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12 Novembre 2020Bonapartismo e fascismo
15 Novembre 2020Se in primavera il lockdown nazionale ha limitato la diffusione del virus nel territorio calabrese ed ha evitato il collasso del sistema sanitario locale, il tentativo del Governo Conte di arginare il virus in autunno, istituendo la zona rossa in Calabria perché un numero relativamente contenuto dei contagi (circa 200) ha mandato in tilt l’intero settore, ha avuto l’effetto di far esplodere la rabbia dei calabresi, stanchi ed indignati per dover subire una zona rossa causata dalla gestione criminale delle risorse pubbliche.
La vicenda del Commissario straordinario alla sanità Generale Cotticelli, che ammette in una trasmissione televisiva di non aver predisposto il Piano AntiCovid e di conseguenza di non aver messo in atto le misure di contrasto (aumento dei posti letto in terapia intensiva e subintensiva, attivazione delle USCA, ecc.) perché non sapeva di doverlo redigere, ha posto all’attenzione nazionale la situazione disastrosa del sistema sanitario calabrese.
Lo smantellamento del sistema sanitario nazionale iniziato negli anni 90, ha aperto il mondo sanitario alla logica del profitto ed in particolare in Calabria ad imprenditori senza scrupolo che hanno fatto profitti da capogiro grazie ad un Piano di Rientro del deficit che ha previsto la chiusura di ben 14 ospedali in tutto il territorio regionale ed il depotenziamento delle strutture esistenti, sempre più sature a causa delle richieste di prestazioni sanitarie di tipo ambulatoriale e/o domiciliare che si sono riversate sui pochi poli ospedalieri rimasti nei capoluoghi di provincia.
Secondo il Quotidiano Sanità, dal 2000 al 2013 la Calabria, che conta 2milioni circa di abitanti, è passata da 9.915 posti letto a soli 5.874 con un taglio netto del 40,7% e se nel 2013 i posti letto ogni 1000 abitanti erano 3, nel 2018 sono passati a 1,95 ogni mille abitanti, ovvero sono stati tagliati il 60% dei posti letto, 6 su 10. Lo stesso dicasi per la forza lavoro, il blocco del turn over ed i tagli al personale medico/ infermieristico ha prodotto una riduzione delle unità lavorative di 3800, oltreché all’invecchiamento del personale sanitario (Fonte Rapporto Sanità 2019 del Centro Studi Nebo).
Il 20% dei calabresi è costretto a curarsi fuori regione con una spesa di mobilità sanitaria di 250 milioni di euro, mentre i calabresi aspettano la costruzione di 4 ospedali i cui finanziamenti, 80 milioni di fondi europei, risalgono a 12 anni fa.
160 milioni il debito sanitario regionale, risultato di oltre 11 anni di commissariamento nazionale del settore oltreché del malaffare e della malapolitica che ha depredato le strutture pubbliche e affidato in mano ai privati l’erogazione di servizi essenziali a prezzi esorbitanti.
Conte ed il Ministro Speranza, a seguito della bufera mediatica del Commissario Cotticelli, sono corsi ai ripari nominando un nuovo Commissario, noto ai calabresi per delle interviste video “imbarazzanti” quando era commissario alla sanità provinciale di Cosenza.
L’atteggiamento del governo, che ancora una volta pensa di poter risolvere gli annosi problemi di una regione del Mezzogiorno semplicemente calando dall’alto uomini di fiducia, ha fatto montare la rabbia di molti calabresi che stanno facendo sentire la propria voce sia in strada, con partecipate manifestazioni in diverse città calabresi, sia sui social. In particolare, pezzi della sinistra locale hanno portato avanti la proposta di nominare Commissario Gino Strada, proposta a cui parte dei 5 stelle si sono aggrappati per non perdere completamente la faccia.
Sia chiaro che, sebbene Gino Strada sia una persona onesta, oltre che un medico competente che ha dimostrato sul campo le sue qualità umane e professionali salvando la vita a migliaia di esseri umani in territori di guerra, i calabresi non possono illudersi che un uomo solo possa risollevare le sorti di un territorio e di un sistema sanitario locale disastrato, stretto dalla morsa di un Piano di rientro del deficit e dai tentacoli della malapolitica radicati in ogni settore della vita pubblica.
Che è sceso in piazza in Calabria non fa sconti neanche alla classe politica e dirigenziale locale, altrettanto responsabile del disastro della sanità pubblica ed in questi giorni nelle piazze, con consapevolezza, hanno urlato i nomi dei politici e degli imprenditori del settore sanitario locale responsabili del saccheggio delle risorse pubbliche.
Quello che serve e che a gran voce i lavoratori calabresi stanno chiedendo è il ritorno ad una Sanità pubblica, gratuita e di qualità e questo sarà possibile soltanto ponendo fine al Commissariamento nazionale, azzerando il debito storico del settore, requisendo le strutture private nate come funghi su tutto il territorio regionale, assumendo medici, infermieri e personale tecnico.
Le mobilitazioni che stanno attraversando la Calabria sono solo l’inizio.