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12 Settembre 2017Sin dal giorno della sua elezione Macron – il testimonial del liberismo europeo e autoproclamatosi presidente supremo – ha visto la sua popolarità diminuire progressivamente così come si è sgretolata la sua maschera elettorale.
La maggioranza degli elettori francesi (57%) è ora “insoddisfatta” rispetto alla prestazione del presidente, rendendo il suo indice di gradimento il più basso rispetto a quello di ogni altro presidente neoeletto, dopo soli quattro mesi, dal 1995.
Questa situazione non deve sorprendere. Macron ha commesso una serie di gaffe politiche, a cominciare dai suoi commenti razzisti sui rifugiati, fino ad arrivare a spendere 26.000 euro di denaro statale in trucco. Macron ha ripetutamente dimostrato di aver completamente perso il contatto con il popolo francese. Questo ex banchiere si è posizionato saldamente dalla parte delle grandi imprese e dei capitalisti, e ora in maniera più insidiosa sta cominciando a scatenare feroci attacchi contro i lavoratori francesi. Il cosiddetto salvatore del centro liberale europeo si deve confrontare con la realtà di un sistema economico che affronta una crisi finanziaria e politica, e i suoi indici di gradimento continueranno a crollare.
La riforma del lavoro
Agendo a favore degli interessi della classe capitalista francese, Macron Sta cercando di fare ciò che né Sarkozy e né Hollande sono riusciti a fare in passato: ristrutturare radicalmente le leggi sul lavoro. La storia della classe operaia francese è di radicalità e lotta di classe. Gli operai francesi hanno ottenuto molte concessioni dalla borghesia nel dopoguerra, comprese leggi sul lavoro progressiste e diritti sindacali che la borghesia non è stata fino ad ora in grado di smantellare completamente. Tuttavia, in questo periodo di crisi finanziaria, i capitalisti non possono più permettersi di mantenere le concessioni del passato e assistiamo ad un tentativo molto duro da parte loro per riprendersi tutto. Tuttavia ogni attacco condotto dalla borghesia squilibra notevolmente le dinamiche sociali e politiche in Francia e prepara il paese ad un periodo di intensa lotta politica.
Le modifiche proposte alla legge del lavoro (lunghe ben tremila pagine) sono state recentemente svelate dal primo ministro Edouard Phillippe giovedì 31 agosto. Macron desidera che il Parlamento voti sulla nuova legislazione durante la prossima sessione parlamentare e, grazie alla maggioranza conquistata alle ultime elezioni dal suo partito, certamente proverà a realizzare questi attacchi. Per i lavoratori francesi questo rappresenta il terzo attacco ai loro diritti negli ultimi anni. Le riforme hanno l’obiettivo di garantire ai capitalisti francesi la cosiddetta “flessibilità”, il che significa rendere più facili i licenziamenti e negoziare condizioni di lavoro e retribuzioni peggiori in una tipica corsa al ribasso.
La riforma annunciata dal Primo ministro francese Edouard Philippe contiene questi punti principali.
Il primo consiste nella riduzione per i lavoratori dei termini di decadenza, da due anni a uno, per impugnare il licenziamento illegittimo presso i Tribunali del lavoro. Inoltre, si vuole limitare l’indennità che i lavoratori possono ricevere da questi ultimi in caso di licenziamento. Il coefficiente di compensazione sarà proporzionale allo stipendio mensile e all’anzianità di servizio, a partire da tre mensilità di stipendio per i dipendenti fino a due anni di servizio, fino ad arrivare ad un massimo di 20 mensilità per i dipendenti con più di 30 anni di servizio. Ciò sta chiaramente preparando il terreno per i licenziamenti di massa da portare avanti nei prossimi anni.
In secondo luogo, per alcune questioni quali gli incentivi aziendali, la durata dei contratti a tempo determinato e il rinnovo del contratto di lavoro, le imprese non saranno più vincolate dalla legislazione nazionale. Queste questioni possono essere risolte a livello aziendale o industriale, il che comporterà un grave peggioramento delle condizioni per i lavoratori, visto che la posizione di forza che i lavoratori francesi avevano una volta a livello nazionale verrà completamente erosa.
Per quanto riguarda le piccole imprese con meno di 50 dipendenti, queste possono ora escludere i sindacati dalle aziende e ignorare gli accordi di contrattazione collettiva durante le trattative e contattare direttamente con i lavoratori su una serie di temi, tra cui la retribuzione e l’orario di lavoro. C’è anche una campagna da parte delle associazioni degli imprenditori per applicare questo anche a società con meno di 300 dipendenti.
Anche le norme francesi sui licenziamenti collettivi, in passato molto rigide, verranno completamente indebolite, poiché le aziende ora troveranno molto più facile portare avanti licenziamenti “volontari”. Anche le multinazionali dovranno affrontare ostacoli minori nel licenziamento del personale francese. Attualmente le multinazionali sono costrette ad offrire ai lavoratori francesi occupazione/mansioni in operazioni estere, tutto ciò verrà abolito. Gli organismi di rappresentanza dei lavoratori all’interno delle società in passato erano composti da tre organismi separati, ma ora saranno costretti a fondersi in un unico organismo.
Il presidente del grande Capitale
Il capitalismo francese è rimasto indietro nella competizione internazionale, in particolare contro altri paesi europei come la Germania. Nei periodi precedenti, la classe dominante aveva la possibilità di svalutare la sua moneta per stimolare temporaneamente la propria economia, ma con l’introduzione dell’euro questa non è più un’opzione. Invece, ciò che resta è “la svalutazione interna”, ovvero la riduzione dei costi di produzione, attaccando la classe operaia. Gli altri paesi europei, come la Gran Bretagna, l’Italia e la Germania, hanno già effettuato simili attacchi. Quindi, quando Macron fa questi appelli alla “riforma” con la scusa della modernizzazione, ciò che intende è attaccare e sconfiggere i lavoratori francesi e portarli ad accettare contratti a zero ore e salari di povertà come il resto d’Europa. Sta cercando di raggiungere le altre classi capitaliste europee.
Macron ha cercato di giustificare le misure dicendo: “Siamo l’unica economia importante dell’Unione europea che non ha sconfitto la disoccupazione di massa nel corso di oltre tre decenni”. In effetti, Macron sta scaricando la responsabilità della disoccupazione sui lavoratori, che sono naturalmente “benestanti”. Si è impegnato a ridurre drasticamente la disoccupazione in Francia di 7 punti percentuali entro il 2022. Tutto ciò si realizzerà attaccando le condizioni di vita, le retribuzioni e la sicurezza del lavoro. Dal punto di vista della classe capitalista, la compressione della classe operaia è diventata necessaria per mantenere profitti e “competitività”. Ma un tenore di vita più bassi non risolverà la crisi. Infatti riducendo la domanda, l’effetto sarà di aggravarla.
La situazione politica in Francia
Le elezioni presidenziali di maggio hanno visto Macron imporsi contro la destra del Front National. I due candidati al secondo turno erano così politicamente avulsi dalla realtà del popolo francese, che circa il 37% degli elettori non ha votato nessuno di loro. Molti altri si sono tappati il naso e hanno votato Macron solamente per impedire alla reazionaria Le Pen di assumere la carica. Il 66,1% del voto che Macron ha ottenuto era poco indicativo della sua reale popolarità. Infatti, nelle strade, i livelli più politicamente avanzati delle masse e dei giovani cominciarono a radunarsi attorno agli slogan: “né il banchiere, né la razzista!” E “il vero candidato anti-sistema, siamo noi!”. Dopo anni di tradimenti e zigzag opportunisti dei partiti socialisti e comunisti, l’unica vera alternativa di sinistra alle elezioni era rappresentata da Jean-Luc Mélencon. Purtroppo, è stato escluso dal ballottaggio del secondo turno per pochi punti percentuali, altrimenti il risultato avrebbe potuto essere molto diverso per Macron.
Un mese dopo in giugno, le elezioni legislative francesi hanno portato la coalizione liberale di Macron ad ottenere la maggioranza assoluta, guadagnando 350 seggi su un totale di 557. Il suo partito da solo ha ottenuto 308 seggi. In maniera simile a quanto avvenuto durante le elezioni presidenziali, ciò è dipeso dal crollo dei voti delle tradizionali partiti politici, come i “repubblicani” di destra e il Partito socialista francese. Al primo turno le coalizioni attorno a questi partiti avevano ottenuto rispettivamente il 13% e il 30% della quota di voto. Il Partito Socialista ha perso quasi tutta la credibilità ed è legato mani e piedi al movimento di Macron, come il Partito Comunista Francese, che ha fatto appello per votare Macron al secondo turno delle elezioni presidenziali.
Anche il “Front National” di Marine Le Pen ha perso voti alle elezioni politiche. Infatti, gli unici due partiti politici a guadagnare sono stati i due partiti di nuova costituzione: ‘En Marche’ di Macron e quello anti-austerità di Mélenchon ’La France Insoumise’. Questa è una chiara indicazione del livello di scontento tra le masse che hanno perso la fiducia nel vecchio sistema politico e stanno cercando una nuova via d’uscita da questo vicolo cieco.
Proprio come il declino di Sarkozy ha portato al potere il Partito socialista e il suo leader Francois Hollande nel 2012, sotto un presunto messaggio anti-austerità e a sostegno dei lavoratori, Macron ha dovuto presentarsi come una figura anti-sistema. Naturalmente, nulla potrebbe essere più lontano dalla verità. Se c’è qualche differenza tra Macron e Hollande, è semplicemente perchè Macron è maggiormente in sintonia con la classe dirigente. La presidenza di Hollande, che ha tradito la classe operaia, ha visto nei sondaggi i suoi indici di gradimento sprofondare a un misero 4%. La popolarità di Macron sta diminuendo ancora più rapidamente e questo ancora prima che abbia cominciato ad attuare il suo programma. Lo stesso Hollande ha sostenuto Macron nella corsa presidenziale e le loro differenze superficiali nella politica del partito sono solo una copertura per la loro somiglianza negli aspetti fondamentali. Tutti gli attacchi contro la classe operaia svolti dalla precedente amministrazione, incluse le leggi sul lavoro, i tagli di bilancio e le decine di miliardi di euro alle grandi società, continueranno e, in realtà, peggioreranno. Macron accelererà quello che Hollande ha iniziato, portando avanti le controriforme del lavoro e la privatizzazione. A sua volta ciò condurrà all’aumento dello scontro con la classe operaia i cui leader saranno costretti a passare all’azione. La crisi organica del capitalismo significa che lo scontro di classe è inevitabile e il bastone del comando è semplicemente passato a Macron.
La risposta della classe lavoratrice
Mentre venivano annunciate le proposte di riforma del lavoro, piccole proteste sono esplose nel sobborgo parigino di Jouy-en Josas, convocate dalle federazioni sindacali più a sinistra della Confederazione generale del Lavoro (CGT) e Solidaires, raccogliendo alcune centinaia di attivisti presenti. Un manifestante ha dichiarato: “Macron rappresenta il grande capitale e coloro che vogliono ridurre i servizi pubblici, le protezioni sociali e tutto ciò che i lavoratori hanno conquistato”. Un altro ha insistito: “Si tratta di ideologia … essere in grado di sbarazzarsi più facilmente dei lavoratori. Infatti, vuole sbarazzarsi di tutte le leggi a protezione dei lavoratori.”. Una giornata nazionale di mobilitazione con 65 manifestazioni locali è stata convocata per il 12 settembre.
L’estate scorsa, sotto la pressione della base, i leader sindacali hanno reagito alle controriforme del lavoro proposte da Hollande con grandi proteste e scioperi. Questa volta due dei tre sindacati più grandi, la più moderata Confédération française démocratique du travail (CFDT) e il terzo maggiore sindacato, Force Ouvriere (FO) hanno criticato questo attacco molto timidamente e hanno escluso la convocazione di scioperi e proteste. Questo è un chiaro tradimento della classe operaia che sta affrontando un brutale attacco alle sue condizioni di vita.
La rabbia sta dilagando tra i lavoratori francesi e la gioventù. Gli anni di austerità e il tenore di vita in calo hanno preparato il terreno per le grandi esplosioni. I nuovi attacchi accelereranno solo questo processo di radicalizzazione. Le masse sono disposte a lottare. Ma gli scioperi isolati e le proteste non sono chiaramente sufficienti come abbiamo visto l’anno scorso. “le giornate di mobilitazione” previste per settembre non saranno sufficienti, di per sè, a fermare la rinnovata determinazione della borghesia e del loro portavoce Macron. Ciò che è necessario è che i leader sindacali portino avanti una lotta più dura e passino dagli scioperi di un giorno alla preparazione di quelli ad oltranza.
Non è chiaro che cosa accadrà nel prossimo periodo e come si concretizzerà l’organizzazione della controoffensiva dei lavoratori. Tuttavia, possiamo essere certi che la classe operaia non subirà questi attacchi senza combattere. Jean-Luc Melenchon ha invitato i suoi sostenitori ad unirsi alle proteste programmate. Ha anche convocato una manifestazione politica di massa a Parigi per il 23 settembre. Il suo fronte politico, il movimento della Francia Insoumise, potrebbe diventare un punto focale per la crescente radicalizzazione all’interno della società. Il tempo è maturo per lanciare una campagna audace e radicale con una strategia chiara con al centro la questione del potere nel prossimo periodo. Una vera e propria alternativa socialista è l’unica risposta possibile a Le Pen e al FN, che anche cercherà senza dubbio di aumentare il proprio sostegno sull’onda di una politica anti-establishment. Una campagna radicale potrebbe coinvolgere i lavoratori e i disoccupati che oggi seguono la Le Pen non necessariamente a causa della forza del suo programma, ma a causa del disgusto, dell’impotenza e della corruzione dell’establishment. Una lotta seria contro la classe dominante rappresentata da Macron o Le Pen, deve essere costruita attorno alla mobilitazione dei giovani e dei lavoratori sulla base di un programma socialista che spiega le cause fondamentali dell’attuale crisi che sono tutte radicate nel sistema capitalista. Solo una rottura con questo sistema può risolvere i problemi che i lavoratori e la gioventù della Francia stanno affrontando.
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