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Nell’anno più caldo di sempre, si è aperta il 30 novembre la Cop 28 a Dubai, negli Emirati Arabi. La conferenza Onu sui cambiamenti climatici si preannuncia un’ennesima passerella di capi di governo, Ong e imprenditori che si risolverà in un nulla di fatto, e dove spicca l’assenza di Biden e Xi Jin Ping.
Che la conferenza rischi di assumere i torni un una vera farsa lo si deduce dal paese ospitante, uno dei principali produttori di petrolio e gas, ma anche dalla nomina del presidente della Cop 28: il sultano Al-Jaber, amministratore delegato della Abu Dhabi National Oil Company. Insomma, un po’ come mettere un lupo a guardia di un gregge di pecore!
L’impossibilità che queste conferenze possano portare a qualche cambiamento è tuttavia strutturale, come si evince dai recenti dati presentati da Oxfam in una sua ricerca.
Il titolo del lavoro, che si avvale di una introduzione di Greta Thunberg, è piuttosto eloquente: “Clima: l’1% più ricco del pianeta inquina quanto due terzi dell’umanità”.
Praticamente nel 2019, l’1% dei miliardari è stato responsabile del 16% delle emissioni di diossido di carbonio, una percentuale pari a quella prodotta dal 66% degli abitanti del pianeta, 5 miliardi di persone.
Una persona che fa parte “dell’1% più ricco per reddito inquina in media in 1 anno quanto inquinerebbe in 1.500 anni una persona appartenente al restante 99% dell’umanità”. Infatti, solo in Italia, il 10% più ricco inquina il 36% in più rispetto al 50% più povero, dimostrando che non siamo tutti colpevoli del riscaldamento globale. Qualcuno lo è molto di più.
Questo porterà nel prossimo futuro a una stima di 1.3 milioni di morti dovute al riscaldamento globale entro il 2030, considerando che le emissioni dei super ricchi saranno attorno alle 22 volte oltre il massimo richiesto per contenere l’aumento di 1.5°C della temperatura del nostro pianeta per evitare ripercussioni catastrofiche.
I governi capitalisti di tutto il mondo sono complici di queste politiche e scaricano tutto l’onere sulle famiglie dei lavoratori, chiedendo di “stringere la cinghia”, e che ognuno debba fare la sua parte abbassando il termostato in casa.
La ricerca di Oxfam dimostra la natura propagandistica di queste campagne. Le giuste premesse non portano però l’Ong a sviluppare le rivendicazioni corrette. Nello stesso articolo si chiede di “un’imposta sui grandi patrimoni per finanziare una transizione ecologica giusta”. I problemi della proposta sono molteplici, in primo luogo ci chiediamo se, dopo aver pagato l’imposta, le aziende potranno continuare a inquinare senza problemi. In secondo luogo chi dovrebbe governare la transizione ecologica giusta. I governi, come quello Meloni? L’Unione europea? Porsi la domanda significa già avere la risposta. Ma soprattutto, l’élite borghese sarà veramente disposta a pagare?
Sappiamo benissimo che il grande capitale ha una predisposizione a fuggire verso paradisi fiscali ed è sempre disposto a evadere il controllo delle agenzie che loro stessi dirigono anche tramite palesi violazioni dei trattati che pubblicamente si erano impegnati di seguire. Inoltre, l’imposta per tutte le grandi industrie non sarebbe altro che una nuova spesa da aggiungere alla lista dei costi e che prontamente scaricherebbero sulle spalle della classe operaia, alzando i prezzi dei beni primari senza nessuno scrupolo. Il risultato sarebbe un rincaro sul prezzo della vita senza ottenere l’effetto voluto, quello di bloccare l’inquinamento.
La parola chiave del capitalismo è sempre e solo una ed ha il nome di profitto. La nostra posizione è chiara: per combattere il riscaldamento globale è necessario un cambiamento radicale del sistema. L’abbandono di una economia dettata dal profitto e l’adozione di un’economia programmata che sia sostenibile e sotto il diretto controllo democratico, non in mano alla ristretta cerchia dell’élite borghese. Le industrie che inquinano andranno dunque espropriate, e i monopoli dell’energia nazionalizzati, investendo sulla ricerca delle energie rinnovabili e pulite, riducendo così sia le emissioni che i prezzi per i consumatori.
È necessario mettere tutte le risorse naturali sotto il dominio pubblico, non possiamo lasciarle in mano ai grandi capitalisti così che siano liberi di distruggere e devastare per i loro profitti, la cui manifestazione più estrema è data delle sfrenate guerre imperialiste alla conquista di nuovi territori da sfruttare causando miseria e morte. I movimenti ambientalisti possono vincere solo coinvolgendo la classe lavoratrice tramite scioperi e proteste organizzate.
Socialismo o Barbarie! C’è una sola via per salvare il nostro pianeta, togliere il suo destino dalle mani borghesi che pensano solo ad arricchirsi, per una federazione socialista.