Ci sarà una recessione? (1960)
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5 Maggio 2020In Brasile il governo Bolsonaro è dilaniato da spaccature e crisi. La classe dominante è irrimediabilmente divisa sulla pandemia del coronavirus e sulla calamità economica che il paese deve affrontare.
Domenica 19 aprile, Bolsonaro ha partecipato a una protesta pubblica per chiedere l’intervento militare, la chiusura del Congresso, la fine dell’isolamento sociale e la riapertura delle aziende e del commercio. Questo ha provocato sdegno tra i ministri della Corte suprema, i rappresentanti del congresso e i senatori – tra cui il presidente della Camera, Rodrigo Maia (dei Democratici) – fra i settori economici, nei media e persino tra altri settori della borghesia.
Bolsonaro non solo ha partecipato alla protesta pubblica, ma ha anche tenuto un discorso e ha detto di non voler “negoziare nulla” con il Congresso e, usando la sua consueta demagogia, ha detto che “ora il popolo ha il potere”. L’episodio ha contribuito ad approfondire ulteriormente l’isolamento del governo dalle masse e da settori della stessa borghesia.
Nei giorni seguenti, le tensioni si sono intensificate in modo significativo. Quando è stato chiesto ai giornalisti riguardo alla sua partecipazione alla protesta, Bolsonaro ha attaccato la stampa, affermando di non aver mai detto nulla contro la democrazia e ha concluso, parafrasando Luigi XIV, che: “In realtà, io sono la Costituzione”.
Tuttavia, come diceva Marx, “tutti i grandi fatti e i grandi personaggi della storia mondiale appaiono, per così dire, due volte … la prima volta come tragedia, la seconda volta come farsa”. Dichiarando “L’État c’est moi” (“Lo stato sono io”), il Re Sole parlava del potere della monarchia assoluta francese e della forza dello stato moderno che nacque sotto il suo dominio. Nel caso di Bolsonaro, è un grido di disperazione di un candidato che voleva diventare un “nuovo Bonaparte” e ha fallito – di uno che deve competere con le altre istituzioni (e persino con i suoi stessi ministri) per governare.
Vi sono due elementi centrali che contribuiscono all’aumento delle tensioni. In primo luogo, il disaccordo su come affrontare la pandemia COVID-19 e le sue conseguenze sociali ed economiche; in secondo luogo come affrontare la conseguente crisi economica che ha già avuto un impatto e danneggerà ulteriormente il Brasile.
La pressione sta causando uno scontro diretto tra l’Esecutivo e gli altri poteri statali. È un braccio di ferro per vedere chi controlla il paese. Questa disputa esisteva già prima, ad esempio nella questione della presentazione di alcuni “emendamenti parlamentari”: se l’utilizzo dei soldi per svolgere lavori già approvati dal Congresso sarebbero dovuti rimanere sotto il suo controllo oppure andare sotto la responsabilità dell’Esecutivo, inoltre, è in atto uno scontro con la magistratura su diversi processi che coinvolgono membri dell’ex partito di Bolsonaro, il PSL, proprio quella parte che ha rotto con Bolsonaro e i suoi figli a causa della corruzione e del loro coinvolgimento con le milizie paramilitari. Ora le cose nel governo stanno andando di male in peggio.
Bolsonaro critica fortemente le misure di isolamento sociale, sebbene siano molto meno rigide di quelle di altri paesi, come Cina, Italia e Germania. Con questa retorica, cerca di prendere le distanze dalle conseguenze economiche della crisi e, allo stesso tempo, mantenere un dialogo aperto con una base di piccoli e medi imprenditori, con quelli del commercio al dettaglio e altri settori che falliscono a causa della quarantena proclamata dai governatori dei diversi stati.
All’inizio di aprile, Bolsonaro aveva già subito una sconfitta quando la Corte Suprema aveva vietato al governo di adottare misure per contrastare le decisioni prese da governatori e sindaci, che avevano decretato l’isolamento sociale e la chiusura di scuole e commercio, nella lotta per il contrasto della diffusione del coronavirus.
Al Congresso Nazionale (il parlamento, composto da due camere similmente all’Italia, ndt), l’ultima sconfitta di Bolsonaro è stata l’approvazione di uno stanziamento da 90 miliardi di real (circa 17 miliardi di dollari) per aiutare stati e comuni. L’aiuto è stato preparato dalla Camera dei deputati, contro la volontà del presidente, sotto forma di rimborsi a stati e comuni per le mancate entrate derivanti dalle tasse a causa delle misure di quarantena e dell’isolamento sociale. Tuttavia è importante tenere presente che, nonostante alcuni conflitti, il Congresso sostiene le misure economiche del governo relative agli attacchi ai lavoratori, nonché le decisioni della Banca centrale di trovare un “accordo” per i titoli in sofferenza sul mercato finanziario. Questo emendamento alla costituzione ha anche dato il permesso di concedere credito illimitato sotto il controllo diretto di Bolsonaro per “combattere l’epidemia”. Il problema è che Bolsonaro vuole molto di più.
Contrariamente a quanto stabilito dalla Costituzione, la Corte Suprema ha convalidato la misura provvisoria che consente la riduzione dei salari riducendo l’orario di lavoro e la cancellazione dei contratti di lavoro, con un sussidio di disoccupazione estremamente basso. Sono già stati interessati da questa misura tre milioni di lavoratori con contratti regolari su un totale di 33 milioni di lavoratori con contratto. Cioè, circa il 10 percento del numero totale di lavoratori. Non è ancora stato fatto sapere il numero di persone che hanno perso il lavoro, ma sarà ancora più alto. Non sorprende che la borghesia stia spingendo affinché questa misura continui “dopo la crisi”.
Paladini della democrazia
La borghesia ha capito il messaggio di Bolsonaro e da domenica scorsa sta criticando duramente il presidente. Nel suo editoriale del 23 aprile, il quotidiano Estado de S. Paulo ha spiegato il suo punto di vista:
“La democrazia è minacciata quando un presidente usa la visibilità e l’importanza istituzionale della sua posizione per accusare altri poteri, come fa Bolsonaro; è minacciata quando militanti virtuali, alcuni seduti a Palazzo Planalto, confondono l’opinione pubblica usando le più svariate bugie per demoralizzare l’opposizione; ed è minacciata quando il presidente criminalizza sistematicamente la politica, suggerendo che la “volontà popolare” è rappresentata esclusivamente da sé stesso e deve essere soddisfatta senza alcuna discussione“. (Bolsonaro e la democrazia, 23/4 )
Altri giornali, preoccupati anche per la “volontà del popolo” citata nel discorso del presidente, hanno dedicato i loro commenti per spiegare che il Congresso Nazionale rappresenta già questa volontà. Questo ragionamento, condiviso praticamente da tutta la stampa tradizionale, esprime un’idea centrale: è necessario preservare la “democrazia”, cioè le istituzioni borghesi.
Impeachment
L’impeachment di Bolsonaro ha nuovamente dominato i titoli dei giornali, insieme alla preoccupazione unanime dei commentatori su chi dovrebbe prendere il suo posto. Tutti hanno dubbi su come sarebbe un nuovo governo e non riescono a vedere un sostituto in grado di controllare la situazione. Ma la borghesia non esclude questa possibilità e potrebbe essere utilizzata se fosse l’unica via d’uscita per salvare il sistema.
In questo compito, la classe dirigente ha alleati importanti. Il principale è Lula. Lula, che fino a ieri ha sostenuto che non era il momento per lo slogan “Fora Bolsonaro”, ora non solo propone di accettare questa richiesta, ma si unirà sul “palco” del Primo Maggio assieme all’ex presidente Cardoso per parlare contro Bolsonaro – e naturalmente in difesa della democrazia: il cambiamento di posizione del PT è importante, poiché cerca di limitare lo spazio per un movimento indipendente di lavoratori e giovani, creando una barriera contro l’esplosione rivoluzionaria che tutti prevedono. il messaggio è diretto:
“Dobbiamo iniziare a dire ‘Fora Bolsonaro’ perché non possiamo permettergli di distruggere la democrazia. Le istituzioni avrebbero già dovuto reagire” (Folha de S. Paulo, 23/4).
Lula e il Partito dei Lavoratori (PT) hanno raccolto lo slogan “Fora Bolsonaro” per puro opportunismo, perché cercano di salvare le istituzioni – proprio come vuole la borghesia – ma con un altro metodo apparentemente più radicale. Il vero obiettivo di questo traditore della classe operaia è usare la sua autorità per incanalare l’insoddisfazione popolare contro Bolsonaro e salvare lo stato borghese. La manovra mira a costruire un “fronte democratico” che, agendo all’interno delle attuali istituzioni, cerca la rimozione del presidente con mezzi parlamentari (“impeachment”), depotenziando la necessità di una lotta rivoluzionaria.
Gli attuali dirigenti della classe operaia si stanno spostando sempre più verso destra e questa è l’unica strada che seguiranno, per quanto “rivoluzionari” sembrino.
Il borghese “buono” e la classe operaia
Nel mezzo di questa crisi, il discorso secondo cui è tempo di pensare al paese, alla pandemia, viene sfruttato da elementi borghesi, che si presume si preoccupino della popolazione. Dobbiamo capire che questa borghesia più “razionale” cerca solo di salvarsi e quindi non è immune alle pressioni del mercato.
Governatori come quello di san Paolo, João Doria (del PSDB), hanno tentato di attuare l’isolamento sociale al fine di mitigare l’impatto della pandemia. Sa che sono in gioco la propria reputazione e la carriera politica. Sa anche che se riesce a contenere i disordini sociali e minimizzare le morti, in molti moriranno comunque, ma rimarrà il capitale fisso – macchine e attrezzature – quindi la produzione potrà riprendere a breve, a prescindere. Doria ha annunciato una proposta da “poliziotto buono, poliziotto cattivo” per la ripresa delle attività commerciali e delle piccole imprese e, allo stesso tempo, afferma che potrebbe essere necessario ritardare questa decisione se il numero di morti aumentasse.
Al contrario, Carlos Moisés (del PSL), il governatore dello stato di Santa Catarina, ha consentito l’apertura dei centri commerciali e di altre attività commerciali che porteranno a grandi assembramenti e creeranno un ambiente che contribuirà alla diffusione del virus. Il governatore del Distretto Federale ha importato kit per i test sierologici e ora sta iniziando a provare una ripresa della produzione. A Rio de Janeiro, dopo aver annunciato una parziale ripresa, il governatore è stato costretto a una retromarcia, a causa del numero di morti dichiarati.
Per tutti loro, la principale motivazione è di salvare il capitalismo. Si basano sulle manovre del PT e sulla passività delle dirigenze sindacali, che hanno firmato e convalidato gli accordi per la riduzione degli stipendi. I padroni che hanno potuto fermare la produzione ora sentiranno l’impatto del crollo dell’economia mondiale e dovranno riprendere nuovamente la produzione per poter sopravvivere. Con o senza pandemia, proveranno a riprendere l’attività.
La più grande preoccupazione per questo settore della classe dominante è l’impatto politico di questa pandemia. Come abbiamo spiegato in precedenza, nessun borghese di buon senso è disposto ad affrontare la furia generalizzata di coloro che stanno perdendo lavoro, famiglia e amici o che rischiano la vita per mantenere i profitti dei padroni:
“Date queste condizioni – la ‘febbre’dei Trump e dei Bolsonaro, per citare solo due manifestazioni politiche di decadenza borghese – sta imponendo considerazioni di un tale livello che non si tratta più solo di ammettere e giustificare un calo temporaneo degli utili, ma piuttosto evitare immediatamente e ad ogni costo una disastrosa rottura sociale, su scala nazionale e internazionale. Oltre alle morti che si sarebbero potute evitare, oltre alla sofferenza per una disoccupazione che sta già schizzando alle stelle, nel medio-lungo termine il conto verrà ugualmente presentato ai lavoratori“. (La pandemia e il capitalismo, Ruy Penna)
Immagini come quelle delle fosse comuni scavate frettolosamente a Manaus in Amazzonia, incidono profondamente sulla coscienza delle masse. Queste immagini ricordano le scene dei camion dell’esercito che trasportava i morti per coronavirus in Italia; o le immagini di corpi scaricati per le strade in Ecuador, perché il numero di vittime della malattia è maggiore di quello che può essere sostenuto non solo dal sistema sanitario, ma anche dalle onoranze funebri.
Di tutta questa sofferenza verrà incolpato il capitalismo e i padroni lo sanno.
Moro lascia il governo
Martedì 21 aprile la magistratura ha iniziato un nuovo attacco quando il ministro della Corte suprema, Alexandre de Moraes, ha deciso di soddisfare la richiesta del procuratore generale della Repubblica, Augusto Aras, aprendo un’inchiesta per indagare su “fatti relativi ad atti criminali” in cui è coinvolta l’organizzazione degli avvenimenti di domenica. È noto fin dall’inizio delle indagini della commissione parlamentare d’inchiesta (CPI) sulle Fake News che i figli di Bolsonaro sono direttamente collegati alla creazione e promozione di pagine pro-Bolsonaro che attaccano la magistratura e il Congresso e chiedono manifestazioni a favore del governo.
Due giorni dopo, il Ministro della Corte suprema, Celso de Mello, ha dato 10 giorni a Rodrigo Maia per presentare informazioni su una richiesta di impeachment contro Bolsonaro.
Lo stesso giorno, il 23 aprile, Bolsonaro ha deciso di licenziare il direttore generale della Polizia federale, Maurício Valeixo che è l’assistente di fiducia del Ministro della giustizia, Sérgio Moro. Le dimissioni sono state consegnate il 24 aprile e poche ore dopo, Moro, il ministro che ha dato una certa legittimità al governo, si è dimesso a sua volta. Le conseguenze politiche potrebbero essere disastrose per il governo Bolsonaro.
L’ex Ministro della giustizia ha elogiato l’autonomia che i precedenti governi avevano dato alla Polizia federale, cioè i governi di Lula e Dilma. La grande alleanza nazionale in difesa dello Stato democratico di diritto (che significa lo stato borghese) sta emergendo tra il PT, il PSDB e persino Moro.
La crisi globale del capitalismo catalizzata dalla pandemia di coronavirus sta scuotendo il mondo intero. Non esiste paese che possa uscire indenne da questa situazione. Mentre la borghesia è divisa nei suoi tentativi di salvare il suo regime, la classe operaia soffre per l’aumento della disoccupazione, della povertà, dei morti per COVID-19, ecc.
Il compito dei marxisti, in questo periodo in cui i vertici della sinistra cercano di seminare confusione e impedire alle masse di organizzarsi in modo indipendente dalla borghesia, è proprio quello di aiutare le masse a organizzarsi. Per questo, dobbiamo impegnarci nella costruzione dei comitati d’azione Fora Bolsonaro, organizzare incontri online e conquistare il massimo numero di lavoratori e giovani radicalizzati all’attività di Esquerda Marxista. Stiamo parlando di un periodo di rivoluzione e controrivoluzione, in cui l’unica via d’uscita è la rivoluzione socialista. Il nostro compito è preparare la direzione che, insieme alla classe operaia, metterà fine al capitalismo.
29 aprile 2020