un anno fa, quando, dopo aver realizzato internazionalmente una forte lobby per promuovere i vantaggi della Zedm, con tutta la macchina propagandistica del paese in funzione alla ricerca di investimenti stranieri, il governo cubano era riuscito ad attrarre solo 35 progetti di investimento. Senza dubbio dopo il 17 dicembre la Zedm ha cambiato le proprie aspettative e adesso si parla di più di 300 richieste” (Il disgelo Cuba-Stati Uniti e il suo effetto domino nell’economia cubana, Emilio Morales, 30 aprile 2015).

All’interno del paese ci sono state dure critiche e discussioni pubbliche sulla visita di Obama e su come è stata gestita. Specialmente nell’università e in settori di intellettuali, la visita di Obama e i documenti promulgati dal VII congresso hanno generato un intenso dibattito sul futuro della rivoluzione cubana e sui pericoli che la minacciano. Per dare un esempio, il professore dell’Università dell’Havana Julio Antonio Fernandez Estrada ha scritto:

Obama non ha ingannato nessuno a Cuba. Sappiamo che il futuro sarà duro, come sempre, e che bisognerà lottare contro coloro che vogliono trasformare Cuba in un paradiso capitalista di grandi mercati ed enorme povertà. Obama non ci darà la felicità, né ce la daranno coloro che vogliono dare il paese ai grandi imprenditori né ce la darà la burocrazia che non capisce il popolo e che in privato se la intende con gente che non conosciamo.

In questo contesto per esempio abbiamo visto la creazione della Rete dei giovani anticapitalisti che, come indica il suo nome, vuole aprire uno spazio di dibattito e di azione nella gioventù cubana in opposizione al capitalismo. Nella pagina della Rete, Josuè Veloz Serrade è intervenuto nel dibattito nella seguente maniera:

Quando diciamo che il Partito deve essere più democratico e partecipato, ci possiamo rendere conto che il Partito comunista cubano non deve essere né democratico, né partecipato; deve essere più comunista e più socialista, così garantirà le due precedenti cose, non al contrario. Lo stesso accade con il socialismo: o è democratico e partecipato o non è socialismo. Nel fondo di queste definizioni c’è il tentativo di differenziarsi da altre esperienze nelle quali ciò che chiamavano socialismo, non era né democratico né partecipato.

Il VII Congresso

I documenti approvati al VII congresso sono adesso discussi da tutto il popolo cubano dopo che sono stati approvati, ciò è dovuto in parte alla pressione che si è prodotta. Anche se i documenti sono presentati come un piano per rafforzare il socialismo a Cuba, in realtà le misure concrete che si propongono rappresentano passi importanti nella direzione di aprire, ancora di più, l’economia al capitalismo. Non solo si mantiene e si rafforza l’idea degli investimenti stranieri diretti, ma si va molto più avanti proponendo la necessità del mercato capitalista, la proprietà privata come parte fondamentale dello sviluppo; si sta proponendo l’idea di dare in concessione praticamente tutte le imprese statali.
Il congresso per molti aspetti era cruciale, in primo luogo per i documenti che si discutevano, in secondo luogo perché si dice che sia l’ultimo in cui la direzione storica della rivoluzione è in prima fila. Si è insistito sul fatto che a partire dal 2017 Raul Castro lascerà la presidenza e la direzione del partito e queste ultime cariche saranno destinate a qualche altro quadro del partito delle generazioni successive alla rivoluzione. Alcuni hanno insistito sul fatto che azioni come la non partecipazione dei militanti alla discussione preparatoria dei documenti congressuali sarebbero un precedente negativo da parte della nuova direzione, che non gode della stessa autorità di Raul o Fidel tra il popolo cubano.

La strada per Cuba: democrazia operaia e internazionalismo o capitalismo regolato

Per Cuba attualmente ci sono due strade: o in direzione della democrazia operaia e di una politica di estensione internazionale della rivoluzione, o un ritorno controllato e sistematico al capitalismo; sembrerebbe, per ciò che propongono i documenti, che la seconda strada è quella che si è scelta.
Non si può mantenere la situazione come fino ad ora senza soddisfare le necessità della popolazione. Ci sono settori che sono legati al turismo e all’amministrazione pubblica responsabile del turismo che hanno una visione di apertura al capitalismo, questi spingono per aprirsi al mercato. All’opposto esistono piccoli nuclei che mantengono un atteggiamento molto critico e si battono per andare verso la democrazia operaia, il controllo e l’inserimento dei lavoratori nella produzione e nella presa delle decisioni, per estendere la rivoluzione ad altri paesi e stabilire un ferreo controllo sul commercio estero. In queste condizioni si potrebbe permettere un certo ingresso di capitali per sviluppare le forze produttive, ma sempre e qualora lo Stato fosse sotto il controllo democratico dei lavoratori.
Nel corso di questa discussione si è utilizzata una citazione di Fidel Castro del 1970 che è molto significativa:

“Noi arriveremo molto lontano se con il lavoro di massa vinceremo questa battaglia. Noi arriveremmo molto lontano se introducessimo la massima democratizzazione del processo rivoluzionario. Non ci può essere nessuno Stato più democratico che quello socialista, non può esserci; né deve esserci. E ancora: se lo Stato socialista non è democratico, crolla, (…) senza le masse il socialismo perde la battaglia: si burocratizza, deve usare metodi capitalisti, deve fare passi indietro nell’ideologia. Quindi non può esserci una società più democratica di quella socialista, semplicemente perché senza le masse il socialismo non può trionfare” (Fidel Castro Ruz, discorso nella plenaria provinciale dell’Ctc, Teatro della Ctc, 3 settembre 1970, Dipartimento delle versioni  stenografiche del governo rivoluzionario, citato in Problemi del socialismo cubano, Fernando Martinez Heredia).

Nello stesso articolo Martinez Heredia segnala che:

Si sta producendo un aumento della politicizzazione in settori della popolazione, che stimola l’immenso livello di coscienza politica che possiede il popolo cubano. Emergono settori non trascurabili di giovani che rifiutano il capitalismo. È abbastanza cresciuta la manifestazione pubblica di critiche e giudizi differenti espressi da cubani socialisti e diretti a rafforzare il socialismo”.

Il punto centrale di questa questione è il fatto che in un’economia in cui i mezzi di produzione sono in mano allo Stato, la democrazia operaia non è un elemento accessorio, ma è l’ossigeno necessario senza il quale l’economia pianificata non può funzionare. Il problema del burocratismo è quindi che conduce a una situazione in cui i lavoratori non si sentono proprietari dei mezzi di produzione (anche se nominalmente gli si dice che lo sono).
In un dibattito all’Avana il 3 marzo sul tema della proprietà privata si sono espresse le seguenti opinioni. Tra le argomentazioni applaudite dalla platea c’erano quelle di un signore anziano, misurato ma  lucido, che ha detto:

Per più di cinquanta anni la popolazione cubana è stata subordinata a funzionari onnipotenti. Si è instaurata una divisione tra proprietari attivi (coloro che decidono realmente) e proprietari passivi (che sono solo proprietari nominalmente). È necessario stabilire un legame reale tra ogni cittadino e la proprietà statale. C’è in gioco la sopravvivenza della rivoluzione”.

I partecipanti abituali a Ultimo Jueves (un forum di dibattito a Cuba, Ndt) hanno affermato:

Nell’impresa statale si mantiene, allo stesso modo che sotto il capitalismo, l’alienazione del lavoro salariato. È necessaria non solo la partecipazione dei collettivi dei lavoratori nella direzione delle imprese, ma anche il controllo dei cittadini sull’economia nazionale e sui funzionari che progettano e dirigono”.

Questa non è solo una dimostrazione delle discussioni che si stanno sviluppando nella rivoluzione cubana. Esiste in questi settori una consapevolezza sul fatto che il mercato, lungi dal risolvere i problemi con cui si scontra Cuba, li aggraverà per la maggioranza della popolazione. Tuttavia allo stesso tempo è chiaro che lo status quo non si può mantenere per molto tempo.
Gli elementi pro capitalisti sono in un processo di accumulazione di forze, creano una corrente di opinione e di pensiero, una base materiale, perché si possano sviluppare relazioni capitaliste. Infatti abbiamo già visto alcuni esempi di dove porta il libero mercato capitalista. Nel mese di maggio si è chiuso temporaneamente il mercato agricolo all’ingrosso El Trigal. Lì operava una “cooperativa” con 10mila soci che commercializzavano direttamente prodotti agricoli. Inevitabilmente si è generato un commercio capitalista nel quale una minoranza ha ottenuto grandi profitti a scapito degli altri e al costo di prezzi esorbitanti per i consumatori. Ma questa non è una aberrazione ma il normale funzionamento del mercato capitalista. Si è anche sviluppata una enorme polemica sull’aumento dei prezzi dei taxi privati all’Avana, altro esempio del funzionamento del “libero mercato”, che in realtà non ha nulla di libero, tende inevitabilmente alla concentrazione del capitale e al supersfruttamento dei lavoratori.
La grande maggioranza della popolazione attende spasmodicamente qualsiasi cambiamento che possa migliorare le sue condizioni di vita, pensano che sulla base che il governo porti avanti misure di mercato che possono stimolare migliori salari, maggior quantità di prodotti da consumare, e allo stesso tempo si mantengano le conquiste della rivoluzione, sia giusto sostenere il nuovo corso che si sta proponendo. Il problema è che non viene spiegato ciò che accadrà in realtà, in primo luogo perché si dice che tutte queste misure procapitaliste rafforzeranno il socialismo, cosa che è falsa. Non solo non rafforzeranno l’economia pianificata ma la mineranno dall’interno. Uno dei grandi problemi che esiste in questo momento a Cuba è che si tenta di nascondere o confondere il problema centrale. Il governo ad esempio porta avanti misure di mercato e capitaliste per fare in modo che possibilmente attraverso questo strumento si possa consolidare un socialismo sostenibile. Per un altro verso ci sono settori che credono realmente che le politiche di mercato aiuteranno “a rafforzare l’economia socialista”. Ci sono altri settori, al contrario, che spingono verso una economia di mercato coscienti che questa porrà fine alle conquiste della rivoluzione. L’ampia maggioranza della popolazione sa solo che le cose non possono rimanere come adesso ed è necessario un cambiamento, non sanno cosa né come ma sono disposti a provare. Il problema è che una maggiore apertura di Cuba al capitalismo non sarà un esperimento. Per investire i capitalisti esigono quadri normativi giuridici, profitti sui loro investimenti e le misure proposte vanno in questa direzione.
C’è una nuova impostazione che vuole presentare questo cambiamento in continuità con il passato ma in ultima analisi è tutto il contrario, un passo indietro. Il governo sta progettando un piano per introdurre il mercato e allo stesso tempo sta promulgando nuove leggi per proteggere i capitali che vogliono venire ad investire, lo chiamano “fornire garanzie”. Per un altro verso si commenta che saranno rafforzati i valori socialisti per respingere tutto quello che porta con sé il mercato. Ma qui è la base materiale che determina la coscienza e non il contrario. È il mercato che offre nuove possibilità ad una economia stagnante e logora e allo stesso tempo genererà nella popolazione una dinamica nuova, che in una certa misura spingerà le persone a comprare e possedere oggetti rendendo secondario il fatto che bisognerà lavorare di più. Il problema fondamentale è che la rivoluzione cubana, isolata in una piccola isola e sottomessa ad un ferreo assedio imperialista, non ha potuto sviluppare le forze produttive.
È la bassa produttività a Cuba ciò che impedisce di soddisfare le necessità della popolazione, per questo il capitalismo cerca di vendersi come una alternativa nuova, presentandosi come un passo in avanti quando sappiamo che ciò che ti dà il capitalismo è semplicemente una minima parte di ciò che crea, il resto va ad ingrassare una classe borghese parassitaria che accumula ingenti quantità di denaro. È come dire che il capitalismo crea un mercato in cui tu vai, lavori, guadagni, spendi e ti indebiti in una spirale in cui vieni avvolto poco a poco. Di conseguenza, a partire da questa dinamica, si sviluppa il tuo pensiero individualista, egoista, consumista.
Ciò che abbiamo adesso è un’iniezione di basi materiali, una apertura al mercato atta a creare questa spirale e far sì che si sviluppino queste tendenze di pensiero borghese, o si consolidino e si estendano.
Così si stanno creando nuove relazioni sociali di produzione che si trasmettono a tutte le relazioni nella società, nella vita familiare, nell’aumento delle imprese private, ecc.
L’unico modo di far fronte in modo diverso alle sfide a Cuba è appellarsi all’iniziativa creativa dei lavoratori, in modo che possano prendere nelle loro mani il controllo non solo della loro azienda o del loro luogo di lavoro, ma del governo stesso.
Il socialismo cubano ha resistito dalla rivoluzione ai nostri giorni facendo appello allo sforzo collettivo, alla coscienza di classe del suo popolo, alla solidarietà e all’anticapitalismo, questo si deve continuare a fare. Non si può fomentare l’individualismo e il desiderio di profitto ma al contrario si deve sostenere una cultura solidale, collettiva e militante. Lo sviluppo del mercato a Cuba ha implicitamente un altro aspetto, rinnovare la sottomissione dell’isola al capitale internazionale, particolarmente a quello dell’imperialismo americano. Le relazioni tra una piccola isola con una bassa produttività del lavoro e una poderosa potenza imperialista non saranno mai da pari a pari. Per questo diciamo che in ultima analisi il futuro della rivoluzione cubana si deciderà nel terreno internazionale.

Cosa propone il modello economico?

Nell’introduzione del documento sul Modello possiamo leggere le ragioni e le circostanze per le quali si stanno proponendo tutte queste misure. Uno dei punti fondamentali, come abbiamo commentato precedentemente, è la poca chiarezza e convinzione presente nella base del partito e più in generale in tutta la popolazione dell’isola sul fatto di poter definire gli obiettivi del suddetto Modello. Per un verso parte della burocrazia statale è abbastanza chiara su ciò che vuole ottenere con queste riforme o controriforme: un ritorno al capitalismo. Questo settore legato al settore speculativo e del turismo sa bene che un’economia di mercato sarebbe più utile ai suoi interessi e per questo la promuove e la difende come alternativa “ per salvare il socialismo”.
Questo stesso settore insiste sul fatto che l’economia di mercato porterà un rafforzamento del progetto storico socialista cubano. Parlano del fatto che attualmente è necessario consolidare la proprietà socialista dei mezzi di produzione, cioè mantenere la proprietà nazionalizzata, ma facendola coesistere con altre forme di proprietà come quella privata. In alcuni punti successivi propongono  la necessità che la proprietà statale che genera profitti debba essere data in concessione o amministrata da imprese private insieme allo Stato.
Dicono che bisogna tenere conto delle esperienze di successo di altri paesi in cui sono stati fatti passi importanti nello sviluppo delle forze produttive ed anche se non lo dicono stanno parlando della Cina e del Vietnam. In entrambi i casi abbiamo visto la restaurazione del capitalismo a scapito delle esigenze e dell’oppressione delle masse.
Si fa un breve excursus storico dalla rivoluzione cubana e dalle sue differenti tappe fino ai giorni nostri. Ci si sofferma sul Periodo Especial quando il crollo dei paesi dell’Est ebbe come conseguenza una crollo brutale dell’economia cubana. Più avanti si pone enfasi sulla forza che aiutò i cubani a sopportare questi giorni difficili: il sentimento di solidarietà, eroismo, e il lavoro collettivo aiutò a superare questa tragedia economica. Si menziona anche che nel 2012 si sono adottate, nella prima conferenza nazionale del Pcc, misure per il possesso e la legalizzazione di valuta estera e la strutturazione del doppio sistema monetario (Cuo e Cuc).
Parlando di attualità, dice il documento, i problemi fondamentali sono l’insoddisfazione rispetto alla capacità di risolvere i bisogni della popolazione, l’impatto del dualismo monetario e del cambio rispetto al potere d’acquisto che ha incrementato le differenze economiche e sociali che non provengono dal lavoro.
Il lavoro non è retribuito correttamente, c’è l’esodo dei lavoratori verso attività di minore qualifica e verso il lavoro esterno alle proprie professioni, l’abbandono di occupazioni come medici e insegnanti per lavorare in settori come il turismo o a sbarcare il lunario in mille modi con tutto ciò che è vincolato al dollaro, mentre altri addirittura abbandonano il paese. A volte, spiega il documento, questo porta ad una demotivazione nel lavoro e alla sua inefficienza, una erosione dei valori che riguardano la società, con la crescita della corruzione, dell’indisciplina, del crimine, ecc.
È necessario domandarsi se questi ultimi effetti sono provocati solo dalle necessità economiche o per la mancanza di partecipazione nella direzione e nella gestione delle imprese da parte dei lavoratori.
Si parla delle difficoltà a livello internazionale, della crisi del capitalismo, dello sviluppo impetuoso delle tecniche in settori come la comunicazione, l’informazione, l’industria, il commercio, ecc.
Ciò che offre la rivoluzione per investire sono le risorse umane, l’elevato livello culturale e di qualifiche in alcuni settori dell’industria.
Le proposte nei documenti relative alla produzione, distribuzione, consumo e ambiti della vita sociale sottolineano l’importanza della proprietà socialista – statale – e la necessità di riconoscere i differenti tipi di proprietà e gestione.
Il documento sostiene in modo corretto che la forma in cui una società socialista può prosperare è l’incremento della produttività del lavoro, l’applicazione della scienza e della tecnologia alla produzione, il che è giusto. Il socialismo è praticabile nella misura in cui lo sviluppo delle forze produttive superi quello prodotto dal capitalismo. Tuttavia questo non si può ottenere in un solo paese, e ancora meno in una piccola isola a 90 miglia dagli Usa. Per questo insistiamo sul fatto che il futuro della rivoluzione si decide soprattutto nel campo della lotta di classe a livello internazionale.
Il documento dice che la forma principale dell’economia nazionale e del sistema socio economico è la proprietà socialista. Tuttavia, subito dopo, dice che non è l’unica: si spinge anche più avanti quando spiega che il governo si manterrà come proprietario ma che decentrerà le amministrazioni di queste imprese. Si riconosce la proprietà privata come forma complementare in determinati mezzi di produzione, così come la gestione di mezzi di produzione statali da parte di soggetti privati. Ciò vuol dire che anche se la proprietà è dello Stato si prevede la concessione a privati per fare in modo che possano fare utili e restituire allo Stato una parte dei profitti. Attraverso le tasse, come in qualsiasi paese capitalista, l’impresa privata contribuirà a riequilibrare gli squilibri strutturali, inoltre, da queste concessioni ai privati ci si aspetta l’accesso a capitali, tecnologie, mercati, esperienza di gestione e amministrativa, ecc.
In Messico e in altri paesi questo si manifesta nel permettere alle multinazionali di sfruttare risorse umane o naturali per i loro profitti dando alcune briciole allo Stato.

88.1.2.2. Riconoscimento e diversificazione delle differenti forme di proprietà e di gestione, adeguatamente interconnesse
“89. Come parte di queste trasformazioni si mette in evidenza il ruolo delle forme di proprietà vincolate all’investimento straniero diretto, in condizioni che preservino i principi che sostengono il Modello, in modo che si garantisca l’uso razionale delle risorse, la salvaguardia del patrimonio della nazione e dell’ambiente.
“90. L’investimento straniero diretto costituisce una fonte di sviluppo e una via di accesso a capitali, tecnologie, mercati e esperienza gestionale, che contribuisce alla soluzione di importanti squilibri e alla catena produttiva, in corrispondenza con uno sviluppo economico e sociale.
“91. Un’altra trasformazione volta a contribuire all’economia, all’impiego e al benessere della popolazione è il riconoscimento del ruolo complementare della proprietà privata su determinati mezzi di produzione, così come la gestione dei mezzi di produzione dello Stato da parte di questa forma di proprietà.
“92. Questo risponde all’eterogeneità e allo sviluppo insufficiente delle forze produttive; la necessità che lo Stato socialista si concentri nei complessi compiti che gli sono propri abbandonando la direzione e l’amministrazione diretta di determinate attività che richiedono un alto grado di indipendenza, autonomia e responsabilità. Analogamente, contribuisce a mobilitare risorse non statali per il recupero di determinate produzioni e servizi.
“93. Tutto questo contribuisce alla liberazione delle forze produttive, come parte del decentramento  che richiede l’aggiornamento del modello, rendendo possibile il dispiegamento di iniziative in funzione degli obiettivi dello sviluppo socialista che sono complementari alla trasformazione del sistema delle imprese di proprietà di tutto il popolo.
“94. Tutto ciò in un contesto in cui la presenza di differenti soggetti di proprietà e gestione forma parte degli elementi che condizionano la necessità oggettiva del riconoscimento del mercato, in cui interagiscano attraverso la pianificazione come strumento principale di direzione dell’economia” (Documento per la discussione del VII congresso del Pcc ).

Il documento spiega che questo accade perché la mancanza dello sviluppo delle forze produttive fa in modo che lo Stato debba concentrarsi in altri compiti e si propone che abbandoni l’amministrazione o la direzione diretta di determinate attività economiche. Si tratta di uno snellimento dello Stato in cui si prova a fare concessioni a privati, cooperative o investitori cubani nelle imprese dello Stato date in concessione. In tal modo lo Stato si concentra solo in aspetti amministrativi e sociali. Questo è un piano di ristrutturazione neoliberista che è stato applicato in diversi paesi dell’America Latina nelle ultime tre decadi, provocando come conseguenza una drastica riduzione del tenore di vita e un aumento della violenza. A Cuba si sta vendendo come una ricetta per andare verso il socialismo, ma questa è una ricetta per andare verso il peggior capitalismo.
Il passo logico successivo, dopo aver proposto come alternativa per lo sviluppo la proprietà privata, è “ammettere la necessità oggettiva del riconoscimento del mercato”, che andrà ad interagire con la pianificazione socialista dell’economia.
L’accettazione del mercato, il fatto che dei grandi investitori siano interessati ad intervenire nel turismo e di altri settori, implica che lo Stato debba ridurre la sua azione proponendo esso stesso di limitare il proprio ruolo nel pianificare e regolare il processo dello sviluppo economico, ma ciò che dimenticano è che non puoi pianificare ciò che non ti appartiene, che il mercato è precisamente una liberazione dai controlli e il regno dell’anarchia nella produzione.
I settori in cui vedremo con più forza questo processo di concessioni e intervento del capitale straniero sono i seguenti:

A partire dai precedenti argomenti e da un’analisi ancora molto iniziale, si può strutturare una proposta preliminare di settori strategici per l’economia cubana, che potrà essere arricchita come parte dell’elaborazione del Piano nazionale dello sviluppo, soprattutto da un’ottica più immediata, cioè dal primo quinquennio dello stesso nel seguente modo:
237.A) Edilizia, introducendo nuove tecnologie, sistemi di costruzione ad alta produttività e sviluppando l’industria di materiali per la costruzione.
238.B) Elettroenergetico, concentrandosi sull’uso di fonti rinnovabili di energia, elevando l’efficienza e la prospezione, la produzione e la raffinazione del petrolio e del gas.
239.C) Telecomunicazioni, tecnologia dell’informazione e connettività.
240.D) Logistica integrata di trasporto, immagazzinamento e commercio.
241.E) Logistica integrata di reti e installazioni idrauliche per il consumo produttivo e della popolazione, includendo nuove tecnologie per l’uso di acqua marina nel consumo industriale e umano.
242.F) Turismo e sua diversificazione, come il turismo marino e nautico, golf e immobiliare, naturalistico, agrario e croceristico, storico, culturale e del patrimonio artistico, dei congressi e delle fiere e specialmente della qualità della vita; con enfasi nel contributo al rafforzamento dell’integrazione interna dell’economia.
243.G)  Servizi professionali, specialmente medici e insegnanti.
244.H) Industria agroalimentare non legata allo zucchero e industria alimentare, con enfasi sull’integrazione dell’industria con il settore primario agricolo e l’elevazione del valore aggregato dei prodotti alimentari.
245.I) Farmaceutico, biotecnologico e di produzioni biomediche.
246.J) Industria agroalimentare dello zucchero e dei suoi derivati, con enfasi sulla riconversione energetica.
247.K) Industria leggera, fondamentalmente rivolta a soddisfare la richiesta della popolazione nel mercato interno.
248. Allo stesso tempo, si deve implementare lo sviluppo di attività produttive, commerciali e di servizi a bassa dotazione di capitale, basati su piccole e medie imprese che siano vincolate alla catena produttiva con imprese principali e legate allo sviluppo locale, dando priorità alle attività della produzione di alimenti, dell’edilizia, dei servizi sociali, della riparazione e della manutenzione, dell’offerta turistica, della produzione artigianale, del trasporto, della comunicazione, dei servizi comunitari, in modo da favorire la competizione e contribuire fondamentalmente alla riduzione dei costi fissi.
249. Tutto questo richiederà trasformazioni significative negli schemi di organizzazione industriale, nelle strutture delle imprese (incluso un ruolo più importante delle imprese di grandezza minore) e trasformazioni generali di maggiore entità che favoriscano effettivamente i processi di decentramento della direzione economica e l’elevazione dell’autonomia imprenditoriale” (Documento per la discussione del VII congresso del Pcc).

Le aziende che oggi sono statali producono l’80 per cento del Pil, quando queste aziende passeranno ad essere amministrate o saranno date in concessione ad imprese private, gli introiti dello Stato crolleranno e lo Stato dovrà ridurre drasticamente le spese che sostiene, particolarmente nella sanità, nell’istruzione, nello sport, ecc. Formalmente si proibisce la concentrazione della proprietà ma ci sono molte forme per aggirare le barriere in questo ambito, ad esempio registrare le proprietà a nome di familiari ed amici. Si proibisce anche la ricchezza, senza dubbio questa è in  contrapposizione con tutto ciò che si è proposto, il capitale viene per creare ricchezza e accumulare, senza questo il capitale non investirà.
Le conquiste sociali, come l’istruzione, la salute, lo sport e la cultura, si manterranno, solo che da oggi viene posto un limite, dicono che ciò verrà garantito a tutte le persone “che lo richiederanno”. Si propone di inserire le aziende private nell’istruzione per sviluppare fortemente la tecnologia. Le imprese utilizzeranno i quadri tecnici per sviluppare tecnologia per i loro interessi e non per la società.
I servizi sociali che ora sono aperti a tutti saranno ristretti alle “possibilità oggettive dell’economia”  cioè, se l’economia non va bene, questi servizi possono essere tagliati o sparire. Funzioni che prima erano assunte dallo Stato, come ad esempio il sostentamento di ogni singolo cittadino cubano, ora si baseranno sulla famiglia, come cellula fondamentale della società. I sussidi di Stato adesso non sono rivolti a tutti ma alle persone che lo richiedono, persone inabili al lavoro o che non possono contare sul sostegno familiare o che si trovano in condizioni di difficoltà. Questi sussidi possono arrivare dallo Stato o da qualche altra impresa privata. Si sta portando avanti l’idea che tutti coloro che lavorano debbano avere la previdenza sociale, c’è da chiedersi se questo significa che se si va verso la fine del sistema di previdenza sociale universale che c’è oggi.
Sul controllo dei prezzi delle merci si utilizza una forma ambigua, certamente si dice che i prezzi saranno fissati a partire dal sistema delle imprese, cioè dalla legge della domanda e dell’offerta, tranne per quei prodotti che siano di interesse sociale e servono per coprire le necessità fondamentali della popolazione. Si parla della stabilità dei prezzi a partire dalla regolamentazione del denaro in circolazione, questo tipo di misure sono utilizzate da alcuni governi neoliberisti per giustificare una politica di bassi salari, ai loro occhi ci sono troppi soldi nelle mani dei lavoratori e ciò è pericoloso perché provoca inflazione, perciò attaccano selvaggiamente i salari.
Uno dei modi di dare fiducia agli investitori è proporre clausole come indennizzazioni, relative all’inadempienza dei contratti, ecc.

Il cammino verso la restaurazione del capitalismo

Come possiamo vedere, ciò che propongono questi documenti, in nome del socialismo, è una controriforma sul terreno economico che permetta di riconoscere il mercato capitalista e la proprietà privata come una forza importante per lo sviluppo di Cuba; sul piano politico si propone una riforma dello Stato in cui il suo ruolo sia limitato a questioni di amministrazione giuridica e costituzionale, a collettore di tasse, ecc. Le aziende statali che generano risorse saranno amministrate da un comitato che dipende dallo Stato attraverso aziende private o miste. Sul piano sociale, anche se non si dichiara l’impossibilità di mantenere la sanità e l’istruzione in forma gratuita, si cominciano a porre limiti rispetto a chi può riceverla gratuitamente.
L’impatto che avranno queste riforme nel medio periodo sarà brutale per i giovani e i lavoratori dell’isola: dopo che il mercato avrà generato aspettative, ben presto conosceranno da vicino lo sfruttamento capitalista. In questo scenario vedremo lotte in difesa delle conquiste della rivoluzione e lo Stato dovrà reprimere i suoi militanti e il popolo che si opporrà a questi piani.
Si preparano grandi avvenimenti a Cuba, le tradizioni e l’esperienza dei vecchi militanti non si cancellano dal giorno alla notte. Centinaia di giovani parteciperanno a discussioni sulle prospettive future quando inizieranno a vedere messi in pericolo tutti i loro diritti.
Il tentativo di introdurre a Cuba misure di mercato capitalista per “mantenere” il socialismo, insieme a tutte le aspettative che si stanno creando sullo sviluppo tecnologico, la sostituzione delle importazioni, ecc., si scontrerà con la bancarotta organica del capitale a livello internazionale. L’introduzione del capitale imperialista svilupperà grandi lotte e la gioventù giocherà un ruolo eccezionale. Il bivio è chiaro: o provare a introdurre il capitalismo in modo controllato (il che porta inevitabilmente alla distruzione delle conquiste della rivoluzione) o andare verso la democrazia operaia e l’internazionalismo proletario.

Pubblicato sul n. 14 di America socialista, agosto 2016

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