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4 Maggio 2016ROMA – La vertenza MA.CA., società vincitrice della gara regionale centralizzata per l’affidamento del servizio di pulizia e sanificazione per le Aziende Sanitarie della Regione Lazio, inizia alla fine del 2015, a ridosso della fusione tra le ASL RMB e RMC, che ha dato vita, il primo gennaio 2016, alla più estesa Azienda Sanitaria Locale d’Europa.
Tra novembre e dicembre la società apre due diverse procedure di licenziamento collettivo nei confronti di circa cento operai in servizio presso gli Ospedali CTO, S. Eugenio e Sandro Pertini e presso i presidi territoriali della ASL RM2.
Da quel momento l’attacco si inasprisce ulteriormente con una serie di ritardi nel pagamento delle retribuzioni e il blocco delle stesse per circa venti operaie, causato da un contenzioso tra MA.CA. e ASL. Il grottesco si sfiora all’inizio del mese di aprile, quando MA.CA. invia a circa duecento operai una lettera raccomandata in cui richiede la restituzione di retribuzioni già percepite (con somme che variano dagli 8.000 ai 15.000 euro a testa). La giustificazione è legata (ancora una volta) ad un contenzioso tra ASL e MA.CA. sul rapporto tra le prestazioni previste e quelle realmente svolte, a seguito del quale la ASL procede alla trattenuta e decurtazione di somme ritenute eccedenti, con effetto retroattivo.
Come nella migliore tradizione della giungla degli appalti, numerose le irregolarità: mancato rispetto del contratto di appalto, mancato rispetto del CCNL, insufficiente fornitura di prodotti per la pulizia e la sanificazione. Lo scopo è sempre lo stesso: abbassare i costi, a partire da quello del lavoro, e aumentare i profitti.
Il tutto mentre le istituzioni competenti si limitano a prendere atto della situazione senza nessuna azione conseguente. ASL e Regione Lazio, prime responsabili, fingono di non cogliere la reale natura del problema: il collasso del sistema degli appalti. La ASL assume, a parole, timidi impegni e la Regione Lazio si concede il lusso di fare da mediatore.
Dopo diversi tavoli in Regione e Prefettura e una serie di iniziative portate avanti dalle diverse sigle sindacali si arriva al tavolo del 29 marzo in cui si raggiungono i primi risultati: l’avvio delle procedure per la risoluzione del contratto di appalto per danno, nelle strutture della ex RMC, l’impegno da parte della ASL a subentrare in surroga sul pagamento degli stipendi e la garanzia di reintegro nella nuova affidataria in caso di licenziamento.
Ma la situazione precipita la settimana successiva in occasione dell’ultimo tavolo di trattativa sulle procedure di licenziamento, che si conclude con un mancato accordo. Tre giorni dopo iniziano ad arrivare le lettere di licenziamento, con effetto immediato.
A questo punto l’impegno a reintegrare nella nuova affidataria non è più sufficiente: i lavoratori non possono aspettare i tempi biblici del cambio di appalto. Oltre a questo esiste il rischio concreto che la nuova affidataria reintegri operando un taglio delle ore. La situazione impone di alzare il tiro. Ulteriore dato: con i licenziamenti la situazione igienico-sanitaria diventa critica. Per questo motivo viene richiesto un tavolo con la Prefettura, che si conclude con un nulla di fatto.
La combattività dei lavoratori, vera anima della mobilitazione, è manifestata da numerose iniziative: assemblee, presidi, occupazioni e scioperi della fame vedono una partecipazione attiva e trasversale.
Inizialmente diversi elementi contribuivano ad un clima di sostanziale frammentazione tra gli operai: la diversità delle problematiche tra i vari cantieri e tra i due territori di ex RMB ed ex RMC, la vastità del territorio e la fusione aziendale. Ma la durezza dell’attacco sferrato li porta ad unirsi in un percorso che tiene insieme le diverse problematiche concretizzandosi in una serie di iniziative che allargano sempre di più la partecipazione.
Lavoratori che, prima della vertenza, non si conoscevano imparano giorno dopo giorno a conoscersi e lottare assieme.
Il passaggio decisivo si compie sotto la Regione, in occasione dell’ultimo tavolo sui licenziamenti. In quel contesto, l’assemblea esprime per la prima volta la volontà di unità tra i lavoratori, che viene confermata una settimana più tardi in occasione di un secondo appuntamento assembleare, lanciato da USB al CTO, in preparazione dell’imminente incontro con la Prefettura.
Tra i lavoratori del CTO la partecipazione è massiccia e trasversale alle appartenenze sindacali. Forte partecipazione anche da parte dei lavoratori dei presidi territoriali.
Il solo modo che i lavoratori hanno per vincere questa battaglia è chiedere una piattaforma rivendicativa che veda come punti irrinunciabili la rescissione del contratto di appalto anche negli altri lotti, la presa in carico dei lavoratori (licenziati e non) da parte della ASL RM2 e il blocco totale e preventivo dei pagamenti a MA.CA. a tutela dei salari e dei TFR.
Per farlo è necessario superare la logica dei tavoli separati e costruire un fronte di sciopero comune che superi la volontà, da parte della burocrazia sindacale, di dividere i lavoratori sulla base dell’appartenenza sindacale. Lo sciopero del 27 Aprile è la dimostrazione che si possono superare gli steccati che provano a dividere il settore più avanzato dall’insieme dei lavoratori in lotta.
Oggi più che mai si pone il tema dell’allargamento della vertenza.
Il settore del pulimento in sanità è un settore di grande importanza strategica ed è fondamentale che si comprenda che non è più possibile, in sanità, trattare separatamente il settore pubblico da quello privato, legato ai numerosi appalti.
Deve essere analizzato il contesto più generale nel quale questa vertenza si sta consumando: il Testo Unico sui Servizi Pubblici Locali spiana la strada alle privatizzazioni, attraverso la richiesta di eguaglianza di condizioni tra pubblico e privato e l’obiettivo di rispondere alla regole del mercato, mentre il Nuovo Codice degli Appalti ridurrà drammaticamente le garanzie per i lavoratori e faciliterà le pratiche di corruzione (diminuzione dei controlli nelle gare di appalto con la possibilità di assegnazioni dirette, estensione della possibilità di subappaltare, minori garanzie per i lavoratori nel cambio di appalto, eliminazione della responsabilità solidale per i committenti, rischio di applicazione della tipologia contrattuale prevista dal Jobs Act al momento del cambio di appalto)
Ad un attacco così articolato non si può che rispondere con una lotta che ponga al centro l’unità tra i lavoratori del pubblico e quelli del privato, per la costruzione di un percorso di mobilitazione permanente che abbia come obiettivo strategico la reinternalizzazione dei servizi e la difesa della sanità pubblica.