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18 Gennaio 2023Una nuova generazione di attivisti è scesa in piazza nelle mobilitazioni studentesche dell’ultimo anno. Non si tratta ancora di un movimento generalizzato, ma se qualcosa abbiamo appreso dal passato, è che il movimento studentesco ha sbalzi improvvisi.
In particolare se guardiamo alle caratteristiche dei movimenti studenteschi del sud Europa (Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Grecia) questi si sono sempre contraddistinti per una estrema vivacità e determinate tradizioni di lotta.
I movimenti degli anni ’60 e ’70, per quanto imponenti e dal carattere rivoluzionario, sono stati fortemente condizionati dall’esistenza di partiti comunisti di massa burocratizzati, che si opponevano a qualsiasi forma di coordinamento nazionale delle realtà in lotta, che potesse rappresentare un’alternativa alla loro leadership.
Fu dunque solo nella seconda metà degli anni ’80, con la crisi dei partiti comunisti, che abbiamo assistito alla nascita di strutture studentesche più democratiche e per certi aspetti interessanti, che possono essere fonte d’ispirazione per la fase che stiamo attraversando.
Il movimento del 1985 in Italia
In Italia nel 1985, da una lotta partita dal liceo artistico di via Prinetti di Milano, si svilupperà un movimento di massa che il 9 novembre porterà in piazza 700mila studenti (con manifestazioni in 180 città) e oltre 200mila a Roma nella manifestazione nazionale del 16 novembre. L’obiettivo degli studenti era politico, respingere la legge finanziaria del governo e chiedere 4.000 miliardi di vecchie lire per l’istruzione pubblica.
In quasi tutte le città si erano formati coordinamenti studenteschi ai quali partecipavano centinaia, se non migliaia di studenti e si rafforzava l’idea di dar vita a un coordinamento nazionale democratico e rappresentativo, eletto nelle scuole, che senza dubbio avrebbe rappresentato un salto di qualità nella mobilitazione.
Si tentò di convocare una riunione dopo la manifestazione di Roma del 16 novembre, ma non se ne fece nulla perché la FGCI (l’organizzazione giovanile del PCI) impedì lo svolgimento della riunione facendo partire in anticipo i treni che dovevano riportare gli studenti nelle loro città. Di conseguenza il movimento venne sconfitto e rifluì.
Le lotte del Sindacato degli Studenti in Spagna
L’anno dopo saranno gli studenti spagnoli e quelli francesi che scesero in campo. La mobilitazione in Spagna venne guidata dal Sindicato de Estudiantes (SE), un’organizzazione formata dai marxisti di Nuevo Claridad (che diversi anni più tardi daranno vita alla sezione spagnola della Tendenza marxista internazionale).
Il movimento spagnolo si caratterizzò oltre che per la sua imponenza (parteciperanno due milioni di studenti nelle scuole e nelle università in una mobilitazione che durò più di 3 mesi), per la lungimiranza della sua direzione e l’applicazione di metodi democratici di lotta.
Nonostante il sabotaggio della JCE (gioventù comunista) e di altri gruppi minori organizzati nella cosiddetta Coordinadora, i compagni dell’SE proposero a tutte le realtà studentesche una tattica di fronte unico che poteva realizzarsi attraverso una piattaforma votata democraticamente in tutte le scuole e facoltà coinvolte nella lotta (che in città come Madrid e Barcellona erano oltre il 90%).
Sulla base di questo mandato una delegazione trattante legittimata dal voto democratico in migliaia di istituti sarebbe poi andata al confronto con il ministro dell’istruzione, Maragall.
In questo modo all’interno di assemblee democratiche ciascuna forza poteva misurare il consenso delle proposte che avanzava. Nella misura in cui la Coordinadora rifiutò il terreno democratico che gli venne offerto, finì con l’avere un ruolo sempre più marginale e fu il SE, forte del mandato degli studenti, che dopo cinque mobilitazioni di massa piegò il governo ottenendo conquiste significative, tra le quali: la gratuità dell’istruzione secondaria e dell’istruzione universitaria per le famiglie con reddito inferiore a 1,6 milioni di pesetas (grosso modo il salario annuo di un operaio dell’epoca) e un aumento delle borse di studio del 60%.
Il Coordinamento democratico di lotta in Francia (1986)
In Francia la democrazia studentesca assunse caratteristiche ancora più pure e per certi aspetti avanzate, in quanto in assenza di un sindacato studentesco marxista (l’UNEF era totalmente burocratizzato), si formò un Coordinamento democratico e rappresentativo che da una parte fu il frutto spontaneo della mobilitazione e dall’altra rappresentava e rappresenta una tradizione, quella della Comune di Parigi, che pur lontana nel tempo è profondamente radicata nella coscienza dei lavoratori e dei giovani francesi.
Il governo di destra guidato da Chirac avanzò una “riforma” che andava chiaramente nel senso di privatizzare l’istruzione e limitarne l’accesso alle classi sociali più disagiate. Nel corso delle mobilitazioni del 6 dicembre 1986, la brutalità della CRS (celere francese) provocherà la morte di Malik Oussekine, uno studente di origini algerine. Il 10 dicembre a fronte della contestazione dilagante in tutto il paese (a cui si unì il movimento operaio) il ministro all’istruzione Devaquet fu costretto a ritirare la riforma e rassegnare le dimissioni.
Un trionfo su tutta la linea: nessun aumento delle tasse di iscrizione, nessun numero chiuso alle università, niente più lauree differenziate. I quattordici delegati del coordinamento nazionale (sette parigini e sette della provincia), annunciarono così la vittoria del movimento. La conseguenza fu che nel giro di poco il governo Chirac cadde rovinosamente. Gli studenti francesi vinsero per la loro audacia ma anche perché si erano dati una struttura organizzativa seria e democratica.
Il coordinamento era stato eletto nelle 70 facoltà occupate in tutto il paese ed era revocabile in qualsiasi momento dalle istanze che lo avevano eletto. Le deleghe erano imperative, per cui i delegati non potevano sottrarsi al mandato ricevuto e dovevano tornare in assemblea a verificare il consenso su qualunque proposta venisse avanzata. Questo non lasciava spazio ad alcun tipo di manovra burocratica e strumentalizzazione dall’alto. Tutto veniva deciso dagli unici che erano deputati a farlo, gli studenti stessi.
Per tutte queste ragioni quando in assemblea sentirete parlare di “coordinamento alla francese”, saprete fin da subito di cosa si tratta, una struttura che non solo è in grado di unire il movimento, ma che ne assicura il controllo democratico da parte degli studenti e può condurli alla vittoria.